La Sesta Sezione Penale della Cassazione, con l'ordinanza n. 22935 depositata il 6 giugno 2024, ha rimesso alle Sezioni unite la seguente questione di diritto:
"Se, in caso di concorso di persone nel reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l'intero nei confronti di ciascuno dei concorrenti, indipendentemente da quanto da ognuno percepito, ovvero se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto attribuibile a ognuno oppure ancora se la confisca debba essere comunque ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ciascuno o in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali."
Cassazione penale, sez. VI, ordinanza 05/03/2024 (dep. 06/06/2024) n. 22935
RITENUTO IN FATTO
1. Ma.Gi. e Fo.Ma., con distinti ricorsi dei loro rispettivi difensori, impugnano la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza in epigrafe indicata, che ha applicato loro la pena, a norma dell'art. 444, cod. proc. pen., per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione tra privati e per vari "reati-scopo" di tal specie.
A norma dell'art. 2641, cod. civ., la sentenza ha altresì disposto, nei confronti del Fo.Ma., la confisca diretta del denaro costituente il profitto di tali ultimi reati, pari a 350.844 Euro, e in caso di liquidità insufficiente, la confisca di altri beni nella sua disponibilità per un valore equivalente; mentre, nei riguardi del Ma.Gi., ha disposto la confisca per equivalente del profitto dei reati a lui ascritti, pari a 226.956 Euro.
Entrambi gli imputati, con loro ricorsi, censurano esclusivamente le statuizioni di confisca.
2. Sul punto, i passaggi argomentativi essenziali della sentenza, sostenuti da richiami di precedenti di questa Corte, possono sintetizzarsi nei termini che seguono:
- qualora il profitto del reato sia costituito da denaro, la relativa confisca ha sempre natura diretta, a norma dell'art. 240, cod. pen.;
- la confisca diretta presuppone un effettivo incremento patrimoniale del soggetto in conseguenza dell'acquisizione delle utilità rivenienti dal reato;
- in caso di pluralità di concorrenti nel reato, la confisca diretta può essere disposta nei confronti di ciascuno di essi, nella misura del profitto da ognuno effettivamente conseguito, soltanto ove quest'ultima emerga con chiarezza dalle risultanze probatorie;
- qualora, invece, non sia possibile stabilire con certezza le quote di profitto realmente incamerate dai singoli concorrenti nel reato, nei confronti di coloro per i quali tale dato non sia accertato, è possibile procedere a confisca e.ci. "per equivalente";
- la confisca per equivalente può essere disposta indifferentemente nei confronti di ognuno dei concorrenti, anche per l'intera entità del profitto del reato complessivamente accertato;
- secondo le dichiarazioni dello stesso Fo.Ma., il profitto ricavato dai singoli episodi corruttivi è pervenuto interamente nella sua disponibilità ed è stato da lui poi suddiviso con i sodali, tra cui Ma.Gi., secondo gli accordi di spartizione da loro conclusi; Ma.Gi. e gli altri hanno però negato di aver ricevuto alcunché, se non alcune migliaia di Euro per rimborsi di spese; mentre i files "excel" rinvenuti nella disponibilità di Fo.Ma. comprovano l'esistenza degli accordi spartitori, ma non anche che essi siano stati onorati e che, quindi, le somme siano state poi effettivamente suddivise;
- per stabilire se ed in che misura siano stati distribuiti tra i correi i profitti dei reati, non può farsi riferimento alle cifre indicate nei relativi capi d'imputazione:
questi ultimi, infatti, sono stati costruiti dal Pubblico ministero sulla base delle dichiarazioni degli imputati, mentre, ai fini della decisione, occorre fare riferimento ai fatti effettivamente accertati.
3. Ma.Gi., con un unico motivo di ricorso, lamenta la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con la quale la sentenza ha escluso l'avvenuto accertamento delle minori somme da lui effettivamente conseguite quale parte dei complessivi profitti realizzati attraverso i reati commessi in concorso con gli altri.
