Persona sottoposta alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, autorizzazione all'allontanamento per esigenze di lavoro, condizioni

Corte di Cassazione, sez. I Penale, Sentenza n.2646 del 14/01/2025 (dep. 22/01/2025)

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Persona sottoposta alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, autorizzazione all'allontanamento per esigenze di lavoro, condizioni

In tema di misure di prevenzione, alla persona sottoposta alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato comune può essere concessa l'autorizzazione ad allontanarsene anche per esigenze di lavoro, ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, sempre che sussistano gravi e comprovati motivi che rendano assolutamente necessario detto allontanamento.

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Cassazione penale, sez. I, sentenza 14/01/2025 (dep. 22/01/2025) n. 2646

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato, la Corte di appello di Torino ha respinto l'appello, proposto da Br.Ca., avverso i decreti del 12 e 18 giugno 2024 del Tribunale di Torino, sezione Misure di prevenzione, con i quali è stata concessa l'autorizzazione ad allontanarsi dal comune di residenza per ragioni di lavoro, limitatamente al territorio della provincia di Asti, con richiesta di essere autorizzato ad allontanarsi per ragioni lavorative anche oltre la provincia di Asti in ambito regionale (decreto del 12 giugno 2024), nonché è stata rigettata l'istanza di autorizzazione a modificare il movimento nell'ambito della provincia di residenza di Asti, sostituendolo con la possibilità di movimento nella provincia di Alessandria (decreto del 18 giugno 2024).

2. Propone tempestivo ricorso per cassazione il proposto, per il tramite del difensore di fiducia, Avv. F. Rattazzi, denunciando, con un unico motivo, violazione di legge con riferimento agli artt. 11 e 12 D.Lgs. n. 159 del 2011, nonché vizio di motivazione in quanto indicata come apparente.

Al ricorrente è stata applicata la misura di sicurezza della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di dimora, nonché di darsi alla ricerca di un lavoro (nella specie quello della raccolta di materiali ferrosi per conto della cooperativa sociale Pro Service) nella regione Piemonte.

Questi, per poter svolgere l'attività lavorativa, ha chiesto l'autorizzazione ad allontanarsi dal Comune di Asti, onde accedere alle province di Asti, Alessandria, Cuneo e Torino.

Invece, con il primo decreto del 12 giugno 2024, il Tribunale ha autorizzato soltanto l'accesso alla provincia di Asti, respingendo, con il successivo decreto del 18 giugno, anche la richiesta di sostituire Asti con Alessandria.

Si reputa che il decreto sia affetto da vizio di motivazione in quanto apparente e perché sarebbero stati travisati i fatti o, comunque, le effettive richieste difensive posto che Br. non ha chiesto di potersi allontanare dal Comune di dimora per potersi recare in vari comuni della Regione Piemonte, ma soltanto per accedere esclusivamente ai comuni della provincia di Alessandria.

La Corte territoriale assume che l'autorizzazione ad allontanarsi dal comune di dimora, per svolgere l'attività lavorativa, non è un diritto, ma questa agevolazione andrebbe subordinata alla rigorosa dimostrazione di una riduzione della pericolosità e per la ricorrenza di gravi ed eccezionali situazioni.

La difesa indica come non conferente la giurisprudenza richiamata ed evidenzia che il luogo di lavoro è Alessandria.

3. Il Sostituto Procuratore generale, M. Patarnello, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Va premesso che l'art. 11 del D.Lgs. n. 159 del 2011 così recita, per quanto qui dì interesse: "Esecuzione 1. Il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione è comunicato al questore per l'esecuzione. 2. Il provvedimento stesso, su istanza dell'interessato e sentita l'autorità di pubblica sicurezza che lo propose, può essere revocato o modificato dall'organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Il provvedimento può essere altresì modificato, anche per l'applicazione del divieto o dell'obbligo di soggiorno, su richiesta dell'autorità proponente, quando ricorrono gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica o quando la persona sottoposta alla sorveglianza speciale abbia ripetutamente violato gli obblighi inerenti alla misura...(omissis)".

Parimenti, l'art. 12 del D.Lgs. n. 159 del 2011 così è articolato, per quanto qui di interesse: "Autorizzazione ad allontanarsi dal comune di residenza o dimora abituale. 1. Quando ricorrono gravi e comprovati motivi di salute, le persone sottoposte all'obbligo di soggiorno possono essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune di residenza o di dimora abituale, ai fini degli accertamenti sanitari e delle cure indispensabili, allontanandosi per un periodo non superiore ai dieci giorni, oltre al tempo necessario per il viaggio. L'autorizzazione può essere concessa, nel medesimo limite temporale, anche quando ricorrono gravi e comprovati motivi di famiglia che rendano assolutamente necessario ed urgente l'allontanamento dal luogo di soggiorno coatto. 2. La domanda dell'interessato deve essere proposta al presidente del tribunale competente ai sensi dell'articolo 5... (omissis)".

