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Infortunio sul lavoro, tenuità del fatto esclusa se datore viola le misure di sicurezza

Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.20279 del 21/03/2023 (dep. 12/05/2023)

Nel caso di lesioni personali colpose causate da un infortunio sul lavoro, non può essere invocata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. se il datore di lavoro ha consapevolmente violato le misure di sicurezza, sostituendole con procedure volte a ridurre i tempi di lavorazione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. III penale, con la sentenza n. 20279 depositata il 12 maggio 2023.

Nel caso di specie, due datori di lavoro sono condannati per lesioni personali colpose, in relazione agli obblighi previsti dall'art. 71, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008. Gli stessi, con negligenza, l'imprudenza e l'imperizia, e la mancata osservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, avevano causato al dipendente lesioni personali alla mano destra, da cui era derivata un'incapacità lavorativa di 56 giorni.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, sottolineando che la disposizione di esenzione di cui all'art. 131-bis c.p. non è applicabile in questo caso.

I giudici di legiittimità, in primis, hanno precisato che l'applicazione di una pena vicina al minimo edittale non è incompatibile con l'esclusione della causa di non punibilità secondo l'art. 131-bis c.p. Tale norma, che si basa sul principio di proporzione, si applica ai reati che, pur essendo illeciti e colpevoli, non raggiungono la soglia di meritevolezza della pena.

Inoltre, i giudici hanno ribadito che la valutazione della tenuità del fatto richiede un'analisi equilibrata di tutte le peculiarità della fattispecie concreta. Non esistono reati 'tenui' o 'gravi' in senso generale, ma è la specifica manifestazione del reato che determina la sua gravità.

Infine, la Corte ha chiarito che l'adeguamento del macchinario alle prescrizioni ASL dopo l'incidente, come comportamento post delicto, non è rilevante ai fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa.

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Cassazione penale sez. III, 21/03/2023, (ud. 21/03/2023, dep. 12/05/2023), n. 20279

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 giugno 2022, la Corte d'appello di Milano, pronunciandosi nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte di Questa Corte, con sentenza n. 32956 del 2021, ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza, emessa in data 7 marzo 2018, con la quale gli imputata erano stati condannati, alla pena di Euro 300,00 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche ritenute prevalenti alle contestate aggravanti, in ordine al reato di cui agli artt. 110,590, comma 1, 2 e 3, c.p. in relazione agli obblighi del datore di lavoro di cui all'art. 71, comma 1, D.Lgs. n. 81 del 2008, perché, in qualità di legali rappresentanti della (Omissis) s.r.l. e datori di lavoro della persona offesa, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia ed inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionavano al lavoratore V.D., lesioni personali consistite in ferite lacero contuse della mano destra, da cui derivava una malattia con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo pari a 56 giorni.

1.1. L'ambito devoluto alla Corte d'appello di Milano, a seguito di annullamento con rinvio pronunciato da Questa Corte, con sentenza del 7 aprile 2021, riguardava esclusivamente la questione inerente all'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis c.p., rispetto alla quale i giudici di legittimità constatavano l'omessa valutazione, da parte dei giudici del merito, di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, attraverso un'analisi congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo. Per tali ragioni la sentenza rescindente aveva annullato parzialmente la sentenza impugnata e rinviato per nuovo esame limitatamente alla applicabilità dell'art. 131 bis c.p..

La Corte d'appello di Milano, in qualità di giudice del rinvio, ha escluso la causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. ritenendo che il fatto non potesse qualificarsi di particolare tenuità in ragione dell'elevata pericolosità della condotta e dell'elevato grado di colpevolezza, desunto dalla consapevole disapplicazione delle misure di sicurezza da parte dei datori di lavoro, sostituite con altre modalità operative volte a ridurre i tempi di lavorazione, e dell'entità delle lesioni procurate al lavoratore, ritenendo irrilevanti ai fini dell'applicazione del 131-bis c.p. le condotte degli imputati susseguenti al reato.

2. Avverso tale sentenza, gli imputati ricorrono per cassazione, per il tramite dell'Avv. Filippo Fontana, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:

2.1. Il ricorso è affidato a due motivi aventi ad oggetto la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e) e b), c.p.p. in relazione ai presupposti di applicazione dell'art. 131-bis c.p..

