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Pena illegale: la definizione della Cassazione

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.23057 del 28/02/2023 (dep. 25/05/2023)

In quali casi la pena può definirsi illegale?

Torna ad occuparsi del tema la Cassazione, sezione sesta penale, con la sentenza n. 23057 depositata il. 25 maggio 2023.

La Suprema Corte ha ricordato che è illegale la pena inflitta o applicata dal giudice:

a) in totale assenza dei relativi presupposti;

b) senza il rispetto dei limiti legali per specie e quantità;

c) non prevista dall'ordinamento per il caso oggetto del giudizio;

d) determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima;

e) determinata in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

Deve, invece, ritenersi illegittima la pena che, pur astrattamente compatibile con le norme che la regolano, risulti in concreto contraria a specifiche prescrizioni che ne avrebbero condizionato l'operatività.

Nel caso di specie, la Cassazione ha stabilito che la mancata subordinazione della sospensione condizionale della pena alla partecipazione dell'imputato a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni, che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, non costituisce pena illegale.

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Cass. pen., sez. VI, ud. 28 febbraio 2023 (dep. 25 maggio 2023), n. 23057

(Presidente Fidelbo – Relatore Vigna)

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata, il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Tivoli ha applicato a D.P.O. la pena di anni uno, mesi sei di reclusione, pena sospesa, in relazione ai reati di cui agli artt. 572, primo e comma 2, e 582-585 c.p..

2. Avverso la sentenza, ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, deducendo la violazione dell'art. 165, comma 5, c.p., il quale prevede che, nei casi di condanna per i delitti di maltrattamento e lesioni aggravate, la sospensione condizionale della pena è, comunque, subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

Il Pubblico ministero ricorrente richiama sentenze, anche di questa Sezione, che ritengono che, in tema di patteggiamento, la sospensione condizionale della pena applicata illegittimamente, in quanto non subordinata, ad esempio, agli obblighi di cui all'art. 165, comma 1, c.p., può essere dedotta con il ricorso per Cassazione atteso che nel concetto di pena illegale rientra tutto ciò che, comunque, incide sul trattamento punitivo.

3.L'avvocato Marco Landolfi, nell'interesse di D.P. , ha depositato memoria nella quale sottolinea che il dato dirimente è che, tanto il Pubblico Ministero nell'esprimere il consenso, quanto il Giudice nel pronunciare la sentenza impugnata, hanno fatto corretta applicazione della previsione normativa invocata dal ricorrente (l'art. 165, comma 5, c.p., come introdotto dall'art. 6 L. 69 del 2019), in quanto la sospensione condizionale è stata concessa in presenza del requisito imposto dalla legge, e cioè la partecipazione ad uno specifico percorso di recupero presso un ente specializzato.

Considerato in diritto

1.II ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli non è fondato.

2.Occorre premettere che, sulla base di quanto risulta dagli atti, in data 10 giugno 2022 la difesa dell'imputato chiedeva al Pubblico ministero il consenso all'applicazione della pena indicata nella richiesta, precisando - a integrazione di una precedente istanza, sulla quale il Pubblico Ministero aveva espresso il proprio dissenso - che era stata formulata una proposta risarcitoria alla persona offesa dal reato e che D.P. aveva già intrapreso un programma riabilitativo di sostegno psicologico per la gestione degli impulsi violenti e della rabbia presso il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti Onlus -Sezione di […] (C.A.M. […]); circostanza, questa, che veniva documentata dalla lettera del Presidente della suddetta associazione, con la quale si precisava che vi era l'accordo delle parti all'intraprendere il percorso, anche se, formalmente, lo stesso non era iniziato.

Il difensore produceva, altresì, recente attestazione dell'Onlus di riferimento in ordine all'andamento positivo del percorso terapeutico dell'imputato.

2.1. Non è quindi condivisibile la tesi difensiva, secondo la quale la condizione ex art. 165, comma 5, si era già verificata al momento del patteggiamento e, sia il giudice, che il Pubblico ministero ritenevano la sospensione condizionale della pena implicitamente subordinata al percorso terapeutico da intraprendere.

3.Occorre, quindi, chiedersi se la mancata subordinazione della sospensione condizionale della pena alla partecipazione dell'imputato a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni, che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, costituisca pena illegale.

3.1. Va rilevato che numerose e più recenti pronunce, anche di questa Sezione, hanno escluso che l'illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena sia vizio riconducibile al concetto pena illegale ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis c.p.p. (Sez. 6, n. 36772 del 12/09/2022, Amato, Rv. 283829 - 01; Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, non mass.; Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, P., Rv. 281945 - 01).

Tale ultimo indirizzo è da ritenersi ormai prevalente, in quanto confermato dalle diverse pronunce delle Sezioni Unite.

In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite del 31 marzo 2022, n. 47182, Savini, Rv. 283818 - 01, ha espressamente ritenuto non condivisibile l'accezione di penale illegale maggiormente estesa, delineata dalla giurisprudenza richiamata dal ricorrente con riferimento all'art. 448, comma 2-bis c.p., in quanto essa "conduce a predicare l'illegalità non già della pena, bensì del trattamento sanzionatorio, ovvero del complessivo regime di attuazione della statuizione sulla pena" (v. Cass., Sez. Un. ult. cit., in motivazione, p. 22, § 10).

Un arresto corroborato da altra sentenza delle Sezioni Unite del 31 marzo 2022, n. 38809, Miraglia, Rv. 283689 - 01, che, con riferimento al tema del rilievo officioso dell'illegalità della pena in caso di inammissibilità del ricorso, ha ritenuto che "la nozione di pena illegale non possa estendersi al punto da includere profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all'ordinamento per specie, genere o quantità" (...) "In definitiva, è necessario che la nozione di pena illegale, come si diceva in principio, venga calibrata sulla sua funzione di rappresentare l'altro polo del giudizio di bilanciamento da operare in relazione alle garanzie sottese al giudicato, ossia quale limite estremo di tutela della libertà personale esposta al rischio di un arbitrio che travalichi i limiti del potere sanzionatorio riconosciuto al giudice" (Cass., Sez. Un., ult. cit., in motivazione, p. 24, § 9.3).

3.2.Deve, dunque, osservarsi che l'interpretazione avallata più volte dalle Sezioni Unite predilige un'accezione di pena illegale radicalmente più circoscritta di quella proposta dal ricorrente, limitandone l'estensione ai casi nei quali l'errore sia avvenuto in danno dell'imputato e non anche a suo favore. In questo senso specifico si erano espresse anche le Sezioni Unite nella sentenza 17 dicembre 2020, n. 7578, Acquistapace (in motivazione, § 9, p. 12).

3.3. In conclusione, è illegale la pena inflitta o applicata dal giudice a) in totale assenza dei relativi presupposti; b) senza il rispetto dei limiti legali per specie e quantità; c) non prevista dall'ordinamento per il caso oggetto del giudizio; d) determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima; e) determinata in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

Deve, invece, ritenersi illegittima la pena che, pur astrattamente compatibile con le norme che la regolano, risulti in concreto contraria a specifiche prescrizioni che ne avrebbero condizionato l'operatività. Pertanto, nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena in violazione di legge, ciò non rende illegale la pena applicata in sentenza. A favore di tale soluzione, depone non solo la nozione di illegalità della pena come sopra ricostruita, ma anche la stessa natura del beneficio in questione che, pur partecipando alla funzione rieducativa e di prevenzione speciale della pena (si veda in tal senso Corte Cost. n. 295 del 1986), non ha, tuttavia, natura afflittiva.

4. Alla luce di quanto sopra, il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
 

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