Un bacio posto in essere nei confronti di un soggetto non consenziente e diretto a soddisfare la concupiscenza dell'aggressore costituisce un atto di violenza sessuale.
Lo ha ribadito la Cassazione, Sezione III penale, con la sentenza n. 33697 depositata il 1° agosto. 2023.
Nella vicenda in esame, un uomo, visibilmente ubriaco, ha afferrato il viso di una donna e l'ha attirata a sé, e quindi l'ha baciata sulla bocca insistentemente, lasciandole tracce di saliva.
La Suprema Corte ricorda che rientra nella nozione di "atto sessuale" qualunque atto che coinvolga, oggettivamente, la corporeità sessuale della persona offesa, nella prospettiva dell'autore di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale e sia, nel contempo, idoneo a compromettere la libertà sessuale della vittima.
Per la consumazione del delitto di cui all'art. 609-bis c.p. è infatti sufficiente una "immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima", che si realizza quando l'agente ne ha raggiunto le zone genitali o erogene ovvero ha provocato un contatto tra le proprie parti intime e la vittima.
Secondo la costante giurisprudenza, il bacio può ritenersi "atto sessuale" non solo se è penetrante, ma anche nel caso in cui si risolva nel semplice contatto delle labbra. Entrambe le tipologie sono infatti idonee a ledere la libertà e integrità sessuale del soggetto passivo, concretandosi in un atto idoneo a invadere la sua sfera intima ed integrare, pertanto, uno degli elementi materiali del reato di violenza sessuale.
Anche la natura repentina del bacio non esclude il fatto poiché è sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo.
Nel caso di specie, le circostanze che il bacio sia stato imposto alla vittima, in assenza di consenso, con atteggiamento repentine e abbia lasciato sulle sue labbra tracce di saliva, non lascia dubbi sulla valenza erotica del gesto e quindi sulla configurabilità del reato di cui all'art. 609-bis c.p.
Cassazione penale sez. III, 06/07/2023 (dep. 01/08/2023) n. 33697
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25/11/2022, la Corte di appello de L'Aquila, confermava la sentenza n. 496/2019 emessa dal Tribunale de L'Aquila il 14/09/2019, che aveva condannato C.D. alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione in riferimento al delitto di cui agli artt. 609-bis c.p., previo riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 3 della medesima disposizione, commesso in danno di F.L. in data (Omissis) in (Omissis) ((Omissis)).
Contestualmente, in riforma della sentenza n. 495/2019 emessa dal Tribunale de L'Aquila il 14/09/2019, dichiarava non doversi procedere per il reato di lesioni perché estinto per prescrizione.
In particolare, le due imputazioni, originariamente contestate in seno allo stesso procedimento, erano state poi separate a seguito di modifica dell'imputazione e ammissione al rito abbreviato per le sole lesioni.
2. Avverso tae sentenza l'imputato propone, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione; in particolare:
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta il ricorrente la violazione dell'art. 606, comma 1, lettera c) c.p.p. in riferimento all'art. 415-bis c.p.p.. Censura in particolare come l'avviso di conclusione delle indagini preliminari era stato erroneamente notificato nelle forme della notifica agli irreperibili, previa emissione di verbale di "vane ricerche", senza essere state esperite idonee ricerche per individuare l'imputato, riportando nella data di nascita errata e infine con avviso notificato al solo difensore d'ufficio. Evidenzia inoltre come l'avviso di conclusione fu notificato in (Omissis), via (Omissis), e non presso la sua residenza anagrafica; ritiene in conclusione che la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari sia affetta da nullità sia per l'incompletezza delle ricerche che per l'avvenuta notifica presso un indirizzo erroneo, mobilità che travolge a cascata gli atti successivi del processo;
2.2. Con il secondo motivo di ricorso lamenta il ricorrente la violazione dell'art. 606, comma 1, lettera c) c.p.p. in riferimento all'art. 609-bis c.p.. Sostiene il ricorrente come erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto provata la penale responsabilità dell'imputato, omettendo di confrontarsi con le doglianze difensive.
In realtà il fatto dovrebbe riqualificarsi nella fattispecie di cui all'art. 610 del codice penale in ragione, da un lato, della natura repentina dell'azione, che non consente di attribuire alla stessa alcuna connotazione sessuale; dall'altro, dell'assenza di intrusione nella sfera sessuale della persona offesa; infine, in ragione dell'assenza di lesione della libertà di autodeterminazione della stessa.