Con il primo motivo di ricorso, la difesa censura, anzitutto, la contraddittorietà del provvedimento impugnato con le precedenti sentenze di merito laddove quest'ultime hanno irrogato una pena - 300 Euro di multa vicinissima al minimo edittale, indice di un fatto dal valore offensivo particolarmente esiguo, dunque, logicamente incompatibile con l'elevato grado di colpevolezza attribuito dal giudice del rinvio alla condotta degli imputati.

Inoltre, la difesa lamenta l'illogicità della motivazione laddove il giudice d'appello avrebbe ritenuto che il numero limitato dei lavoratori adibiti alla curvatura a sezione quadrata non attenuerebbe in alcun modo l'offesa al bene giuridico protetto, ma sarebbe, anzi, prova di un elevato grado di colpevolezza. Sul punto, la difesa evidenzia, tra l'altro, che le misure di sicurezza automatiche erano state sostituite con altre misure antinfortunistiche codificate dall'azienda, che, sebbene insufficienti ad evitare l'infortunio, non sono paragonabili alla totale assenza di misure di sicurezza. A sostegno di tale conclusione, il ricorrente richiama una pronuncia di Questa Corte (Sez. 4, n. 17163 del 24/01/2017) dove, ai fini dell'applicazione dell'art. 131-bis c.p., in un caso del tutto analogo, veniva valorizzata proprio la presenza di misure antinfortunistiche, sostitutive di altri presidi automatici, quale indice di un minore grado di colpevolezza.

Quanto all'entità del danno, la difesa censura l'elusione dell'obbligo motivazionale da parte del giudice del rinvio laddove avrebbep, escluso l'applicabilità della causa di non punibilità in esame in ragione della gravità delle lesioni procurate al lavoratore, atteso che nell'ambito degli infortuni sul lavoro le lesioni non possono che essere (quantomeno) gravi; con la precisazione che la gravità delle lesioni non è incompatibile con l'affermazione della tenuità dell'offesa, altrimenti non si potrebbe mai applicare la causa di cui all'art. 131-bis c.p. nei casi di infortuni sul lavoro. In definitiva, il giudice del rinvio, lungi dall'effettuare una valutazione in concreto di tutte le peculiarità della fattispecie, si sarebbe limitato ad affermare, con un sillogismo regressivo, che "il danno è grave ai fini dell'art. 131-bis c.p. perché le lesioni sono gravi".

2.2. Con il secondo motivo di ricorso si censura l'errata applicazione dell'art. 131-bis c.p. con argomentazioni in parte analoghe a quelle sopra esposte.

Si evidenzia, ancora una voltai come il medesimo fattore che ha indotto il giudice del rinvio a riconoscere nella condotta degli imputati un elevato grado di colpevolezza, cioè la sostituzione delle misure di sicurezza doverose con altre misure antinfortunistiche, è stato valutato in senso diametralmente opposto dai giudici di legittimità nella sentenza della Quarta Sezione, sopra citata. Sull'entità del danno si insiste sulla necessità di un'analisi della fattispecie in concreto, non risultando sufficiente l'affermazione della gravità delle lesioni che, come tali, non escludono l'applicabilità del 131-bis c.p. e, dunque, l'esiguità del danno. A sostegno di tale conclusione i ricorrenti citano alcuni casi in cui è stata riconosciuta la causa di non punibilità in esame a fronte di lesioni permanenti o comunque caratterizzate da una durata della malattia molto più lunga (Sez. 4, n. 17163 del 24/01/2017). La difesa sottolinea, altresì, la necessità di effettuare una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, in conformità alla giurisprudenza di legittimità che ha individuato una serie di elementi in presenza dei quali può ritenersi applicabile l'esimente in questione, quali l'assenza di precedenti penali, l'avvenuto risarcimento del danno, la non eccessività della pena irrogata (Sez. 4, n. 6566 del 17/10/2019), elementi che sarebbero ampiamente ravvisabili nel caso di specie, pretermessi nel provvedimento impugnato.

