Confisca di prevenzione, prova nuova, prova preesistente e sopravvenuta rispetto, prova deducibile e non dedotta, limiti

Corte di Cassazione, sez. VII Penale, Ordinanza n.40767 del 06/10/2022 (dep. 27/10/2022)

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Confisca di prevenzione, prova nuova, prova preesistente e sopravvenuta rispetto, prova deducibile e non dedotta, limiti

in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revoca "ex tunc" della misura, può essere anche quella preesistente e scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell'ambito del suddetto procedimento, salvo che si adduca l'impossibilità di tempestiva deduzione per la riscontrata sussistenza di ragioni di forza maggiore.

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Cassazione penale sez. II, sentenza 02/11/2021 (dep. 11/11/2021), n. 40767

RITENUTO IN FATTO


1. Con ordinanza del 21.4.2021 la Corte di Appello di Catania, ha respinto la richiesta di revocazione della confisca disposta dal Tribunale di Caltanissetta nei confronti di T.G. ed avente ad oggetto la quota del 50% del capitale della società I.T.C. srl e l'intera proprietà del terreno sito in Comune di (OMISSIS), ove insiste la sede della società, inclusi i fabbricati esistenti;

2. ricorre per cassazione il difensore del T. lamentando violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28; travisamento della documentazione allegata e conseguente mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione: rileva, in primo luogo, come la Corte territoriale abbia considerato apodittica la ricostruzione economico patrimoniale della difesa laddove la semplice lettura delle perizie allegate avrebbe imposto una maggiore cautela ovvero un minimo di argomentazione; segnala come la richiesta fosse stata avanzata ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 2 che disciplina una ipotesi di revocazione assimilabile alla revisione del giudicato penale ed il cui presupposto non può essere limitato alla ipotesi di prova "nuova" quale non era la sentenza del GIP di Caltanissetta che, tuttavia, non era stata allegata quand'anche menzionata persino dal PG nella requisitoria scritta in Cassazione ma che, valutata unitamente agli altri elementi relativi alla produzione del reddito, avrebbe concorso a dimostrare la carenza dei presupposti per l'adozione del sequestro e della conseguente e successiva confisca; sottolinea come la Corte abbia illogicamente ed infondatamente valorizzato le dichiarazioni di Te.Em. a fronte della documentata assenza di pericolosità sociale del ricorrente dimostrata dalle denuncie da lui inoltrate per condotte estorsive poste in essere ai suoi danni nonché, per l'appunto, dalla stessa sentenza assolutoria del GIP di Caltanissetta valorizzata anche dal PG presso la Corte di Cassazione nella sua requisitoria; da ultimo, la assenza di sproporzione reddituale negli anni 1998-2000 come dimostrata dalla consulenza allegata alla richiesta di revocazione;

3. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l'inammissibilità del ricorso: rileva, in primo luogo, come la richiesta di revisione non fosse riconducibile alla ipotesi contemplata nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 2 e che la Corte territoriale ha correttamente scrutinato la sentenza del GIP di Caltanissetta in quanto antecedente alla confisca e conosciuta o conoscibile dalla difesa che non se ne era mai avvalsa e, in ogni caso, non decisiva alla luce del suo contenuto; altrettanto dicasi, secondo il PG, per quanto concerne le denunce inoltrate dal T.; segnala, per altro canto, che la Corte di Appello ha compiutamente motivato in merito al contenuto delle perizie giudicandole non in grado di sovvertire il giudizio di sproporzione patrimoniale contenuto nel decreto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate.

