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Aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, i criteri di valutazione

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.510 del 14/10/2022 (dep. 10/01/2023)

Come si valuta l'applicabilità della circostanza aggravante per il danno patrimoniale di rilevante gravità, prevista dall'art. 61, comma 1, n. 7, del Codice Penale?

Sul quesito risponde la Sezione Quinta Penale della Cassazione con la sentenza n. 510 del 10 gennaio 2023.

Il caso di specie riguardava il furto in abitazione privata ai danni di due anziani pensionati, a cui era stato sottratto un importo di 8.000 Euro.

La Cassazione ha affermato che per valutare l'applicabilità di questa circostanza aggravante, è necessario considerare in primo luogo l'entità oggettiva del danno, tale da integrare un danno patrimoniale di rilevante gravità in sé (parametro oggettivo).

La rilevanza economica del danno, in termini oggettivi, deve essere relazionata al livello economico medio della società nel momento in cui il reato è stato commesso.

Se il danno non è di notevole entità oggettiva, è opportuno fare riferimento, in via subordinata, alle condizioni economiche-finanziarie della persona offesa (parametro soggettivo).

Nel caso in esame, i parametri ISTAT sul reddito netto medio delle famiglie italiane, pari a circa 32.000 Euro nel 2020, sono stati utilizzati come riferimento. Pertanto, il furto di un importo di 8.000 euro, che rappresenta un quarto di tale reddito, può essere considerato un danno patrimoniale di rilevante gravità a prescindere dalle condizioni economiche delle vittime.

Aggravante del danno di rilevante gravità, parametri di riferimento soggettivi ed oggettivi

Per la valutazione dell'applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, è opportuno far riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l'entità oggettiva del danno è tale da integrare di per sé un danno patrimoniale di rilevante gravità.

La rilevanza economica del danno, nella sua dimensione oggettiva, deve essere parametrata al livello economico medio della comunità sociale nel momento storico in cui il reato viene commesso.

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Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n. 510 del 14/10/2022 (dep. 10/01/2023)

RITENUTO IN FATTO

1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Bologna, che ha confermato la decisione del Tribunale di Bologna, emessa il 19.3.2021, all'esito di rito abbreviato, con cui C.M. è stata condannata alla pena di tre anni di reclusione ed Euro 800 di multa, in relazione a due condotte di furto in privata dimora ai danni di vittime anziane ed al delitto di evasione, avendo commesso il reato di furto di cui al capo a) allontanandosi dal luogo ove era ristretta in regime cautelare domiciliare.

2. Avverso il provvedimento in esame ha proposto ricorso l'imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi di censura.

2.1. Il primo argomento della difesa eccepisce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 5, c.p., in relazione al furto contestato al capo a), poiché non sarebbe stata specificata l'incidenza del dato anagrafico sul contesto dell'azione di reato sulla maggior vulnerabilità della vittima.

2.2. Il secondo motivo di censura eccepisce vizio di motivazione della sentenza d'appello, che non ha risposto al motivo di impugnazione riferito al difetto di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, provocato alla vittima del reato di furto di cui al capo a), cui sono stati rubati circa 8000 Euro, nonostante la specificità della doglianza. La Corte d'Appello si è limitata a ritenere sussistente detta aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 7, c.p. in motivazione, senza nulla specificare nel dispositivo, così non rispondendo alle ragioni difensive che chiedevano conto del vizio di motivazione in primo grado riguardo a detta aggravante.

2.3. Il terzo motivo di censura evidenzia che, in ogni caso, non vi sarebbero i presupposti sostanziali e di fatto per ritenere sussistente l'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 7, c.p. e, di contro, eccepisce l'inidoneità della motivazione utilizzata dalla Corte d'Appello, che si riferisce alla mera condizione di "pensionato" per automaticamente desumere una situazione economica tale da far sì che la somma sottratta divenga, in relazione alla vittima, di entità rilevante.

3. Il Sostituto Procuratore Generale Paola Mastroberardino ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo di censura, dedicato a contestare la sussistenza dell'aggravante della "minorata difesa" prevista dall'art. 61, comma 1, n. 5, c.p., è manifestamente infondato e genericamente formulato, senza confronto con gli argomenti della sentenza impugnata.

La condotta contestata alla ricorrente è stata commessa ai danni di un'anziana di 80 anni, affetta da un serio difetto della vista (maculopatia) e la Corte d'Appello motiva ampiamente sulle specifiche ragioni concrete di minorata difesa, in linea con quanto evoca la difesa e con la giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40275 del 15/7/2021, Cardellini, Rv. 282095).

Le Sezioni Unite hanno, infatti, chiarito che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso.