Soprattutto, la Corte ha omesso di valutare in ordine all'esclusione della "valenza erotica" di tale gesto, che andava esclusa in presenza di contesti sociali e culturali, quale quello di appartenenza dell'imputato.
3. In data 30/06/2023 la difesa del ricorrente depositava note di replica alle conclusioni del P.G
3.1. Quanto al primo motivo di ricorso contesta le conclusioni del Procuratore Generale, che sostiene la correttezza della notifica dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p. all'imputato effettuata presso il difensore ex art. 159 c.p.p., sull'assunto di irreperibilità accertata a seguito di ricerche infruttuose dalla P.G., prima nel luogo di residenza ((Omissis), fraz. (Omissis), (Omissis)) e poi in (Omissis) ((Omissis)), Via (Omissis), ritenuto domicilio di fatto;
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, contesta le conclusioni del P.G. secondo cui esso sarebbe manifestamente infondato oltre che generico, nonché meramente contestativo, ribadendo che il gesto in questione, così come emerso indistintamente nel corso del giudizio, non è stata espressione di carica erotica, bensì di evidente candore da parte 3 del sig. C., vista l'usanza presso il proprio paese d'origine di baciarsi sulle labbra per salutarsi.
Sicché, ribadisce, nessuna adeguata valutazione da parte della Corte aquilana v'e' stata in ordine alle cause di esclusione della valenza erotica di tale gesto, la quale andava ragionevolmente esclusa in presenza di contesti sociali e culturali, come quelli di appartenenza dell'imputato (cfr. Cass. Pen. N25112/2007).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico.
Come evidenziato anche nelle conclusioni del P.G., la Corte di appello, a fronte di analoga censura sollevata con i motivi di impugnazione, ha correttamente affermato (pag. 8) la regolarità della notifica deil'avviso di conclusione delle indagini all'imputato effettuata presso il difensore ai sensi dell'art. 159 c.p.p., sulla base di ricerche della polizia giudiziaria infruttuose effettuate nel luglio 2015 presso la residenza in (Omissis), frazione (Omissis), (Omissis), attestato dal relativo certificato anagrafico prodotto dalla difesa, e in (Omissis), in via (Omissis), domicilio di fatto. Egli, inoltre, non era presente in alcun istituto penitenziario dello Stato. Da qui la sua irreperibilità, essendo le ricerche state effettuate con dati anagrafici corretti.
Pertanto, la vocatio in ius risulta essere stata correttamente eseguita mediante notifica presso il difensore fiducia nel frattempo nominato, presso il quale peraltro era stato eletto domicilio.
Il ricorso non si confronta affatto con la motivazione della sentenza impugnata, risultando così inammissibile per difetto di specificità.
2. Del pari, il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e comunque inammissibile.
Come evidenziato a pagina 10 della sentenza impugnata (il corsivo è del Collegio), "come riferito dalla persona offesa, è confermato dagli altri testimoni che hanno assistito al fatto, il C., visibilmente ubriaco, ha afferrato il viso di F.L. (che peraltro non conosceva), l'ha attirata a sé, e quindi l'ha baciata sulla bocca insistentemente, lasciandole tracce di saliva. Si è trattato inequivocabilmente di un atto di violenza sessuale in quanto posto in essere nei confronti di un soggetto non consenziente e diretto a soddisfare la concupiscenza dell'aggressore, non essendo correlabile, come sostenuto dall'imputato, alle "usanze" del suo paese di origine, sia perché accompagnato da costrizione, sia perché caratterizzato da un contatto intimo (bacio dato quantomeno a labbra dischiuse, con passaggio di saliva)".
La motivazione della Corte di appello appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui rientra nella nozione di "atto sessuale" qualunque atto che coinvolga, oggettivamente, la corporeità sessuale della persona offesa, nella prospettiva dell'autore di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale e sia, nel contempo, idoneo a compromettere la libertà sessuale della vittima. Per la consumazione del delitto di cui all'art. 609-bis c.p. è infatti sufficiente una "immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima", che si realizza quando l'agente ne ha raggiunto le zone genitali o erogene ovvero ha provocato un contatto tra le proprie parti intime e ia vittima (Sez. 3, n. 57515 del 27/09/2018, Gatto, n. m.; Sez. 6, n. 10626 del 16/02/2022, Rv. 283003 - 01; Sez. 3, Sez 3, n. 17414 del 18/02/2016, Rv. 266900 - 01).
