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Stupefacenti, uso abituale non basta per l'affidamento in prova terapeutico

Corte di Cassazione, sez. I Penale, Sentenza n.3805 del 29/11/2023 (dep. 30/01/2024)

Al fine dell’ottenimento dell’affidamento in prova c.d. “terapeutico”, la condizione di uso abituale o continuativo di stupefacenti non è da sola sufficiente a soddisfare il requisito dello stato di tossicodipendenza, richiesto dalla norma.

Lo ha stabilito la Prima Sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 3805 depositata il 30 gennaio 2024.

Nel caso di specie, l'imputato, detenuto presso la Casa circondariale di Rieti, aveva visto respinta la sua richiesta di affidamento terapeutico dal Tribunale di sorveglianza di Roma. La decisione era stata presa sulla base dell'interpretazione che un "disturbo dall'uso di cocaina" non equivalga automaticamente a uno stato di tossicodipendenza tale da giustificare l'accesso alla misura alternativa prevista per i tossicodipendenti.

Alla base della decisione c'è la distinzione tra "stato di tossicodipendenza" e "uso abituale" di stupefacenti. La difesa aveva portato argomentazioni basate su precedenti giurisprudenziali e sulla classificazione DSM-5, tentando di dimostrare un'equiparazione tra le due condizioni. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che l'uso regolare di sostanze non implica necessariamente una condizione di dipendenza patologica che soddisfi i criteri per l'affidamento terapeutico.

La sentenza sottolinea l'importanza di una prova concreta di tossicodipendenza, una patologia che supera la semplice frequenza di consumo, per accedere all'affidamento in prova terapeutico. In questo specifico caso, la documentazione presentata non è stata ritenuta sufficiente per qualificare l'imputato come tossicodipendente ai sensi delle normative vigenti.

In conclusione, il ricorso dell'imputato è stato rigettato, confermando il provvedimento del Tribunale di sorveglianza on la condaanna al pagamento delle spese processuali.

Affidamento in prova per fini terapeutici, condizioni, mero consumo abituale di sostanze stupefacenti, insufficienza

Il mero consumo di sostanze stupefacenti – pur se abituale – non rientra in una condizione patologica tale, da far ipotizzare ex se la sussistenza della situazione clinica legittimante la misura dell’affidamento in prova per fini terapeutici di cui all’art. 94, D.P.R. n. 309 del 1990.

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Cassazione penale, sez. I, sentenza 28/11/2023 (dep. 30/01/2024) n. 3805

FATTI DI CAUSA


1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l'istanza di affidamento in prova in casi particolari, che era stata avanzata da Ha.Ko., soggetto in atto detenuto - con fine pena fissato al 07/04/08/2025 - presso la Casa circondariale di Rieti, in espiazione della pena di anni quattro e mesi otto di reclusione, inflittagli con sentenza della Corte di appello di Roma del 15/03/2022, per esser stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309. Il provvedimento reiettivo si fonda sulla considerazione che il disturbo da uso di cocaina, dal quale è affetto il ricorrente, porti ad escludere che quest'ultimo possa essere ritenuto in condizione di tossicodipendenza e, quindi, possa ottenere l'invocato affidamento terapeutico. Ancora, con riferimento al profilo della pericolosità sociale, il provvedimento ritiene persistente una pericolosità attuale, desumendola dalla revoca - disposta dal Tribunale di Sorveglianza di Roma in data 10/02/2021 - della detenzione domiciliare, che era stata concessa al condannato in relazione ad una precedente condanna alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, inflitta sempre per la medesima tipologia delittuosa; tale revoca è stata disposte! per avere l'istante, durante la fruizione del beneficio, commesso il reato la cui pena è ora in esecuzione.

