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Violenza sessuale, quando è concedibile la circostanza attenuante di minore gravità

Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.39123 del 12/07/2023 (dep. 26/09/2023)

In tema di reato di violenza sessuale, in quali ccasi è concedibile la circostanza attenuante di minore gravità prevista dall'art. 609-bis c.p., u.c.?

La Terza Sezione penale della Cassazione ha recentemente fornito chiarimenti con la sentenza n. 39123 del 26 settembre 2023.

Secondo la Suprema Corte, tale attenuante deve essere considerata quando si verifica una minima compressione della libertà sessuale della vittima, fondando tale giudizio su una valutazione globale del fatto.

Quali sono dunque le circostanze che acquisiscono particolare rilievo in questa valutazione?

  • i mezzi utilizzati,
  • le modalità esecutive del reato,
  • il grado di coartazione esercitato sulla vittima,
  • le condizioni fisiche e mentali della stessa,
  • le caratteristiche psicologiche in relazione all'età della vittima.

Tutto ciò serve a stabilire che la libertà sessuale della vittima non sia stata compromessa in modo grave e che il danno subito, compreso quello psichico, non sia rilevante.

Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva stabilito la responsabilità dell'imputato per una serie di reati, applicando però la circostanza attenuante di minore gravità dell'art. 609-bis c.p., e rideterminando la pena in due anni e tre mesi di reclusione.

Il giudice di merito, nella fase di appello, ha confermato tale riconoscimento, ponendo l'accento sulle dichiarazioni della persona offesa, dalle quali emergeva una minor gravità nella compressione della sua libertà sessuale e nel danno psichico ricevuto.

Infine, la Cassazione, trovando adeguato il percorso argomentativo e le motivazioni espresse, coerenti e logicamente valide, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore generale.

Violenza sessuale, circostanza attenuante della minore gravità, valutazione globale del fatto, circostanze rilavanti

Ai fini della concedibilità della circostanza attenuante di minore gravità di cui all'art. 609-bis c.p., u.c., da applicarsi qualora vi sia una minima compressione della libertà sessuale della vittima, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici.

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Cassazione penale, sez. III, sentenza 12/07/2023 (dep. 26/09/2023) n. 39123

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 04 ottobre 2022, la Corte d'appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza del 03 giugno 2021, con la quale il Tribunale di Pescara ha dichiarato D.T.C. responsabile dei reati di cui all'art. 81 c.p., art. 612 bis c.p., commi 1 e 2, art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1), art. 577 c.p., comma 2 e art. 61 c.p., n. 11-quinquies, art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., comma 1, n. 5-quater), commessi in danno dell'ex convivente, previa concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 609-bis c.p., comma 3, in regime di prevalenza con la contestata aggravante, ha rideterminato la pena in anni due e mesi tre di reclusione, confermando nel resto.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di L'Aquila e l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di L'Aquila propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce erronea applicazione e inosservanza della legge penale nonché carenza, contraddittorietà o illogicità della motivazione in relazione al riconoscimento della circostanza attenuante della minore gravita di cui all'art. 609-bis c.p., u.c.; lamenta che la Corte d'appello ritenuto l'atto sessuale di minore gravità, senza tener conto della valutazione globale del fatto, da svolgersi considerando l'intero contesto della violenza, la presenza del minore nel luogo adiacente alla violenza, il dissenso della donna, la reiterazione delle condotte, l'intensità del dolo, la compromissione della sfera sessuale della vittima, nonché le conseguenze psicologiche negative da essa subite.

L'imputato propone due motivi di ricorso.

Con il primo motivo deduce inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. c), lamentando che la Corte d'appello aveva ritenuto utilizzabili le registrazioni dei messaggi e le foto presenti agli atti, senza tener conto che il procedimento di estrapolazione di tali dati non avrebbe offerto alcuna garanzia circa provenienza ed autenticità di tali dati, essendo stato operato direttamente dalla persona offesa.

Con il secondo motivo deduce carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e), lamentando che la Corte d'appello ritenuto che la persona offesa, avendo inviato foto intime al ricorrente subito dopo la violenza sessuale, volesse evitare di indispettire quest'ultimo, senza avvedersi dell'illogicità della considerazione secondo cui chi ha appena subito una violenza sessuale sarebbe disposta ad inviare subito dopo delle foto intime, nonostante il trauma subito.

3. Il PG ha depositato memoria ex art. 611 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore generale va dichiarato inammissibile.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, ai fini della concedibilità della circostanza attenuante di minore gravità di cui all'art. 609-bis c.p., u.c., da applicarsi qualora vi sia una minima compressione della libertà sessuale della vittima, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici (Sez.3, n. 50336 del 10/10/2019, Rv.277615 - 01; Sez.3, n. 46461 del 16/05/2017, Rv.271348 - 01; Sez.3, n. 6784 del 18/11/2015, dep.22/02/2016, Rv.266272; Sez.3, n. 21623 del 15/04/2015, Rv.263821; Sez.3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv.259196). Nella specie, la Corte territoriale, confermando il riconoscimento della diminuente in questione, ha valutato globalmente il fatto, richiamando la ricostruzione in fatto contenuta nella sentenza di primo grado, e dato rilievo preponderante ed assorbente alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, dalle quali emergeva una minore gravità della compromissione della sua libertà sessuale e del danno subito, anche in termini psichici.

A fronte di tale adeguato percorso argomentativo, sorretto da argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche, il ricorrente propone rilievi in fatto, orientati a sollecitare una diversa lettura del materiale probatorio, preclusa in sede di legittimità.

2. Il ricorso di D.T.C. va dichiarato inammissibile.

2.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Va richiamato il principio di diritto, secondo il quale, in tema di mezzi di prova, i messaggi "whatsapp" e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all'acquisizione di corrispondenza di cui all'art. 254 c.p.p. (Sez.6 n. 22417 del 16/03/2022, Rv.283319 - 01;Sez.3, n. 8332 del 06/11/2019,dep.02/03/2020, Rv.278635 - 01).

Nella specie, quindi, i Giudici di merito hanno correttamente utilizzato ai fini della decisione le produzioni documentali in atti, relative ai messaggi e foto inviati dall'imputato alla persona offesa; la censura proposta, pertanto, deve valutarsi manifestamente infondata.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.

Nel motivo in esame, infatti, si espongono censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, Rv. 235507; Sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Pi ras, Rv. 235508).

Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8 non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6, n. 27429 del 04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148).

3. In definitiva, deve così disporsi: il ricorso del Procuratore generale va dichiarato inammissibile; il ricorso dell'imputato va dichiarato inammissibile e, in base al disposto dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), il predetto va condannato al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo; l'imputato va, inoltre, condannato in base al disposto dell'art. 541 c.p.p., in via generica alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato; spetterà, poi, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato la liquidazione di tali spese mediante l'emissione del decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep.12/02/2020, Rv.277760 - 01).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore generale.

Dichiara inammissibile il ricorso di D.T.C. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di L'Aquila con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato.

Motivazione semplificata.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2023.

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