È lo stesso giudice, anzitutto, ad affermare che le risultanze probatorie hanno permesso di "delineare in modo sufficientemente preciso il quadro criminale e la fattispecie associativa", determinando sulla base di esse il complessivo importo del profitto, per poi, invece, svilirne la rilevanza al momento di stabilire quanto realizzato da ciascun imputato. Peraltro, l'individuazione con p1-ecisione di quanto incamerato da Fo.Ma., sicuramente avvenuta secondo lo stesso giudice, avrebbe permesso di stabilire, per sottrazione, quanto ricavato dai correi.
Inoltre, la sentenza erra allorché sostiene che non vi sia prova specifica dei passaggi di denaro da Fo.Ma. a Ma.Gi., perché non si avvede che, nei rapporti tra costoro, è stato quest'ultimo a versare denaro al primo e non viceversa. Dall'agosto 2018 a luglio 2019, infatti, gli importi delle attività corruttive venivano versati dai corruttori sul conto bancario della "Alfred Srls", società facente capo a Ma.Gi., e da quest'ultimo poi prelevati e riversati in contanti a Fo.Ma. (ed all'altro socius sceleris Zi.); successivamente, tali trasferimenti di denaro sono direttamente avvenuti addirittura tramite movimenti bancari dal conto della "Alfred" a quello della "2K Srls", gestita di fatto dal Fo.Ma., peraltro previa emissione di fatture.
Sarebbe stato perciò sufficiente - sostiene la difesa - verificare l'ammontare di tali movimenti bancari e di quei documenti contabili, per ricavarne l'esatto importo della porzione di profitto trattenuta per sé da Ma.Gi., e quindi la minor somma a lui confiscabile. Ed a maggior ragione ciò sarebbe stato possibile ove si fossero tenute in considerazione le ulteriori emergenze investigative, ovvero le dichiarazioni degli imputati, le conversazioni intercettate tra gli stessi (con le pressanti richieste di Fo.Ma.), le informative di polizia sugli accertamenti bancari, i files "excel" di Fo.Ma.
Da ultimo, si contesta la possibilità, ritenuta in sentenza, di discostarsi dai fatti sì come descritti nei capi d'imputazione: esorbita, infatti, dcii poteri del giudice in sede di "patteggiamento" quello di operare una selezione del materiale probatorio, giungendo ad una modifica di fatto degli addebiti.
4. Il ricorso di Fo.Ma. denuncia violazione di legge e vizi della motivazione su due aspetti.
4.1. Il primo riguarda la ritenuta dimostrazione del conseguimento dell'intero profitto dei reati da parte del ricorrente, e quindi l'avvenuto accrescimento del suo patrimonio, con la conseguente possibilità di disporre nei suoi confronti la confisca diretta per il relativo importo.
La sentenza impugnata ricava tale dato esclusivamente dalle dichiarazioni di costui, tuttavia ritenute insufficienti a dimostrare la suddivisione fra i coimputati. Escluse, perciò, quelle dichiarazioni, risultano pervenute sul conto della società "2K" del ricorrente solo parte di quelle somme, mentre vi è prova documentale della confluenza della maggior parte di esse esclusivamente sul conto della società "Alfred" di Ma.Gi., nonché del versamento per contanti, per altra parte, nelle mani degli altri imputati.
Sarebbe stato sufficiente, invece, esaminare i capi d'imputazione, per ricavare l'esistenza e l'ammontare delle ripartizioni tra gli imputati, escludendosi, quindi, l'ipotesi di un accrescimento patrimoniale avvenuto solo per il ricorrente. Invece, in modo del tutto illogico, il giudice ha ritenuto di potersi discostare dalle contestazioni, sostenendo che le stesse si riferissero agli accordi di spartizione tra gli imputati ma non all'effettiva distribuzione delle somme ottenute a titolo di "tangente".
