Il conducente di un veicolo è responsabile della morte di un passeggero che non indossa la cintura di sicurezza?
La Cassazione, con la sentenza n. 46566 del 18 dicembre 2024, ha chiarito i confini di questa responsabilità, stabilendo che il guidatore deve esigere che tutti i passeggeri indossino i dispositivi di sicurezza prima di partire e, se necessario, rifiutare il trasporto.
Nel caso di specie, il conducente di un veicolo era accusato di omicidio colposo a seguito di un incidente stradale in cui un passeggero, seduto sul sedile posteriore senza cintura, è stato sbalzato fuori dall’abitacolo, perdendo la vita. L’incidente era stato causato dall’improvviso attraversamento di un cane randagio, che aveva portato la guidatrice a una brusca frenata e al ribaltamento dell'auto. Il Tribunale di Frosinone aveva assolto la conducente, sostenendo che non era esigibile un controllo continuo sulle cinture durante la marcia e che l'auto non disponeva di segnali acustici per indicare il mancato uso delle cinture.
La Suprema Corte ha ribaltato questa decisione, richiamando l’articolo 172 del Codice della Strada, che obbliga il conducente a verificare che tutti i passeggeri indossino le cinture di sicurezza. In base alla giurisprudenza consolidata (Cass. n. 39136/2022), il conducente deve:
Esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza.
Rifiutare il trasporto in caso di mancato utilizzo.
Omettere l'inizio della marcia se il passeggero non si adegua.
Questi obblighi sussistono indipendentemente dall'obbligo personale del passeggero di utilizzare il dispositivo di sicurezza.
Nella vicenda in esame, la Cassazione ha sottolineato che:
L’uso della cintura di sicurezza avrebbe probabilmente evitato il decesso del passeggero.
La conducente non aveva preteso dai passeggeri di indossare le cinture prima della partenza.
La mancanza di segnali acustici nell’auto non esonera il conducente dalla responsabilità di vigilare sull'uso dei dispositivi di sicurezza.
La Corte ha quindi ritenuto che la violazione dell’art. 172 CdS rappresenti una condotta colposa che contribuisce causalmente all’evento mortale.
La Cassazione ha quindi annullato la sentenza del Tribunale di Frosinone, disponendo un nuovo giudizio presso la Corte d’appello.
Il principio ribadito è chiaro: il conducente ha il dovere di assicurarsi che i passeggeri indossino le cinture di sicurezza, pena la responsabilità per le conseguenze derivanti da tale omissione.
Il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l'intrapresa marcia e ciò a prescindere dall'obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura.
Cassazione penale, sez. IV, sentenza 05/11/2024 (dep. 18/12/2024) n. 46566
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 6 marzo 2024 il Tribunale di Frosinone ha assolto Do.Le. dal reato a lei ascritto con la formula perché il fatto non costituisce reato.
L'imputata era chiamata a rispondere del reato di cui all'art. 589 cod. pen. per avere cagionato, per negligenza, imprudenza, imperizia e violazione degli artt. 140, 141 comma 1 nn. 2 e 3, 142, 146 co. 1 e 172 co. 1 e 2 del Codice della Strada, la morte di Ru.Gi. che viaggiava sul sedile posteriore sinistro dell'autovettura condotta dalla Do.Le. la quale, in orario notturno, non adeguava la propria condotta di guida alle caratteristiche della strada percorsa (centro abitato fiancheggiato da edifici ed esercizi commerciali, in presenza di segnali di pericolo per curve pericolose ed intersezioni stradali oltre che su un tratto sdrucciolevole) e, a fronte della comparsa improvvisa di un cane perdeva il controllo del mezzo, frenava bruscamente e poi collideva con la recinzione di un centro commerciale cui seguiva il capovolgimento del mezzo ed il conseguente decesso del Ru.Gi.
2. Il Tribunale di Frosinone è pervenuto al verdetto assolutorio, non ritenendo ravvisabile nella condotta di guida dell'imputata alcun profilo di colpa.
Dopo aver passato in rassegna le deposizioni dei testimoni, dei consulenti del Pubblico Ministero, della difesa di parte civile, del responsabile civile e del perito nominato dal Tribunale, facendo proprie le conclusioni di quest'ultimo, il decidente ha concluso nel senso che a carico della Do.Le. non sarebbe ascrivibile alcuna violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Intanto perché, in assenza di specifica segnaletica nel tratto di strada teatro del sinistro, il limite di velocità, in mancanza dì indicazioni specifiche, doveva ritenersi pari a 90 km/h, alla stregua di una strada extraurbana e che il veicolo della Do.Le. marciava intorno ai 65 km/h.
Ha rilevato poi il Tribunale che la serie di manovre emergenziali poste in essere dalla conducente, sarebbero state occasionate dall'attraversamento improvviso di un cane randagio, circostanza confermata anche dalla teste Fa., che conduceva l'autovettura contro la quale, in fase di deviazione, la Do.Le. si dirigeva prima di sterzare, oltre che da quanto riferito dal dott. Fi.,veterinario dell'ASL di F. Quest'ultimo, nel corso dell'esame, riferiva della presenza in zona, in quel periodo, di un branco di cani randagi. Il Tribunale, dopo aver dato atto che il passeggero seduto sul sedile posteriore, lato sinistro, veniva trovato con metà busto fuori dall'abitacolo, schiacciato dall'autovettura, ha richiamato gli argomenti spesi dal perito il quale ha affermato che, nella circostanza, il trasportato non indossava la cintura di sicurezza.
