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Oltraggio a pubblico ufficiale, necessaria la presenza di più persone "civili"

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.18834 del 16/03/2023 (dep. 04/05/2023)

Nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale, ai fini del requisito della pluralità di persone, rileva la presenza di pubblici ufficiali o di pubblici dipendenti  durante l'atto oltraggioso?

È questo l'interrogativo che si pone la Cassazione, sezione VI penale, con la sentenza n. 18834 del 4 maggio 2023,

Nel caso di specie, un agente di polizia, alla presenza di un altro collega, aveva effettuato un controllo in un luogo pubblico su un individuo trovato in possesso di un coltello. Informato che il coltello sarebbe stato sequestrato e che sarebbe stato denunciato per il porto ingiustificato dello stesso, l'imputato era andato in escandescenza, minacciando e insultando l'agente di polizia. In appello, la condanna dell'imputato per il reato di oltraggio, previsto dall'art. 341 bis c.p., è stata confermata, con una rideterminazione della pena a quattro mesi di reclusione, tenendo conto della diminuente per il rito abbreviato.

La Cassazione, investita della questione, ricorda che. per configurare l'oltraggio, l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone. Queste non possono includere soggetti che, pur non essendo direttamente interessati dall'offesa, siano presenti durante l'evento nel contesto delle loro funzioni. Pertanto, il requisito della pluralità di persone deve essere soddisfatto esclusivamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (i cosiddetti "civili"), o da persone che, pur essendo pubblici ufficiali, siano presenti in quel specifico contesto spazio-temporale per un motivo diverso da quello legato all'atto oltraggioso.

Applicando questo principio, i giudici di legittimità hanno negato la sussistenza del fatto, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.

Oltraggio, offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale, pluralità di persone, integrazione del requisito

In tema di oltraggio, l'offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni, essendo integrato il requisito della pluralità di persone unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili"), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente.

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Cassazione penale, sez. VI, Sentenza 16/03/2023, (dep. 04/05/2023), n. 18834

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di P.V. ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Catania ha riformato quella di primo grado, emessa dal Tribunale di Ragusa il 14/12/2020, riqualificando il reato di cui al capo B) in quello di cui all'art. 341 bis c.p. per il quale ha rideterminato la pena in mesi quattro di reclusione, applicata la diminuente per il rito.

Ne chiede l'annullamento per due motivi.

Con il primo motivo denuncia l'erronea applicazione dell'art. 341 bis c.p. e il travisamento della prova per avere la Corte di appello considerato tra le più persone presenti al fatto anche l'appuntato F., che espletava attività di ufficio insieme all'appuntato S., in contrasto con l'orientamento di legittimità secondo il quale le più persone presenti alla condotta oltraggiosa devono essere estranee alla pubblica amministrazione o pubblici ufficiali presenti non per lo stesso motivo di ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere. La Corte di appello è incorsa nel travisamento della prova nel ritenere la presenza della B., invece, allontanatasi, secondo quanto risulta dall'annotazione di servizio, sicché la condotta oltraggiosa sarebbe stata posta in essere solo alla presenza del L. con conseguente insussistenza del reato.

Con il secondo motivo deduce la contraddittorietà e la mancanza di motivazione in relazione al reato contravvenzionale di cui al capo A).

Il P. non era consapevole della presenza del coltello nel vano portaoggetti dell'autovettura di proprietà del padre e da questi utilizzata; inoltre, all'interno del veicolo vi era anche la B., ma di tali circostanze evidenziate nell'atto di appello la sentenza omette ogni valutazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è fondato.

Dalla annotazione di servizio in atti, utilizzabile in ragione del rito prescelto, trattandosi di giudizio abbreviato, risulta che il controllo era avvenuto sulla pubblica via alla presenza di altri due soggetti, la B. e il L., controllati nell'occasione insieme al P., ma che, nel momento in cui questi, dopo essere stato informato che il coltello sarebbe stato sequestrato e egli sarebbe stato denunciato per il proto ingiustificato dello stesso, era andato in escandescenza e aveva iniziato a minacciare e offendere lo S. con le espressioni di cui all'imputazione, era presente solo il L. in quanto la B. si era allontanata dal luogo con il bambino in braccio, sicché, dovendo escludersi dal novero delle persone presenti all'esplosione ingiuriosa del P. il militare in servizio insieme allo S., il reato di oltraggio non è integrato.

Secondo l'orientamento di questa Corte in tema di oltraggio, l'offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni, essendo integrato il requisito della pluralità di persone unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili"), ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente (Sez. 6, n. 6604 del 18/01/2022, Pagliari, Rv. 282999).

Facendo applicazione di tale principio deve escludersi la sussistenza del fatto.

Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste e l'eliminazione della relativa pena.

2. E' invece, inammissibile per manifesta infondatezza il secondo motivo, non ravvisandosi alcuna incongruenza né contraddittorietà nella motivazione resa dalla Corte di appello relativamente al reato contravvenzionale.

Risulta, infatti, del tutto corretta l'argomentazione dei giudici di appello, che hanno attribuito rilievo al comportamento del P. a seguito del rinvenimento di un coltello a scatto all'interno dell'autovettura. Hanno infatti, evidenziato che, non solo non aveva immediatamente dedotto di ignorare la presenza dell'arma, ma aveva, anzi, dimostrato di averne consapevolezza, dapprima affermando che il coltello non aveva alcuna importanza per lui e che i carabinieri potevano anche distruggerlo, per poi pregarli di non denunciarlo perché già gravato da precedenti penali.

Risulta, pertanto, del tutto logica e lineare la valutazione della Corte di appello in punto di consapevolezza della presenza dell'arma a bordo del veicolo.

L'inammissibilità del ricorso sul punto preclude di rilevare e dichiarare l'intervenuta prescrizione del reato contestato al capo A).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo B perché il fatto non sussiste e elimina la relativa pena di mesi 4 di reclusione.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2023.

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