In quali casi è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia?
Sul quesito interviene la Sesta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 25849 depositata il 7 luglio 2024.
La Suprema Corte ribadisce che lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile quando il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti.
Nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli non convalidava l'arresto di un uomo per i comportamenti vessatori nei confronti della convivente e del figlio, sulla base dell'insussistenza della flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia.
Secondo la Cassazione, invece, pur in assenza di pregresse denunce o interventi da parte delle forze dell'ordine, la situazione risultava tipicamente compatibile con la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia.
In tal senso deponevano:
Tale quadro, secondo la Cassazione, è pienamente compatibile con la flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia. Il giudice per le indagini preliminari avrebbe quindi dovuto limitarsi a tale verifica, riservando le ulteriori considerazioni circa la gravità indiziaria alla sola fase relativa alla richiesta di adozione della misura cautelare.
Da qui l’accoglimento del ricorso del pubblico ministero e il conseguente annullamento dell'ordinanza del GIP di non convalida dell'arresto.
Cassazione penale, sez. VI, sentenza 02/05/2024 (dep. 02/07/2024) n. 25849
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, con l'impugnata ordinanza, non convalidava l'arresto di Os.Im. rilevando l'insussistenza della flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia e che, in relazione al reato di lesioni personali, non era intervenuta la querela della persona offesa.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico ministero deducendo violazione di legge e vizio della motivazione, sottolineando come il Giudice per le indagini preliminari, anziché limitarsi ad una verifica di legittimità dell'operato della polizia giudiziaria in base al quadro indiziario risultante ex ante, aveva negato la convalida dell'arresto sulla base di una valutazione in ordine alla gravità indiziaria.
Invero, si assume che il quadro che si era presentato agli operanti, intervenuti su sollecitazione dei vicini di casa della persona offesa, dimostrava l'esistenza di evidenti "tracce" del reato, tali da giustificare l'arresto dell'indagato.
Parimenti, le circostanze riferite nell'immediatezza dei fatti dai soggetti presenti, la constatazione da parte dei militari intervenuti dell'atteggiamento minaccioso dell'indagato e l'evidente stato di forte timore in cui versava la persona offesa e il figlio, erano elementi di per sé idonei ai fini della valutazione circa la necessità di procedere all'arresto.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Per consolidata giurisprudenza, in sede di convalida dell'arresto, il giudice, verificata l'osservanza dei termini stabiliti agli artt. 386, comma 3, e 390, comma 1, cod. proc. pen., deve valutare l'operato della polizia giudiziaria secondo il parametro della ragionevolezza, sulla base degli elementi al momento conosciuti, in relazione allo stato di flagranza ed alla ipotizzabilità di uno dei reati indicati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una prospettiva che non deve riguardare la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, né la responsabilità dell'indagato, in quanto apprezzamenti riservati a distinte fasi del procedimento (Sez.6, n. 15427 del 31/1/2023, Rv. 284596).
Nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari non si è limitato alla sola valutazione della legittimità dell'arresto ponendosi nell'ottica degli operanti, sindacando nel merito il quadro indiziario.
Occorre premettere come questa Corte, pronunciando in una fattispecie sostanzialmente similare a quella in esame, ha affermato che è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti. In quel caso, si è ritenuto che correttamente era stata desunta la flagranza del reato sulla base della constatazione da parte delle forze dell'ordine delle condizioni dell'abitazione, delle modalità con le quali era stato richiesto l'intervento d'urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all'aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari (Sez.6, n. 7139 del 16/1/2019, Rv. 275085).
Nel caso di specie, pur non dandosi atto dell'esistenza di pregresse denunce o interventi da parte delle forze dell'ordine, è innegabile che agli operanti giunti sul luogo si è palesata una situazione tipicamente compatibile con la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia.
In tal senso deponevano, in primo luogo, i segni evidenti sulla persona offesa della recente aggressione fisica, le circostanze riferite dai vicini di casa e, in particolare, da colui che aveva materialmente sottratto la donna e il figlio dall'aggressione in atto. A ciò deve aggiungersi l'atteggiamento di timore mostrato dalia donna che, pur ammettendo pregressi disguidi e litigi, negava pregresse aggressioni o minacce, circostanza scarsamente credibile ove si consideri che un'altra vicina di casa riferiva di un episodio recente, nel corso del quale aveva sentito forti urla provenienti dall'abitazione della persona offesa e richieste di aiuto da parte di quest'ultima.
Orbene, valutando il fatto sulla scorta del quadro che si è presentato agli operanti e tenendo conto che ai predetti non è richiesto un vaglio in termini di gravità indiziaria, è agevole ritenere che il riscontro diretto delle condizioni della persona offesa, unitamente a quanto riferito dai testi presenti, forniva un quadro pienamente compatibile con la flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia. Applicando il parametro della ragionevolezza, sulla base degli elementi conosciuti al momento dell'intervento degli operanti, deve ritenersi che il quadro complessivo denotava, non solo l'attualità delle lesioni e il perdurante atteggiamento alterato dell'indagato, ma anche la natura non isolata fatto, come testimoniato da alcuni dei soggetti presenti e dallo stesso allarme che la lite aveva generato tra i vicini di casa.
Il giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto limitarsi a tale verifica, riservando le ulteriori considerazioni circa la gravità indiziaria alla sola fase relativa alla richiesta di adozione della misura cautelare.
3. Alla luce di tali considerazioni, ne consegue la fondatezza del ricorso, dovendosi ritenere l'arresto legittimamente eseguito.
L'annullamento, su ricorso del pubblico ministero, dell'ordinanza di non convalida dell'arresto deve essere disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato alla sola definizione della correttezza dell'operato della polizia giudiziaria, sicché l'eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di concreti effetti giuridici (Sez.3, n. 14971 del 10/11/2022, dep.2023, Rv. 284323).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata per essere stato l'arresto in flagranza legittimamente eseguito.
Così deciso il 2 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2024.