Fattispecie ex art. 73 TU stupefacenti, sostanze tabellarmente eterogenee, fatto di lieve entità, unico reato

Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza n.9087 del 07/02/2023 (dep. 03/03/2023)

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Fattispecie ex art. 73 TU stupefacenti, sostanze tabellarmente eterogenee, fatto di lieve entità, unico reato

L'art. 73 comma 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come riformulato dalla L. 14 maggio 2014, n. 79, prevede un'unica figura di reato, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente oggetto delle condotte punite, sicché la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualora sia classificabile quale fatto di lieve entità, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro.

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Cassazione penale sez. III, Sentenza 07/02/2023, (dep. 03/03/2023), n. 9087

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Ancona con la quale l'imputato era stato condannato, all'esito del giudizio abbreviato, alla pena di mesi otto di reclusione e Euro 1.200,00 di multa, in relazione al reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990 art. 73 comma 5, n. 309 per la detenzione a fine di spaccio di quattro confezioni di cocaina e grammi 0,42 di marijuana.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso il difensore dell'imputato, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo i seguenti motivi di ricorso.

- Violazione di legge in relazione al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 comma 5 vizio di motivazione in relazione al travisamento della prova, motivazione apparente. La corte territoriale avrebbe reso una motivazione apparente recependo le argomentazioni del primo grado con riferimento alla attribuibilità dello stupefacente all'imputato, ospite occasionale nell'appartamento.

Contrariamente a quanto ricostruito, altre due persone occupavano all'alloggio, sicché la motivazione della corte territoriale sarebbe illogica. Allo stesso modo avrebbe erroneamente ritenuto configurabile la condotta di detenzione che richiede, secondo la giurisprudenza di legittimità, una situazione di materiale possesso dello stupefacente che non può prescindere dal contatto fisico.

- Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla carenza di motivazione con riferimento al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 comma 5 erronea valutazione delle risultanze probatorie con riguardo alla prova della destinazione a terzi.

- Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla carenza di motivazione alla finalità di uso non personale, inversione dell'onere probatorio. Argomenta il ricorrente che non spetta all'imputato la dimostrazione della finalità di uso personale, ma compete all'accusa la dimostrazione della finalità di spaccio.

- Violazione di legge in relazione all'applicazione dell'aumento per la continuazione tra sostanze stupefacenti di diversa tipologia in presenza del reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 art. 73 comma 5.

Il difensore ha depositato memoria di replica con cui ha chiesto l'integrale accoglimento del ricorso

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso appare, quanto ai tre motivi di ricorso afferenti al merito della responsabilità, inammissibile per la proposizione di motivi manifestamente infondati e anche in parte non consentiti in questa sede con riguardo alla devoluzione del travisamento probatorio e alla richiesta di un diverso apprezzamento dei fatti.

La deduzione del travisamento della prova sottende una diversa e inammissibile richiesta di rivalutazione del compendio probatorio in relazione alla configurabilità della detenzione dello stupefacente in capo all'imputato.

Il travisamento della prova, deducibile quale vizio di motivazione, consiste non già nell'errata interpretazione della prova, ma nella palese difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio e rendendo conseguentemente illogica la motivazione. E ciò in quanto al giudice di legittimità è consentito non già di accertare eventuali travisamenti del fatto - e dunque di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dal giudice del merito -, bensì solo di verificare che quest'ultimo non abbia fondato il proprio convincimento su una

prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta per l'appunto di reinterpretare gli elementi di prova valutati nel merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano e facessero dunque effettivamente parte

dell'orizzonte cognitivo di quel giudice (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015,

Micchiché, Rv. 262948; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, Maggio, Rv. 255087; Sez.3, n. 39729 del 18 giugno 2009, Belluccia, Rv 244623; Sez.5. n. 39048 del 25 settembre 2007, Casavola, Rv 238215; Sez. 1, n. 24667, del 15 giugno 2007, Musumeci, Rv 237207; Sez. 4, n. 21602 del 07 aprile 2007, Ventola, Rv 237588).

Il ricorso non è volto a censurare mancanze argomentative e/o la violazione di legge, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal giudice di appell, che ha adeguatamente ricostruito il compendio probatorio con riguardo all'attribuibilità dello stupefacente al ricorrente e alla prova della finalità dell'uso non esclusivamente personale.

La sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado, ha ritenuto provata la detenzione dello stupefacente in capo all'imputato in ragione del fatto che questo era detenuto all'interno del mobiletto accanto al letto in cui dormiva l'imputato, unitamente ad una somma di denaro di Euro 1.050,00 e ai documenti di identità, in un contesto nel quale, scrivono i giudici del merito, il ricorrente aveva prospettato una mera ipotesi astratta di alternativa ricostruzione dei fatti (presenza di altri due ospiti nell'appartamento e ipotesi alternativa secondo cui qualcuno avrebbe messo, a insaputa dell'imputato, la droga nel luogo ove c'erano i documenti di questi). E' del tutto evidente che si tratta di censure al di fuori del perimetro di deducibilità del travisamento della prova).

Il congiunto possesso dello stupefacente, del denaro e dei documenti costituisce, secondo i giudici del merito, dimostrazione dell'attribuibilità di questo al ricorrente.

Parimenti la finalità di uso non meramente personale è stata congruamente argomentata. Se è pur vero, come sostiene il ricorrente, che non spetta all'imputato dimostrare il consumo personale, non di meno la sentenza impugnata fonda tale prova dal complesso indiziario (suddivisione in dosi della sostanza stupefacente cocaina, somma di denaro incompatibile con la situazione personale dell'imputato privo di attività lavorativa) e dall'assenza di allegazione dell'uso personale. Si tratta di una motivazione congrua e in linea con i principi reiteratamente espressi

Come più volte affermato da questa Corte, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga (se al fine dell'uso personale o della cessione a terzi), ogni qualvolta la condotta non appaia indicare l'immediatezza del consumo, è effettuata dal giudice di merito secondo parametri di apprezzamento sindacabili nel giudizio di legittimità solo sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 6, n. 6282 del 19/04/2000, D'Incontro, Rv. 216315; Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604; Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004, Vidonis, Rv. 229686; Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, P.G. in proc. Salaman)

Il giudice d'appello ha ritenuto dimostrata, con motivazione congrua e logica, avuto riguardo alle modalità di presentazione della sostanza già confezionata in n. 4 involucri e in presenza di una somma di denaro non giustificata, detenuta unitamente allo stupefacente, e all'assenza di allegazione dell'uso personale, la finalità non esclusivamente personale della detenzione.

5. Manifestamente infondata, perché contraria ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e'la censura di azione di legge in relazione alla configurabilità della condotta di detenzione che - secondo l'assunto difensivo - richiederebbe il contatto fisico.

In tema di reati concernenti gli stupefacenti, il termine "detenzione" non implica necessariamente un contatto fisico immediato tra il soggetto attivo e la sostanza, ma deve essere inteso nel senso di disponibilità di fatto, pur in difetto dell'esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale sulla stessa (Sez. 6, n. 14955 del 16/01/2019, Rv. 275537 - 01; Sez. 4, n. 47472 del 13/11/2008, Rv. 242389 - 01).

Non v'e' dubbio che l'imputato, che dormiva accanto al luogo ove era occultata la droga, la detenesse nel senso della immediata disponibilità.

6. E' fondato il quarto motivo di ricorso.

L'art. 73 comma 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come riformulato dalla L. 14 maggio 2014, n. 79, prevede un'unica figura di reato, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente oggetto delle condotte punite, sicché la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualora sia classificabile quale fatto di lieve entità, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro (S.U. n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076-02).

La sentenza impugnata, che ha applicato l'aumento per la continuazione in presenza di contestuale detenzione di sostanza stupefacente tipo cocaina e marijuana, va annullata sul punto.

L'annullamento va disposto senza rinvio potendo la Corte di cassazione procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio eliminando la pena irrogata a titolo di continuazione, dal giudice del merito, di mesi due di reclusione e Euro 200,00 di multa, così determinando la pena di mesi sei di reclusione e Euro 1.000,00 di multa.

Nel resto il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'aumento di pena applicata per la continuazione e ridetermina la pena in mesi sei di reclusione e Euro 1.000,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2023

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