È evidente che mentre la seconda delle indicate ipotesi di cui all'art. 11 cit. è legata a situazioni particolari che possono giustificare un mutamento in peius delle modalità applicative della misura, la prima concerne casi in cui la modifica può essere disposta in melius per l'interessato ovvero in cui è persino possibile la revoca del provvedimento, con effetti ex nunc, in ragione delle variazioni di fatti o situazioni tali da permettere di affermare che la pericolosità sociale del proposto sì sia notevolmente ridotta oppure sia venuta del tutto meno per dati sopravvenuti.

La lettera della legge non impedisce che la revoca possa avvenire anche con effetti ex tunc, laddove sia giustificata da una rivisitazione, alla luce di nuovi dati di conoscenza, della situazione esistente al momento della applicazione della misura, in maniera da consentire di riconoscere una sorta di illegittimità genetica del provvedimento applicativo: in tale caso la revoca svolge una funzione analoga a quella della revisione nell'impugnazione delle sentenze, a conferma del carattere di definitività, sia pur provvisoria ovvero rebus sic stantibus, di quel provvedimento.

Dunque, la revoca o la modifica del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione personale, di cui all'art. 11 cit., hanno carattere di tendenziale definitività, in quanto presuppongono il decorso di un certo lasso dì tempo dall'adozione del provvedimento stesso e l'accertamento del venir meno o dell'essersi modificate le cause che l'avevano determinato: verifica svolta tenendo conto non solo dell'assenza di pregiudizi penali e giudiziari riferibili a fatti successivi al provvedimento applicativo della misura o comunque recenti, ma anche di tutta la condotta della persona (in questo senso, tra le molte, Sez. 1, n. 25850 del 25/03/2011, Pagliara, Rv. 250715); mentre la revoca per difetto genetico dei presupposti di adozione può disporsi in presenza di "elementi nuovi", stante il carattere di rimedio straordinario dell'istituto che non può, pertanto, trasformarsi in un anomalo strumento di impugnazione (tra le altre, Sez. 5, n. 148 del 04/11/2015, dep. 2016, Baratta, Rv. 265922).

Diversa è l'ipotesi disciplinata dal citato art. 12 D.Lgs. n. 159 del 2011, nella quale è previsto che l'interessato non abbia domandato una modifica del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale, bensì una temporanea deroga all'efficacia della prescrizione relativa all'obbligo di non allontanarsi dal luogo di residenza o di dimora abituale, in ragione della rappresentata esigenza di fare fronte a "gravi e comprovati motivi di salute" oppure a "gravi e comprovati motivi di famiglia". In tal caso, dunque, il provvedimento genetico non viene modificato nelle sue statuizioni, perché il proposto è autorizzato solo temporaneamente ad allontanarsi dal luogo di soggiorno coatto.

2. Ciò posto, si osserva che secondo un orientamento interpretativo di questa Corte, l'innanzi richiamato art. 12 contiene una disposizione di stretta interpretazione, dovendo essere letto nel senso che alla persona sottoposta alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato comune possa essere concessa l'autorizzazione ad allontanarsene solo quando ricorrono gravi e comprovati motivi di salute o di famiglia: non potendo trovare applicazione per autorizzare l'allontanamento dal domicilio coatto per altre ragioni, quali possono essere quelle connesse ad esigenze lavorative (tra le altre, Sez. 6, n. 17852 del 27/05/2020, De Lorenzis, Rv. 279028 - 01; Sez. 2, n. 38825 del 28/04/2017, Di Caterino, Rv. 271299).

Della tenuta costituzionale di tale restrittiva impostazione si è già occupata la Consulta che ha dichiarato l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 - bis legge n. 1423 del 1956 che, per le persone sottoposte alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, prevedeva e disciplinava l'autorizzazione a recarsi in un luogo determinato fuori del comune di residenza o di dimora abituale, nei casi di gravi e comprovati motivi di salute, nella parte in cui non prevedeva che la medesima autorizzazione potesse valere anche per l'esercizio di un'attività lavorativa: ciò perché, si è puntualizzato, quell'autorizzazione, derogando in via eccezionale al regime esecutivo della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, garantisce un adeguato contemperamento tra esigenze diverse (la salute, da un lato, e la sicurezza, dall'altro) per mezzo di un'articolata disciplina che prevede limiti temporali della autorizzazione, procedure giudiziarie e adempimenti speciali di pubblica sicurezza, adeguati alla particolarità della situazione. Si è ritenuta non irragionevole la mancata assimilazione delle ragioni di sanità alle ragioni lavorative, poiché le prime, tanto più se gravi (come richiede la norma), sono tali da mettere a repentaglio un bene primario della persona (art. 32 Cost.), che può rischiare di essere pregiudicato una volta per sempre, mentre le seconde - le ragioni lavorative - pur trovando riconoscimento anch'esse sul piano costituzionale (art. 4), possono essere valutate diversamente da quelle sanitarie, alla stregua del bene che è in questione e della rimediabilità, nel caso del lavoro, della perdita che si rendesse necessaria in conseguenza della soggezione alla misura di prevenzione (così C. cost. n. 193 del 1997; in senso conforme v. C. cost. n. 722 del 1988, n. 148 del 1987, n. 74 del 1973 e n. 96 del 1970).