Deve, perciò, concludersi - secondo il ricorso - che la Pubblica accusa non abbia dimostrato l'effettivo conseguimento delle somme da parte del solo Fo.Ma., così venendo meno al relativo onere probatorio su di essa gravante e che, laddove non assolto, non consente l'applicazione della confisca diretta. Nello specifico, invece, nell'assenza di prova sulla distribuzione del profitto tra i correi, la sentenza impugnata ha addossato l'indebita locupletazione esclusivamente al Fo.Ma., finendo illegittimamente per dare applicazione al principio solidaristico tra i correi anche nell'àmbito della confisca diretta.
4.2. Il secondo motivo contesta la possibilità di applicazione di tale principio anche con riferimento alla confisca "per equivalente", rilevando l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza sul punto.
Richiamando a proprio conforto alcune pronunce di questa Corte, della Corte costituzionale e della Corte EDU, rappresenta la difesa che, anche quando non sia possibile individuare specificamente la quota di profitto attribuibile a ciascun concorrente nel reato, la confisca per equivalente possa essere applicata nei confronti di ognuno di essi, ma pur sempre nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra costoro: vale a dire in misura proporzionale al grado di responsabilità del singolo concorrente e, qualora questo non sia determinabile, in parti uguali. Diversamente - si sostiene - si finirebbe per violare il principio di legalità, sotto il profilo del divieto di responsabilità per fatto altrui, nonché il principio di proporzionalità delle sanzioni, espressione della comune tradizione costituzionale Europea e recepito anche dalla "Carta di Nizza".
La confisca, anche se disposta per equivalente, non può dunque superare l'entità del complessivo profitto, non essendo possibile alcuna duplicazione. Nel caso specifico, invece, a carico del Ma.Gi. sono stati computati importi già addebitati anche a Fo.Ma.
Inoltre, sostiene il ricorrente che la decisione sarebbe intrinsecamente contraddittoria nella parte in cui, pur affermando di non doversi necessariamente ripiegare sui capi d'imputazione, fonda tuttavia su questi ultimi la indicazione differenziata per ciascun imputato del rispettivo profitto da confiscare, e che, infine, un contrasto sussisterebbe anche tra motivazione e dispositivo, affermandosi nella prima che la confisca debba essere applicata solo nei confronti del Fo.Ma., ma disponendosi poi, nel secondo, l'ablazione anche nei confronti dei coimputati.
5. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l'annullamento della decisione con rinvio, in accoglimento del primo motivo del ricorso di Fo.Ma.
6. Ha depositato memoria con conclusioni scritte la difesa di Fo.Ma., ribadendo e sviluppando quanto rappresentato in ricorso in tema di necessità di riferirsi ai capi d'imputazione per la ripartizione del profitto tra i correi, di esclusione del principio solidaristico in materia di confisca diretta e di avvenuta duplicazione, in concreto, dell'oggetto dell'ablazione, per effetto di una surrettizia applicazione del principio solidaristico anche in relazione alla disposta confisca diretta del denaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La decisione dei ricorsi non può prescindere dalla risoluzione di una questione sulla quale - come rilevato tanto dalla sentenza impugnata, quanto dal ricorso di Fo.Ma. - si registra nella giurisprudenza di legittimità un perdurante contrasto interpretativo.
1.1. Il tema controverso è quello della necessità o meno della ripartizione della confisca per equivalente del profitto del reato in caso di pluralità di concorrenti nel medesimo: se, cioè, tale misura possa comunque essere disposta per l'intero valore del profitto nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente dal conseguimento di una quota dello stesso o dalla misura di quella individualmente percepita; oppure se l'ablazione indifferenziata possa avvenire soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno, non potendo altrimenti la confisca superare, per ciascuno di essi, il valore di tale quota; ovvero, ancora, se alla ripartizione debba provvedersi comunque, anche quando, cioè, non possa determinarsi la quota di profitto realizzata da ciascun concorrente, e, in questo caso, secondo quale criterio.
