I segni rossi sul collo della presunta vittima, visibili tracce di una violenza appena subita, possono essere considerati elementi che integrano la quasi flagranza nel reato di maltrattamenti in famiglia?
A questa domanda risponde la Sesta Sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 30316 depositata il 23 luglio 2024.
Nel caso di specie, il GIP del Tribunale di Larino non aveva convalidato l'arresto di un uomo, accusato di maltrattamenti in famiglia aggravati dalla violenza assistita dal figlio minore, per l'assenza del presupposto della quasi flagranza.
Il Pubblico Ministero ricorreva in Cassazione, sottolineando che:
La Suprema Corte accoglie il ricorso, ricordando che "è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si inserisca inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti” (Cass. pen., Sez. 6, n. 7139 del 2019).
Nella vicenda esaminata, la donna aveva già presentato una querela per le condotte violente dell’uomo, poi rimessa per timore di ritorsioni da parte del compagno.
L’ordinanza impugnata viene quindi annullata senza rinvio, risultando l'arresto compiuto dalla Polizia giudiziaria legittimo.
Cassazione penale, sez. VI, sentenza 11/06/2024 (dep. 23/07/2024) n. 30316
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Larino con ordinanza emessa in data 3 aprile 2024 non ha convalidato, per assenza del presupposto della "quasi flagranza", l'arresto di Mi.Ca. eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Termoli in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia aggravato dalla "violenza assistita" del figlio minore (disponendo comunque l'applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, corredata dall'utilizzo del "braccialetto elettronico").
2. Avverso la mancata convalida ricorre il Procuratore della Repubblica deducendo che nel caso di specie esisteva la "quasi flagranza" poiché la persona offesa presentava, come riconosciuto dal Gip, "vistosi segni di rossore sul collo", dai quali però, erroneamente, è stato ritenuto possibile "inferire al più la consumazione del reato di lesioni personali non aggravate (per il quale non è consentito l'arresto in flagranza) ma non certo il delitto di cui all'art. 572 cod. pen."
Nel ricorso si evidenzia che i segni presenti sulla persona offesa, oltre a costituire tracce del delitto di lesioni aggravate a danno della convivente, rappresentano, unitamente alle dichiarazioni rese nell'immediatezza dalla donna, elementi a sostegno della abitualità del delitto di maltrattamenti in famiglia; altrimenti argomentando non sarebbe mai possibile l'arresto in flagranza per tale delitto, nonostante la previsione che per esso si debba procedere all'arresto obbligatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Nel verbale di arresto viene dato atto che gli operanti, a seguito di chiamata telefonica da parte della sorella della persona offesa - allarmata per una telefonata ricevuta dal Mi.Ca. il quale, con voce alterata, le intimava "vieniti a prendere tua sorella altrimenti la faccio fuori" - sono intervenuti quando gli episodi di violenza erano ancora in atto. In particolare, i predetti, giunti nell'abitazione della coppia, notavano una "strana situazione di calma apparente nonostante il disordine generale presente"; situazione che veniva immediatamente spiegata dalla donna che dichiarava agli agenti di essere da anni minacciata e percossa dal compagno, anche alla presenza dei figli minori e sporgeva querela. Viene altresì precisato che la donna presentava sul collo le tracce della violenza immediatamente prima subita e che la predetta riferiva di avere già nel 2021 presentato una querela per le condotte violente dell'uomo, poi rimessa per paura di ritorsioni da parte del compagno.
3. In base a tale situazione di fatto presentatasi agli operanti, trova applicazione il principio (da ultimo affermato da Sez. 6, n. 7139 del 16/01/2019, G., Rv. 275085 - 01) secondo cui "è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente era stata desunta la flagranza del reato sulla base della constatazione da parte delle forze dell'ordine delle condizioni dell'abitazione, delle modalità con le quali era stato richiesto l'intervento d'urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all'aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari)".
4. L'ordinanza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio, risultando l'arresto compiuto dalla Polizia giudiziaria legittimo.
In considerazione del titolo del reato si deve disporre nel caso di diffusione della presente sentenza l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti private a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, dichiarando legittimo l'arresto.
Così deciso in Roma l'11 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2024.