In quali casi il taglio delle orecchie del cane può costituire reato?
Si occupa della questione la Sezione Terza penale della Cassazione con la sentenza n. 14951 depositata l'11 aprile 2024.
Nel caso di specie, il Tribunale di Ascoli Piceno condannava un veterinario per il reato di maltrattamenti di animali ex art. 544-ter cod. pen., perché cagionava lesioni ad un cucciolo di razza American Bully sottoponendolo ad una conchestomia (taglio delle orecchie).
La Corte d'appello di Ancona aveva confermato la sentenza del tribunale di primo grado. Contro questa decisione, il veterinario aveva presentato ricorso basandosi su una presunta violazione dell'art. 10 della legge 4 novembre 2010, n. 201, che ratifica la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1987 sulla protezione degli animali da compagnia.
Il veterinario sosteneva di aver visitato l'animale, trovando una ferita alla testa causata da un morso di un altro cane. Affermava di essere stato costretto, in stato di necessità e per curare l'animale, a recidere l'orecchio interessato dalla ferita e a tagliare anche l'altro orecchio per mantenere l'aspetto estetico e salvaguardarne il benessere. I giudici di Appello, secondo il ricorrente, avrebbero quindi errato nel non inquadrare la sua condotta nel perimetro delle eccezioni alle condotte incriminate dal citato art. 10 con conseguente assoluzione.
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.
L'art. 10 della legge menzionata stabilisce che gli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi, debbono essere vietati. Sono però previste eccezioni se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di medicina veterinaria, sia nell'interesse di un determinato animale.
La Corte d'appello, interpretando queste normative, ha giudicato insoddisfacente la giustificazione del veterinario per aver reciso entrambe le orecchie, data l'assenza di una descrizione dettagliata delle lesioni che avrebbero potuto giustificare una totale asportazione.
In assenza di elementi necessari per valutare adeguatamente l'operato del medico veterinario, la Corte ha confermato la sentenza di condanna di primo grado, rendendo il ricorso inammissibile.
Cassazione penale sez. III, sentenza 06/02/2024 (dep. 11/04/2024) n. 14951
RITENUTO IN FATTO
l. Con sentenza del 3/11/2020, depositata in data 01/02/2021, il Tribunale di Ascoli Piceno condannava Gi.Se. per il reato di cui all'art. 544-ter cod. pen., perché, in qualità di medico veterinario, senza necessità, cagionava lesioni ad un cucciolo di razza American Bully sottoponendolo ad una conchestomia (taglio delle orecchie).
In data 3 marzo 2023 la Corte d'appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno.
2.Avverso tale decisione propone ricorso Gi.Se. articolando quale unico motivo la violazione dell'art. 10 della legge 4 novembre 2010, n. 201, con la quale è stata ratificata la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1987, per la protezione degli animali da compagnia.
Si precisa che l'imputato aveva visitato l'animale in data 14/3/2019 riscontrandogli una ferita alla testa dovuta al morso di un altro cane e che era stato costretto, in stato di necessità e per curare l'animale, a recidere l'orecchio interessato dalla ferita e a tagliare anche l'altro orecchio per mantenere l'aspetto estetico e salvaguardarne il benessere.
I giudici d'Appello avrebbero, dunque, errato nel non inquadrare la sua condotta nel perimetro delle eccezioni alle condotte incriminate dal citato art. 10 con conseguente assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Con legge del 4 novembre 2010, n. 201, è stata ratificata in Italia la Convenzione del Consiglio d'Europa del 13 novembre 1987, per la protezione degli animali da compagnia, la quale all'articolo 10 prevede, per quanto qui di interesse, che: "1. Gli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare: a) il taglio della coda; b) il taglio delle orecchie; c) la recisione delle corde vocali; d) l'esportazione delle unghie e dei denti. 2. Saranno autorizzate eccezioni a tale divieto solamente: a) se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di medicina veterinaria, sia nell'interesse di un determinato animale; b) per impedire la riproduzione". Facendo buon governo di tali coordinate normative la Corte d'appello ha giustificato la mancata inclusione della condotta del ricorrente nell'eccezione L prevista dall'articolo citato alla luce della insufficiente giustificazione offerta dall'imputato per aver reciso entrambe le orecchie.
Va infatti evidenziato che, relativamente al taglio dell'orecchio interessato dal morso dell'altro cane, Gi.Se. si è limitato a prospettare solo la necessità della totale asportazione non supportando tale deduzione con alcuna descrizione della lesione che avrebbe consentito di apprezzarne entità e dimensione e, dunque, la inevitabilità dell'asportazione totale.
In mancanza di tali elementi necessari per valutare l'operato complessivo del medico veterinario, dunque, correttamente la Corte d'appello ha confermato la sentenza di condanna di primo grado.
3.Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese processuali ed al pagamento di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 6 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria l'11 aprile 2024.