Ed hanno, altresì, ritagliato aree di operatività autonoma di alcune di tali circostanze, quali direttamente e univocamente significative della "minorata difesa" della vittima del reato: così è stato per la circostanza dell'aver commesso il fatto "in tempo di notte" (cfr. Rv. 282095-02), purché sempre si corrisponda ad una valutazione "in concreto" della fattispecie realizzatasi. Successivamente, la giurisprudenza delle Sezioni semplici ha rappresentato come tali considerazioni possano valere anche per la condizione di ottuagenaria della persona offesa, fatta salva la verifica dell'ostacolo reale alla pubblica o privata difesa.

Nel caso di specie, oltre alla condizione di persona ottuagenaria, la vittima si caratterizza anche per essere afflitta da una grave patologia visiva che ha inciso sulla sua percezione del pericolo e sulla sua difesa dall'atto predatorio.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato, ma anche per una diffusa imprecisione nella formulazione, tale da sfociare in un argomentare perplesso e, dunque, generico, con un parziale deficit di autosufficienza (riguardo al motivo d'appello che la difesa assume sia stato disatteso).

La tesi della ricorrente sembra dolersi che il giudice d'appello abbia "dimenticato" di motivare sul difetto argomentativo del provvedimento di primo grado quanto all'aggravante del danno economico di rilevante gravità derivato alle vittime dal reato (per la sottrazione di 8.000 Euro), illegittimamente configurando la pena e computando detta aggravante nel ragionamento sanzionatorio.

3.1. Ebbene, anzitutto, si evidenzia che la ricorrente non ha chiarito le ragioni della sua doglianza, visto che tutte le aggravanti sono state comunque "neutralizzate", nella loro ricaduta sanzionatoria, dalla concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti nel giudizio di bilanciamento complessivo.

Il Collegio intende aderire all'orientamento secondo cui sussiste l'interesse all'impugnazione dell'imputato al fine di ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante anche quando con il provvedimento impugnato gli siano state concesse circostanze attenuanti con giudizio di prevalenza su tale aggravante, poiché costituisce suo diritto vedersi riconoscere colpevole di una condotta meno grave di quella contestatagli (Sez. 5, n. 24622 del 9/5/2022,)erradi, Rv. 283259; Sez. 1, n. 27826 del 5 13/06/2013, Bisogno, Rv. 255991; Sez. 6, n. 3174 del 11/01/2012, Merlo, Rv. 251575, tutte in tema di recidiva; Sez. 1, n. 35429 del 24/06/2014, Mileti, Rv. 261453; conf., ex plurimis, Sez. 6, Sentenza n. 19188 del 10/01/2013, Rv. 255071), poiché il giudizio di comparazione spiega i suoi effetti sulla determinazione della pena, ma lascia inalterata la valutazione deteriore del fatto e della personalità dell'imputato (Sez. 5, n. 37095 del 22/04/2009, Rv. 246580. Contrariamente, l'opzione dominante ritiene l'inammissibilità di un siffatto motivo, per carenza di interesse: ex multis, Sez. 1, n. 43269 del 25/09/2019 Rv. 277144; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 38697 del 24/06/2015, Ndiaye, Rv. 264803; Sez. 3, n. 16717 del 09/03/2011, Khadim, Rv. 250000).

Tuttavia tale prospettiva non esclude che detto interesse, astrattamente ipotizzabile, debba essere dedotto dall'imputato, quanto meno nelle sue ricadute di ordine sanzionatorio, laddove non sia immediatamente intuibile - come nella specie - dalla diretta analisi della fattispecie.

Nel caso della ricorrente, tale interesse non è stato espresso in alcun modo - anzi si è ignorato del tutto, nel ricorso, il giudizio di bilanciamento prevalente favorevole - e sicuramente non vi è stata alcuna ricaduta sanzionatoria della valutazione della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, compensata, unitamente all'altra aggravante configurata (la minorata difesa), dalla prevalenza delle circostanze ex art. 62-bis c.p.; anzi, il trattamento sanzionatorio ha visto un'ulteriore riduzione ex art. 62, comma 1, n. 6, c.p., non in linea con il principio di unitarietà previsto dall'art. 69, comma 3, c.p. ed ulteriormente favorevole alla ricorrente.

3.2. Per l'inammissibilità del motivo proposto depone anche la diversa ma concorrente prospettiva che mette in risalto come, nel sistema impugnatorio interno, il giudice d'appello, a fronte di una motivazione carente o addirittura assente nella sentenza di primo grado, può provvedere alla sua integrazione, poiché la mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall'art. 604 c.p.p., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 58094 del 30/11/2017, Amorico, Rv. 271735 -01).

