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Reati sessuali: no a scriminante socioculturale per l'imputato straniero

Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.13786 del 24/02/2023 (dep. 03/04/2023)

In tema di reati sessuali, non assumono alcun rilievo scriminante eventuali giustificazioni fondate sulla diversa concezione della relazione coniugale e dell'approccio al rapporto sessuale derivante dalla cultura del paese d'origine dell'agente. 

La ha stabilito la Cassazione, Sezione III penale, con la sentenza n. 13786 del 3 aprile 2023, precisando che la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di diritti fondamentali dell'individuo.

Il caso di specie riguardava uno straniero condannato per maltrattamenti e violenza sessuale aggravata ai danni della moglie. L'imputato sosteneva che la pretesa di rapporti sessuali era giustificata dal rapporto di coniugio e dal desiderio di avere un figlio maschio. La difesa affermava l'assenza del dolo, l'errore sulla legge penale italiana o l'incapacità di percepire il disvalore della condotta dell'imputato.

La Cassazione ha tuttavia ricordato che lo straniero imputato di un delitto contro la persona o la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlato a facoltà riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto sia oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano. In particolare, l'agente deve rispettare le leggi del Paese in cui ha scelto di vivere, in quanto è necessario valorizzare la centralità della persona umana e armonizzare le diverse culture per consentire l'instaurazione di una società civile multietnica.

Pertanto, nel caso in esame, nessuna motivazione culturale può giustificare violazioni dell'integrità fisica e morale dell'individuo, neanche in termini di errore sulla legge penale italiana. La pronuncia rappresenta un monito per coloro che cercano di utilizzare le proprie tradizioni culturali come scudo per giustificare comportamenti illeciti e lesivi dei diritti fondamentali altrui.

Scriminante dell'esercizio di un diritto, cittadino straniero, facoltà riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, irrilevanza

In tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica.

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Cassazione penale sez. III, 24/02/2023, (ud. 24/02/2023, dep. 03/04/2023), n.13786

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 17 febbraio 2022 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 23 giugno 2021 del Tribunale di Nola che aveva condannato l'imputato alle pene di legge per i reati di maltrattamenti e violenza sessuale aggravata ai danni della moglie.

2. Ricorre per cassazione la difesa dell'imputato sulla base di due motivi.

Con il primo denuncia la violazione di norme processuali per omessa traduzione della sentenza di primo grado e di tutti gli atti successivi in lingua conosciuta all'imputato straniero. Espone che, dopo l'esecuzione della misura cautelare, il GIP aveva fissato l'interrogatorio per l'udienza del 20 novembre 2020 e aveva dovuto rinviare al successivo 22 novembre per l'incapacità dell'imputato di comprendere la lingua italiana. Aggiunge che l'interprete era stato presente anche nel corso del dibattimento. Lamenta quindi l'omessa traduzione della sentenza, laddove era stata tradotta l'ordinanza di custodia cautelare.

Con il secondo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, in merito all'elemento psicologico, poiché la pretesa di rapporti sessuali era giustificata dal rapporto di coniugio e dal desiderio di un figlio maschio. Sostiene l'assenza del dolo o comunque l'errore sulla legge penale italiana e in ogni caso l'incapacità di percepire il disvalore della sua condotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo di censura attiene all'ignoranza dell'imputato della lingua italiana.

Secondo la difesa, tale circostanza sarebbe emersa inequivocabilmente nella fase delle indagini preliminari allorché l'ordinanza di custodia cautelare in carcere gli era stata tradotta e il GIP gli aveva nominato un interprete per rendere l'interrogatorio.