2. Ricorre per cassazione Ha.Ko. a mezzo del difensore avv. Giuseppe Maria Moliterni, deducendo un motivo unico, mediante il quale viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione all'art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, in ragione della erronea applicazione della legge penale, nonché vizio di motivazione, quanto alla ritenuta insussistenza di elementi oggettivi, atti a dimostrare adeguatamente la condizione di tossicodipendente nella quale versa il condannato. In particolare, il ricorrente censura la distinzione operata dal Tribunale di sorveglianza di Roma, tra lo stato di tossicodipendente e la condizione di chi faccia un consumo abituale di sostanze stupefacenti, rimarcando invece la equipollenza semantica esistente tra le due espressioni, posto che la seconda chiarisce concettualmente il significato della prima. Tale assunto, peraltro, è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, anche sulla scorta del dato testuale di cui all'art. 89, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, che, nel riferirsi alle procedure di accertamento della condizione di dipendenza, ai fini della sostituzione della misura custodiale con il trattamento in comunità terapeutica, equipara tale condizione all'assunzione abituale di stupefacenti (Sez. 6, n. 16037 del 26/03/2009, Camon, Rv. 243582).

2.1. Secondo il ricorrente, peraltro, tale corrispondenza è suffragata dalla riconducibilità delle nozioni di tossicodipendenza e uso abituale di sostanze stupefacenti, secondo la più accreditata classificazione diagnostica (c.d. D.S.M. V), alla generale categoria dei "disturbi da dipendenza e correlati all'uso di sostanze", all'interno della quale le suddette nozioni si distinguono solo in relazione alla gravità con cui il disturbo si manifesta.

2.2. Osserva la difesa, infine, che l'attestazione del disturbo da uso di stupefacenti, nonché l'impegno di spesa assunto, da parte del competente servizio pubblico, per la cura del prevenuto presso una comunità di recupero, con relativa attestazione di idoneità del programma trattamentale extra murario, avrebbero dovuto indurre il Tribunale di sorveglianza a ritenere la gravità dello stato patologico dedotto e, consequenzialmente, a concludere per la concessione al condannato della misura alternativa richiesta.

3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato l'insussistenza di elementi oggettivi, dai quali desumere la tossicodipendenza del condannato. Non sussiste alcuna coincidenza, tra l'uso abituale o continuativo di stupefacenti e lo stato di tossicodipendenza; la motivazione adottata, infine, è congrua e priva di contraddittorietà.

4. Con successiva memoria depositata a mezzo Pec in data 22 novembre 2023, la difesa ha insistito per l'accoglimento del ricorso, ribadendo la fondatezza dei motivi posti a fondamento dell'impugnazione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

2. L'impianto motivazionale dell'ordinanza impugnate, che ha negato a Ha.Ko. il beneficio dell'affidamento terapeutico ex art. 94 del d.P.R. n. 309 del 1990, appare coerente, esaustivo e conforme ai principi di diritto ripetutamente enunciati da questa Corte; tale motivazione, pertanto, merita di restare al riparo da qualsivoglia stigma in sede di legittimità.

2.1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, infatti, ha evidenziato come, dalla documentazione versata nell'incarto processuale, risulti che il predetto versa in una condizione di "disturbo dall'uso di cocaina"; sulla base di ciò, è stato negato l'invocato beneficio, stante la mancanza del requisito rappresentato dalla condizione di tossicodipendenza.

2.2. Questa Corte ha già avuto modo di spiegare come non sussista equipollenza tra l'uso abituale o continuativo di sostanze stupefacenti e lo stato di tossicodipendenza propriamente detto; si tratta, infatti, ci categorie distinte, aventi autonomo riconoscimento normativo e, comunque, tra loro non omologabili. Ne deriva che l'accertamento dello "stato di tossicodipendenza", testualmente richiesto dall'art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, non è sovrapponibile al concetto di consumo abituale; tale ultima condizione, infatti, rappresenta condizione essenziale, ma non sufficiente, per la formulazione della diagnosi di tossicodipendenza (Sez. 4, n. 27575 del 10/05/2017, Blasi, Rv. 269974; Sez. 6, n. 54068 del 24/10/2018, Russo, Rv. 274586; Sez. 2, n. 24119 del 22/04/2021, B., Rv. 281625; Sez. 4, n. 39530 del 14/07/2016, Bevilacqua, Rv. 267899).

