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Furto lieve per bisogno, i confini della fattispecie

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.28255 del 20/04/2023 (dep. 30/06/2023)

Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta è di tenue valore in senso oggettivo, avuto riguardo all'utilizzo che l'agente si è proposto o ha realizzato con essa per soddisfare al minimo una grave ed urgente necessità.

Questa definizione è stata recentemente ribadita dalla Cassazione, sezione V penale, con la sentenza n. 28255 depositata il 30 giugno 2023.

Nel caso di specie, una donna era stata condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, per il tentato furto di generi alimentari all'interno di un supermercato Esselunga.

La Suprema Corte ha precisato che la valutazione circa la tenuità del valore non debba essere effettuata in senso assoluto, ma relativo, tenendo conto dell'utilizzazione della cosa sottratta che l'agente si è proposto o ha realizzato. In conformità con la ratio della norma, quindi la cosa sottratta deve essere adeguata a soddisfare il bisogno al livello minimo.

Inoltre, il grave ed urgente bisogno non riguarda solo l'elemento psicologico del reato, essendo necessario che la cosa sottratta sia effettivamente destinata a soddisfare tale bisogno.

Il bisogno è:

  • grave, quando dal suo mancato soddisfacimento potrebbe derivare un danno rilevante,
  • ed è urgente, quando non può esserne differito il soddisfacimento senza danno o pericolo.

Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha escluso la riconducibilità della condotta attribuita alla ricorrente al tentato furto di uso perché la stessa, oltre ai generi alimentari, si sarebbe impossessata di un olio per capelli, di vini e liquori.

Tuttavia, è risultato che l’indicazione del furto di vini e liquori era frutto di un errore nella sentenza.

Quanto all’olio per capelli, la Cassazione precisa che "il grave e urgente bisogno" della norma invocata non deve essere necessariamente legato alla mancanza di generi alimentari e quindi alla "fame", ma può riferirsi ad esigenze primarie della persona altrettanto urgenti che attengono all'igiene e all'ordine della persona.

Per questi motivi, la Cassazione ha annullato la sentenza di merito con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per un nuovo giudizio, al fine di rivalutare il diverso inquadramento della condotta contestata alla luce delle coordinate ermeneutiche suggerite.

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Cassazione penale, sez. V, Sentenza 20/04/2023, (dep. 30/06/2023), n. 28255

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27 settembre 2022, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza in composizione monocratica, a seguito di giudizio abbreviato, del 23 novembre 2020 con la quale la ricorrente era stata condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva per il tentato furto di generi alimentari all'interno del supermercato Esselunga.

2. Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l'imputata, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. c.p.p., comma 1.

2.1.Con il primo motivo, si deduce violazione di legge in relazione alla cd. disciplina emergenziale.

La difesa evidenzia che in sede di conclusioni scritte nel giudizio di appello aveva lamentato la tardività del deposito delle conclusioni del PG rispetto alla prima udienza poi rinviata e la mancata comunicazione di eventuali ulteriori conclusioni per l'udienza di rinvio del 27 settembre 2022. La Corte ha omesso qualsivoglia motivazione sul punto.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge in relazione alla nullità della notifica di citazione.

La Corte territoriale pur avendo riconosciuto la fondatezza della doglianza di cui al primo motivo di appello (notifica del decreto di citazione presso il difensore di ufficio in proprio e ai sensi dell'art. 159 c.p.p. per irreperibilità dell'imputata), ha invocato erroneamente l'applicabilità dell'art. 184 c.p.p. essendo in udienza presente il difensore di fiducia nonché procuratore speciale, laddove la imputata non era presente e non aveva espressamente rinunciato a comparire.

2.2. Con il terzo motivo, è stata dedotta violazione cli legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di giustificazione dello stato di necessità ex art. 54 c.p..

Le risultanze istruttorie consentono la emersione dello stato e delle condizioni della ricorrente malnutrita e malata clochard con la possibilità di riconoscere la scriminante dello stato di necessità.

2.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione cli legge e vizio di motivazione quanto alla riqualificazione della ipotesi di cui all'art. 626 c.p., comma 1, n. 2, (tentato furto di uso).

Erroneamente la Corte territoriale esclude la qualificazione richiesta sostenendo che la donna si sarebbe impossessata di olio per capelli, vino e liquori. In realtà escludendo l'olio per capelli (che verosimilmente era utilizzato per districare i capelli lavati di rado), non risulta che la ricorrente si sia impossessata di vino e liquori, ma unicamente di formaggio e salame.

2.4 Con il quarto motivo è stata dedotta violazione d legge e vizio di motivazione quanto al riconoscimento della riduzione del delitto tentato nella sua massima estensione.

La Corte ha operato la riduzione di un terzo motivando la scelta sulla circostanza che il tentativo era in una fase avanzata.

In realtà la donna era stata sorvegliata durante tutta la sua permanenza nel supermercato e bloccata solo allorquando svuotava il contenuto del cestino negli indumenti, laddove avrebbe potuto essere fermata prima.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono.

1.II primo e il secondo motivo (errores in procedendo) risultano manifestamente infondati.

1.1.Quanto al primo motivo di ricorso, va richiamata la recente giurisprudenza di questa Corte secondo la quale: "Nel giudizio cartolare d'appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, il deposito tardivo delle conclusioni del procuratore generale, ritualmente avvisato, non è causa di nullità neanche nel caso in cui avvenga dopo il decorso del termine stabilito per la presentazione delle conclusioni delle parti private, ma esime il giudice dall'obbligo di prenderle in esame. (Sez. 5, n. 8131 del 24/01/2023, Rv. 284369).

