È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, commi 1-bis e 3, e 19, comma 5, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nelle parti in cui non è escluso che la Corte di appello possa espletare nuove indagini ed acquisire nuove prove ed è limitata al solo vizio di violazione di legge la ricorribilità per cassazione del decreto emesso dalla Corte di appello sulla scorta di nuove acquisizioni probatorie.
Cassazione penale sez. V, 01/10/2024 (dep. 06/11/2024) n. 40763
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 aprile 2023 la Prima Sezione di questa Corte annullava con rinvio il decreto emesso il 20 gennaio 2022 con cui la Corte di appello di Torino aveva confermato il provvedimento del Tribunale cittadino, sezione misure di prevenzione, del 12 gennaio 2021 nei confronti di Ra.An., limitatamente alla confisca dei beni nella disponibilità di quest'ultimo, rigettando nel resto il ricorso.
I beni sottoposti a confisca dalla Corte di appello di Torino e oggetto dell'annullamento con rinvio riguardavano:
- le quote sociali di un esercizio commerciale operante in A;
- due unità immobiliari intestate ad Ra.An., ubicate in A;
- due autovetture intestate al ricorrente;
- i saldi attivi di alcuni conti correnti e di una carta prepagata, intestati a Ra.An.;
-il saldo attivo di una carta prepagata, intestata alla di lui moglie El.Ma.
1.1. La Prima sezione di questa Corte riteneva fondate le censure, con cui si deduceva la violazione di legge del decreto impugnato nella parte in cui non aveva dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere sussistente la correlazione temporale tra la pericolosità sociale di Ra.An. e l'acquisizione dei beni confiscati e dimostrata la sproporzione reddituale legittimante l'adozione della misura ablatoria.
In particolare, secondo il giudice rescindente, l'acquisizione dei beni confiscati non risultava correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato nei confronti di Ra.An. dalla Corte di appello di Torino, occorrendo verificare se tale condizione soggettiva si era manifestata al momento dell'acquisto dei beni.
Occorreva verificare se le somme utilizzate dalla famiglia Ra.El. per l'acquisto dei beni confiscati fossero state accumulate nel periodo in cui era stata accertata la pericolosità sociale qualificata del prevenuto, essendo incontroverso che solo in presenza di una tale correlazione cronologica - che avrebbe dovuto investire sia le provviste impiegate per l'acquisizione, sia la stipula del contratto - era possibile disporre l'ablazione di un bene del ricorrente o di un terzo allo stesso collegato (Sez. 6, n. 5536 del 15/01/2016, Bevilacqua).
II giudice rescindente richiamava le S.U. "Spinelli" e il principio di diritto ivi affermato, secondo cui la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche "misura temporale" del suo ambito applicativo; ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l'intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato.
1.2. A seguito dell'annullamento con rinvio, la Corte di appello di Torino, con decreto del 15 marzo 2024, in parziale riforma del decreto del Tribunale del 12 gennaio 2021:
- revocava la confisca delle quote sociali della società "La Rotonda di Gi.La. e Ra.An. Snc";
- revocava la confisca della quota pari all'82,17% per ciascuno dei due immobili siti in A, confermando la confisca sulla residua quota del 17,83%;
- disponeva la confisca del saldo attivo sul conto corrente intestato a Ra.Am. presso Banco BPM Spa sino alla concorrenza di 75.000,00 euro, con la restituzione della eventuale eccedenza;
- confermava nel resto il decreto.
2. Avverso siffatto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione attraverso il difensore di fiducia, avv. ASCANIO DONADIO, il proposto Ra.An. articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge tradottosi in motivazione apparente quanto alla perimetrazione temporale della pericolosità sociale.
La Corte territoriale ha erroneamente interpretato il contenuto del giudizio rescindente laddove ha ritenuto che l'annullamento non riguardasse la individuazione della data a partire dalla quale il proposto era da considerarsi socialmente pericoloso e ha così confermato quale momento iniziale quello dell'anno 2009.
