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Patteggiamento, pena sospesa senza subordinazione agli obblighi ex 165 Cp.: è ricorribile in Cassazione?

Corte di Cassazione, sez. Unite Penale, Sentenza n.5352 del 28/09/2023 (dep. 06/02/2024)

Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento qualora sia stata disposta la sospensione condizionale della pena senza subordinarla all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria per l'applicazione di tale beneficio?

Le Sezioni Unite penali della Cassazione, con la sentenza n. 5352 depositata il 6 febbraio 2024, risponde negativamente.

Nel caso di specie, il Gip del Tribunale di Genova, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., aveva applicato la pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione in relazione al delitto di cui agli artt. 81, secondo comma, 609-bis, terzo comma, 609-ter, secondo comma, e 612, secondo comma, cod. pen. omettendo di subordinare il beneficio alla partecipazione dell’imputato a percorsi specifici di recupero presso enti o associazioni qualificati, come previsto dall'art. 165 cod. pen.

La questione giuridica ruota intorno all'interpretazione dell'art. 448, comma 2-bis, del Codice di Procedura Penale, che limita i motivi per cui è ammesso il ricorso per Cassazione contro le sentenze di patteggiamento, escludendo la possibilità di ricorso per questioni relative alla sospensione condizionale della pena in assenza di obblighi legalmente previsti.

La Corte ha chiarito che la sospensione condizionale della pena non rientra nella nozione di "pena illegale", in quanto si configura come una misura alternativa alla detenzione, finalizzata a evitare la privazione della libertà per chi non ha precedenti esperienze detentive.

In conclusione le Sezioni Unite hanno enunciato il principio di diritto secondo cui la sentenza di patteggiamento che concede la sospensione condizionale della pena, anche se in violazione degli obblighi previsti dall'art. 165 cod. pen., non può essere oggetto di ricorso per Cassazione, poiché tale omissione non costituisce un'ipotesi di illegalità della pena.

Sentenza di patteggiamento, sospensione condizionale della pena, mancata subordinazione agli obblighi di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen., ricorribilità per cassazione, esclusione

La sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati, non è ricorribile per cassazione, non determinando tale omissione un'ipotesi di illegalità della pena.

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Cassazione penale, sez. un., sentenza 28/09/2023 (dep. 06/02/2024) n. 5352

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 luglio 2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova ha applicato a He.Ma. ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., in conformità alla sua richiesta e con il consenso del Pubblico ministero, la pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione in relazione al delitto di cui agli artt. 81, secondo comma, 609-bis, terzo comma, 609-ter, secondo comma, e 612, secondo comma, cod. pen. (commesso nei confronti di due minori il 29 giugno 2021).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Genova, affidato a un unico motivo, mediante il quale ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 165, quinto comma, cod. pen., come modificato dall'art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 62 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), per avere il Giudice per le indagini preliminari omesso di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena accordato all'imputato alla sua partecipazione a percorsi specifici di recupero presso enti o associazioni qualificati.

Ha esposto che, a seguito della modifica apportata all'art. 165 cod. pen. dall'art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 62, entrato in vigore prima della realizzazione della condotta contestata, nei casi di condanna per i delitti contemplati da tale disposizione, tra cui quelli di cui agli artt. 609-bis e 609-ter cod. pen. ascritti all'imputato, il beneficio della sospensione condizionale della pena deve obbligatoriamente essere subordinato alla partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni qualificati; nonostante ciò il Tribunale, nel recepire l'accordo intervenuto tra l'imputato e il Pubblico ministero, che prevedeva il riconoscimento del beneficio della sospensione della pena senza alcuna condizione, aveva omesso di apporla e di subordinarvi tale beneficio, con la conseguente nullità della sentenza, in quanto il Tribunale, in assenza di tale obbligatoria condizione, avrebbe dovuto rigettare la richiesta di applicazione della pena così come concordata tra l'imputato e il Pubblico ministero.

Dopo aver sinteticamente riassunto gli opposti orientamenti esistenti nella giurisprudenza di legittimità a proposito della deducibilità con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., del mancato rispetto di quanto previsto dall'art. 165 cod. pen., ha argomentato le ragioni a sostegno della deducibilità con il ricorso per cassazione di violazioni di legge integranti forme di illegalità della pena, in quanto incidenti sulle concrete modalità di esplicazione del regime punitivo.

Ha quindi concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al Tribunale di Genova per la decisione sulla proposta di concordato di pena e la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla partecipazione dell'imputato a specifici percorsi di recupero.

3. Con ordinanza del 26 gennaio 2023, depositata il 21 febbraio 2023, la Terza Sezione Penale, dato atto del contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità a proposito della impugnabilità con ricorso per cassazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta viziate nella parte relativa alla sospensione condizionale della pena, ha rimesso il ricorso, ai sensi dell'art. 618, comma 1, cod. proc. pen., alle Sezioni Unite.

4. Il Collegio della Sezione rimettente ha dato atto della esistenza di un primo orientamento, contrario alla impugnabilità con ricorso per cassazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta che abbiano illegittimamente disposto la sospensione condizionale della pena senza subordinarla all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria per l'applicazione di tale beneficio, orientamento che si fonda sulla esclusione della riconducibilità di tale vizio alla nozione di illegalità della pena.

Nell'ordinanza di rimessione si sottolinea che tale principio è stato affermato in alcune decisioni (si richiamano Sez. 6, n. 36772 del 12/09/2022, Amato, Rv. 283829 - 01, e Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, P., Rv. 281945 - 01), con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 165, secondo comma, cod. pen.

