Maltrattamenti contro familiari o conviventi, atti di violenza in una forma di controllo economico della persona offesa, configurabilità del reato, condizioni

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, Sentenza n.1268 del 14/11/2024 (dep. 13/01/2025)

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Maltrattamenti contro familiari o conviventi, atti di violenza in una forma di controllo economico della persona offesa, configurabilità del reato, condizioni

In tema di delitti contro la famiglia, integra il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi la condotta di chi impedisce alla persona offesa di essere economicamente indipendente, nel caso in cui i comportamenti vessatori siano suscettibili di provocare in quest’ultima un vero e proprio stato di prostrazione psico-fisica e le scelte economiche ed organizzative assunte in seno alla famiglia, in quanto non pienamente condivise, ma unilateralmente imposte, costituiscano il risultato di comprovati atti di violenza o di prevaricazione psicologica. 

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Cassazione penale, sez. VI, sentenza 14/11/2024 (dep. 13/01/2025) n. 1268

RITENUTO IN FATTO


1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino ha con Armato la condanna del Tribunale di Torino nei confronti di Di.Ca. per il delitto di maltrattamenti ai danni della moglie, Lo.Da., aggravato dalla presenza dei figli minorenni, "dal 2000 ad agosto 2019".

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso Di.Ca., artico andò i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari.

2.1. Con il primo deduce vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata fondato la responsabilità del ricorrente sulle sole dichiarazioni della moglie, rimaste prive di riscontri in quanto: Di.Ca. aveva vissuto lunghi periodi all'estero, la persona offesa aveva autonomamente deciso di non lavori re per dedicarsi ai figli contando sul mantenimento del marito, la testimonianza della sorella di Lo.Da. era inficiata da astio e quella della figlia non aveva confermato episodi specifici.

Inoltre, una puntuale lettura delle dichiarazioni della persona offesa, sovrapponibili con quelle rese dall'imputato, avrebbe mostrato l'assenza di volontà vessatoria del marito e di assoggettamento della moglie in quanto costei eri libera nella gestione finanziaria ed economica, propria e dei figli, essendo eme si solo dei litigi familiari. Infatti, le condotte controllanti del Di.Ca. erano iniziata per il sospetto che la donna avesse un'altra relazione.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione del principio del ne bis n idem con riferimento alla condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale spagnolo per due episodi di minacce, del 3 e del 17 novembre 2017, che la Corte di merito ha escluso addebitando alla difesa un onere che non le spettava.

2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in ordine al regime sanzionatorio, in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente applicate quello più grave, previsto dalla legge n. 69 del 2019, nonostante le ultime condotte contestate, a fronte dei 19 anni precedenti, fossero solo due e risalissero al 30 e al 31 agosto 2019, così disattendendo i principi sanciti dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 28218 del 2023.

Peraltro, la querela di Lo.Da. del 29 agosto 2019, ripresa ne la sua testimonianza, non aveva indicato fatti specifici successivi all'entrata in vigore della nuova disciplina, ma aveva menzionato un unico episodio avvenuto nel ricorso di una telefonata del ricorrente al figlio, in cui la madre si era intromessa. Si tratta di condotte disancorate da quelle precedenti, che non possono comportare l'applicazione del regime successivo più severo.

2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in ordine sia alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nonostante la condotta processuale tenuta dal ricorrente - sottopostosi ad esame ammettendo alcune condotte - e la definizione delle questioni patrimoniali con la ex moglie e con i figli; sia al diniego delle sanzioni sostitutive, motivato con formule di stile per i precedenti penali dell'imputato e per un giudizio prognostico negative circa l'osservanza delle prescrizioni, così frustrando la ratio della riforma.