Infine, il giudice del rinvio incorrerebbe in una errata applicazione dell'art. 131-bis c.p. laddove avrebbe ritenuto irrilevante la condotta post factum ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità in esame. Sul punto, si richiama una recente sentenza della Sezioni Unite (Sez. Un., n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv 283064) che ritiene ormai superato l'orientamento secondo cui è irrilevante la condotta susseguente al reato, a fronte della direttiva di segno opposto contenuta all'interno della legge delega n. 134 del 2021, che può considerarsi già diritto vigente. Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha omesso di valutare la condotta successiva all'infortunio, rilevante sotto molteplici profili, specificamente dedotti dalla difesa: dall'adeguamento della macchina curvatubi alle prescrizioni impartite dall'ASL, all'installazione di un ulteriore presidio di sicurezza "laser scanner", fino al risarcimento del danno effettuato dall'azienda, in aggiunta a quello già erogato dall'INAIL.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto l'inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono infondati e non meritano di essere accolti, per le ragioni che seguono.

5. Quanto al primo motivo di ricorso, la motivazione del provvedimento impugnato (cfr. par. 1.1.) risulta immune dal denunciato vizio di contraddittorietà e illogicità.

Sul punto, occorre considerare, anzitutto, che l'irrogazione di una pena vicina al minimo edittale non risulta incompatibile con l'esclusione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. (Sez. 3, n. 17184 del 14/10/2015, Coppo, Rv. 266754 - 01).

Tale istituto, che trova il proprio fondamento giustificativo nel principio di proporzione, si applica, invero, a quei fatti di reato che, seppur tipici antigiuridici e colpevoli, rimangono al di sotto della soglia della meritevolezza della pena, denotando, dunque, una gravità in concreto inferiore alla pena minima prevista dal legislatore per quella determinata fattispecie. Pertanto, il giudice ben può comminare una pena molto vicina al minimo edittale e, ciononostante, non ritenere sussistenti i requisiti per l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 131-bis c.p., e segnatamente, la modesta gravità del reato, individuando, all'interno della cornice edittale prevista dal legislatore, una pena comunque proporzionata alla gravità in concreto del fatto di reato, oggetto del giudizio.

Sotto altro profilo, nessuna manifesta illogicità è predicabile con riguardo all'esclusione della predisposizione di misure antinfortunistiche alternative e all'individuazione di un numero limitato di lavoratori adibiti alla peculiare lavorazione della curvatura a sezione quadrata quale elemento di valutazione favorevole per il riconoscimento della speciale tenuità del fatto. Occorre, infatti, considerare che il giudice territoriale ha preso in considerazione tali elementi nella valutazione complessiva del fatto, ritenendoli, tuttavia, non valutabili favorevolmente ai fini dell'applicabilità dell'esimente de qua, con un ragionamento che non può dirsi illogico.

Nel provvedimento impugnato si evidenzia, infatti, come la sostituzione dei presidi automatici con altro tipo di misure fosse volta a ridurre i tempi di lavorazione; come gli imputati fossero consapevoli della maggiore pericolosità derivante da tale sostituzione, predisponendo la formazione soltanto per tre dipendenti su dieci; come tali misure fossero evidentemente risultate inidonee a garantire la sicurezza e l'incolumità dei lavoratori a fronte delle lesioni cagionate. Al contrario, evidenzia il giudice territoriale, come tale circostanza fosse altamente significativa dell'elevato grado di colpevolezza (cfr. pag. 4).

In tale contesto non è pertinente il richiamo al precedente di Questa corte citato dalla difesa (Sez. 4, n. 17163 del 24/01/2017), in quanto l'elemento in discussione, ovvero la sostituzione con altre misure di sicurezza, era, in quel caso, valutato unitamente ad altri elementi di quel caso concreto ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità.

Come è stato opportunamente affermato nella sentenza Tushaj, pronunciata a Sezioni Unite, nel giudizio sulla tenuità del fatto si richiede "una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta", in quanto "non esiste un'offesa tenue o grave in chiave archetipica. E' la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore" (Sez. Un., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, pag. 8), sicché ogni caso presenta sue peculiarità che il giudice del merito è tenuto a valutare nel complessivo giudizio di particolare tenuità ai sensi dell'art. 131 bis c.p..

Sotto altro profilo, quanto all'entità del danno, la Corte territoriale non si è limitata ad affermarne tautologicamente la gravità in ragione della gravità delle

lesioni, ma ha valutato in concreto l'entità delle lesioni derivate al dipendente infortunato, pari a due mesi di malattia, ritenendola espressiva della pericolosità delle condizioni lavorative consapevolmente predisposte dagli imputati (pag. 4 sentenza della Corte di appello di Milano).

6. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato, in parte per le medesime ragioni di cui sopra, in parte per ragioni diverse.