In altre pronunzie (si richiamano Sez. 6, n. 23416 del 10/03/2022, PG in proc. Abbondanza, e Sez. 6 n. 9690 del 17/02/2022, PG in proc. D., entrambe relative al delitto di maltrattamenti in famiglia) il medesimo principio è stato affermato in relazione alla ipotesi di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen.

Altre sentenze, in termini più generali, hanno affermato l'inammissibilità del ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta con cui si censuri il riconoscimento della sospensione condizionale della pena, perché tale beneficio non avrebbe potuto essere applicato per divieto di legge, trattandosi dì vizio estraneo alla nozione di illegalità della pena (si richiamano Sez. 6, n. 35627 del 13/06/2022, Lena, Rv. 283732 - 01; Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, Rv. 283723 - 01, relativa alla ipotesi di cui all'art. 164, quarto comma, cod. pen.; Sez. 6, n. 18976 del 22/03/2022, Dibisceglia, concernente la fattispecie di cui all'art. 164, primo comma, cod. pen.).

Secondo tale orientamento l'esclusione della ammissibilità del ricorso per cassazione si ricava dalla tassativa previsione dei motivi di impugnazione proponibili avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta di cui all'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., inserito dall'art. 1, comma 50, della I. 23 giugno 2017, n. 103, secondo cui contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta è ammesso ricorso per cassazione "solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza".

Inoltre, la nozione di "pena illegale" deve essere nettamente distinta da quella di "pena illegittima" e le disposizioni sulla sospensione condizionale della pena sono estranee al concetto di pena.

La sospensione condizionale della pena articola un meccanismo di paralisi (soltanto eventualmente temporanea) della pretesa punitiva che, lungi dal condividere tutte le finalità della pena, persegue unicamente la prevenzione generale positiva, in funzione del potenziale recupero del condannato (Corte cost., ord. n. 295 del 2005).

5. Alla stregua di un opposto orientamento, favorevole alla proposizione del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., con cui il pubblico ministero contesti l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena a uno degli obblighi previsti dalla legge come condizione necessaria per il riconoscimento di tale beneficio, la nozione di "pena illegale" comprende anche gli istituti che incidono sulla effettiva e concreta applicazione delle sanzioni.

Tale indirizzo, pur condividendo con quello contrario il riconoscimento della centralità della disposizione di cui all'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., accoglie una diversa nozione di "pena illegale".

Pur dando atto della elaborazione di tale nozione nelle diverse pronunce delle Sezioni Unite che si sono occupate di tale argomento, nelle quali la «pena illegale» non è mai stata estesa all'istituto della sospensione condizionale della pena e, anzi, ne è stata esclusa, tale orientamento afferma che una nozione restrittiva non può ritenersi imposta con riferimento all'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.

Tale disposizione, infatti, dovrebbe essere interpretata ponendo in bilanciamento il principio costituzionale di cui all'art. 111, settimo comma, Cost., e le esigenze di celerità e deflazione sottese al procedimento speciale di cui agli artt. 444 e ss. cod. proc. pen.

L'istituto della sospensione condizionale della pena incide sulla "legalità" del trattamento sanzionatorio, determinando i casi nei quali la pena non deve essere eseguita o può esserlo solo al verificarsi di determinate condizioni (così Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, Rv. 283925 - 01).

La nozione di pena non potrebbe, quindi, essere circoscritta all'irrogazione di una o più delle sanzioni previste dall'art. 17 cod. pen., ma dovrebbe essere identificata in un più amplio plesso concettuale che comprenda anche gli istituti che incidono sulla concreta ed effettiva applicazione di tali sanzioni (così Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, Rv. 283925 - 01, cit., che ripropone quanto affermato da Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018, dep. 2019, Bonomi, Rv. 275118 -01).

Si afferma, inoltre, che il riconoscimento della sospensione condizionale della pena ha, comunque, un suo pur limitato contenuto afflittivo, che consiste nella intimazione rivolta al condannato di astenersi dal commettere ulteriori reati, con l'ammonimento che ove ciò non avvenga, e ricorrendo determinate condizioni, alla pena inflitta sarà data esecuzione, contenuto ancora più percepibile quando l'applicazione del beneficio sia stata subordinata all'adempimento di obblighi specifici (Sez. 6, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898 - 01).

Tali considerazioni non sarebbero neppure in contrasto con i principi affermati dalle Sezioni Unite (ciò è affermato espressamente da Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, Rv. 283925 - 01, cit.).

Invero Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, Savini, Rv. 283818, ha esaminato il diverso caso della diminuzione di pena in caso di giudizio abbreviato. Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886, ha affrontato la questione delle modalità di calcolo della pena con specifico riguardo alla sentenza di applicazione della pena su richiesta. A sua volta Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689, pur espungendo dalla nozione di illegalità della pena le questioni attinenti alla sospensione condizionale della stessa, si è prevalentemente occupata della rilevabilità d'ufficio del vizio e, quindi, di un profilo diverso, in cui viene in rilievo l'esigenza di «contemperare il valore della legalità della pena con quello della intangibilità del giudicato sostanziale».

6. Ad avviso del Collegio rimettente, la questione sottoposta al suo esame non può dirsi risolta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.

Si sottolinea che la nozione di "pena illegale" accolta nella sentenza Miraglia è espressamente riferita alla rilevabilità d'ufficio in caso di ricorso per cassazione inammissibile e che la sentenza Savini ha individuato la nozione di "pena illegale" con riferimento alla superabilità o meno della preclusione derivante dalla inammissibilità del ricorso.

