Quando un conducente viene fermato dalla polizia e gli viene richiesto di sottoporsi ad alcoltest, la persona interessata deve essere informata della facoltà di farsi assistere da un difensore.
Ma che succede se il conducente è talmente ubriaco da aver perso completamente la lucidità?
Sul punto è intervenuta la Sezione VI Penale della Cassazione con la sentenza n. 36048 depositata il 26 settembre 2022.
Secondo la Suprema Corte, l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'alcoltest può essere omesso qualora l'interessato non sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l'avviso.
Il motivo è chiaro: l'alcoltest è un atto urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall'attesa che l'interessato ritorni lucido.
Resta un dubbio. Ma chi decide che l’imputato è “troppo ubriaco”? Beh, si ricava proprio dagli esami che l'imputato che contesta e ritiene non inutilizzabili. E qui scatta un circolo vizioso, perché in definitiva si utilizzano gli esami contestati per sostenere che non possono essere contestati.
Il principio si presta a possibili distorsioni, anche perché si dimentica che sebbene spesso di formalismi la Repubblica muoia, in alcuni casi invece è proprio il formalismo l'unica possibilità di difesa di fronte agli atti di imperio compiuti dalle pubbliche amministrazioni.
In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica, non è configurabile a carico della polizia giudiziaria l'obbligo di attendere che l'interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'alcoltest, trattandosi di atto urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall'attesa suddetta, sicché in casi di tal fatta l'avviso può essere pretermesso.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, Sentenza n. 36048 del 13/09/2022 (dep. 26/09/2022)
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Genova con sentenza dell'1 ottobre 2020 ha confermato la sentenza del Tribunale di Savona del 3 ottobre 2019 con cui D.R. era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 2 di arresto e Euro 4.800,00 di ammenda in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992 art. 186 comma 2 lett. c) e 2 bis per aver condotto un autoveicolo in stato di ebbrezza con alcolemia accertata pari a 2,18 gr/l e per avere così provocato un incidente stradale, in (OMISSIS).
2. L'imputato ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando due motivi.
2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge ed in particolare dell'art. 114 disp att. cod. proc pen. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello, nel replicare al motivo per cui gli accertamenti relativi al tasso alcolemico non avrebbero potuto essere utilizzati in quanto non erano stati preceduti dall'avviso alla persona della facoltà di farsi assistere dal difensore, avrebbe erroneamente ritenuto che nel caso in esame l'avviso non dovesse essere dato in ragione delle condizioni in cui versava l'imputato. Il difensore rileva al riguardo che la previsione di cui all'art. 114 disp att c.p.p. è a garanzia del diritto di difesa e che l'avviso deve necessariamente essere dato ogni qualvolta la polizia giudiziaria compia accertamenti quale quello in esame.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la mancanza della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello avrebbe compiuto un'analisi superficiale della vicenda processuale e, senza chiarire o le ragioni del diniego, si sarebbe limitata ad affermare che la correttezza dell'imputato non era un elemento sufficiente.
3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Giuseppina Casella, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Nel caso in cui la polizia giudiziaria compia di iniziativa gli accertamenti urgenti sulle persone (sui luoghi e sule cose) previsti dall'art. 356 cod. prc. pen., l'imputato deve essere avvisato ai sensi dell'art. 114 disp att. c.p.p. della facoltà di farsi assistere da un difensore. Si tratta di previsione volta a garantire il controllo da parte del difensore della correttezza dell'operato della polizia giudiziaria. L'avviso, come ovvio, per potere esplicare la sua funzione, presuppone che il soggetto che ne è destinatario sia in condizione tale da poterne comprendere il significato e decidere di conseguenza se avvalersi o meno della relativa facoltà. Nelle ipotesi in cui il soggetto destinatario dell'avviso si trovi in condizione tale da non poter comprendere quanto gli viene detto, tuttavia, l'atto, proprio perché urgente, non può essere differito, pena il vanificarsi dello scopo a cui è preordinato. Per tale ragione la Corte di Cassazione ha già avuto modo di precisare, in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica, che non è configurabile a carico della polizia giudiziaria operante l'obbligo di attendere che l'interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'alcoltest, trattandosi di atto urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall'attesa suddetta, sicché in casi di tal fatta l'avviso può essere pretermesso (Sez. 4, n. 61 del 11/12/2019 dep. 2020, Maldarin, Rv. 277881).
La Corte di Appello ha fatto buon governo di tale principio. Invero l'accertamento del tasso alcolemico di D. era stato effettuato attraverso gli esami ematochimici in Ospedale, dove l'imputato era stato condotto a seguito del sinistro stradale. La Corte di Appello ha ritenuto che nel caso di specie la polizia giudiziaria non aveva potuto dare l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore in quanto, come emerso dalla deposizione del M.Ilo G., l'imputato era fortemente alterato dalla condizione di ubriachezza e versava, dunque, in una situazione di acclarata assenza di lucidità, tale da vanificare la ragione per cui l'avviso doveva essere formulato.
3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il giudice del merito, nella valutazione sulla riconoscibilità delle circostanze di cui all'art. 62 bis c.p. esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). Nel caso in esame, la Corte di Appello ha rilevato l'insussistenza di alcuna situazione oggettiva o soggettiva valutabile favorevolmente ai fini della riduzione del trattamento sanzionatorio e, in replica al motivo di gravame, ha osservato che il comportamento processuale non poteva essere valorizzato, stante l'assenza dell'imputato nei gradi di giudizio ed essendo la correttezza della condotta niente altro che l'osservanza di una basilare regola del convivere sociale. A fronte di tale argomentazione, fondata essenzialmente sulla gravità della condotta di reato quale data desumersi dalla descrizione dei fatti e sull'assenza di elementi da valorizzare in senso favorevole a D., la censura del ricorrente è generica ed aspecifica, in quanto si è limitata a criticare il percorso argomentativo dei giudici, senza indicare quali elementi, in positivo, dovessero essere tenuti in conto ai fini del richiesto riconoscimento.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della soma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2022.