3. Nell'interesse del ricorrente l'Avvocato Luca Tommaso Calatrò ha depositato una memoria, contenente motivi nuovi, in cui si ribadisce come le condotte poste in essere il 30 e il 31 agosto 2019 vadano lette autonomamente rispetto a quelle precedenti, in quanto consumatesi in assenza di convivenza e, dunque, qualificabili ai sensi dell'art. 612-bis cod. pen. Nella memoria si rappresenta, inoltre, che all'epoca dei fatti il figlio della coppia era maggiorenne, così da escludersi l'ipotesi aggravata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

2. In ordine al primo motivo di ricorso, la sentenza di primo grado, integralmente condivisa da quella in questa Sede impugnata, ha evidenziate come dalla credibile e riscontrata testimonianza della persona offesa sia emersa, nei suoi confronti, la realizzazione di condotte violente, sessualmente umilianti, minatorie, controllanti e denigratorie agli occhi dei figli, utilizzati dall'imputato come strumenti di controllo della madre anche all'esito della separazione.

La prima decisione ha inoltre posto in rilievo il fatto che tali condotte si sono sviluppate, in modo continuativo, nell'arco di quasi venti anni (dal 2000 a fine agosto 2019) e che la persona offesa era stata dal Di.Ca. aggredita e minacciata di morte, insieme alla sorella, il 30 e il 31 agosto 2019 (pag. 11-12 e 34 della sentenza di primo grado e pag. 21 della sentenza di secondo grado), nel corso di telefonate registrate dal figlio.

2.1. La testimonianza della persona offesa, per come ulteriormente riscontrata, ha posto un particolare accento anche sulle condotte dell'imputato volte ad ostacolare l'emancipazione economica della moglie, negane ole di intraprendere percorsi formativi e di trovare un'occupazione lavorativa,, dietro l'argomento che fosse meglio che ella rimanesse in casa con i figli, salvo utilizzarla a pieno regime come contabile della sua azienda per un lungo periodo di tempo, senza versarle lo stipendio, né corrisponderle utili.

Inoltre, quando la persona offesa aveva trovato un'occupazione nel settore turistico, affrancandosi dai divieti e dai condizionamenti impostile, l'imputato non le aveva consentito di svolgerla, seguendola, chiamandola incessantemente e intimandole di tornare a casa davanti a colleghe e clienti, così umiliandola.

2.2. La sentenza impugnata, in adesione alla costante giurisprudenza di questa Corte, ha puntualmente individuato i diversi profili (psicologico, sensuale, fisico ed economico) attraverso cui si è connotata nel tempo la condotta tenuta dal ricorrente, correttamente qualificandoli come costitutivi del delitto di cui all'art. 572 cod. pen.

3. Parimenti infondato deve ritenersi il primo motivo, là dove censura la sentenza impugnata nella parte in cui configura come maltrattante la condotta del Di.Ca. in quanto volta ad ostacolare l'autonomia e l'indipendenza economie della moglie, muovendo dall'assunto che la scelta della persona offesa di non svolgere alcuna attività lavorativa fosse libera perché frutto del desiderio di "accudire i figli" e di essere "mantenuta" dal marito.

3.1. Si tratta di una lettura parcellizzata e riduttiva non solo di quanto e emerso dalle richiamate emergenze probatorie, ma anche del percorso evolutivo della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, anche in un'ottica convenzionalmente orientata, ai fini della configurabilità del delitto in esame è necessaria, come più avanti si dirà, la valorizzazione di tutte le componenti in cui può tendenzialmente esprimersi la violenza, incluse quella psicologica ed economica.

La sentenza impugnata, infatti, ha puntualmente riportato e condiviso i contenuti e gli esiti dell'istruttoria dibattimentale, dando conto, sulla base delle deposizioni rese dai figli della coppia, nonché dalla madre e dalle sorelle della persona offesa, del fatto che l'imputato aveva imposto un regime discriminatorio nei confronti della moglie, per il desiderio di costei di iniziare a svolgere attività lavorative di vario genere ed acquisire di conseguenza una propria indipendenza economica.

