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Ricorso per Cassazione notificato all’indirizzo PEC errato è inammissibile

Corte di Cassazione, sez. II Penale, Sentenza n.11795 del 21/01/2024 (dep. 20/03/2024)

Il ricorso per cassazione inviato all'indirizzo PEC errato è ammissibile qualora sia recapitato ad un ufficio diverso da quello che ha emesso il provvedimento impugnato, avendo comunque raggiunto lo scopo dell'atto?

La Sezione Seconda penale della Cassaizone, con la sentenza n. 11795 del 20 marzo 2024, risponde negativamente.

I giudici di legittimità richiamano l'art. 87-bis del d.lgs. n. 150 del 2022, introdotto dalla legge n. 199 del 2022, la quale stabilisce che, in attesa che il processo penale telematico diventi pienamente operativo, i depositi legali possono essere effettuati agli indirizzi PEC ufficiali degli uffici giudiziari, come specificato dal DGSIA (Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati). Ciò implica che l'atto di impugnazione debba seguire precise modalità di invio, e che l'inosservanza di queste modalità comporti l'inammissibilità dell'impugnazione stessa.

Nel caso di specie, il ricorso era stato inviato a un indirizzo PEC non abilitato per la ricezione di tale documento, tuttavia il difensore sosteneva un'interpretazione della norma che valorizzasse il sostanziale "raggiungimento dello scopo" di una impugnazione cautelare irritualmente presentata nella cancelleria del giudice non competente a riceverla, ma tempestivamente trasmessa a quella del giudice competente.

La Corte rigetta questa interpretazione sulla base dell'articolo 12 delle preleggi, che impone un'interpretazione letterale della legge, escludendo letture estensive o adattive non previste espressamente dal testo normativo. Aggiunge che anche  la valorizzazione del principio di favor impugnationis non può estendere le modalità di presentazione del ricorso oltre quelle stabilite dal legislatore.

Pertanto, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

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Cassazione penale, sez. II, sentenza 21/01/2024 (dep. 20/03/2024) n. 11795

RITENUTO IN FATTO


1. Il Tribunale per il riesame di Potenza rigettava l'appello proposto nell'interesse di Ma.Re..

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore inviato il ricorso all'indirizzo e-mail [email protected] che deduceva violazione di legge ed omessa motivazione in ordine alla mancata confutazione dei motivi di appello.

Con il ricorso si contestava la legittimità del provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. In primo luogo il collegio rileva che in attesa del pieno funzionamento del portale le comunicazioni tra parti private ed uffici giudiziari sono state regolate, in via transitoria, dall'art. 87-bis D.Lgs. n. 150 del 2022, inserito in sede di conversione con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.

Tale disposizione, al comma 1, stabilisce che, sino all'entrata a regime del processo penale telematico, è consentito il deposito con valore legale, effettuato presso gli indirizzi "pec" degli uffici giudiziari destinatari, "indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia". Ai commi 3, 4 e 6, si prevede che l'atto di impugnazione che non sia una richiesta di riesame o l'appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali o reali - debba essere trasmesso secondo le modalità indicate dal citato provvedimento del DGSIA di cui comma 1, all'indirizzo "pec" dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, del pari "individuato ai sensi del comma 1".

La norma transitoria prevede anche delle specifiche ipotesi di inammissibilità. Segnatamente, stabilisce che l'impugnazione è inammissibile: "b) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1; c) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello".

1.2. L'art. 87-bis D.Lgs. n. 150 del 2022 prevede, dunque, uno specifico caso di inammissibilità, che, ad avviso del collegio, non può essere oggetto di interpretazioni dirette a valorizzare la capacità del deposito illegittimo di raggiungere, in ipotesi "sostanzialmente", lo scopo a cui l'atto di ricorso è diretto.

1.2.1. Le ragioni di tale scelta ermeneutica si dipartono dall'art. 12 preleggi, che nel dettare le principali regole di interpretazione, dispone che nell'applicare la legge "non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore".

Ritenere che sia ammissibile il ricorso depositato presso un indirizzo di posta elettronica non abilitato a riceverle potrebbe - come dedotto -derivare da una valorizzazione del favor impugnationis, ovvero del diritto fondamentale dell'imputato ad impugnare (hanno valorizzato il principio Sez. 5, n. 41082 del 19/09/2014, Sforzato, Rv. 260766; Sez. 6, n. 9093 del 14/01/2013, Lattanzi, Rv. 255718); la valorizzazione di tale regola secondo le Sezioni Unite "non può, tuttavia, tradursi nell'attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l'individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore" (Sez. U, n. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167 -01).

Nella stessa pronuncia si è altresì affermato che in presenza di un univoco tenore letterale della norma deve ritenersi precluso il ricorso ad un'interpretazione "adeguatrice". Mentre nel caso di dubbio circa la sua conformità é1i principi costituzionali o convenzionali internazionali, si dovrebbe necessariamente lasciare spazio unicamente al sindacato di legittimità costituzionale (ex plurimis, Corte cost n. 82 del 2017).Si è già rilevato, infatti, che la stessa Corte Edu riconosce agli Stati ampio margine di apprezzamento, tale da consentire anche la imposizione di requisiti formali rigorosi per l'ammissibilità dell'impugnazione, ma a condizione che le restrizioni applicate non limitino l'accesso aperto all'individuo in una maniera o a un punto tali che il "diritto a un tribunale" risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza (in tal senso, Corte Edu, Garda Manibardo c. Spagna, n. 38695/97, par. 36; Mortier c. Francia, n. 42195/98, par. 33 e Trevisanato c. Italia n. 32610/07, par. 36.).