1.1 La richiesta di revocazione era stata avanzata sotto il profilo del difetto "originario" dei presupposti della confisca ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 2 quanto al giudizio di pericolosità fondato sulla affermazione della "vicinanza" del T. alle compagini mafiose operanti nel territorio gelese ed alla sproporzione patrimoniale; il T. aveva insistito sulla assenza di elementi di conforto alla ricostruzione investigativa concernente la utilizzazione della sua attività imprenditoriale come veicolo di reinvestimento di capitali di origine illecita; e, inoltre, sul fatto di aver sempre puntualmente denunciato gli episodi estorsivi perpetrati a suo danno proprio dai collaboratori che lo avrebbero accusato ingiustamente; aveva inoltre dedotto, quale elemento rilevante, la sua assoluzione per insussistenza del fatto dalla imputazione di intestazione fittizia della discoteca "Caligola" intervenuta con sentenza del 2010 del GIP di Caltanissetta e relativa a fatti del 1998 e che non sarebbe stata a disposizione della S.C. in sede di ricorso per l'annullamento del decreto di confisca.

1.2 La Corte di Appello, nel rigettare il ricorso, ha spiegato che la affermazione della difesa circa la compatibilità tra le entrate patrimoniali del T. e gli investimenti operati risulta apodittica e non suffragata da elementi in contrasto con quelli che erano stati posti a fondamento del provvedimento di cui si sollecita la revocazione; che le denunce del 2004 nei confronti degli stessi collaboratori di giustizia che lo avrebbero successivamente accusato non dimostra la sua estraneità rispetto agli ambienti criminali del posto, stante la precarietà degli equilibri di potere tra consorterie; che la sentenza di assoluzione del T. per la vicenda della "(OMISSIS)" è un atto che poteva essere prodotto in Cassazione e non rappresenta perciò una prova "nuova".

I giudici della revocazione hanno esaminato anche il contenuto della sentenza che aveva assolto T. perché il fatto non sussiste ma che aveva tuttavia dato atto che la gestione della discoteca era passata a soggetti che erano stati a loro volta condannati e della stessa vicinanza dell'odierno ricorrente alla criminalità organizzata che provvedeva a reinvestire i proventi della attività della Stidda in bar, pub e discoteche; hanno sottolineato che il GIP aveva segnalato che in un'occasione il T. aveva facilitato un incontro tra il Te. (dichiarante e cdg) ed alcuni capi stiddari che lo avevano invitato ad andarsene ed a dismettere ogni intento estorsivo perché quel locale era, in realtà, "cosa loro".

2. Va in primo luogo premesso che in tema di confisca di prevenzione, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revocazione in quanto lo stesso ha carattere di definitività e il rinvio operato dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 28 alle forme dell'art. 630 c.p.p. e seguenti, in tema di revisione delle sentenze di condanna, implica l'applicabilità anche dell'art. 640 c.p.p., che prevede la ricorribilità per cassazione del provvedimento definitorio del giudizio di revisione (cfr., in tal senso, e tra le altre, Sez. 5 -, Sentenza n. 33146 del 08/10/2020, Corvino, Rv. 279843).

3. Per altro verso, non è inutile ribadire che il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 28, comma 2, non introduce un nuovo caso di revocazione della misura ma limita la rilevanza delle ipotesi contemplate nel comma 1 della medesima norma al solo caso in cui ne derivi il difetto originario dei presupposti per l'applicazione della misura (cfr., Sez. 1 -, Sentenza n. 21958 del 06/07/2020, Marzo, Rv. 279374; conf., tra le non massimate, anche, Sez. 6, Sentenza n. 34840 dell'8/7/2021, Levacovich ed altri; Sez. 6, Sentenza n. 29840 del 22/4/2021, Carnovale ed altri; Sez. 6, sentenza n. 36582 del 28.10.2020, Iannuzzi ed altri).