Nell'ordinanza di rimessione si afferma che le varie decisioni delle Sezioni Unite che hanno approfondito i profili attinenti ai limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione nei confronti di sentenze di applicazione della pena su richiesta dopo l'entrata in vigore dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., (Sez. U, n. 23400 del 27/01/2022, Boccardo, Rv. 283191, Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, Melzani, Rv. 279349, Sez. U, n. 21368 del 26/9/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348, Sez. U, n. 40986 del 19/7/2018, Pittalà, Rv. 273934), non hanno esaminato specificamente la nozione di "pena illegale" come prevista da detta disposizione, né le questioni relative al riconoscimento e all'applicazione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti.

Si aggiunge che, secondo parte della dottrina, il beneficio della sospensione condizionale della pena conserva una positiva portata sanzionatoria, come desumibile anche dalle fonti sovranazionali e, in particolare, dalla Decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio U.E.

7. Con decreto del 20 aprile 2023 la Prima Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite e ne ha disposto la trattazione all'odierna udienza camerale non partecipata.

8. Con memoria dell'11 settembre 2023 il difensore dell'imputato ha nuovamente concluso per il rigetto del ricorso del pubblico ministero, ritenendo preferibile l'orientamento, recepito anche dalle sentenze Savini e Miraglia delle Sezioni Unite, secondo cui non può essere qualificata come pena illegale quella condizionalmente sospesa e non subordinata a un obbligo normativamente previsto.

9. Il Procuratore generale, con atto depositato il 12 settembre 2023, ha sollecitato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con la restituzione degli atti al Tribunale di Genova, ribadendo l'adesione all'orientamento favorevole alla proponibilità del ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta prive della necessaria subordinazione della sospensione condizionale della pena a obblighi o prescrizioni normativamente previsti.

Si afferma la riconducibilità alla nozione di "pena illegale" anche degli istituti che incidono sul trattamento punitivo e sulla concreta ed effettiva applicazione delle sanzioni (Sez. 3, n. 32117 del 05/04/2023, PG in proc. L., e Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, Rv. 283925 - 01), sottolineando che nelle precedenti decisioni delle Sezioni Unite relative a tale tema (sentenze Savin, Melzani, Boccardo, Miraglia, Savini e Sacchettino) non è stato espressamente affrontato l'aspetto degli obblighi cui necessariamente subordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'art. 165, secondo e quinto comma, cod. pen.; non sono state neppure considerate la matrice riparativa della subordinazione del beneficio agli specifici percorsi di recupero di cui al quinto comma dell'art. 165 cit. e l'impossibilità di porre rimedio in sede esecutiva alla violazione di legge conseguente alla omessa subordinazione del beneficio, potendo essere definite in tale ambito solo le modalità attuative dei percorsi di recupero, con un intervento limitato al quomodo della misura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Alle Sezioni Unite è stata rimessa la seguente questione di diritto: "Se, con riguardo ad una sentenza di patteggiamento, sia ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti, la quale non sia subordinata ad un obbligo previsto come condizione necessaria dalla legge per l'applicazione del beneficio, in particolare in relazione ai reati di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen.".

2. In ordine a tale questione nella giurisprudenza di legittimità si registrano, come sottolineato nell'ordinanza di rimessione, due opposti orientamenti.

Secondo un primo orientamento, che ritiene ammissibile il ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza di applicazione della pena su richiesta che abbia omesso di subordinare la sospensione condizionale della pena a uno degli obblighi previsti come condizione necessaria per la sua applicazione, tale violazione potrebbe essere dedotta con il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in quanto anche gli istituti che incidono sulla concreta ed effettiva applicazione delle sanzioni sono riconducibili alla nozione di pena, con la conseguente illegalità della stessa in caso di omessa apposizione di condizioni obbligatorie.

Espressiva di tale indirizzo è Sez. 4, n. 5064 del 6/11/2018, dep. 2019, Bonomi, Rv. 275118-01, intervenuta successivamente alla entrata in vigore dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. e relativa all'ipotesi di cui all'art. 165, secondo comma, cod. pen., nella quale si propugna un'interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., volta a evitare che una serie di violazioni di legge rimangano indeducibili in sede di legittimità, non potendo essere espunti dal concetto di legalità della pena i profili che attengono alle concrete modalità di esplicazione del regime punitivo.

Nel medesimo senso si è espressa Sez. 6, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898-01, la quale, nel ribadire che nella nozione di pena illegale rientrano tutti i profili incidenti sul trattamento punitivo, e quindi anche le norme che ne sospendono l'applicazione, evidenzia che la sospensione condizionale, benché non possa essere considerata come una peculiare specie di pena, ha comunque un suo pur limitato contenuto afflittivo, che si concretizza nella intimazione rivolta al condannato di astenersi dal commettere ulteriori reati, con l'ammonimento che ove ciò non avvenga, e in presenza di determinate condizioni, alla pena applicata sarà data esecuzione.

Tale contenuto afflittivo sarebbe maggiormente percepibile nei casi in cui il beneficio sia subordinato all'adempimento di specifici obblighi, secondo quanto previsto dall'art. 165 cod. pen., essendo in tale evenienza il condannato tenuto a farvi fronte sempre sotto l'ammonimento che, ove non lo faccia entro il termine stabilito nella sentenza, la pena verrà eseguita.