Più in particolare, risulta infondata la doglianza difensiva relativa alla violazione dell'art. 131-bis c.p., laddove il giudice di appello avrebbe mancato di considerare, ai fini dell'applicazione dell'esimente in parola, la condotta susseguente al reato.

Anzitutto merita ricordare come la norma in esame sia stata recentemente novellata dalla c.d. riforma Cartabia, la quale, con la legge delega n. 134 del 2021, aveva individuato, tra i principi e i criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il governo nell'attuazione della delega, la necessità di attribuire rilievo alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell'offesa. Indicazione prontamente recepita dalla giurisprudenza di Questa corte con una pronuncia a Sezioni Unite del 27 gennaio 2022 (Sez. Un., n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv 283064), prima ancora che venisse adottato il decreto legislativo attuativo n. 150 del 2022, entrato in vigore lo scorso 30 dicembre, con cui sono state formalmente inserite, al comma 1 dell'art. 131-bis, c.p., le parole "anche in considerazione della condotta susseguente al reato".

Hanno chiarito, le Sezioni Unite Ubaldi, che la valorizzazione da parte del legislatore di tale specifico criterio di delega, - ora espressamente introdotto dal D.L. n. 150 del 2022 -, comporta, infatti, la necessità di superare l'indirizzo al riguardo seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, includendo, nel catalogo degli indicatori dianzi richiamati, anche il profilo di valutazione inerente alla "condotta susseguente al reato". Non di meno, come osservato dai giudici nella loro massima espressione, entro tale prospettiva, dunque, le condotte successive al reato ben possono "integrare nel caso concreto un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell'ambito del giudizio di particolare tenuità dell'offesa, rilevando ai fini dell'apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo".

Ora, a seguito della modifica legislativa, la condotta susseguente al reato, in uno con i criteri di cui all'art. 133 comma 1 c.p., rientra nell'ambito di valutazione del giudice per stabilire se, per le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa risulta di particolare tenuità.

Come già chiarito dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, la condotta susseguente il reato è elemento di considerazione nell'ambito della complessiva valutazione dei requisiti per l'applicazione della causa di non punibilità nel caso concreto " rilevando ai fini dell'apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo".

Ebbene, nel caso di specie, il giudice di appello, a pagina 4 del provvedimento impugnato, dimostra di aver già preso in considerazione il comportamento tenuto successivamente dagli imputati e, segnatamente, il fatto di aver apportato le modifiche tecniche alla macchina, in conformità alle prescrizioni della ASL, e di aver predisposto un sistema di sicurezza aggiuntivo denominato laser scanner, giudicando, tuttavia, tali fatti come "neutri" ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità in quanto inidonei ad incidere favorevolmente - sul grado di offensività dell'illecito. Per di più, con riguardo al sistema di sicurezza aggiuntivo, il giudice segnala un passaggio della relazione dell'Ing. Roxas in cui emerge chiaramente tale inidoneità, laddove si afferma che, in ogni caso, l'attrezzaggio del macchinario si sarebbe dovuto effettuare disattivando temporaneamente il laser scanner, in assenza, dunque, di ulteriori garanzie di sicurezza.

La gravità dell'offesa e l'elevata pericolosità delle condizioni di lavoro consapevolmente non è scalfita, secondo i giudici del merito, dalla condotta susseguente di messa a norma del macchinario.

Si tratta di valutazioni di merito, che già comprende la ‘condotta susseguente al reatò di cui al novellato art. 131 bis c.p., che, in quanto non manifestamente illogiche né contraddittorie sono insindacabili in sede di legittimità. Oltretutto, rileva, il Collegio, che l'adeguamento del macchinario alle prescrizioni ASL è un comportamento post delicto imposto per la prosecuzione dell'attività lavorativa, dunque non significativo ai fini di valutazione della particolare tenuità dell'offesa.

Non risulta dalla sentenza impugnata che i ricorrenti avessero devoluto, quale elemento di valutazione ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, il risarcimento del danno, né la sentenza rescindente ha dato rilievo a tale circostanza per il successivo giudizio di rinvio, né infine, tale circostanza è stata oggetto di allegazione con il ricorso per cassazione.

7. Va, infine, ricordato che nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio non può dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Rv. 265434 - 01; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Rv. 267590 - 01) e, allo stesso modo, non può essere dichiarata dalla Corte di cassazione che rigetta il ricorso.

8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2023

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