2.1. Nella giurisprudenza di questa Corte si rinvengono, tuttavia, altri precedenti che ammettono la possibilità di una modifica delle prescrizioni della misura di prevenzione per ragioni lavorative (Sez. 1, n. 44152 del 05/11/2003 Rv. 226691; Sez. 1, n. 1121 del 24/04/1989, Rv. 181451; può richiamarsi anche Sez. 1, n. 27576 del 23/06/2010, Rv. 247675: "La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo ritenuto di dovere pervenire, per garantire che non venissero lesi senza ragione diritti fondamentali di pari livello, ad una interpretazione il più possibile lata del rigoroso limite posto dal legislatore alla natura "sanitaria" delle ragioni che legittimano il permesso").

Anche più di recente questa Corte (Sez. 1, n. 23392 del 24/06/2020, Rv. 279439 - 01) ha affermato che, n tema di misure di prevenzione, alla persona sottoposta alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato comune può essere concessa l'autorizzazione ad allontanarsene anche per esigenze di lavoro, ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, sempre che sussistano gravi e comprovati motivi che rendano assolutamente necessario detto allontanamento (il precedente, affermato in tema di competenza, alla luce di tale principio, ha individuato il giudice competente a provvedere in ordine a tale autorizzazione in quello indicato dall'art. 12, comma 2, del citato D.Lgs. e non nell'organo che ha emesso la misura di prevenzione, escludendo che detta autorizzazione possa essere considerata quale modifica della misura ai sensi dell'art. 11 del citato D.Lgs.). Si tratta di precedente richiamato anche da Sez. 1, n. 25797 del 18/05/2022, Rv. 283313 - 01, secondo cui, in tema di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, spetta al Presidente del Tribunale che ha applicato la misura di prevenzione la competenza a provvedere sull'istanza di autorizzazione del prevenuto ad allontanarsi temporaneamente dal luogo di soggiorno coatto, non rilevando l'intervenuto trasferimento di dimora.

Va precisato che, comunque, anche la giurisprudenza che ha dato, nel tempo, alla norma un'interpretazione meno rigida e più ampia, ha precisato che la prescrizione del divieto di soggiorno può essere sì temporaneamente modificata anche per ragioni di famiglia o di lavoro, ma che deve, comunque, trattarsi di ragioni del pari gravi e comprovate, e cioè di contingenti ragioni che rendano assolutamente necessario, pena gravi conseguenze, l'allontanamento della persona sottoposta a misura di prevenzione, con esclusione di un'applicazione indiscriminata al di fuori dei limiti che le sono propri e, quindi, anche nei casi di esigenze, pur legittime, che non abbiano però il carattere di urgenza e gravità previste dalla legge.

Ciò, in quanto, altrimenti, verrebbe totalmente frustrata la necessità di garantire la salvaguardia della sicurezza pubblica e della tutela sociale, propria della misura applicata: ed è a questo principio che può riconnettersi l'esigenza di effettuare verifiche ed approfondimenti sulla natura del lavoro richiesto, sulle implicazioni dello stesso e sulla condizione generale di vita dell'interessato, in uno con la salvaguardia delle necessità sociali.

2.2. In definitiva, una richiesta di spostamento dal domicilio obbligato per ragioni di lavoro deve essere ricondotta all'art. 12 cit., fatti salvi gli accertamenti più rigorosi, non solo sulla necessità reale, ma anche sull'opportunità dello spostamento.

A fronte di tali principi giurisprudenziali, dunque, risulta errato il provvedimento impugnato, nella parte in cui pretende che sia dimostrata una riduzione o diminuzione della pericolosità sociale, presupposto non necessario, per quanto sin qui esposto, con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 12 D.Lgs. n. 159 del 2011.

Tuttavia, la motivazione non è apparente per la parte in cui indica non opportuno autorizzare il cambio di comune (Alessandria al posto di Asti) tenuto conto del concreto atteggiarsi della pericolosità sociale di Br., descritto come responsabile di varie azioni predatorie, attuate in varie località del Nord Italia e ristoranti centro Italia, anche nel territorio in provincia di Alessandria.

Del resto, immune da illogicità manifesta e ineccepibile è la motivazione nella parte in cui esclude che possa trovare accoglimento la richiesta autorizzazione a recarsi nelle diverse province della Regione Piemonte indicate dall'istante, non considerata opportuna per la specifica pericolosità sociale del ricorrente, in quanto modifica che finirebbe per "svuotare" di consistenza la misura di prevenzione in atto (allontanamento per cinque giorni alla settimana per oltre dieci ore al giorno, per raggiungere le province di Asti, Torino, Cuneo, Alessandria).

3. Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 14 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2025.

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