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Attenuante della provocazione "per accumulo", quando si configura

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.5765 del 19/12/2022 (dep. 10/02/2023)

Quali sono i criteri per la configurabilità della circostanza attenuante della provocazione "per accumulo" in un caso di aggressione?

Sul quesito interviene la Cassazione penale, sezione Quinta, con la sentenza n. 5765 depositata il 10 febbraio 2023.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Torino aveva riformato la decisione del Tribunale di Biella, escludendo la natura reiterata della recidiva nel caso dell'imputato, condannato per il reato di lesioni personali gravi ai danni di una donna. L'aggressore proponeva ricorso per cassazione, contestando il mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione.

La Corte territoriale aveva negato l'esistenza di un nesso di causa/effetto tra azione e reazione, ritenendo inadeguata quest'ultima. Tuttavia, secondo il ricorrente, la Corte aveva trascurato una serie di comportamenti antigiuridici ed antisociali della persona offesa, sostenendo che la sproporzione tra il fatto ingiusto e il reato commesso non fosse di gravità assoluta e macroscopica.

La Cassazione, invesita della questione, ha ribadito che per la configurabilità dell'attenuante della provocazione "per accumulo", è necessario dimostrare l'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, anche se apparentemente minore. Tuttavia, tale attenuante è da escludersi quando la reazione appare eccessiva e inadeguata rispetto all'ultimo episodio, al punto da escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa e reazione.

La Corte ha inoltre evidenziato che, nella specie, la reazione dell'aggressore fosse sproporzionata rispetto all'ultimo episodio, in cui la donna brandiva una scopa ed una paletta in un contesto in cui anche l'uomo stava utilizzando una scopa. Tale situazione non costituisce una provocazione ingiusta che possa giustificare un'aggressione come quella portata alla persona offesa da parte dell'imputato, che colpì ripetutamente la donna al viso, rompendole il naso, facendola cadere a terra e fratturandole il polso. In base a queste considerazioni, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, l'attenuante della provocazione non sussiste quando la sproporzione tra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso è talmente grave e macroscopica da escludere lo stato d'ira o il nesso causale tra il fatto ingiusto e l'ira.

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Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.5765 del 19/12/2022 (dep. 10/02/2023) 

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 29 marzo 2022 dalla Corte di appello di Torino, che ha riformato - escludendo la natura reiterata della recidiva - la decisione del Tribunale di Biella che aveva condannato, anche agli effetti civili, P.I. per il reato di lesioni personali gravi ai danni di F.L..

2. Contro la sentenza sopra indicata ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del proprio difensore, affidando le proprie censure a tre motivi.

2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla circostanza aggravante di cui all'art. 583 c.p., comma 1, n. 1). La Corte di merito avrebbe operato da peritus peritorum ritenendo "possibile" che la persona offesa aveva subito l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni. Tuttavia, la Corte territoriale ha posto alla base delle proprie conclusioni solo i dati clinici relativi al polso, di nove mesi successivi all'evento lesivo, senza dare atto del nesso eziologico con la condotta del prevenuto. Il motivo di gravame è stato respinto solo sulla base di un certificato medico, senza che fosse stata espletata una perizia, ancorché essa non costituisca un imprescindibile mezzo di prova.

2.2. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. Nel caso di specie la sentenza impugnata non esclude l'esistenza dello stato d'ira e del fatto ingiusto altrui, ma nega che vi sia un nesso di causa/effetto tra azione e reazione per l'inadeguatezza di quest'ultima. La Corte territoriale, a quest'ultimo proposito, ha però trascurato tutta una serie di comportamenti antigiuridici ed antisociali della persona offesa illustrati nel secondo motivo di appello, cui si fa richiamo; inoltre, la sproporzione tra il fatto ingiusto della persona offesa ed il reato commesso non ha i caratteri della gravità assoluta e macroscopica.

2.3. Il terzo motivo di ricorso (erroneamente contrassegnato dal numero 1) lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva, in tesi non adeguatamente motivato.

3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:

il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso - che attiene alla contestata gravità della lesione - è inammissibile siccome manifestamente infondato dal momento che la valutazione della Corte di appello si è basata su documentazione medica ospedaliera, che ha attestato che permanevano postumi invalidanti a diversi mesi dal fatto (in particolare, evidenza obiettiva di una limitazione della flessione del polso con la necessità di utilizzare una polsiera con stecca palmare) proprio in uno dei due punti bersaglio dell'azione aggressiva (la persona offesa aveva riportato, oltre a quella delle ossa nasali, la frattura, appunto, del polso). La motivazione della Corte territoriale, pertanto, non è manifestamente illogica dal momento che ha tratto da documentazione ufficiale un dato significativo per ritenere che, data la compromessa funzionalità dei polso, permanesse l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo ben superiore a quaranta giorni.