In realtà la Prima sezione di questa Corte ha accolto sei delle numerose censure contenute nel primo ricorso e, tra queste, anche quella relativa alla errata individuazione della data di manifestazione della pericolosità sociale collocata nell'originario decreto nell'anno 2009.
Il giudizio rescissorio non si è confrontato con tali argomentazioni e ha perseverato nell'errore continuando a datare tale pericolosità nell'anno 2009 senza fornire alcuna motivazione sulla specifica censura.
In particolare, la Corte territoriale non ha valorizzato la sentenza frattanto intervenuta nel giudizio di merito relativo alla qualità di associato del proposto ed in particolare la pronuncia di questa Corte che in data 23 gennaio 2023, aveva annullato con rinvio la sentenza di appello, trascurando dunque un fatto nuovo e decisivo.
Al contrario il decreto impugnato ha valorizzato:
- la conversazione del 1 maggio 2015 tra Ra.An. e So. (quest'ultimo assolto in via definitiva) nell'ambito della quale il primo affermava di avere servito "il capobastone";
- la conversazione del 27 febbraio 2015 tra Ra.An. e Ce., candidato Sindaco di A, durante la quale il primo affermava di avere votato Zu., candidato nelle precedenti elezioni regionali dell'anno 2008; conversazione relativa ad un processo dal quale Ra.An. è stato assolto da tutte le ipotesi di reato - fine, comprese le violazioni dell'art. 416 ter cod. pen. e che comunque non riguardavano Zu.;
- la conversazione del 2011 tra Ra.An. e So. dalla quale risulterebbe che il primo avrebbe protetto il secondo dalle minacce dei Fa., minacce legate a vicende di natura sentimentale; la conversazione, oltre ad essere di due anni successiva rispetto all'anno 2009, è stata completamente travisata nel suo contenuto non avendo considerato che i rapporti tra Ra.An. e la famiglia Fa. sono di natura strettamente amicale, come dimostra l'invio della somma di 500,00 Euro da parte di Ra.An. ai figli di Fa. a seguito dell'arresto del padre, quale segno di riconoscenza per l'aiuto che la famiglia Fa. assicurava alla madre di Ra.An. nella cura del padre malato di Sla;
- la partecipazione presso il ristorante di Ra.An. a due cene di soggetti legati alla 'ndrangheta nel marzo 2011 e nel gennaio 2012; il decreto impugnato non ha considerato che i soggetti che hanno partecipato alla cena del marzo 2011 erano indagati in un procedimento conclusosi con un decreto di archiviazione. Inoltre, i partecipanti alla cena del gennaio 2012 erano stati invitati dall'allora assessore So., come detto, definitivamente assolto dall'imputazione di concorso esterno, e l'invitato Tr. era stato addirittura vittima dì una estorsione da parte di soggetti ritenuti legati alla criminalità organizzata;
- le presunte intimidazioni alla giornalista Zo. collocate rispettivamente verso la fine degli anni '90 ed erroneamente nell'anno 2010 (correttamente nell'anno 2017). La prima vicenda è stata riferita in modo del tutto generico dalla stessa giornalista, mentre la seconda si collocherebbe a distanza di ben otto anni dall'anno 2009 e non è risultata dimostrata alcuna intimidazione alla cronista;
-le vicende "(Omissis)" che, oltre ad essere ridimensionate nel processo di merito, si riferiscono a fatti dell'anno 2015.
Secondo la prospettazione accusatoria la locale di 'ndrangheta si sarebbe formata a partire dall'anno 2014, con la conseguente impossibilità di retrodatare la pericolosità sociale di Ra.An. all'anno 2009.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 3,10,20,24 D.Lgs. 159/11 quanto all'ammissione di un accertamento tecnico nel giudizio di rinvio, nonché in via subordinata, propone questione di legittimità costituzionale.
A seguito dell'annullamento con rinvio, la Corte di appello, su richiesta del Procuratore generale, ha disposto un accertamento tecnico peritale senza neppure indicarne l'oggetto, introducendo un tema di prova del tutto nuovo.