Nel caso rappresentato dalla ricorrente, a fronte di una mancanza argomentativa riscontrata nel provvedimento di primo grado, ben può il giudice dell'appello provvedere, come ha fatto nella specie, ad integrare la quota motivazionale mancante.

4. Il terzo motivo difensivo è manifestamente infondato.

La ricorrente lamenta, da un lato, l'illegittimità dell'aver ritenuto sussistente l'aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, in assenza di presupposti; dall'altro, il vizio di motivazione, con riguardo all'aver orientato i giudici d'appello la propria decisione al parametro soggettivo della condizione di "pensionati" con scarso reddito delle vittime (due anziani colti dall'autore del reato "di sorpresa" con uno stratagemma, nella loro casa).

Tuttavia, la Corte d'Appello ha spiegato come la somma sottratta sia di per sé idonea a configurare l'aggravante, aggiungendo l'ulteriore argomento della condizione di vita ed economica delle vittime, a fini di asseveramento di quanto già ritenuto e per "colorare" di più specifici toni la fattispecie in esame.

La motivazione utilizzata è immune da critiche e corrisponde agli orientamenti più convincenti della giurisprudenza di legittimità, che hanno optato per una valutazione combinata, "a geometria variabile" dei presupposti integrativi, utili alla verifica.

Si è così chiarito che, per la valutazione dell'applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, può farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando la sua entità oggettiva è tale da integrare di per sé un danno patrimoniale di rilevante gravità (cfr., tra le molte, Sez. 2, n. 48734 del 6/10/2016, Puricelli, Rv. 268446, in una fattispecie in cui si è ritenuta sussistente l'aggravante con riferimento ad un danno indicato nel capo di imputazione per il reato di truffa nell'importo di Euro 71.000, e Sez. 2, n. 33432 del 14/7/2015, Di Filippo, Rv. 264543, in una fattispecie in cui il danno si aggirava in un range da 20.000 a 50.000 Euro, in entrambi i casi a prescindere dalle condizioni economiche della parte offesa; vedi anche Sez. 6, n. 8098 del 3/12/1987, dep. 1988, Dinacci, Rv. 178875).

Nel caso delle vittime del reato in esame, si è accertato che sia stata loro sottratta una somma pari ad 8.000 Euro, indicata sin nell'imputazione, che costituisce, all'evidenza, nel senso comune, un cospicuo valore, al di là delle condizioni economiche della vittima, dovendosi parametrare la rilevanza economica del danno, nella sua dimensione puramente oggettiva, al livello economico medio della comunità sociale nel momento storico in cui il reato viene commesso ed indipendentemente dalla consistenza economica del danneggiato (Sez. 2, n. 10599 del 30/3/1987, Micheli, Rv. 176826), che torna ad essere necessariamente considerata, quando delle condizioni specifiche e soggettive possano far propendere per una valutazione maggiormente calibrata sulle circostanze concrete.

Nel parametro del livello economico medio della comunità sociale, essenziale a decidere della particolare rilevanza del danno, non possono essere tenute in considerazione situazioni economiche individuali, tarate su di una minima porzione di popolazione presente in una determinata area sociale, in un ben individuato momento storico, in relazione alle quali la privazione di una somma di denaro pari ad 8.000 Euro non abbia quello stesso significato depauperativo che ha per la gran parte dei cittadini, in ragione dell'elevato reddito percepito o dell'elevata consistenza patrimoniale (elementi che, come detto, potrebbero portare a ritenere sussistente la configurabilità dell'aggravante, in un'ottica di valutazione complessiva ed obiettiva dell'interrelazione danno/vittima). Secondo i parametri ISTAT il reddito netto medio delle famiglie italiane era pari a circa 32.000 Euro al 2020, sicché il furto di una somma che costituisce un quarto di tale reddito ben può rientrare nell'alveo di configurabilità oggettivo dell'aggravante, a prescindere dalle condizioni economiche delle vittime.

La situazione concreta, però, ben si giova anche dell'ulteriore specificazione relativa alla condizione delle vittime del reato, focalizzata dalla sentenza d'appello, che ha evidenziato come il loro reddito sia collegato ad una pensione, mediamente attestata su valori di 800/1000 Euro mensili.

In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto:

Per la valutazione dell'applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, è opportuno far riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l'entità oggettiva del danno è tale da integrare di per sé un danno patrimoniale di rilevante gravità.

La rilevanza economica del danno, nella sua dimensione oggettiva, deve essere parametrata al livello economico medio della comunità sociale nel momento storico in cui il reato viene commesso.

5. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2023.

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