Non e', peraltro, correttamente inquadrata la questione, non trattandosi di valutazione del giudice - pur ammissibile - da peritus peritorum ma di qualificazione giuridica sulla base di dati medici certi che hanno consentito a giudicante di ritenere che alla stregua di essi la lesione fosse grave aì sensi dell'art. 583 c.p. perché di durata superiore ai 40 giorni.

Tale impostazione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto modo di affermare che in tema di lesioni colpose il giudizio circa la sussistenza o meno di postumi penalmente rilevanti è strettamente giuridico e, in quanto tale, di esclusiva competenza del giudice, non del perito, sia pure sulla base degli elementi tecnici forniti da tale consulente (Sez. 4, Sentenza n. 1189 del 21/10/1982 Ud. (dep. 08/02/1983) Rv. 157358 - 01); sicché non s'imponeva affatto l'espletamento di una perizia.

E' altresì il caso di rammentare che la lesione personale deve considerarsi grave se l'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia (cfr. Sez. 5, n. 4014 del 27/10/2015 Ud. (dep. 29/01/2016), Rv. 267556 - 01) e tale incapacità può essere anche relativa (Sez. 5, n. 9229 del 14/07/1981, Rv. 150588); laddove nel caso di specie la riscontrata limitazione nel movimento del polso e la ridotta capacità di presa sono state ritenute idonee dal giudice di merito a costituire l'incapacità di provvedere alle ordinarie occupazioni di cui alla contestata aggravante, con valutazione che si fonda, come detto, sulle risultanze mediche.

1.2. Quanto al secondo motivo, è evidente che la situazione pregressa non rileva per misurare l'adeguatezza della reazione, che deve concernere un fatto ingiusto specifico, laddove la cd, provocazione per accumulo - di cui peraltro il ricorrente non parla specificamente, limitandosi ad elencare una serie di episodi pregressi - implica la sussistenza di determinate condizioni affinché possa assumere rilievo. Secondo il costante orientamento di questa Corte, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. "per accumulo", si richiede la prova dell'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, la cui esistenza e', tuttavia, da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all'ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall'accumulo, e reazione (cfr. tra tante, Sez. i, n. 28292 del 09/05/2017, Rv. 270272 - 01).

Anche se la Corte di appello fa riferimento solo ad una bomboletta spray e non alla scopa e alla paletta, citate dal ricorrente, il motivo di appello era manifestamente infondato perché brandire una scopa ed una paletta - peraltro in un contesto in cui anche l'altro stava utilizzando una scopa -- non costituisce una situazione ingiusta che possa giustificare un'aggressione come quella portata alla persona offesa da parte dell'imputato (che ebbe a colpire ripetutamente la donna al viso, rompendole il naso, facendola rovinare a terra e fratturandole il polso); in realtà - conclude coerentemente ai dati probatori descritti la corte territoriale l'azione della F., in sostanza innocua, fu il mero pretesto che l'imputato coglieva per sfogare contro di lei un risentimento covato da tempo.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la circostanza attenuante della provocazione, pur non richiedendo l'requisiti di adeguatezza e proporzionalità, invero, non sussiste ogni qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d'ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l'ira (Sez. 5, n. 604 del 14/11/2013, dep. 2014, D'Ambrogi, Rv. 258678; Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010, Lucianò, Rv, 248375).

1.3. Il terzo motivo non considera che la motivazione posta a base della ravvisata recidiva è sufficiente in quanto evidenzia come il fatto sub ludice sia un'ulteriore manifestazione, rispetto alla condanna per resistenza e lesioni del (Omissis), di un'indole aggressiva e violenta, non potendo esso essere considerato una occasionale e contingente ricaduta nel reato. Si rammenta che infatti l'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all'esercizio di un potere discrezionale del giudice, dei quale deve essere fornita adeguata motivazione che - come nel caso di specie - dia conto dell'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. 6, n. 14550 dei 15/03/2011, Rv. 250039 - 01, fattispecie relativa ad un'ipotesi di recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale).

2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

Circostanza attenuante della provocazione, forma c.d. "per accumulo", configurabilità, prova

Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante della provocazione, pur nella forma c.d. "per accumulo", si richiede la prova dell'esistenza di un fattore scatenante che giustifichi l'esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo, la cui esistenza e', tuttavia, da escludersi, pur in presenza di fatti apparentemente ingiusti della vittima, allorché la reazione appaia sotto ogni profilo eccessiva e talmente inadeguata rispetto all'ultimo episodio dal quale trae origine, da fare escludere la sussistenza di un nesso causale tra offesa, sia pure potenziata dall'accumulo, e reazione

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