È legittimo il provvedimento con il quale il giudice, investito di una richiesta di rinvio per impedimento a comparire con allegato certificato medico attestante una patologia, ritenga l'insussistenza del dedotto impedimento e dichiari la contumacia dell'imputato, in quanto detto certificato non preclude al giudice di valutare, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza, l'effettiva impossibilità per il soggetto portatore della dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute, non potendo ritenersi preclusiva di tale valutazione la generica necessità, in conseguenza della riscontrata patologia, di un dato periodo di riposo e di cure, la quale è per sua natura preordinata al superamento rapido e completo dell'affezione patologica in atto e non implica, ove essa non sia soddisfatta, l'automatica ed ineluttabile conseguenza di un danno o di un pericolo grave per la salute del soggetto, che costituisce condizione imprescindibile ai fini dell'integrazione dell'assoluta impossibilità di comparire che legittima l'impedimento, oltre a non essere idonea a determinare una incapacità di stare in giudizio ex art. 70 c.p.p.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n. 34500 del 14/02/2022 (dep. 19/09/2022)
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha riformato il verdetto assolutorio del Tribunale di Lecco, riconoscendo P.M.P. colpevole di furto aggravato di un rotolo di gioielli contenente n. 25 bracciali in oro. di cui si impossessava presso una gioielleria di (OMISSIS), con le aggravanti della destrezza e della recidiva qualificata ex art. 99 comma 4 c.p., escludendo, invece, le circostanze aggravanti di cui all'art. 61 n. 7 c.p. e del fatto commesso su cose esposte alla pubblica fede, di cui all'art. 625 n. 7 c.p.., e l'ha condannata alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1000 di multa.
2. Propone ricorso per cassazione l'imputata, con il ministero del difensore di fiducia, il quale svolge tre motivi.
2.1. Con il primo, deduce violazione di legge e vizi della motivazione, lamentando che, all'udienza del 16/12/2019, il difensore avrebbe depositato certificazione medica attestante l'assoluto impedimento a comparire dell'imputata. La Corte di merito, de plano, ha immotivatamente rigettato l'istanza, dichiarando l'assenza dell'imputata e definendo il giudizio di appello.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 603 comma 3 bis c.p.p.. La Corte di appello ha acquisito, dopo la sentenza assolutoria di primo grado, ad indagini ormai chiuse, un documento proveniente da persona non identificata dell'ospedale di (OMISSIS), nel quale si esclude che, in data (OMISSIS), il giorno del furto, l'imputata avesse acceduto al nosocomio, smentendo, in tal modo, il suo alibi. In violazione di legge, la Corte di appello non ha fornito, nel ribaltare il giudizio di primo grado, la dovuta motivazione rafforzata e soprattutto non ha proceduto alla rinnovazione delle prove dichiarative, come avrebbe dovuto, in considerazione dell'effetto disarticolante prodotto, nel giudizio di secondo grado, sulle dichiarazioni testimoniali, dal documento prodotto dalla Procura Generale.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge, in particolare erronea applicazione della regola di giudizio disciplinante la prova indiziaria. In particolare, il predetto documento ospedaliero non avrebbe alcuna forza dimostrativa, dal momento che un medico specialista può visitare un paziente anche senza appuntamento e senza impegnativa, mentre il riconoscimento fotografico effettuato in udienza a distanza di otto anni dal fatto, anche laddove fosse stato connotato da specificità, necessita di un preliminare vaglio di attendibilità attraverso la verifica della metodologia di assunzione dell'atto, e di riscontri esterni, nella specie, insussistenti. In ogni caso, si tratta di elemento contrastanti con le deposizioni testimoniali raccolte in primo grado.
4. Con memoria di replica, e successiva memoria conclusiva, a confutazione delle conclusioni scritte del Procuratore generale, la difesa della ricorrente ha rappresentato, quanto al primo motivo, di avere prodotto e depositato al verbale della udienza del 16/12/2019 dinanzi alla Corte di appello certificazione medica rilasciata alla P. quello stesso giorno dal medico curante, attestante la grave patologia dalla quale era affetta, onde dimostrare l'assoluto impedimento a comparire. Si riporta, nel resto, ai motivi di ricorso, segnalando che durante il dibattimento venne escusso il prof. G.G. che ha confermato di avere rilasciato la certificazione da lui sottoscritta la mattina dei fatti, nonché altro testimone che confermò di avere accompagnata la ricorrente presso il Policlinico di (OMISSIS) per la visita con il prof. Gallegos, e di essere rimasta, poi, a pranzo con lei. Ciò a dimostrazione che la ricorrente non pote' entrare nella gioielleria la mattina dei fatti, neppure dopo la visita medica, come sostenuto dalla sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.E' fondato, in modo assorbente, il primo motivo. La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per il giudizio.
2. Come premesso, la Difesa denuncia violazione dell'art. 420 ter c.p.p. con riguardo al mancato riconoscimento del legittimo impedimento a comparire dell'imputata alla udienza celebrata dinanzi alla Corte di appello. A sostegno del motivo, si richiama la certificazione medica, rilasciata la mattina stessa della udienza, nella quale è riportata la diagnosi di "colica renale acuta dx con febbre e ematuria e necessita di 7 giorni di riposo assoluto", oltre che delle prescritte cure farmacologiche. Detta certificazione è allegata, in originale, al verbale di udienza, e ad essa la Corte di appello fa riferimento nella ordinanza con la quale ritiene, tuttavia, insussistente, rectius, non documentato l'impedimento assoluto.