A sostegno di tale opzione interpretativa si sottolinea che, diversamente, non sussisterebbe alcun mezzo di impugnazione idoneo a rimuovere una statuizione illegittima contenuta nella sentenza di applicazione della pena su richiesta, in quanto la revoca in sede esecutiva della sospensione condizionale della pena (estesa dall'art. 168, terzo comma, anche alla sospensione accordata ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.) è prevista dall'art. 674, comma 1 - bis, cod. proc. pen. solo con riferimento alla reiterazione del beneficio e all'inosservanza dei limiti di pena (art. 164, quarto comma, cod. pen.), ma non anche in relazione alla violazione dell'art. 165, secondo comma, cod. pen. (nel medesimo senso Sez. 5, n. 9951 del 15/11/2022, dep. 2023, Comito; Sez. 1, n. 13034 del 5/03/2021, Selenu; Sez. 3, n. 8803 del 15/01/2020, Donato; Sez. 2, n. 11611 del 27/01/2020, Serpillo, Rv. 278632-01, relativa alla fattispecie di cui all'art. 165, secondo comma, cod. pen.; nonché Sez. 5, n. 49481 del 13/11/2019, F., Rv 277520).

Detto orientamento è stato ribadito, sempre con riferimento alla ipotesi di cui all'art. 165, secondo comma, cod. pen., da Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, Rv. 283925, che, dato atto della nozione di pena illegale elaborata dalle Sezioni Unite (in particolare sentenze Savini, Miraglia e Sacchettino), evidenzia come tali decisioni non si pongano in contrasto con l'interpretazione della nozione di pena illegale elaborata dalle citate decisioni.

Analoghe considerazioni sono state svolte da Sez. 5, n. 27587 del 19/4/2023, P., Rv. 284847, che sottolinea la ratio e la funzione degli obblighi di cui all'art. 165 cod. pen., volti a prevenire il rischio di recidiva e a vincolare il giudice, in deroga alla discrezionalità riconosciutagli dal primo comma della medesima disposizione.

3. Il secondo, e contrario, orientamento è stato espresso, in consapevole dissenso, da Sez. 6, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898 - 01, Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018, dep. 2019, Bonomi, Rv. 275118 - 01, e Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, T., Rv. 281945, che, richiamando la nozione di pena illegale elaborata dalle Sezioni Unite, sottolineano la differenza tra illegalità e mera illegittimità della pena e l'estraneità a tale nozione della sospensione condizionale, che ha una funzione non sanzionatoria, bensì positivamente deterrente, volta a promuovere un bonum tacere (in tal senso Sez. 6, n. 30147 del 03/05/2023, P., Rv. 285046, e Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, Rv. 283723-01, che ha richiamato l'ordinanza n. 296 del 2005 della Corte costituzionale e quanto in essa esposto a proposito della natura della sospensione condizionale, priva di contenuto sanzionatorio, nonché Sez. 6, n. 23416 del 10/03/2022, Abbondanza, che, nel richiamare la sentenza n. 295 del 1986 della Corte costituzionale, sottolinea che la sospensione condizionale della esecuzione della pena è uno strumento per reiterare, personalizzandola, la minaccia general preventiva, che non inerisce alla determinazione della pena, ma è sostitutivo della sua esecuzione, e, in presenza di determinate condizioni, produce gli effetti estintivi di cui all'art. 167 cod. pen.; nel medesimo senso v. anche Sez. 6, n. 18976 del 22/03/2022, Dibisceglia, e Sez. 6, n. 9690 del 17/02/2022, D.).

Nelle decisioni che aderiscono a tale orientamento si sottolinea l'esigenza di non depotenziare la ratio selettiva dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., (così Sez. 6, n. 35627 del 13/06/2022, Lena, Rv. 283732).

In altre pronunzie, sempre espressive di tale orientamento, è stata sottolineata l'estraneità della ratio delle disposizioni sulla sospensione condizionale al nucleo della "pena", tradizionalmente intesa quale malum passionis propter malum actionis: alla prospettiva della pena intesa come sofferenza inflitta per l'offesa cagionata mediante il reato, la disciplina della sospensione condizionale si pone in evidente alternativa, se non in netta antitesi. Si ribadisce come la sospensione condizionale della pena costituisca una astensione a tempo dalla esecuzione della pena, così articolando un meccanismo di paralisi (soltanto eventualmente temporanea) della pretesa punitiva che, oltretutto, lungi dal condividere tutte le finalità della pena, persegue soltanto la prevenzione generale positiva, in funzione di potenziale recupero del condannato (in tal senso Sez. 6, n. 34404 del 10/07/2023, P., cit.; Sez. 6, n. 36772 del 12/09/2022, Amato, Rv. 283829 - 01; Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, Rv. 283723 - 01, Cit.).

4. Per la soluzione della questione rimessa alle Sezioni Unite occorre, anzitutto, considerare i limiti alla proposizione del ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta stabiliti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.

Tale disposizione, introdotta dall'art. 1, comma 50, legge 23 giugno 2017, n. 103, prevede che il pubblico ministero e l'imputato possono ricorrere nei confronti della sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato stesso, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e alla illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Ai sensi del successivo art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge 23 giugno 2017, n. 103, l'inammissibilità dell'impugnazione proposta per motivi non consentiti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., va dichiarata senza formalità di rito, con trattazione camerale non partecipata.

Come ribadito, da ultimo, da Sez. U., n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886-01, si tratta di una disciplina che persegue finalità deflattive, garantite da un procedimento che assicuri un più rapido passaggio in giudicato del provvedimento impugnato, in considerazione delle sue peculiarità, perché il consenso dell'imputato all'applicazione della pena rende superfluo lo svolgimento di un giudizio a cognizione piena e legittima la limitazione dei casi di impugnazione.