3.2. Sotto tale profilo, invero, deve rilevarsi come questa Corte abbia affermato che l'impedire alla persona offesa di essere economicamente indipendente costituisce una circostanza tale da integrare una forma di "violenza economica" riconducibile alla fattispecie incriminatrice in esame, quando i correlati comportamenti vessatori siano suscettibili di provocarne un vero e proprio stato di prostrazione psico-fisica e le scelte economiche ed organizzative assunte in seno alla famiglia, in quanto non pienamente condivise da entrambi i coniugi, ma unilateralmente imposte, costituiscano il risultato di comprovati atti di violenza o di prevaricazione psicologica (arg. ex Sez. 6, n. 43960 del 29/09/2015, non mass.).

Nella medesima prospettiva, inoltre, va richiamata, sotto altro ma con lesso profilo, la decisione di questa Corte in ordine alla rilevanza di condotte impositive di forme di "risparmio domestico" quale modalità pervasiva di coartazione e controllo dell'imputato nei confronti della moglie, pur economicamente autonoma, idonea a determinare un sistema di relazioni familiari basato su un regine di controlli inutilmente vessatori e mortificanti (Sez. 6, n. 6937 del 20/10/2022 dep. 2023, F., non mass.).

Gli atti di violenza suscettibili di creare un pregiudizio di tipo economici all'interno delle relazioni familiari sono contemplati, a livello convenzionale e nel sistema normativo euro-unitario, in un quadro di definizioni che, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 10959 del 29/01/2016, "...non compaiono nei tradizionali testi normativi di produzione interna, ma che tuttavia, per il tramite del diritto internazionale, sono entrate a far parte dell'ordinamento e influiscono sulla applicazione del diritto" anche attraverso l'obbligo di interpretazione conforme, "...che impone, ove la norma interna si presti a diverse interpretazioni o abbia margini di incertezza, di scegliere quella che consenta il rispetto degli obblighi internazionali" (v., in motivazione, Sez. U, n. 10959 del 29/01/201:, C., Rv. 265893).

Sotto tale profilo assumono particolare rilievo, al fine di individue re le condotte che, in un contesto discriminatorio, mirano a provocare "una perdita economica" della vittima a causa del suo genere, determinando oggettivamente una condizione di soggezione tale da integrare il delitto di cui all'art. 572 cod. pen., la disposizione prevista dall'art. 3, lett. a), della Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la vie lenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), ratificata senza r serve dall'Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77, e i considerando 17 e 18 della Direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, cui è stata data attuazione nel i ostro ordinamento con il D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212.

L'art. 3, lett. a), della Convenzione di Istanbul stabilisce che "con l'espressione "violenza nei confronti delle donne" si intende designato una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano c sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata".

I Considerando 17 e 18 della Direttiva 2012/29/UE deferiscono rispettivamente i concetti di "violenza di genere" e di violenza nelle "relazioni strette", ciascuna delle quali possono provocare danni di natura economica alla vittima.

Considerando 17: "Per violenza di genere s'intende la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico, o una perdita economica alla vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vita ma e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l'aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme di pratiche dannose, quali i matrimoni forzati la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti "reati d'onore". Le donne vittime della violenza di genere e i loro figli hanno spesso bisogno di un'assistenza e protezione speciali a motivo dell'elevato rischio di vittimizzazione secondala e ripetuta, di intimidazione e di ritorsioni connesso a tale violenza."

Considerando 18: "La violenza nelle relazioni strette è quella commessa da una persona che è l'attuale o l'ex coniuge o partner della vittima ovvero ca un altro membro della sua famiglia, a prescindere dal fatto che l'autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima. Questo tipo di violenza potrebbe includere la violenza fisica, sessuale, psicologica o economica e provocare un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche. La violenza nelle relazioni strette è un problema sociale serio e spesso nascosto, in grado di causate un trauma fisico e psicologico sistematico dalle gravi conseguenze in quanto l'attore del reato è una persona di cui la vittima dovrebbe potersi fidare. Le vittime di violenza nell'ambito di relazioni strette possono pertanto aver bisogno di speciali misure di protezione. Le donne sono colpite in modo sproporzionato da questi "tipo di violenza e la loro situazione può essere peggiore in caso di dipendenza dall'autore del reato sotto il profilo economico, sociale o del diritto di soggiorno."