1.2. Peraltro, è appena il caso di rilevare che tali questioni controverse si pongono in termini pressoché speculari anche con riferimento al sequestro preventivo disposto ai sensi dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in funzione strumentale a tal specie di confisca. In effetti, il tema non è perfettamente sovrapponibile a quello del presente giudizio, ma ciò non di meno è ad esso strettamente connesso. Anzi, nella materia cautelare, il contrasto si articola ulteriormente, poiché anche tra coloro che sostengono la necessità della ripartizione del profitto tra i concorrenti all'atto della confisca per equivalente, v'è chi ritiene che il sequestro ad essa funzionale possa essere sempre disposto per l'intero nei confronti anche di uno solo di essi, dal momento che solo la misura definitiva presenta una natura sanzionatoria, non potendo perciò essa prescindere dal riparto tra i compartecipi dell'azione criminosa, sempre che sia possibile (v., ad esempio, Sez. 6, n. 4727 del 20/01/2021, Russo, Rv. 280596, in motivazione).
2. Sul tema, le Sezioni unite si sono già pronunciate con una importante decisione, che però ha ricevuto, sul punto, letture contraddittorie da parte della successiva giurisprudenza di legittimità.
Il riferimento è alla sentenza n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti, Rv. 239924, ed in particolare al passaggio della motivazione in cui si legge: "Di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all'arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi".
Subito dopo, però, le Sezioni unite danno atto dell'esistenza di un indirizzo giurisprudenziale - che definiscono solo "apparentemente contrastante" con il principio appena enunciato ed al quale, benché specificamente enunciato in materia cautelare, sembrano tuttavia assegnare portata generale - secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile (Sez. 6, n. 25877 del 23/06/2006, Maniglia, Rv. 234850; Sez. 6, n. 31690 del 05/06/2007, Giallongo, Rv. 236900; Sez. 6, n. 30966 del 14/06/2007, Puliga, Rv. 236982).
"È chiaro quindi" - concludono le Sezioni unite - "che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d'individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti".
3. Valorizzando particolarmente l'enunciato relativo all'esistenza del principio solidaristico, si è andato quindi sedimentando nella giurisprudenza di legittimità un orientamento, secondo cui la confisca per equivalente ed il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti nel reato, anche per l'intera entità del profitto accertato, purché l'espropriazione non venga duplicata o comunque non ecceda nel quantum l'ammontare complessivo dello stesso; con il corollario per cui risulta irrilevante quale sia la quota di esso eventualmente incamerata dal singolo concorrente nel reato, od anche se questi abbia o meno effettivamente ricavato una parte dello stesso.
In questo senso, tra le tante, con specifico riferimento alla confisca, si sono espresse Sez. 2, n. 9102 del 24/11/2020, dep. 2021, Mattala, Rv. 280886; Sez. 5, n. 36069 del 20/10/2020, Carbone, Rv. 280322; Sez. 6, n. 26621 del 10/04/2018, Ahmed, Rv. 273256; Sez. 3, n. 27072 del 12/05/2015, Bertelli, Rv. 264343; Sez. F, n. 33409 del 28/07/2009, Alloum, Rv. 244839.
Negli stessi termini, pronunciandosi in tema di sequestro preventivo, ma in ragione del medesimo principio ritenuto applicabile per la confisca, hanno concluso, a puro titolo esemplificativo: Sez. 2, n. 22073 del 17/03/2023, Fiordigigli, Rv. 284740; Sez. 1, n. 38034 ciel 09/07/2021, De Gennaro, Rv. 282012; Sez. 5, n. 19091 del 26/02/2020, Buonpensiere, Rv. :279494; Sez. 2, n. 29395 del 26/04/2018, Pasero, Rv. 272968; Sez. 3, n. 56451 del 05/12/2017, Maiorana, Rv. 273604; Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272714; Sez. 5, n. 25560 del 20/05/2015, Gilardi, Rv. 26529:2; Sez. 2, n. 2488 del 27 /ll/2014, dep. 2015, Giacchetto, Rv. 261852).
La ragione di tanto risiede - secondo i sostenitori di questo indirizzo - nel carattere eminentemente sanzionatorio della confisca per equivalente, di pena in rem, cioè, per il caso in cui il profitto del reato non sia più acquisibile, in tutto o in parte, nella sua identità fisica "storica" o in quella che gli autori del reato gli hanno impresso procedendo alla sua trasformazione. La confisca per equivalente, infatti, assolve una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo per effetto della commissione del fatto illecito, imponendo un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e dal rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, esulando invece da essa la funzione di prevenzione tipica delle misure di sicurezza.