L'interpretazione che il giudice del rescissorio ha fornito si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost:
- degli artt. 19 comma quinto e 10 comma 1 bis del D.Lgs. 159/11, nella parte in cui non esclude che la Corte di appello possa espletare nuove indagini e acquisire nuove prove;
- dell'art.10 comma terzo D.Lgs. 159/11 nella parte in cui esclude e limita la ricorribilità in Cassazione del decreto emesso dalla Corte di appello sulla scorta di nuove acquisizioni probatorie per sola violazione di legge.
Ritiene la difesa che in questo caso ci si troverebbe dinanzi ad una decisione fondata su prove nuove e non soggetta ad alcun tipo di controllo di merito.
La questione, già proposta nel corso del giudizio rescissorio, è stata in quella sede respinta per manifesta infondatezza sul presupposto che:
il doppio grado di giurisdizione non rientra tra i principi del giusto processo;
la questione relativa ai limiti del ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è già stata risolta con precedenti decisioni della Consulta.
La difesa non condivide le argomentazioni della Corte territoriale, dal momento che il ricorso per Cassazione per sola violazione di legge, certamente legittimo, muove dal presupposto che la prova sia stata già valutata in sede di appello.
Nel caso di specie, invece, si è in presenza di una ipotesi peculiare e cioè quella in cui non vi è la possibilità di chiedere una rivalutazione del compendio probatorio e nemmeno di denunciare il travisamento dinanzi alla Corte di legittimità.
Le pronunzie della Corte costituzionale richiamate dalla Corte territoriale (Sent. n.199/2017 e Ord. n.410/2007 Corte Cost.) non sono idonee a superare le obiezioni mosse dal momento che nelle misure di prevenzione è garantito il doppio grado di difesa di merito.
Da qui la questione di costituzionalità del combinato disposto degli artt. 19 comma quinto e 10 comma 1 bis del D.Lgs. 159/11, nella parte in cui il primo e il secondo non escludono che la Corte di appello possa espletare nuove indagini e acquisire nuove prove, e dell'art. 10 comma terzo D.Lgs. 159/11 nella parte in cui esclude e limita la ricorribilità in Cassazione del decreto emesso dalla Corte di appello sulla scorta di nuove acquisizioni probatorie per sola violazione di legge, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione agli artt. 10,19,20,24 D.Lgs. 159/11 quanto alla determinazione della sproporzione con riferimento alla perimetrazione temporale e alla valutazione della sproporzione in relazione all'intero patrimonio e non al singolo acquisto.
Questa Corte ha stabilito che il raffronto deve intercorrere non tra il patrimonio globalmente inteso e i redditi, quanto piuttosto tra ciascun bene di cui si propone la confisca e i redditi in relazione ad uno specifico arco temporale che corrisponde a quello di acquisizione del bene (Sez.3 n. 40666 del 18/04/2018, Rv. 274069).
Nel caso di specie, nonostante l'accertamento peritale, la sussistenza della sperequazione, sia pure minima, è stata intesa globalmente e non in relazione a ciascun bene singolarmente considerato.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione di legge in relazione agli artt. 10,19,20,24 D.Lgs. 159/11 quanto alla determinazione della sproporzione in applicazione delle tabelle ISTAT.
Nel giudizio rescissorio la Corte territoriale non ha tenuto in conto le indicazioni della pronunzia di annullamento che aveva escluso che fosse sufficiente il confronto con le tabelle ISTAT.
La perizia disposta è erroneamente partita proprio dal dato ISTAT senza adeguarlo alla realtà reddituale della famiglia Ra.El. laddove ha contabilizzato le uscite relative a debiti contratti prima del 2009 e dunque prima ancora della manifestazione della presunta pericolosità sociale.
Con riferimento al mutuo bancario, il perito ha considerato solo l'uscita successiva al 2009 e non invece l'entrata rappresentata dal finanziamento a titolo di mutuo ottenuto nell'anno 2000 per l'acquisto dell'appartamento in via (Omissis).