Deve altresì rilevarsi che, con la adozione della recente direttive UE 2024/1385 del 14 maggio 2024, "sulla lotta alla violenza contro le donne: alla violenza domestica", che dovrà essere attuata entro il 14 giugno 2007, il legislatore europeo ha fatto espressamente riferimento alla possibile rilevar la di forme di controllo economico, nel più ampio quadro delle condotte di violenza domestica.

Nel considerando 32, infatti, si valorizza, ai fini delle valutazioni sulla concessione del patrocinio a spese dello Stato in favore delle vittime che denunciano reati, la circostanza che "La violenza domestica può tradursi n un controllo economico da parte dell'autore del reato, e le vittime potrebbero non avere un accesso effettivo alle proprie risorse finanziarie".

Nel considerando 39, inoltre, si afferma che, nel valutare le situazioni che richiedono una particolare attenzione alle esigenze di protezione e assistenza in favore della vittima, dovrebbe essere preso in considerazione, fra l'altro, "...il grado di controllo esercitato dall'autore del reato o dall'indagato sulla vittima, sia dal punto di vista psicologico che economico".

3.3. Ne consegue che le condotte dell'imputato volte ad osteggiare la coniuge nella ricerca di un'attività lavorativa - sottoponendola peraltro ad un controllo degli spostamenti attraverso l'installazione di una telecamera sul perimetro esterno dell'abitazione - e a non consentirle di coltivare e sviluppare un quadro di relazioni con persone esterne alla famiglia; ad imporle un ruolo casalingo sulla base di una rigorosa e discriminatoria ripartizione di ruoli; a sottrarsi alla gestione domenica e familiare delegandone interamente le incombenze alla coniuge, così da non consentirle altra soluzione che quella di abbandonare le proprie ambizioni professionali ed essere da lui "mantenuta"; a non remunerare le attività svolte nell'interesse dell'azienda familiare, con il proprio arricchimento (si vedano le "agg„ 4, 5 e 7 della sentenza), costituiscono tutti comportamenti che, per quanto analiticamente e globalmente apprezzati dai Giudici di merito nel caso in esame, sono obiettivamente finalizzati alla limitazione dell'autonomia economica della persona offesa.

Da un quadro fattuale così delineato emerge l'imposizione di un sistema di potere asimmetrico all'interno del nucleo familiare, di cui la componente economico-patrimoniale rappresenta un profilo di particolare rilievo, perché costituisce oggetto di una decisione unilateralmente assunta dall'imputato, anche attraverso il ricorso a forme manipolatone e pressioni psicologiche sulla persona offesa, tali da incidere sulla sua autonomia, sulla sua dignità umana e sulle sua integrità fisica e morale, quali beni giuridici tutelati dall'art. 572 cod. pen. (tra le tante Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, Rv. 285273; Sez. 6, n. 918: del 15/09/2022, dep. 2023, C., non mass.; Sez. 6, n. 30340 del 08/07/2022, S. non mass.; Sez. 6, n. 29542 del 18/09/2020, G., Rv. 279688; Sez. 6, n. 262 ii del 12/01/2016, G., Rv. 266243).

3.4. La sentenza impugnata, inoltre, nel condividere le risultanze d'arte dall'approfondita istruttoria svolta dal Tribunale di Torino, ha reso una motiva: ione adeguata e conforme al quadro dei principi stabiliti da questa Corte, escludendo che nella specie fossero ravvisabili mere liti familiari, come invece sostenuti nel ricorso.

La gravità delle condotte maltrattanti poste in essere dall'imputato, originate spesso dal desiderio della persona offesa di lavorare, o comunque dalla trasgressione ai divieti da lui imposti, risulta congruamente argomentata sulla base delle convergenti risultanze probatorie acquisite in dibattimento, motivatamente ritenute sintomatiche della costante paura provata sia dai figli, che si nascondevano al suo arrivo a casa, sia dalla donna nel denunciarlo.