Costituendo, dunque, una forma di prelievo pubblico a compensazione di guadagni illeciti, la confisca per equivalente consegue alla produzione del profitto illecito e non alla effettiva disponibilità dello stesso, sicché ess2I s'impone per tutti coloro che siano concorsi a produrre tale profitto, rispondendo essi con i propri beni dell'impossibilità di recuperarlo.
Del resto - si argomenta - per la teoria monistica, cui è ispirata la disciplina del concorso di persone nel reato, ciascun concorrente, la cui attività si sia inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell'evento, risponde anche degli atti posti in essere dagli altri compartecipi e dell'evento delittuoso nella sua globalità, che viene considerato come l'effetto dell'azione combinata di tutti i partecipi.
Di qui, in conclusione, la congruenza di una tale misura con il principio di proporzionalità dell'interferenza statale sul diritto di proprietà privata, così come fissato dalla Corte EDU, Grande Camera, con la sentenza del 26/06/2018, G.I.E.M. Srl c./ Italia, anche quando essa ricada su colui che materialmente non abbia ricavato alcuna utilità effettiva dal reato (per queste considerazioni, in particolare: Sez. 2, n. 9102 del 2021, Mottola, cit.; Sez. 5, n. 36069 del 2020, Carbone, cit.; Sez. 6, n. 26621 del 2018, Ahmed, cit.; ciascuna con richiami di ulteriori precedenti conformi).
4. Pur muovendo egualmente dall'insegnamento della "sentenza Fisia Italimpianti", un diverso orientamento ha inteso valorizzarne, invece, l'anzidetta considerazione conclusiva, ravvisandovi l'affermazione del principio per cui l'ablazione per equivalente possa attingere per l'intero importo del profitto le disponibilità di ciascun concorrente nel reato - sempre senza 2ilcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti - solamente nel caso in cui la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d'individuare la quota di tale profitto ad ognuno concretamente attribuibile o la sua esatta quantificazione, dovendo l'importo complessivo, altrimenti, essere ripartito tra i vari concorrenti in ragione di quanto da ciascuno percepito.
In questo senso, si sono espresse, tra altre: Sez. 6, n. 6607 del 21/10/2020, Venuti, Rv. 281046; Sez. 6, n. 33757 del 10/06/2022, Primitivo, Rv. 283828; nonché, da ultimo, nelle more della stesura della presente ordinanza, Sez. 3, n. 11617 del 06/03/2024, Ventrone, Rv. 286073, con specifico riferimento alla confisca per equivalente prevista dall'art. 452-quaterdecies, cod. pen.
Si tratta di pronunce che, sebbene riferite specificamente ad ipotesi di sequestro strumentale a tal specie di confisca, non operano alcuna distinzione tra provvedimento cautelare e misura definitiva, così lasciando intendere che il principio da esse enunciato debba trovare applicazione anche per quest'ultima. Del resto, si rileva nitidamente l'adesione di tali decisioni all'indirizzo ermeneutico per cui la natura puramente anticipatoria e cautelare del sequestro imponga una perfetta simmetria di disciplina con la confisca, dal momento che l'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., limita il sequestro alle "cose di cui è consentita la confisca" e che, comunque, l'estensione di esso ad un oggetto più ampio rispetto a quello realizzabile con il provvedimento definitivo determinerebbe una sproporzionata, e quindi non consentita, compressione del diritto di proprietà (Sez. 6, n. 22104 del 17/02/2021, Caliri, Rv. 281307; Sez. 3, n. 41051 del 17/01/2018, P., Rv. 274113; Sez. 6, n. 15807 del 09/01/2014, Anemone, Rv. 259702).