Nel caso in esame, la richiesta di applicazione della pena è stata formulata dal pubblico ministero nel corso dell'udienza del 23 maggio 2022, l'imputato vi ha aderito il 13 luglio 2022 e nella stessa data è stata pronunciata la sentenza impugnata, che ha recepito l'accordo. Quest'ultimo contemplava, in relazione al reato di cui agli artt. 81 secondo comma, 609-bis e 609-ter, secondo comma, e 612, secondo comma, cod. pen., l'applicazione della pena finale di un anno e otto mesi di reclusione, subordinata al beneficio della sospensione condizionale della pena, senza la condizione prescritta dall'art. 165, quinto comma, cod. pen., della partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i reati elencati in tale disposizione. Di conseguenza il ricorso proponibile avverso tale decisione è soggetto ai ricordati limiti stabiliti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in quanto il concordato di pena riguarda anche la sospensione condizionale, da accordare senza alcuna subordinazione.

5. Tanto premesso, occorre preliminarmente stabilire se le omesse statuizioni in tema di sospensione condizionale della pena possano rientrare nella nozione di "pena illegale" idonea a giustificare il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.

Nella categoria della pena illegale rientrano ipotesi ontologicamente non omogenee, elaborate secondo prospettive e a fini profondamente diversi: si parla di illegalità originaria in caso di applicazione di una sanzione diversa da quella prevista dall'ordinamento; di illegalità conseguente ad abolitio criminis, a sopravvenienza di una lex mitior, a declaratoria di incostituzionalità di una norma incidente nel trattamento sanzionatorio.

Come chiarito da tempo dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, Marcon, Rv. 264857-01, e Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205-01), è pena illegale ab origine quella che non corrisponde, per specie ovvero per quantità, sia in difetto sia in eccesso, a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice.

La giurisprudenza ha elaborato anche la nozione di pena illegale sopravvenuta, configurabile quando la pena sia stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma successivamente dichiarata illegittima, con conseguente reviviscenza, o comunque con conseguente applicabilità, di una cornice edittale più favorevole (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205-01, cit.).

Le successive e più recenti decisioni delle Sezioni Unite hanno ribadito che la categoria della pena illegale "senza investire i modi del concreto esercizio del potere discrezionale assegnato al giudice di merito (e, pertanto, senza coinvolgere i profili di erronea applicazione dei criteri commisurativi), ha riguardo ai confini che segnano, nel quadro della legalità costituzionale, il fondamento della potestà punitiva, imponendo, rispetto al risultato di tutela dei diritti fondamentali, una coerente lettura del sistema processuale" (così Sez. U., n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689 - 01). Sulla base di tale premessa hanno riaffermato che è illegale "solo la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantità, dall'ordinamento" (così Sez. U, n. 47182 del 31/3/2022, Savini, Rv. 283818 - 01).

Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886 - 01, cit., hanno osservato che "pena illegale è, conseguentemente, quella che si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, perché diversa per genere, per specie o per quantità da quella positivamente prevista".

Sez. U, Miraglia, hanno chiarito che la nozione di pena illegale non può estendersi "sino al punto da includere profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all'ordinamento per specie, genere o quantità", in quanto la pena può essere considerata illegale non quando consegua a una mera erronea determinazione del trattamento sanzionatorio, alla quale l'ordinamento reagisce approntando i rimedi processuali delle impugnazioni, ma solo quando non sia prevista dall'ordinamento, ovvero sia superiore o inferiore ai limiti edittali previsti dalla legge o sia più grave per genere e specie di quella individuata dal legislatore.

Sez. U, Savini, nel ribadire la nozione anzidetta di pena illegale, hanno argomentato che è solamente la violazione delle cornici edittali - che sono la manifestazione e il frutto del potere legale di determinazione della pena - a integrare la pena illegale, e che "ogni altra violazione delle regole che occorre applicare per la definizione della pena da infliggere integra un errato esercizio del potere commisurativo e dà luogo a una pena che è illegittima", ma non illegale.

Infine, Sez. U, Sacchettino, ha riaffermato questi principi anche con riferimento alla pena applicata su richiesta delle parti, osservando che l'accordo si forma sulla pena finale concordata dalle parti e di cui si chiede l'applicazione, con la conseguente generale irrilevanza degli eventuali errori nei vari "passaggi" attraverso i quali si giunge al "risultato finale", a meno che essi non comportino l'applicazione di una pena illegale, nel senso in precedenza chiarito.

6. Le Sezioni Unite, nel dare continuità sia alla nozione di "pena illegale" consolidatasi da tempo nella giurisprudenza di legittimità, sia a quanto chiarito con la sentenza Liguori a proposito della sospensione condizionale della pena e della sua subordinazione (v. Sez. U, n. 37503 del 23/06/2022, Liguori, Rv. 283577 - 02, che, occupandosi del termine di adempimento dell'obbligo risarcitorio al quale sia stata subordinata la sospensione condizionale della pena, hanno chiarito la natura e la portata di tale istituto), ritengono che le questioni attinenti all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena siano estranee a detta nozione.

7. La sospensione condizionale della pena, che trova il suo antecedente storico nella "condanna condizionale", introdotta nell'ordinamento dalla legge 26 giugno 1904, n. 267 e recepita dal codice di procedura penale del 1913, è stata trasferita nel codice penale del 1930, che, all'art. 165, prevedeva, al primo comma, nella sua originaria formulazione, che "la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso, e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno".