In tal senso, invero, questa Corte ha affermato che la confusione tra maltrattamenti e liti familiari avviene quando non si esaminano e, dunque, non vengono adeguatamente valorizzate le situazioni sintomatiche della asimmetria di genere che talora connota l'andamento delle relazioni familiari, di cui la presenza di un comportamento violento costituisce la modalità più visibile (v. in motivazione, Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, Rv. 285273; Sez. 6, n, 2693' del 12/03/2024).

4. Parimenti infondate devono ritenersi le censure volte a sostenere eh e la testimonianza della persona offesa fosse rimasta priva di riscontri.

4.1. Secondo l'ormai consolidato orientamento di questa Corte il giudice può trarre il proprio convincimento, in ordine alla responsabilità penale dell'imputato e alla ricostruzione del fatto, anche sulla base delle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che siano sottoposte a vaglio positivo la sua credibilità soggettiva e l'attendibilità intrinseca del suo racconto, in forza di idonea motivazione, senza la necessità di riscontri esterni (ex multis Sez. U, n. 4146 . del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214; Sez. 6, n. 37978 del 03/07/2023, Rv. 285 "73; Sez. 6, n. 39578 del 04/10/2022, V.; Sez. 3, n. 6710 del 18/12/2020, n. 8342, Rv. 281005).

Le dichiarazioni dei figli e dei parenti stretti (madre e sorelle) della per sona offesa, pur non necessarie in ragione del motivato apprezzamento di meri o in ordine alla sua credibilità ed attendibilità - sì come ampiamente valutata dalle conformi decisioni di merito -, sono state correttamente individuate quale riscontro della sua narrazione, in quanto contraddistinte da contenuti pienamente convergenti rispetto ai fatti riferiti, idonei soprattutto ad inquadrare e descrivere il contesto fattuale di tipo violento e discriminatorio che l'imputato ha imposto all'intero nucleo familiare con una serie di condotte vessatorie sistematicamente reiterate nel tempo.

A ciò devono aggiungersi le registrazioni, la sentenza di condanna del Di.Ca. da parte del Tribunale spagnolo per minacce ai danni della moglie nel 2017, oltre che le parziali ammissioni, pur ridimensionanti, rese dallo stesso imputato.

4.2. La Corte di appello, inoltre, ha correttamente escluso la configurabilità della violazione del bis in idem con riferimento alla condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale spagnolo per due episodi di minacce avvenute il 3 e il 17 novembre 2017 a fronte di un delitto abituale, contestato in questa Sede, che si estenda sino

a ricomprendere circa venti anni di atti di maltrattamento ai danni della moglie e dei figli.

5. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

5.1. I Giudici di merito hanno correttamente collocato tutte le condotte contestate all'imputato nell'ambito di un unico e strutturato rapporto maltrattante dipanatosi, senza soluzione di continuità, nel corso degli anni e mai cessato, attesa l'abitualità del delitto.

Ne consegue che i fatti avvenuti il 30 e il 31 agosto 2019 sono stati correttamente collocati dalle conformi sentenze di merito in linea di continuità, attesi il contesto e le modalità di commissione, con quelli precedenti, di cui hanno costituito il conseguenziale epilogo fattuale, con la doverosa applicazione della sanzione più grave prevista dalla legge n. 69 del 2019, entrata in vigore il 9 agosto 2019.

5.2. Pur dandosi atto dell'isolato precedente difforme citato dal ricorso (Sez. 6, n. 28218 del 24/01/2023, S., Rv. n. 284788), questo Collegio aderisce all'orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte secondo cui "Il delitto di maltrattamenti in famiglia si consuma con la cessazione dell'abitualità delle condotte vessatorie, sicché, qualora la condotta si sia tratta successivamente all'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69, si applica il regime sanzionatorio più sfavorevole previsto da quest'ultima normativa, a prescindere dal numero di episodi commessi durante la sua vigenza e senza la necessità che gli stessi integrino, di per sé soli, l'abitualità del reato." (Sez. 6 n. 23204 del 12/03/2024, G., Rv. 286616; in senso conforme Sez. 5, n. 34; 7 del 19/10/2023, dep. 2024, C., Rv. 285848; Sez. 6, n. 29928 del 23/05/2021, Z.; Sez. 6, n. 21998 del 5/5/2023, P., Rv. 285118).