4. E' inoltre assolutamente consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revoca "ex tunc" della misura, può essere anche quella preesistente e scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, sia quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile e non dedotta nell'ambito del suddetto procedimento, salvo che si adduca l'impossibilità di tempestiva deduzione per la riscontrata sussistenza di ragioni di forza maggiore (cfr., Sez. 6 -, Sentenza n. 27689 del 18/05/2021, Mollica Pietro Tindaro, Rv. 281692; Sez. 2, Sentenza n. 11818 del 07/12/2012, Ercolano ed altro; Rv. 255530; Sez. 6, Sentenza n. 44609 del 06/10/2015, Alvaro, Rv. 265081 in cui la Corte ha ribadito che la "prova nuova", rilevante ai fini della revoca "ex tunc" della misura di prevenzione in quanto suscettibile di mutare radicalmente i termini della valutazione a suo tempo operata, è solo quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione e non anche quella deducibile, ma per qualsiasi motivo non dedotta, nell'ambito di esso escludendo perciò, in una fattispecie simile a quella che ci occupa, che potesse costituisca "prova nuova" la pronuncia di assoluzione dal reato di cui all'art. 416-bis c.p., intervenuta anteriormente al decreto della Corte di Appello di conferma della misura di prevenzione; conf., ancora, Sez. 5, Sentenza n. 28628 del 24/03/2017, Di Giorgio, Rv. 270238, secondo cui "prova nuova", rilevante ai fini della revoca "ex tunc" della misura di prevenzione della confisca, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 1, lett. a), è solo quella scoperta, anche se preesistente, dopo che la misura è divenuta definitiva, o quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ma non anche quella deducibile, ma non dedotta, nell'ambito del suddetto procedimento; Sez. 5, Sentenza n. 3031 del 30/11/2017, Lagaren, Rv. 272104; Sez. 2, Sentenza n. 19414 del 12/03/2019, PG in proc. c/Ficara Domenico, Rv. 276063, in cui la Corte ha ribadito che possono essere qualificate prove sopravvenute rispetto alla conclusione del relativo procedimento, rilevanti ai fini della revoca, anche quelle preesistenti ma non valutate nemmeno implicitamente poiché scoperte dopo che la statuizione sulla confisca è divenuta definitiva; Sez. 6, Sentenza n. 26341 del 09/05(2019, De Virgilio, Rv. 276075; Sez. 6, Sentenza n. 17854 del 27/05/2020, Lunetto, Rv. 279283; Sez. 6 -, Sentenza n. 2190 del 29/10/2020, Notaro, Rv. 281143; Sez. 1, Sentenza n. 12762 del 16/02/2021, Roberto, Rv. 280800, Sez. 1, Sentenza n. 21537 del 11/03/2021, Esposito, Rv. 281226).

5. Nel caso di specie il provvedimento del Tribunale di Caltanissetta è del 3.3.2015 mentre la Corte di Appello aveva deciso sull'appello con decreto del 23.10.2015; la sentenza del GIP di Caltanissetta, invocata dalla difesa, era stata resa in data 31.10.2010 ed è menzionata nel ricorso per cassazione (oltre che nella requisitoria del PG) che è stato definito con sentenza della 6^ Sezione del 19.7.2016 n. 32749; tale sentenza, peraltro, è stata oggetto anche di un ricorso straordinario ex art. 625bis c.p.p. in cui l'argomento principale era stato proprio l'errore percettivo in cui sarebbe caduta la 6^ Sezione nell'affermare che la sentenza del GIP di Caltanissetta non era menzionata nel decreto impugnato laddove, secondo la difesa, essa era stata regolarmente inserita nel fascicolo processuale sino dall'1.9.2010; il ricorso ex art. 625bis c.p.p. sarebbe stato deciso con sentenza del 31/3/2017 sull'assorbente rilievo della inammissibilità del rimedio alle decisioni della S.C. adottate in materia di prevenzione.

E, tuttavia, proprio il contenuto del ricorso ex art. 625bis c.p.p. finisce per dar conto del fatto che la sentenza del GIP di Caltanissetta era stata tempestivamente messa a disposizione del giudice di merito nel corso del giudizio di prevenzione con la conseguenza secondo cui essa non può in alcun modo essere considerata "prova nuova" ai fini della revocazione del provvedimento definitivo.

Per altro verso, e con riguardo al giudizio di sproporzione, il ricorso si limita ad invocare, in maniera peraltro generica, le risultanze delle consulenze tecniche che risultano già prodotte nelle fasi di merito e redatte nel gennaio del 2013, con successive osservazioni che recano le date dell'ottobre 2014 e del settembre del 2015.

6. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., della somma - che si stima equa - di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non risultando ragioni d'esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 2 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021.

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