Peraltro, è agevole scorgere, in quelle sentenze, anche un'espressione del più generale principio secondo cui, nei delitti di corruzione, la confisca ex art. 322-ter, cod. pen. (come pure il sequestro ad essa prodromico), presuppone che il profitto sia stato effettivamente conseguito dal reo, poiché solo a tale condizione è giustificabile una forma di ablazione finalizzata ad impedire che esso possa avvantaggiarsi dei frutti economici della sua iniziativa illecita (Sez. 6, n. 9929 del 13/02/2014, Giancone, Rv. 259593).
5. Sembrano, infine, espressive di un terzo orientamento quelle sentenze secondo le quali deve procedersi alla ripartizione della confisca tra i concorrenti nel reato anche nell'ipotesi in cui non sia possibile stabilire la porzione di profitto realizzata da ciascuno.
Peraltro, tra tali decisioni non v'è concord1ia sul criterio da adottare a tal fine: se, cioè, la suddivisione debba avvenire in parti eguali, secondo la disciplina prevista per le obbligazioni solidali dall'art. 1298, cod. civ., e dal successivo art. 2055, per la responsabilità per fatto illecito (in questo senso, Sez. 1, n. 4902 del 16/11/2016, dep. 2017, Giallongo, Rv. 269387); oppure se debba aversi riguardo al "grado di responsabilità" del singolo concorrente ed al suo "grado di partecipazione al profitto", desunta anche da criteri sintomatici, dovendosi optare per la suddivisione in parti eguali soltanto in assenza di un criterio attendibile di riparto (Sez. 6, n. 4727 del 20/01/2021, Russo, Rv. 280596).
6. Si tratta, dunque, all'evidenza, di un contrasto di giurisprudenza ampio ed annoso, su un tema complesso e su un istituto dalle ricadute incisive sui diritti del cittadino, istituto di applicazione sempre più frequente, poiché progressivamente esteso dal legislatore ad un vasto catalogo di reati, di natura diversa tra loro ma legati dal comune denominatore dell'essere determinati da interessi economici.
Un contrasto maturato anche sul significato della "sentenza Fisia Italimpianti", che sul punto qui d'interesse ha espresso un principio che, sebbene estraneo alla questione di diritto devoluto, costituisce uno snodo rilevante per la risoluzione del quesito che le è stato sottoposto. Il che pone un problema ulteriore, che potrebbe giustificare la rimessione dei ricorsi alle Sezioni unite a norma non soltanto del comma 1 dell'art. 618, cod. proc. pen., ma anche del successivo comma 1-bis.
Si tratta, infatti, di stabilire se "il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite", cui si riferisce tale disposizione, conferendogli valore vincolante per le sezioni semplici, vada individuato esclusivamente in quello reso sulla questione di diritto specificamente devoluta, oppure se per tale debba intendersi qualsiasi principio affermato nelle sentenze delle Sezioni unite, come in verità parrebbe autorizzare l'ampiezza della formula normativa, con la sola eccezione dei cc.dd. obiter dieta.
In questo secondo caso, qualora si dovesse ritenere - come fanno le sentenze del primo degli indirizzi ermeneutici sopra esposti - che il principio enunciato dalla "sentenza Fisia ltalimpianti" sul punto in rassegna sia esclusivamente quello solidaristico, con la presente ordinanza l'intervento delle Sezioni unite viene invocato anche ai sensi dell'art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen., per superare il vincolo di un principio non condiviso dal Collegio, che invece fa proprie le considerazioni del diverso orientamento di cui al precedente par. 4, poiché maggiormente aderenti alla funzione retributiva ed al principio di proporzionalità delle pene, oltre che al testo di quella sentenza letta nella sua interezza.
7. Sulla base delle precedenti considerazioni, la decisione dei ricorsi dev'essere rimessa alle Sezioni unite, affinché si pronuncino sulla seguente questione di diritto: "se, in caso di pluralità di concorrenti nei reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l'intero nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente da quanto da ognuno eventualmente percepito, oppure se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno; od ancora se, in quest'ultimo caso, la confisca debba comunque essere ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ognuno oppure in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali".
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2024.