5.3. L'accertamento che l'episodio successivo esprima o meno continui a con il disvalore della condotta tipica pregressa è particolarmente agevole proprio nei reati di violenza domestica ai danni delle donne, come quello in esame, in quanto l'assunzione di un'abitudine relazionale in senso gerarchico ed impositivo dell'autore si rivolge sempre e solo nei confronti della stessa partner, cosicché il mero decorso del tempo, anche protratto, non assume di per sé valenza diri mente per escludere la continuità tra la singola condotta successiva e quelle precedenti, cui essa si lega inscindibilmente anche sotto il profilo psicologico.

Alla stregua di tali rilievi è di tutta evidenza che la prospettiva esegetici deve concentrarsi sulla specifica dinamica della abitualità delle condotte poste in !5sere nei confronti della donna in ambito familiare e deve essere volta ad accertale; se il singolo atto o fatto sia riproduttivo delle modalità cicliche di prevaricazione e controllo che caratterizzano la serie degli atti di maltrattamento commessi i suoi danni. La lettura non frazionata del tempus commissi delicti rispetta la struttura del reato, lo colloca nella dimensione interpretativa richiesta anche dalle Corti sovranazionali e consente di verificare nella capacità lesiva di ogni ulteriore atto la rinnovazione e l'aggravamento dell'offesa prodotta dalla non interrotta corrotta antigiuridica incidente su diritti umani inalienabili. (Sez. 6, n. z 3204 del 12/03/2024, G., cit.).

5.4. Deve altresì ribadirsi che f allorquando le azioni vessatorie, fi; che, economiche o psicologiche poste in essere nei confronti del coniuge, siano sorte nell'ambito domestico e proseguano nonostante la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare/si configura il solo reato di maltrattamenti, in quanto con il matrimonio o con l'unione civile la persona resta comunque "fami lare", presupposto applicativo dell'art. 572 cod. pen. (Sez. 6, n. 46797 del 18/10/"023, Rv. 285542; Sez. 6, n. 45400 del 30/09/2022, Rv.284020; Sez. 6, n. 2321 4 del 12/03/2024, G).

La separazione, infatti, da un lato è una condizione che incide so tanto sull'assetto concreto delle condizioni di vita, ma non sullo status acquisito; dall'altro dispensa dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lascia integri quelli discendenti dall'art. 143, comma 2, cod. civ. (reciproco rispetto, assistenza morale e materiale oltre che di collaborazione), cosicché il coniuge separato resta "persona della famiglia" come, peraltro, si evince anche dalla lettura dell'art. 570 cod. pen.

Si tratta di un'interpretazione pienamente in linea con la sentenza citata dal ricorrente nei motivi nuovi (Sez. 6, n. 9187 del 15/09/2022, dep. 2023, C., che, diversamente dal caso in esame, riguardava peraltro condotte persecutorie poste in essere a seguito della cessazione della convivenza tra autore e persone offesa e non in costanza di separazione coniugale.

6. Il motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio è genericamente formulato.

La Corte di merito, con argomenti non illogici e motivando in modo pi. rituale l'esercizio della propria discrezionalità, ha escluso l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, valorizzando "il notevole disvalore e gravità delle condotte" poste in essere nell'arco di quasi venti anni alla presenza e ai danni dei figli minorenni; ha inoltre coerentemente respinto l'applicazione delle sanzioni sostitutive in ragione dei gravi e specifici precedenti penali a carico dell'imputato, apprezzando al riguardo anche la mancata presa di coscienza delle violenze commesse.

Si tratta di argomenti con i quali il ricorso non si è in alcun modo misurato, valorizzando questioni patrimoniali prive di rilievo e senza indicare a quale sanzione sostitutiva intendesse accedere tra quelle indicate dall'art. 20-bis cod. pen.

7. Alla stregua degli argomenti esposti il ricorso deve essere rigettati e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 14 novembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2025.

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