È vero che le Sezioni unite "Bottari" hanno affermato che solo l'inosservanza del termine di presentazione determina l'inammissibilità del ricorso, mentre se l'impugnazione è presentata presso un "ufficio diverso" da quello indicato dalla legge, il ricorrente si assume il rischio che la stessa sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo.

Tale interpretazione, che il ricorrente intende importare nel caso di specie, valorizza il sostanziale "raggiungimento dello scopo" di una impugnazione cautelare irritualmente presentata nella cancelleria del giudice non competente a riceverla, ma tempestivamente trasmessa a quella del giudice competente: essa è, tuttavia - ed il dato è decisivo - riferita al deposito in luoghi "fisici", e non a quello in luoghi "telematici".

1.2.2. Il "percorso telematico" del ricorso risulta, ad oggi, disciplinato analiticamente dal legislatore, che ha individuato sia le caratteristiche dell'indirizzo di posta emittente (quella certificata del difensore), che dell'indirizzo di posta ricevente (individuati dal DGSIA).

Pur nella consapevolezza dell'esistenza di un contrario orientamento, a parere del collegio, la previsione di un nuovo sistema di comunicazione tra parti ed uffici giudiziari è sorretta da una ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione degli incombenti di cancelleria che osta ad ogni intervento interpretativo che attenui il rigore delle cause di inammissibilità individuate tassativamente dal legislatore (Sez. 5 n. 26465 del 2022, non mass.).

Proprio in considerazione del fatto che il legislatore ha previsto la massima sanzione processuale per il mancato adempimento delle regole imposte in materia di presentazione dell'impugnazione, non risultano percorribili interpretazioni abroganti o latamente correttive, che valorizzando l'idoneità della notifica al "raggiungimento dello scopo", invece che orientare verso la semplificazione si risolvono nella complicazione dell'accertamento processuale e nella dilatazione dei relativi tempi di definizione.

Legittimare la possibilità di scrutinare, caso per caso, l'"effettività" dell'inoltro del ricorso presso indirizzi di posta non abilitati implicherebbe, infatti, l'affidamento della legittimità della progressione processuale ad imprevedibili - in quanto non imposti dal legislatore - controlli della cancelleria su caselle di posta non abilitate al ricevimento delle impugnazioni. Ed, in tal modo, si contravviene alla ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione dell'iter processuale che informa la revisione delle regole del processo penale effettuata dal D.Lgs. n. 150 del 2022.

1.2 Nel caso in esame, il ricorso veniva trasmesso il 22 dicembre 2023, presso l'indirizzo non abilitato., ovvero [email protected] e non a quello corretto [email protected]., dunque è inammissibile.

2. Si rileva, comunque, che il ricorso è inammissibile anche "nel merito" in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione delle ragioni giustificative ciel provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare, intervenuto nel corso del dibattimento, non consentita in sede di legittimità, ove non siano rilevate illogicità manifeste e decisive della valutazione in ordine alla "complessità del dibattimento" che legittima la sospensione.

Si riafferma, sul punto che il giudizio di complessità, ex art. 304, comma secondo cod. proc. pen., ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all'attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell'attività da compiere ed implica un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. Così la Corte ha ritenuto correttamente motivata l'ordinanza di sospensione dei termini che aveva fondato la valutazione di complessità del procedimento alla luce della struttura delle imputazioni, del numero degli imputati e di quello assai elevato di te5timoni indicati nelle rispettive liste, nonché della necessità di trascrivere un rilevante numero di conversazioni intercettate (Sez. 6, n. 28663 del 23/06/2015, Curcio, Rv. 264054-01; Sez. 6, n. 21745 del 04/05/2018, Rao, Rv. 273020 -01). La particolare complessità del dibattimento, può, peraltro, essere desunta, come nel caso di specie, dalla sopravvenienza di nuove difficoltà tecniche, che si innestano su una attività istruttoria già complessa. (Sez. 6, n. 15884 del 06/04/2016, Zona, Rv. 266544 -01).

Si riafferma, infine che, contrariamente a quanto dedotto, l'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, comma 2 cod. proc. pen. può essere adottata in ogni momento del dibattimento, anche dopo che sia stata respinta analoga richiesta, purché sia adeguatamente motivata in base ad una valutazione ex ante del futuro svolgimento del processo e della sua particolare complessità (Sez. 6, n. 29537 del 07/05/2003, Valcarenghi, Rv. 226221 -01

Nel caso in esame, il tribunale, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, rilevava che la sospensione dei termini risultava ampiamente giustificata dalla complessità del dibattimento derivante dal numero e dalla struttura dei testimoni indicati nelle rispettive liste e dalla necessità di trascrivere un rilevante numero di intercettazioni, attività resa complessa dalla rinuncia all'incarico da parte del primo perito; il tribunale rilevava inoltre che, sebbene la problematica del cambio del perito si fosse verificata già a marzo 2023, tuttavia lo sviluppo del dibattimento aveva dimostrato l'incompatibilità dello stesso con i termini ordinari di custodia e, dunque, giustificava il provvedimento di sospensione oggetto di censura.

4. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il giorno 21 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2024.

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