La stessa perizia ha invece valutato correttamente il mutuo successivamente concesso nell'anno 2014, prendendo in considerazione le entrate e le uscite.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione di legge quanto agli artt. 10,19,20,24 D.Lgs. 159/11 in punto di determinazione della sproporzione con riferimento alla confisca della residua quota del 17,83% degli immobili siti alla via (Omissis); della quota di Vi del saldo attivo del c/c presso MPS cointestato con Gi.La.; del saldo attivo sul conto corrente intestato a Ra.Am. presso Banco BPM Spa sino alla concorrenza di 75.000,00 euro.
2.5.1. La confisca degli immobili è stata disposta in quanto in un periodo di sperequazione il proposto avrebbe rimborsato il 17,83% delle rate di mutuo.
Siffatta sperequazione è stata, tuttavia, valutata globalmente e non rispetto all'acquisto dell'immobile che risultava in realtà avvenuto con risorse in buona parte lecite.
La percentuale è stata inoltre considerata sull'importo ricavato dalla vendita dell'appartamento di via (Omissis) che era stato acquistato nell'anno 2000, in un periodo di non accertata pericolosità. In tal modo sono state confiscate delle risorse lecite (rinvenienti dalle plusvalenze) di un investimento che sarebbe stato in ogni caso regolare per un importo superiore all'80%.
2.5.2. La motivazione che sorregge la confisca del conto corrente cointestato è del tutto apparente.
Le risultanze peritali infatti stabiliscono (p.198) che le risorse confluite sul conto corrente cointestato risultano conformi al volume di affari della società La Rotonda Snc
2.5.3. La somma confiscata sul conto corrente intestata a Ra.Am. rappresenta il residuo acquisito a titolo di mutuo per l'acquisto della propria abitazione.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 10,19,20,24 D.Lgs. 159/11 quanto alla determinazione della sproporzione quanto alla confisca della vettura Toyota tg. (Omissis).
L'autovettura è stata acquistata nel luglio 2017 per il corrispettivo di 5.985,00 Euro e la confisca è stata disposta in quanto la provvista che ha dato origine al pagamento è di origine ignota.
In realtà la Corte territoriale non ha considerato che nel periodo di sperequazione la vettura non era stata pagata e che al 2018 vi era ancora un residuo da pagare in rate pari a 2.935,00 euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti di seguito esposti.
1. Va preliminarmente ribadito - in relazione alla richiesta di rinvio avanzata dal difensore di fiducia del ricorrente per omessa comunicazione della requisitoria del Sostituto procuratore generale - che nel caso in esame è si è proceduto con il rito camerale non partecipato di cui all'art. 611 cod. proc. pen. (nella formulazione vigente sino alla data del 30 giugno 2024), in base al quale le conclusioni scritte del Procuratore generale non devono essere comunicate alle altre parti processuali, sussistendo l'onere per queste ultime di chiederne copia alla cancelleria.
D'altronde, nel giudizio di cassazione, l'omessa formulazione, in tutto o in parte, delle conclusioni da parte del procuratore generale, prevista dall'art. 611, comma 1, cod. proc. pen., non impedisce la decisione del collegio, atteso che ricorre la nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. unicamente nel caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere (Sez. 2, Sentenza n. 24629 del 02/07/2020, Rv. 279552 - 01).
E, nel caso in cui il ricorso per cassazione sia deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., l'acquisizione della requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell'udienza e della trattazione del ricorso. (Sez. U, Sentenza n. 51207 del 17/12/2015, Rv. 265113).
2. Deve essere, poi, premesso che, ai sensi degli artt, 10 e 27 D.Lgs. 159/2011, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione patrimoniali è ammesso solo per violazione di legge.
Ed invero l'art. 27 comma secondo espressamente stabilisce che "per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall'articolo 10".