Sez. 3, n. 12728 del 12/03/2021, Lugari, ha poi precisato che "la valorizzazione di atteggiamenti interiori sposterebbe il disvalore della condotta incriminata dalla persona che subisce la limitazione della libertà sessuale a chi la viola. L'atto deve essere definito come "sessuale" sul piano obiettivo, non su quello soggettivo delle intenzioni dell'agente. Se, perciò, il fine di concupiscenza non concorre a qualificare l'atto come sessuale, il fine ludico o di umiliazione della vittima non lo esclude (Sez. 3, n. 25112 del 13/02/2007, Rv. 236964; Sez. 3, n. 35625 del 11/07/2007, Polifrone, Rv. 237294)".
Quanto alla valenza sessuale del "bacio", questa Corte ha reiteratamente affermato (Sez. 3, n. 964 del 26/11/2014, dep. 2015, Rv. 261634 - 01) che ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, assumono rilevanza tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene,.possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, i quali devono "costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l'azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti fra le persone coinvolte e di ogni determinazione della sessualità del soggetto passivo (così questa sez. 3, n. 10248 del 12.2.2014, M., rv. 258588)". La pronuncia ultima citata (richiamata recentemente da Sez. 3, n. 36636 dell'11/07/2019, Piccirillo, n. m.) ha chiarito che la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel ritenere il bacio "quale "atto sessuale" anche nel caso in cui si risolva nel semplice contatto delle labbra (così questa sez. 3 n. 41536, 29.10.2009, non massimata, relativa a una fattispecie in cui l'imputato, afferrandola per il collo, aveva tentato di baciare il viso della parte lesa senza assicurarsi il suo previo consenso). Nella medesima decisione, richiamata nella più volte citata sentenza 10248/2014, si precisava anche che, ai fini della configurabilità del reato, non può essere operata alcuna distinzione con riferimento all'intensità del bacio, tale da escludere la natura sessuale per i baci caratterizzati soltanto dal contatto delle labbra e riservare la nozione di atto sessuale solo quelli più penetranti, considerando che entrambe le tipologie sono idonee a ledere la libertà e integrità sessuale del soggetto passivo, concretandosi in un atto idoneo a invadere la sua sfera intima ed integrare, pertanto, uno degli elementi materiali del reato di violenza sessuale, tranne nel caso in cui si tratti di baci leggeri scambiati in contesti non erotici che ne escludano la connotazione sessuale".
Si ricordava anche, in quell'occasione, che la questione relativa all'individuazione della condotta di rilievo penale "e' stata diffusamente trattata in altra pronuncia (sez. 3 n. 33464/2006), mediante ampi richiami ai precedenti, giungendo alla conclusione che essa comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale (vedasi anche sez. 3 n. 45950/2011; sez. 3 n. 41096/2011; sez. 3 n. 12506/2011; sez. 3 n. 21840/2011; sez. 3 n. 21336/2010; sez. 4 n. 3447/2008; sez. 3 n. 35365/2007)".
Del resto, la stessa sentenza citata dal ricorrente (n. 25112/2007), evidenzia come "non soltanto il bacio profondo, o bacio alla francese, col contatto delle lingue (o con penetrazione, per usare il linguaggio del ricorso), ma anche il bacio limitato al semplice contatto delle labbra, configura un atto sessuale idoneo a invadere la sfera intima del soggetto passivo, e come tale integra uno degli elementi materiali delle fattispecie penali previste negli artt. 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p. ".
Quanto alla asserita natura "repentina" del gesto, la sua presenza, anziché escludere il fatto, lo conferma: la giurisprudenza della Corte è infatti granitica (v. Sez. 3, n. 1559 del 19/11/2021, dep. 2022, Pavin) nell'affermare che è "sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo (Sez.3,n. 6340 del 01/02/2006, Rv.233315)... Deve, quindi, ribadirsi che, in tema di violenza sessuale, l'elemento oggettvo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado e; provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso (Sez.3, n. 6945 dei 27/01/2004, Rv.228493; Sez.3, n. 46170 del 18/07/2014, Rv.260985)".
Nel caso di specie, la concorrente circostanza che i(bacio sia stato imposto alla vittima, in assenza di consenso, con atteggiamento repentino, e abbia lasciato sulle sue labbra tracce di saliva, non lascia dubbi sulla valenza erotica del gesto, peraltro già ricondotto alla fattispecie attenuata dell'art. 609-bis c.p..
Come correttamente evidenziata dal Procuratore generale, il ricorso appare meramente "contestativo" e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, conforme alla pacifica giurisprudenza della Corte e non manifestamente illogica o contraddittoria.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e deila somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che darà liquidata dalla corte di appello di L'Aquila con separato decreto di pagamento ai sensi degii artt. 82 e 83 D.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 01 agosto 2023