Secondo la Corte territoriale, invece, l'imputato conosceva la lingua italiana sia perché, al momento della notifica dell'ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari, aveva comunicato alla polizia giudiziaria il suo indirizzo e i dati del difensore di fiducia, sia perché, all'udienza dibattimentale, il Tribunale aveva attestato che l'imputato parlava e comprendeva la lingua italiana per cui era necessario l'interprete solo per la moglie. La difesa ha circoscritto la replica a tale seconda affermazione, sostenendo che l'interprete era stato nominato anche per l'imputato. Tale circostanza appare tuttavia recessiva rispetto all'ulteriore considerazione pure svolta dalla Corte territoriale, e non confutata con il ricorso per cassazione, secondo cui spetta in via esclusiva all'imputato alloglotta, e non al suo difensore, la legittimazione a rilevare la violazione dell'obbligo di traduzione della sentenza previsto dall'art. 143 c.p.p., al fine di consentire all'imputato che non comprenda la lingua italiana l'esercizio di un autonomo potere d'impugnazione (Sez. 2, n. 32057 del 21/06/2017, Rafik, Rv. 270327-01). Nel caso in esame non vi è stata alcuna doglianza personale dell'imputato, il quale ben avrebbe potuto beneficiare della diversa decorrenza del termine per impugnare dalla notifica della sentenza tradotta in lingua conosciuta (Sez. 2, n. 45408 del 17/10/2019, Kartivadze, Rv. 277775-01, n. 22465 del 28/04/2022, Lucky, Rv. 283407-01 e Sez. 6, n. 40556 del 21/09/2022, Pinto, Rv. 283965-01), bensì solo l'atto di appello del difensore di fiducia a cui non si estende l'eccezione dell'imputato, che rimane pur sempre personalissima (Sez. 7, n. 9504 del 06/12/2019, dep. 2020, Abid, Rv. 278873-01).

Il secondo motivo attiene alla scriminante socioculturale che, nella prospettazione della difesa, avrebbe escluso il dolo o comunque indotto l'imputato a un errore scusabile sull'ignoranza della legge penale italiana. Non è in contestazione quindi la condotta dei maltrattamenti fisici (lesioni personali) e morali (ingiurie e minacce) né quella delle plurime violenze sessuali perpetrate dall'imputato nei confronti della moglie.

Correttamente la Corte territoriale ha ravvisato il dolo dell'uomo nella sopraffazione e vessazione imposta alla donna sia durante i maltrattamenti che durante le violenze sessuali.

Quanto all'invocata scriminante, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il motivo culturale sottostante a una condotta illecita sia del tutto irrilevante (tra le più recenti, Sez. 1, n. 7140 del 14/12/2021, dep. 2022, A., Rv. 282623-01, in materia di impiego di minori nell'accattonaggio; Sez. 5, n. 30538 del 13/05/2021, P., Rv. 281701-01-02, in tema di induzione e costrizione al matrimonio; Sez. 5, n. 23052 del 05/05/2016, M., Rv. 267014-01, in materia di riduzione in schiavitù; Sez. 1, n. 11591 del 28/10/2015, dep. 2016, Passalacqua, 266559-01, in materia di aggravante dei futili motivi nell'omicidio maturato nell'ambito di una comunità rom per punire un soggetto che aveva intrattenuto una relazione extraconiugale con una familiare).

Più in particolare, questa Sezione ha anche di recente ribadito, dopo una diffusa analisi dei precedenti, che in tema di reati sessuali, non assumono alcun rilievo scriminante eventuali giustificazioni fondate sulla circostanza che l'agente, per la cultura mutuata dal proprio paese d'origine, sia portatore di una diversa concezione della relazione coniugale e dell'approccio al rapporto sessuale, in quanto la difesa delle proprie tradizioni deve considerarsi recessiva rispetto alla tutela di beni giuridici che costituiscono espressione di diritti fondamentali dell'individuo (Sez. 3, n. 7590 del 20/11/2019, dep. 2020, N., Rv. 278600) e che in tema di cause di giustificazione, lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica (Sez. 3, n. 8986 del 12/12/2019, dep. 2020, H., Rv. 278414-01, fattispecie di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali).

Va pertanto ribadito nel caso in esame che nessuna motivazione culturale può giustificare, neanche in termini di errore sulla legge penale italiana, violazioni dell'integrità fisica e morale dell'individuo.

Il ricorso va pertanto rigettato. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2023.

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