L'art. 10 comma terzo, che opera con riferimento alle misure di prevenzione personali, stabilisce espressamente che: " avverso il decreto della Corte di appello, è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero e dell'interessato e del suo difensore".
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365).
3. Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
3.1. La sentenza rescindente, nel ribadire il giudizio di pericolosità sociale qualificata di Ra.An., ne ha posto a fondamento la pronuncia della Corte di appello di Torino del 19 luglio 2021 in base alla quale l'attuale ricorrente era stato ritenuto colpevole di avere fatto parte di una locale 'ndranghetistica attiva in (Omissis) ai cui esponenti aveva offerto la disponibilità del suo ristorante per lo svolgimento di alcune riunioni con i partecipi delle varie 'ndrine presenti nelle aree piemontesi e valdostane e di cui si era fatto garante assicurando la riservatezza degli incontri.
Una volta ribadito il giudizio di pericolosità sociale, la pronuncia della Prima sezione di questa Corte ha, tuttavia, ritenuto (par.5, p.8) "... fondate le sei residue censure difensive ... con cui si deduceva la violazione di legge nel decreto impugnato conseguente al fatto che la Corte di appello di Torino non aveva dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere sussistente la correlazione temporale tra la pericolosità sociale di Ra.An. e l'acquisizione dei beni confiscati e la sproporzione reddituale legittimante l'adozione della misura ablatoria ..."
Per quanto qui di specifico interesse, con riferimento alla perimetrazione della pericolosità sociale, da intendersi quale individuazione di un eventuale termine iniziale e finale all'interno del quale verificare la legittimità degli acquisti, il giudice rescindente ha espressamente affermato (par.5, p.10) che "... il giudice di appello eludeva, pur richiamandoli formalmente, i temi censori sollevati dalla difesa ... non fornendo alcun chiarimento in ordine alla perimetrazione temporale indispensabile per valutare la legittimità della misura ablatoria applicata nei confronti dì Ra.An ..."
Appare chiaro, ad avviso del collegio, che l'oggetto del giudizio rescissorio comprendesse anche la verifica della corretta individuazione del dies a quo della manifestazione della pericolosità sociale che, nel decreto della Corte di appello allora impugnato, era stato fissato nell'anno 2009.
Diversamente, dunque, da quanto affermato sul punto dal giudice del rescissorio (p. 10, par. 3.2 del decreto impugnato) il giudizio rescindente aveva espressamente demandato al giudice del rinvio la perimetrazione temporale della pericolosità del proposto, non potendosi dare per accertato che la stessa avesse come termine iniziale l'anno 2009.
Al riguardo il decreto impugnato (p. 11 e ss.), dopo avere erroneamente interpretato nel senso suindicato l'oggetto del giudizio rescissorio, ha comunque ribadito che correttamente la Corte di appello, nella precedente pronunzia oggetto del primo ricorso, aveva individuato quale termine iniziale della manifestazione di pericolosità l'anno 2009.
In particolare (p. 12) ha ritenuto che, sebbene la sentenza della Corte di appello del 19 luglio 2021 pronunziata a carico di Ra.An. fosse stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione in punto di sussistenza del reato associativo (Sez. 5 n. 18793 del 24/01/2023), tuttavia la diversa sentenza con la quale erano stati giudicati gli imputati a seguito di giudizio abbreviato era divenuta definitiva (Sez. 2 n.27053 del 20/04/2023), risultando in tal modo accertata la operatività "quantomeno a far tempo dal 2014" in A di un'organizzazione che affondava le sue radici nella 'ndrangheta calabrese capeggiata da Di.Ma., soggetto strettamente legato al proposto.