L'art. 165 cod. pen. è stato ripetutamente modificato con l'inserimento di ulteriori "obblighi", all'adempimento dei quali il giudice può subordinare il riconoscimento della sospensione condizionale della pena.

Con la legge 24 novembre 1981, n. 689, in tema di depenalizzazione, al primo comma, è stato stabilito che la sospensione condizionale della pena può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, "all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato".

Con la legge 11 giugno 2004, n. 145 è stata aggiunta la possibilità, se non vi è opposizione del condannato, di prestare attività non retribuite in favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa.

La disposizione di cui all'art. 165 cod. pen. è stata oggetto di successivi ripetuti interventi del legislatore che ha previsto ulteriori casi di subordinazione obbligatoria.

Il quarto comma è stato modificato dall'art. 1, comma 1, lettera g) della legge 16 gennaio 2019, n. 3 "misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici", il quale stabilisce che nei casi di condanna per i reati previsti dagli artt. 314, 317, 318, 319, 319 ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell'art. 322-quater, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno.

Un ulteriore intervento è stato operato dalle disposizioni di modifica al regime della legittima difesa: la legge 26 aprile 2019, n. 36 ha introdotto, infatti, nell'art. 165 cod. pen., il sesto comma (divenuto in seguito l'attuale settimo comma) in cui si prevede che, nel caso di condanna per il reato previsto dall'art. 624-bis cod. pen., la sospensione condizionale della pena sia comunque subordinata al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.

Il quinto comma di tale disposizione (della cui violazione si duole il pubblico ministero ricorrente, prospettando come conseguenza l'illegalità della pena), introdotto dall'art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69 recante "modifica al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere", poi modificato dalla legge 27 settembre 2021, n. 134 (entrata in vigore il 19 ottobre 2021), attualmente prevede che, nei casi di condanna per il delitto previsto dall'art. 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena sia comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

8. Il progressivo ampliamento degli obblighi al cui adempimento la sospensione condizionale della pena può, o deve (come nei casi di cui all'art. 165, commi secondo, quarto e quinto, cod. pen.), essere subordinata, non muta, però, la natura e la funzione dell'istituto.

La sospensione condizionale della pena si qualificò, sin dalla sua introduzione, come una misura, in senso lato, alternativa alla detenzione, rispondente alla ratio di sottrarre alla privazione della libertà e alla restrizione in carcere chi non avesse ancora conosciuto l'esperienza detentiva, orientata a ridurre il fenomeno della detenzione breve (o brevissima).

Secondo la ricostruzione dottrinaria prevalente essa assolve a una duplice funzione: da un lato è negativamente volta a evitare l'esecuzione della pena, dall'altro, pur risultando uno strumento "alternativo" al carcere, conserva una positiva portata sanzionatoria, in quanto il condannato dovrà astenersi dal commettere ulteriori reati della stessa indole di quello per cui sia già intervenuta una affermazione di responsabilità e sarà anche obbligato ad adempiere alle eventuali prescrizioni cui il beneficio sia stato subordinato.

Tale ricostruzione porta dunque a escludere che la sospensione condizionale della pena possa essere ricondotta alla nozione di "pena" rilevante ai fini della verifica della sua "legalità", in quanto essa implica la già avvenuta determinazione della pena con una sentenza di condanna, cioè la traduzione della pretesa punitiva, della punibilità astratta, in concreta (cfr. Corte cost., sent. n. 295 del 1986), e si configura come una "astensione a tempo" dall'esecuzione della pena, che non implica alcuna limitazione della libertà personale del condannato (così Corte cost., ord. n. 296 del 2005, che, nella motivazione ha sottolineato come nella sospensione condizionale della pena manchi del tutto un assoggettamento a restrizione della libertà personale del condannato).

Come chiarito dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 295 del 1986, la sospensione condizionale della pena (alla quale il legislatore dedica ben sei articoli) non ha effetti definitivi immediati: essa apre una vicenda che soltanto alla fine del termine indicato dall'art. 163 cod. pen. conduce all'eventuale estinzione di alcuni effetti penali.

Se l'esecuzione della pena rimane sospesa è perché si produce in concreto (e soltanto in virtù del suo instaurarsi) una nuova fattispecie che inibisce l'esecuzione della pena inflitta al termine della vicenda giuridica aperta dalla concessione del beneficio e, qualora si avverino una serie di elementi positivi e negativi (decorso del tempo, adempimento degli obblighi eventuali, di cui all'art. 165 cod. pen., mancanza di revoca del beneficio), determina l'estinzione degli effetti penali di cui all'art. 167 cod. pen.

Risulta evidente, dunque, l'estraneità del beneficio della sospensione condizionale alla nozione di pena, in quanto la sospensione condizionale determina una astensione a tempo dall'esecuzione della pena, che è stata già determinata con la sentenza di condanna e di cui, accordando il beneficio, si sospende l'esecuzione, cosicché il riconoscimento del beneficio non incide, immediatamente, sulla pena, potendo eventualmente e successivamente determinarsi gli effetti estintivi di cui all'art. 167 cod. pen. (nel caso di astensione dalla commissione di altri reati nel termine stabilito, cioè al positivo superamento della prova cui il condannato è stato ammesso).

9. Il ricordato arricchimento degli obblighi e delle prescrizioni cui il condannato può (o deve) essere assoggettato non muta la natura e il carattere della sospensione condizionale della pena; questa, infatti, conserva, pur in presenza della imposizione di detti obblighi, il suo carattere esterno alla pena, della quale, pur in presenza di detti obblighi, alcuni da imporre necessariamente per poter accordare il beneficio, continua a sospendere l'esecuzione, presupponendone la già avvenuta e completa determinazione con la sentenza di condanna.