2.3. È noto il richiamato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini dell'affidamento ed. terapeutico, non rileva la distinzione tra stato di tossicodipendenza ed uso abituale o continuativo di stupefacenti, inquadrandosi le due nozioni nella più generale categoria dei "disturbi da dipendenza e correlati all'uso di sostanze", all'interno della quale esse vanno poi distinte per grado (Sez. 1, n. 14008 del 13/01/2016, Kalary, Rv. 266619); né si ignora l'orientamento ermeneutico, a mente del quale - ai fini della sostituzione del a misura custodiale con il programma di recupero - le nozioni di tossicodipendenze e di uso abituale di sostanze stupefacenti possono ritenersi sinonime, non solo in quanto la seconda chiarisce concettualmente il significato della prima, ma anche in ragione del dato testuale di cui all'art. 89, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, come sostituito dall'art. 4-sexies, comma primo, lett. a), legge 21 febbraio 2006, n. 49, la cui formulazione indica che la relativa istanza deve essere corredata, tra l'altro, da certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza (o di alcooldipendenza), nonché la procedura con cui è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti psicotrope o alcoliche (si veda Sez. 3, n. 24990 del 13/02/2018, Boncaldo, Rv. 273023, in cui si accomunano le nozioni di tossicodipendenza e di uso abituale di sostanze stupefacenti, in quanto espressioni di un medesimo "status" patologico; si veda anche Sez. 1, n. 317 del 05/11/2018, dep. 2019, Denaro, Rv. 274411, a mente della quale: "In tema di affidamento in prova al servizio sociale richiesto per ragioni terapeutiche, ai sensi dell'art. 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non è configurabile una condizione di tossicodipendenza in caso di assunzione saltuaria di sostanze stupefacenti, che non dia luogo ad un consumo abituale, o almeno continuativo, idoneo a consolidare la condizione di dipendenza").

2.4. Questo Collegio, in contrario avviso, ritiene però che il mero consumo di sostanze stupefacenti - pur se abituale - non possa rientrare in una condizione patologica tale, da far ipotizzare ex se la sussistenza della situazione clinica legittimante la misura di cui all'art. 94, d.P.R. n. 309 del 1990. Ciò vale viepiù allorquando la certificazione rilasciata dal Ser.D. attesti una condizione di semplice uso saltuario, senza dare conto né della condizione di tossicodipendenza in senso stretto, né almeno di una condizione di abuso di sostanze stupefacenti, da intendere e recuperare ad un uso che abbia crismi di abitualità e non di pura assunzione occasionale.

2.5. Fuorviante, sul punto, appare il richiamo al testo del nuovo DSM-5, operato dalla difesa a fondamento della tesi della intervenuta equiparazione -fenomenica e terapeutica - dei vari disturbi correlati all'assunzione di sostanze stupefacenti, pretendendosi essere ormai non più separabili tra loro, le diagnosi di uso, di abuso e di dipendenza. Tali condizioni, effettivamente, sono state fuse all'interno dell'unica categoria nosografica del disturbo da uso di sostanze stupefacenti, che è parametrato secondo un climax, che spazia dal grado lieve a quello grave. A prescindere dalla mera catalogazione, però, i criteri utilizzabili per le rispettive diagnosi risultano commisurati alla contemporanea sussistenza di un differente numero di sintomi. Sono poi rimasti invariati i criteri adoperabili per la formulazione di tali diagnosi, dovendosi classificare:

- lieve il disturbo riscontrabile fino all'esistenza di due o tre criteri;

- moderato il disturbo diagnosticabile in presenza di quattro o cinque criteri;

- grave il disturbo connotato dalla sussistenza di sei o più criteri evocativi.

2.6. Deve concludersi, pertanto, nel senso che non ricorre una condizione di tossicodipendenza, ai fini della concessione della misura dell'affidamento ed. terapeutico, allorquando l'assunzione della sostanza avvenga secondo cadenze non atte a consolidare la relativa condizione di concreta dipendenza.

2.7. Ciò posto, con specifico riferimento al caso in esame, è dato rilevare che - come correttamente osservato dal Procuratore generale - nella documentazione allegata all'odierna istanza non vi è nemmeno cenno alcuno, alla condizione di assuntore "abituale" dell'impugnante, essendo certificato sic et sempliciter un disturbo da uso di sostanze stupefacenti.

3. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l'annotazione di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il "codice in materia di protezione dei dati personali".

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2023.

Depositato in cancelleria il 30 gennaio 2024.

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