3.2. Sulla base di siffatte argomentazioni, ad avviso del collegio, il primo motivo di ricorso appare fondato atteso che il decreto impugnato:
- nell'individuare erroneamente l'oggetto del giudizio rescissorio, ha omesso di motivare quanto alla individuazione del momento iniziale di manifestazione della pericolosità sociale, confermando la data dell'anno 2009;
- nel ribadire successivamente la correttezza di tale data, si è confrontato solo apparentemente con la sentenza di questa Corte (la già richiamata sent. 18793/23) che aveva annullato con rinvio - in punto di partecipazione di Ra.An. alla associazione - la sentenza di condanna che fondava il giudizio di pericolosità sociale a carico del proposto;
- nel richiamare i contenuti della sentenza di questa Corte con la quale era divenuto definitivo (Sez. 2 n.27053 del 20/04/2023) l'accertamento di penale responsabilità dei coimputati giudicati con rito abbreviato quanto all'appartenenza all'organizzazione in A che affondava le sue radici nella 'ndrangheta calabrese capeggiata da Di.Ma., ha omesso di considerare che la operatività era contestata "quantomeno a far tempo dal 2014", con il conseguente vuoto motivazionale rispetto alla manifestazione di pericolosità sociale collocata sin dal 2009 (intervallo temporale 2009/2014).
Dunque, la specifica censura volta a contestare la omessa/apparente motivazione relativa alla perimetrazione temporale della pericolosità sociale risulta fondata con la conseguente necessità di annullare il decreto impugnato, affinché il giudice del rinvio individui quale sia il momento a partire dal quale si sia manifestata la pericolosità sociale di Ra.An.
3.3. Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo risultano conseguentemente assorbiti dall'accoglimento del primo motivo, la cui valutazione in sede di rescissorio risulta preliminare rispetto alle successive censure.
4. Sebbene il ricorso debba essere accolto per le ragioni sopra esposte, va comunque affrontata, anche ai fini del successivo giudizio dì rinvio, la questione di illegittimità costituzionale come dedotta dal proposto.
Va in primo luogo chiarito che il ricorrente sovrappone e tratta indistintamente due situazioni del tutto diverse:
- la possibile rivalutazione nel merito di una decisione attraverso un secondo grado di giudizio (doppio grado di giudizio di merito);
- la possibilità di ricorrere per cassazione non solo per violazione di legge, ma anche per manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione nonché per travisamento della prova.
4.1. La prima delle due situazioni- doppio grado di giudizio di merito- non solo non risulta rilevante ai fini della presente decisione, dal momento che è sempre preclusa nel giudizio di cassazione qualsivoglia rivalutazione nel merito della decisione adottata dai giudici nei precedenti gradi, ma è anche manifestamente infondata, essendo intercorse numerose pronunzie della Corte costituzionale che hanno chiarito che l'istituto del doppio grado di giurisdizione non ha di per sé rilevanza costituzionale, e si inquadra in un sistema che prevede varie ipotesi di inappellabilità, riferite sia ai procedimenti speciali che al rito ordinario, realizzando un non irragionevole equilibrio tra le esigenze di efficienza e di rapidità nella definizione dei processi e la garanzia del doppio grado del giudizio di merito (Corte Cost. n.199 del 2017; n.288 dell997; n.438 del 1994).
4.2. La seconda delle due situazioni (ricorribilità per cassazione solo per violazione di legge e non anche per vizio motivazionale ivi compreso il travisamento della prova) è stata già ritenuta compatibile con il sistema costituzionale, avendo la Consulta già affermato - sia per le misure di prevenzione personali, sia per la confisca di prevenzione - la compatibilità costituzionale della vigente disciplina che ammette il ricorso per cassazione soltanto per la violazione di legge e, dunque, non anche per il vizio di motivazione (Corte cost. n. 106 del 09/05/2015; n. 321 del 05/11/2004): la Consulta ha evidenziato le peculiarità, sia sul terreno processuale che nei presupposti sostanziali, delle misure di prevenzione rispetto all'accertamento dei reati da compiersi nel procedimento penale - distinzione ribadita da Corte cost. n. 24 del 27/02/2019 - rimarcando come le forme di esercizio del diritto di difesa possano essere diversamente modulate in relazione alle caratteristiche di ciascun procedimento, allorché di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione (Sez. 5 n.23922 del 22/02/2024, Abrusci, non mass.).