Ne consegue che non può certamente discorrersi di illegalità della pena (che è già stata interamente e definitivamente determinata), con riferimento alla sua sospensione condizionale, che, come evidenziato, determina solo una astensione a tempo dalla sua esecuzione e il possibile verificarsi degli effetti estintivi di cui all'art. 167 cod. pen.

Il carattere afflittivo di alcuni di detti obblighi, che in alcuni casi, come quello di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen, (che rileva nel caso in esame), consistono in un programma di prescrizioni cui il condannato è obbligato se vuole conseguire l'effetto estintivo di cui all'art. 167 cod. pen., non muta la ricordata natura della sospensione condizionale della pena e non consente neppure, come affermato in alcune decisioni (Sez. 6, n. 17119 del 14/3/2019, P., Rv. 275898, cit., e Sez. 4, n. 5064 del 6/11/2018, dep. 2019, PG in proc. Bonomi, Rv. 275118, cit.), di assimilare tali obblighi alle pene, il cui elenco è tassativamente indicato dall'art. 17 cod. pen. e il cui contenuto è, altrettanto tassativamente, disciplinato nei capi II e III del titolo II del libro I del codice penale.

La sola afflittività del contenuto delle prescrizioni o degli obblighi imposti al condannato con la sentenza di condanna con la quale è stato accordato il beneficio della sospensione condizionale non consente di includerli tra le pene, che, come ricordato, sono tassativamente previste dall'art. 17 cod. pen., trattandosi, in realtà, non di sanzioni, ma di comportamenti imposti al condannato in funzione special-preventiva, strumentali al conseguimento del ricordato effetto estintivo (che deriva dalla astensione dalla commissione di altri reati e dall'adempimento di detti obblighi): non si tratta, dunque, di pene, ma di obblighi, tanto che in dottrina si è utilizzata la nozione di sospensione condizionale con obblighi o "con prova", come modello contrapposto a quello della sospensione condizionale semplice, non vincolata all'adempimento di particolari obblighi.

Ne deriva l'estraneità della sospensione condizionale della pena, pur se condizionata a obblighi o prescrizioni, alla nozione di pena, nell'interpretazione che ne è stata costantemente data dalla giurisprudenza di legittimità, alla luce della univoca e tassativa previsione dell'art. 17 cod. pen. e dei principi di legalità e tassatività applicabili al riguardo.

Pur concorrendo alla esecuzione, o eseguibilità, della pena, la sospensione condizionale è accessoria a essa come stabilita con la sentenza di condanna, ne determina solo una temporanea inibizione all'esecuzione e può provocare, in presenza della astensione dalla commissione di ulteriori reati e dell'adempimento degli obblighi, gli effetti estintivi di cui all'art. 167 cod. pen.

Ciò comporta anche l'impossibilità di qualificare "illegale", nel senso elaborato da tempo dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (v. paragrafo 5), una pena di cui sia stata accordata la sospensione condizionale (in difetto dei presupposti di applicabilità di tale istituto) od omettendo le prescrizioni o gli obblighi previsti come necessari, posto che la sospensione condizionale non concorre a definire la nozione di pena e quindi le eventuali violazioni di legge verificatesi nel riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena non ne possono determinare l'illegalità (che sola consente la proposizione del ricorso per cassazione, unitamente agli casi altri previsti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.).

10. Tali conclusioni non mutano neppure considerando quanto previsto nella Decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio U.E., relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, le cui previsioni sono state sottolineate nell'ordinanza di rimessione.

Invero, non incide sulla nozione di pena, ma solo sulle modalità della sua esecuzione e, in particolare, sulla attuazione delle misure di sospensione condizionale della stessa (specie quando a essa si aggiungano obblighi o prescrizioni), quanto esposto al punto 3 del considerando di tale Decisione (necessità di "ulteriori norme comuni, segnatamente qualora una pena non detentiva che comporta la sorveglianza di misure di sospensione condizionale o di sanzioni sostitutive sia stata irrogata nei confronti di una persona che non ha una residenza legale o abituale nello Stato di condanna"), e al punto 8 dei medesimi considerando ("lo scopo del reciproco riconoscimento e della sorveglianza della sospensione condizionale della pena, delle condanne condizionali, sanzioni sostitutive e decisioni di liberazione condizionale è non solo di rafforzare la possibilità del reinserimento sociale della persona condannata, consentendole di mantenere fra l'altro i legami familiari, linguistici e culturali, ma anche di migliorare il controllo del rispetto delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive allo scopo di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e del pubblico in generale").

Anche gli obiettivi (art. 1), le definizioni (art. 2) e il tipo di misure di sospensione condizionale e sanzioni sostitutive (art. 4) indicati nella Decisione risultano pienamente compatibili con le conclusioni raggiunte.

In tutte tali disposizioni, infatti, risultano ben distinte le pene inflitte, la loro sospensione condizionale e le misure a questa accessorie imposte con la sentenza di condanna.

Nella Decisione si chiarisce, inoltre, che per sospensione condizionale della pena deve intendersi una pena detentiva o una misura restrittiva della libertà personale la cui esecuzione è sospesa condizionalmente, in tutto o in parte, al momento della condanna attraverso l'imposizione di una o più misure di sospensione condizionale. Tali misure di sospensione condizionale, tra quelle di cui all'art. 4, possono essere incluse nella sentenza stessa o determinate in una separata decisione di sospensione condizionale presa da un'autorità competente (art. 2, n. 2 della decisione).