Ferme pertanto le indicazioni richiamate, va peraltro osservato che nel caso di specie, dall'esame degli atti risulta che, rispetto alla data di celebrazione effettiva del processo (27 settembre 2022), le conclusioni depositate dal PG non risultano affatto tardive: la Corte, infatti, all'udienza del 12 luglio 2022, aveva disposto con ordinanza il rinvio del processo con nuova notifica al difensore di fiducia dell'appellante, in ragione della notifica effettuata ad un diverso ma omonimo difensore.

Rispetto alla udienza di effettiva celebrazione del processo e di corretta instaurazione del contraddittorio, sia pure nella forma cartolare, alcun pregiudizio o violazione del diritto di difesa si è verificato.

1.2. Il secondo motivo è anche esso manifestamente infondato, apparendo del tutto regolare e corretta la notifica effettuata all'epoca dei fatti (data di emissione del decreto di citazione) al difensore di ufficio, essendo la nomina del difensore di fiducia intervenuta successivamente alla data di emissione del decreto di citazione a giudizio. Al riguardo questa Corte ha stabilito che: "Nel caso di nomina di difensore di fiducia in sostituzione del precedente difensore d'ufficio ricevuta dal P.M. successivamente al deposito del decreto di citazione a giudizio ed anteriormente alla notifica dello stesso, la circostanza che il decreto venga notificato all'originario difensore anziché al nuovo non è causa di nullità della notifica, regolarmente eseguita sulla base degli elementi di riferimento esistenti al momento del deposito del decreto, e senza che possano avere r lievo le successive variazioni, intervenute soltanto nella fase di esecuzione dell'atto". (Sez. 3, n. 38268 del 25/09/2007, Rv. 237946).

2. Quanto ai motivi di ricorso che deducono errores in iudicando, il quarto motivo relativo alla diversa qualificazione del fatto contestato ai sensi dell'art. 626 c.p., comma 1, n. 2, risulta fondato per le seguenti ragioni.

2.1. Va in primo luogo richiamata la giurisprudenza di questa Corte che si è espressa sulla specifica fattispecie di cui all'art. 626 c.p., comma 2, n. 1.

Secondo orientamento consolidato di questa Corte: "Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta è di tenue valore in senso oggettivo, avuto riguardo all'utilizzo che l'agente si è proposto o ha realizzato con essa per soddisfare al minimo una grave ed urgente necessità". (Sez. 5, Sentenza n. 48732 del 13/10/2014, Rv. 261231; n. 42375 del 2012 Rv. 254348).

Ha chiarito ulteriormente in motivazione Oa sentenza richiamata che: "(..) la valutazione circa la tenuità del valore non debba essere effettuata in senso assoluto, ma relativo, tenendo conto dell'utilizzazione della cosa sottratta che l'agente si è proposto o ha realizzato.

In questo senso, in conformità con la ratio della norma, si afferma che la cosa sottratta deve essere adeguata a soddisfare il bisogno al livello minimo(..)".

Ha ulteriormente aggiunto che: "(..) il grave ed urgente bisogno non riguarda solo l'elemento psicologico del reato, essendo necessario che la cosa sottratta sia effettivamente destinata a soddisfare tale bisogno. Il bisogno è grave, quando dal suo mancato soddisfacimento potrebbe derivare un danno rilevante ed è urgente, quando non può esserne differito il soddisfacimento senza danno o pericolo (oltre la citata Sez. 2, n. 42375 del 05/10/2012, anche le risalenti Sez. 2, n. 1624 del 12 maggio 1969 e n. 27 del 16 febbraio 1970).

2.2. Con riguardo al caso in esame, la sentenza impugnata ha escluso la riconducibilità della condotta attribuita alla ricorrente al tentato furto di uso ("se il fatto è commesso su cose di tenue valore per provvedere ad un grave e urgente bisogno") per le seguenti ragioni:

- se si fosse trattata di una sottrazione legata alla fame non vi sarebbe stata ragione di impossessarsi di un olio per capelli, di vini e liquori;

- a nulla rileva che i beni sottratti siano stati poi recuperati integri e quindi nuovamente commerciabili.

2.3. Ebbene, la motivazione appare in parte manifestamente illogica, in parte apparente dal momento che:

- non risulta che oggetto di furto siano stati vini e liquori.

La sentenza di secondo grado, nel richiamare le risultanze processuali a fondamento della sentenza di primo grado celebratasi con giudizio abbreviato, erroneamente indica il furto di vini e liquori, laddove la sentenza di primo grado (pag.2) riporta le sommarie informazioni testimoniali dell'addetta al servizio antitaccheggio B.R., la quale riferiva che la ricorrente si dirigeva "(..) al reparto profumeria, prelevando un prodotto per capelli(..)" e "(..) successivamente al reparto vini e liquori, dove, dopo essersi voltata più volte occultava tre pezzi di formaggio sotto la maglia, in una borsa i due salami e nei pantaloni l'olio per capelli (..)."

La esclusione dei vini e dei liquori dai beni oggetto di furto rende la motivazione impugnata manifestamente illogica nonché apparente dal momento che "il grave e urgente bisogno" della norma invocata non deve essere necessariamente legato alla mancanza di generi alimentari e quindi alla "fame", ma può riferirsi ad esigenze primarie della persona altrettanto urgenti che attengono all'igiene e all'ordine della persona.

Su questo punto, peraltro, la sentenza impugnata ha operato espressi riferimenti alle condizioni di indigenza, alla dipendenza da eroina, oltre che alle precarie condizioni di salute fisica e psichica della ricorrente.

3.La sentenza, dunque, va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio al fine di rivalutare il diverso inquadramento della condotta contestata alla luce delle coordinate ermeneutiche suggerite.

4.L'accoglimento del quarto motivo assorbe conseguentemente le ulteriori censure.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2023.

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