Non può ravvisarsi alcun contrasto rispetto alla Costituzione tra la possibilità di proporre ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge, e non anche per vizio di motivazione, da una parte, e il diritto di difesa e il principio di eguaglianza (previsti rispettivamente dagli artt. 24 e 3 Cost.) dall'altra: sul punto la giurisprudenza di questa Corte a Sezioni unite ha evidenziato che "...nel sistema del diritto processuale penale italiano, il legislatore ha delineato un modello di esercizio del diritto di difesa (e, conseguentemente, anche del diritto alla impugnazione) differenziato in relazione alle varie fasi e tipologie di processo ..." (S.U. n.8914 del 21/12/2017,dep.2018, Aiello, Rv. 272011, che richiama S.U. n. 31461 del 27/06/2006, Passamani, n. m. sul punto, e Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072); "... l'effettività del diritto di difesa... non richiede necessariamente che le medesime modalità di esercizio e le correlative facoltà siano uniformemente assicurate in ogni grado del giudizio, poiché tale diritto può conformarsi secondo schemi normativi diversi a seconda delle caratteristiche proprie della fase di giudizio nella quale deve essere esercitato. Ne discende che al legislatore va riconosciuta ampia discrezionalità nel graduare diversamente le forme e le modalità mediante le quali la difesa tecnica e personale viene garantita all'imputato..." (Sez., n. 8914/2017, dep.2018, cit.); e ciò senza che possa sotto il profilo qui in esame ravvisarsi una limitazione del "diritto di accesso" al giudizio di legittimità, previsto dall'art. 6, par, 1, Carta EDU, in modo tale o a tal punto che il diritto sia leso nella sua stessa sostanza (Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia).
Quanto eccepito dalla difesa del ricorrente muove da una premessa errata e cioè che esista un diritto - che attraverso la normativa di cui si eccepisce la illegittimità costituzionale sarebbe negato - "... di riesame nel merito mediante denuncia di travisamento della prova ...)" dinanzi alla Corte di cassazione.
L'affermazione è errata nella misura in cui confonde il riesame nel merito di una vicenda (precluso sempre dinanzi alla Corte di cassazione) dalla denuncia del vizio di travisamento della prova; vizio che può essere oggetto del ricorso per cassazione in quanto oggetto di specifica previsione, ma che è altro rispetto alla rivalutazione nel merito.
Al riguardo questa Corte ha avuto modo di chiarire che il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370).
4.3. Né il ricorrente deduce, nel caso di specie, la sussistenza di un vizio motivazionale nel provvedimento impugnato che non ha potuto dedurre con il ricorso per cassazione in ragione del disposto di cui all'art. 10 TUA.
La difesa ha potuto esplicare pienamente il suo diritto di difesa: il giudice del rescissorio, proprio per offrire adeguata risposta alle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento con rinvio, ha disposto nel contraddittorio delle parti l'accertamento peritale nel corso del quale alla difesa sono state assicurate tutte le prerogative proprie della assunzione di una prova nel contraddittorio.
Il decreto impugnato dà inoltre conto, rispondendo ad ogni singola censura, di una memoria difensiva depositata successivamente all'accertamento peritale e volta a contestarne gli esiti (p. 19 e ss.; par. 3.3.2).
A seguito dell'accertamento peritale la Corte territoriale ha notevolmente ridotto l'oggetto della precedente confisca di prevenzione.
La questione nei termini proposti è, dunque, manifestamente infondata.
5. Il decreto impugnato va dunque annullato con rinvio alla Corte di appello di Torino perché proceda a nuovo esame con specifico riferimento alla perimetrazione della manifestazione di pericolosità sociale del proposto e alle successive ricadute derivanti da siffatto accertamento quanto alla correlazione temporale tra la pericolosità sociale di Ra.An. e l'acquisizione dei beni confiscati e la sproporzione reddituale legittimante l'adozione della misura ablatoria.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Torino.
Così deciso in Roma in data 1 ottobre 2024.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2024.