Risulta, dunque, chiara, anche in tale Decisione, la distinzione tra la pena e la sua sospensione condizionale, comprese le prescrizioni e gli obblighi che a essa accedono, con la conseguente non riconducibilità, anche in tale prospettiva, delle omesse statuizioni, cui per legge deve essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, alla nozione di pena illegale, quale elaborata dalle Sezioni Unite di questa Corte.

11. La ricordata limitazione dei casi di impugnabilità delle sentenze di applicazione della pena su richiesta stabilita dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. non consente di estendere la nozione di "pena illegale" fino a ricomprendervi anche gli aspetti relativi alla sospensione condizionale della pena, riconosciuta, in conformità all'accordo ma in violazione di legge, perché priva della imposizione di obblighi o prescrizioni previsti come necessari (art. 165, commi 2, 4, 5 e 7, cod. pen.), stante l'evidenziata estraneità della sospensione condizionale alla nozione di pena e la già riconosciuta compatibilità costituzionale di detta limitazione.

Al riguardo Sez. U, Sacchettino, hanno chiarito, ribadendo un principio già affermato (Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, Ricciardi, Rv. 281182 - 01), che "la limitazione della facoltà di ricorso alle sole ipotesi espressamente previste dalla norma trova, infatti, ragionevole giustificazione, nell'ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell'esigenza di limitare il controllo di legittimità alle sole decisioni che contrastano con la volontà espressa dalle parti o che costituiscono disapplicazione dell'assetto normativo disciplinante l'illecito oggetto di cognizione".

Ne consegue che la preclusione alla proponibilità del ricorso per cassazione per questioni relative alla sospensione condizionale della pena, in quanto riconosciuta recependo il concordato di pena ma in violazione di legge, non determinando l'illegalità della pena, non può dirsi in contrasto con l'art. 24, comma 1, Cost. o con l'art. 111, comma 7, Cost.

12. Tale preclusione non contrasta neppure con gli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul del 2011), che, all'art. 16, nel delineare i programmi di intervento di carattere preventivo e di trattamento, stabilisce che "le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale".

Nell'ordinanza di rimessione è stata sottolineata l'ineludibilità della subordinazione della sospensione condizionale della pena, accordata in relazione ai reati di cui all'art. 165, comma quinto cod. pen., alla previa partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati, trattandosi di previsione coerente con gli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa adottata a Istanbul in data 11/05/2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Detta necessaria subordinazione costituirebbe un momento primario e ineludibile dell'assetto normativo, da assicurare anche attraverso la proponibilità del ricorso per cassazione per far valere la sua eventuale violazione, conseguente alla omessa subordinazione del beneficio della sospensione della pena a detti obblighi, con riguardo a tali particolari categorie di reati.

Va, però, osservato che proprio per ottemperare a tale previsione è stato introdotto, con l'art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69, il quinto comma dell'art. 165 cod. pen., che prevede, appunto, in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché di cui agli artt. 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, cod. pen., la necessaria subordinazione della sospensione condizionale della pena concessa in relazione a tali reati alla partecipazione ai suddetti specifici percorsi di recupero.

L'eventuale omissione di tale condizione cui sia subordinata la sospensione condizionale accordata in relazione a pene inflitte per la commissione dei predetti reati può essere fatta valere mediante l'impugnazione secondo le regole generali.

La non proponibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., avverso sentenze di patteggiamento relative alle categorie di reati in precedenza indicati, che non abbiano disposto la obbligatoria subordinazione della sospensione condizionale della pena, non contrasta con le previsioni della Convenzione, che richiede solamente l'adozione di misure volte a incoraggiare l'adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, allo scopo di prevenire nuove violenze. A tale obiettivo l'ordinamento interno ha provveduto mediante l'inserimento del quinto comma dell'art. 165 cod. pen.

Come già evidenziato al par. 11 i limiti di impugnabilità stabiliti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. sono stati più volte ritenuti (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886 - 01, cit., e Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, Ricciardi, Rv. 281182 - 01, cit.) compatibili sia con il diritto, costituzionalmente garantito, dall'art. 24, primo comma, Cost., di agire in giudizio a tutela dei propri diritti, sia con l'art. 111, comma 7, Cost., ed essi non si pongono, per le ragioni anzidette, neppure in contrasto con le previsioni della Convenzione.

Ne consegue che dalla sussistenza di tale obbligo convenzionale, che è stato ottemperato, non possono desumersi ragioni per includere nella nozione di pena illegale le questioni attinenti alla sospensione condizionale.

13. Va, conclusivamente, enunciato il seguente principio di diritto:

"La sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati, non è ricorribile per cassazione, non determinando tale omissione un'ipotesi di illegalità della pena".

14. In applicazione del predetto principio di diritto, nel caso in esame il ricorso del pubblico ministero è inammissibile, in quanto proposto per un motivo non consentito, ovvero fuori dai casi previsti dall'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.

Invero, il ricorrente lamenta l'illegalità della pena concordata e applicata all'imputato, in quanto il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena a favore dell'imputato non è stato subordinato all'obbligo della partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, prescritto dall'art. 165, quinto comma (introdotto dall'art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69), in relazione al reato addebitato all'imputato (artt. 81, secondo comma, 609-bis, terzo comma, 609-ter, secondo comma, e 612, secondo comma, cod. pen.).

Non si versa, però, per le ragioni già esposte, in una ipotesi di pena illegale che consente, ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso il 28 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2024.

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