3. In linea generale, deve essere rilevato che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, è legittimo il provvedimento con il quale il giudice, investito di una richiesta di rinvio per impedimento a comparire con allegato certificato medico attestante una patologia, ritenga l'insussistenza del dedotto impedimento e dichiari la contumacia dell'imputato, in quanto detto certificato non preclude al giudice di valutare, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza, l'effettiva impossibilità per il soggetto portatore della dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute, non potendo ritenersi preclusiva di tale valutazione la generica necessità, in conseguenza della riscontrata patologia, di un dato periodo di riposo e di cure, la quale è per sua natura preordinata al superamento rapido e completo dell'affezione patologica in atto e non implica, ove essa non sia soddisfatta, l'automatica ed ineluttabile conseguenza di un danno o di un pericolo grave per la salute del soggetto, che costituisce condizione imprescindibile ai fini dell'integrazione dell'assoluta impossibilità di comparire che legittima l'impedimento (Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014,Rv. 260814 che ha richiamato le conformi Sez. 5, n. 5540 del 14/12/2007, (dep. 2008) Spanu, Rv. 239100; Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013, G., Rv. 254896), oltre a non essere idonea a determinare una incapacità di stare in giudizio ex art. 70 c.p.p. (Sez. 5, n. 44369 del 29/04/2015, Rv. 265819).
4. In tale ottica, si è ritenuta corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza dell'impedimento a comparire dell'imputato, addotto mediante la produzione di certificato medico attestante "lombosciatalgia acuta" con necessità di "riposo assoluto", non emergendo dalla documentazione l'impossibilità di deambulare o comunque di raggiungere l'aula di udienza trasportato da altri (Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014, Rv. 260814 01), oppure in una in una fattispecie in cui il certificato medico si limitava ad indicare uno stato di salute che rendeva "sconsigliabile" un lungo viaggio, ma non tale da far "temere uno sviluppo drammatico o minaccioso dal punto di vista vitale" (Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013, Rv. 254896), o, ancora, in un caso di certificato medico attestante "scompenso glicometabolico" (Sez. 5, n. 5540 del 14/12/2007 (dep. 2008), Rv. 239100); nello stessa direzione Sez. 4, n. 7979 del 28/01/2014, Rv. 259287, in un caso in cui la patologia certificata dal Pronto Soccorso consisteva in un attacco d'asma, con dimissioni disposte dopo 42 minuti dal ricovero, senza alcuna specificazione in ordine all'impossibilità di presentarsi in udienza, nonché Sez. 5, n. 44845 del 24/09/2013, Rv. 257133 con riguardo a una gastrite, ritenuta patologia per comune esperienza non invalidante.
4.1.Traslando i richiamati principi nella vicenda in esame, si osserva, innanzitutto, che, per comune cognizione, la colica renale insorge d'improvviso, con dolore tipicamente spasmodico, intenso e perdurante, tale da richiedere l'assunzione di antinfiammatori e antidolorifici per via intramuscolare o endovenosa per accelerare la regressione del dolore. A tali sintomi può associarsi il sanguinamento (ematuria), la nausea e la febbre, che è un sintomo più importante, perché indicativa di una infezione, che richiede osservazione e spesso anche ospedalizzazione. Che è quanto, di fatto, avvenuto nel caso di specie, come emerge dalla allegazione difensiva, attestante che la ricorrente venne ricoverata il giorno successivo e poi trasferita all'ospedale di (OMISSIS).
4.2. E, allora, in presenza di una certificazione medica - rilasciata lo stesso giorno dell'udienza - attestante una colica renale acuta associata a ematuria e febbre, così da giustificare la prescrizione di riposo assoluto, la Corte di appello si è limitata a rilevare che "il certificato dà atto di necessità di riposo assoluto prescrivendo farmaci (....) per due giorni; che non si dà atto di una impossibilità assoluta a comparire". Questa la "apparente" motivazione del rigetto, che si limita a replicare il criterio di giudizio ("impedimento assoluto") normativamente indicato dall'art. 420 ter c.p.p., senza farne concreta applicazione al caso concreto, nel senso che non risultano esplicitate, in relazione alla patologia certificata, le ragioni che hanno condotto a ritenerlo insussistente. La Corte di appello non esprime alcun convincimento né indica i presupposti di fatto di un diniego che si affida alla mancata annotazione nella certificazione medica dell'espressione "impedimento assoluto", così venendo meno al dovere accertativo che, invece, il legislatore affida al potere discrezionale del Giudice. Come emerge dalle pronunce che si sono poc'anzi richiamate, mentre è compito del medico la rappresentazione della specifica condizione patologica del paziente, individuandone la natura, le cause, i sintomi, i rimedi e le cure, rimane affidata al giudice la sintetica valutazione della sussistenza, nella situazione clinica così rappresentata, di una condizione tale da rendere assolutamente impossibile la comparizione in udienza. Invece, la Corte di appello prescindendo completamente dalla natura della patologia certificata non ha neppure perso in considerazione l'opzione di affidarsi alla verifica fiscale, limitandosi ad affermare, in termine tanto generici quanto astratti, che il ‘riposo assolutò non equivalga all'impedimento assolutò.
4.3. La valutazione che la Corte di appello avrebbe dovuto compiere, alla luce delle coordinate ermeneutiche che si sono richiamate, non doveva arrestarsi a una lettura formalistica e superficiale, che ha prodotto una motivazione apparente, ma, attraverso una analisi critica della patologia certificata - oggettivamente allarmante e insorta proprio il giorno dell'udienza avrebbe dovuto risolvere il chiaro significato di quella certificazione - avendo escluso di affidarsi all'accertamento fiscale - nel senso di individuare il fondamento del prescritto "riposo assoluto" nella condizione patologica espressiva di un "impedimento assoluto" a muoversi.
5. La fondatezza del primo motivo di ricorso conduce all'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio. Restano assorbiti gli altri motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2022.