Il Tribunale, ha, tuttavia, argomentato che nessun addebito poteva essere mosso alla Do.Le. poiché la Fiat Punto, alla guida della quale si trovava, non era dotata di sistemi acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture e che, in ogni caso, non era esigibile che la conducente potesse compiere, durante la marcia, una continua verifica in tal senso.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso immediato il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Roma deducendo la violazione dell'art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., erronea applicazione dell'art. 589 co. 2 cod. pen. vigente all'epoca del delitto contestato ex art. 2 cod. pen. e dell'art. 172 co. 1 D.Lgs. n. 285/1992.
Secondo il combinato disposto dell'art. 589 co. 2 ed pen. e dell'art. 172 co. 1 D.Lgs. 285/92 risponde di omicidio colposo chi, prima di intraprendere la marcia del veicolo con passeggeri a bordo, non esige che costoro indossino la cintura di sicurezza, verificando che lo facciano e in caso di renitenza, rifiuti il trasporto, continuando a verificarlo durante la marcia, anche con l'aiuto degli altri passeggeri trasportati, interpellando direttamente il passeggero.
Il Procuratore ricorrente ha posto in rilievo, innanzitutto, che dagli accertamenti svolti è emerso che solo la conducente e la passeggera seduta al suo fianco indossavano le cinture di sicurezza e che, il perito nominato dal Tribunale ha concluso nel senso che l'uso da parte del Ru.Gi. del detto dispositivo ne avrebbe potuto, ragionevolmente, evitare la morte. Che dalle emergenze dibattimentali non è emerso che la Do.Le. abbia preteso dai passeggeri, prima di mettersi in marcia, che indossassero le cinture.
Nella sentenza non si mette in dubbio che il passeggero deceduto non indossasse la cintura ma si fornisce dell'art. 172 C.d.s. una interpretazione difforme da quella data ossia che il conducente è tenuto ad esigere che il passeggero indossi i dispositivi di sicurezza.
1. Il P.G., in persona del Sostituto Giulio Romano, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l'annullamento con rinvio al giudice competente per l'appello risultando comunque violato l'art. 172 C.d.s.
2. Il difensore della Do.Le. ha depositato memoria con la quale ha chiesto che questa Corte dichiari inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore Generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Contrariamente a quanto argomentato dal Tribunale circa l'assenza della colpa specifica contestata ed in particolare, delle infrazioni del Codice della strada è, comunque, risultata accertata la violazione dell'art. 172 del medesimo ed è emerso, nel corso della istruttoria dibattimentale, proprio dalle conclusioni del perito nominato dal giudice di merito, ing. Pi., all'uopo nominato, che "era verosimile ritenere che l'utilizzo della cintura di sicurezza avrebbe ragionevolmente impedito l'exitus della persona offesa" in quanto sarebbe rimasta all'interno dell'abitacolo.
3. È indirizzo consolidato di questa Suprema Corte quello secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l'intrapresa marcia (Sez. 4 n. 39136 del 27/09/2022) e ciò a prescindere dall'obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura (ex plurimis, Sez. 4 n. 32877/2020 Rv. 280162 - 01 ed ancora Sez. 4, n. 9904/1996, Rv. 206266 - 01; Sez. 4, n. 9311 del 29/1/2003, Sulejmani, Rv. 224320).
Tale regola di comportamento, che era stata oggetto di espressa contestazione, ha trovato riscontro nel corso della istruttoria dibattimentale ma è stata, tuttavia, superata dal Tribunale, con argomenti che si pongono al di fuori della previsione normativa nonché del perimetro tracciato da questa giurisprudenza di legittimità, concludendo nel senso che "deve escludersi la sussistenza di un nesso causale tra la condotta della prevenuta e il decesso della persona offesa, non essendo emerso in capo alla Do.Le. un generico comportamento negligente o imprufente, né tantomeno la violazione di una regola cautelare".
4. La motivazione posta a fondamento della decisione assolutoria, fondata sulla mancanza, a bordo dell'autovettura condotta dalla Do.Le., di segnali acustici atti a segnalare il mancato utilizzo delle cinture da parte dei passeggeri posizionati sul sedile posteriore e la inesigibilità per la conducente di svolgere un continuo controllo dei passeggeri medesimi, presenta il vizio dedotto dal Procuratore ricorrente. Ciò in quanto risulta acclarata la violazione dell'art. 172 C.d.s., norma posta a presidio del rischio di verificazione di eventi del tipo di quello verificatosi, laddove l'omissione della persona offesa di indossarla configura quelle condotte, esse stesse colpose che possono, al più refluire sul grado di colpevolezza ma non certo escludere o interrompere il nesso causale (cfr. Sez. 4 n. 32877 del 10/11/2020, Rv. 280162).
5. Alla luce di quanto detto, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.
Depositata in cancelleria il 18 dicembre 2024.