In tema di impugnazioni, il pubblico ministero può proporre appello, e non ricorso per cassazione, avverso la sentenza di proscioglimento relativa a reato punito con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, emessa per effetto della derubricazione del fatto disposta dal giudice di primo grado, a condizione che contesti la diversa qualificazione e richieda il riconoscimento del reato originariamente contestato, non rientrante nella previsione di cui all’art. 593, comma 3, cod. proc. pen.
Cassazione penale, sez. VI, ordinanza 20/11/2024 (dep. 27/01/2025) n. 3066
(Presidente: E. Aprile - Relatore: P. Di Geronimo)
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lagonegro, previa derubricazione del reato di maltrattamenti in quello di minacce e percosse, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Ma.Ma. per difetto di querela. Nella sentenza impugnata, pur dandosi atto che l'imputata aveva assunto atteggiamenti violenti e minacciosi nei confronti degli anziani ospiti della struttura presso la quale svolgeva l'attività di operatore socio sanitario, si riteneva che non fosse ravvisabile l'abitualità della condotta, essendo al più stati individuati singoli episodi, commessi, di volta in volta, ai danni di soggetti diversi; tanto meno si riteneva che la condotta potesse ritenersi sorretta dal dolo richiesto dall'art. 572 cod. pen., difettando la consapevolezza aver creato un clima di sopraffazione ai danni degli anziani ospiti.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Potenza, formulando due motivi di impugnazione e premettendo che, stante la derubricazione in reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa, la sentenza era inappellabile ai sensi dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell'art. 572 cod. pen. avendo il Tribunale erroneamente escluso l'elemento soggettivo del reato, affermando che l'imputata, nell'assumere atteggiamenti aggressivi e di minaccia, non aveva mai agito di iniziativa, ma solo in risposta alle intemperanze e alle manifestazioni riottose dei degenti.
Afferma il ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente giustificato forme di reazione indebita dell'imputata, peraltro poste in essere approfittando della situazione di inferiorità psichica e fisica degli anziani a lei affidati. Invero, per costante giurisprudenza, il reato di maltrattamenti richiede il dolo generico, sicché risulterebbe del tutto irrilevante che l'imputata avesse agito non già al fine di maltrattare gli anziani, ma solo come forma di reazione a situazioni che non riusciva altrimenti a fronteggiare.
2.2. Con il secondo motivo, deduce il vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza ha ritenuto giustificabile la reazione, anche violenta, a comportamenti che, per quanto anomali, erano pur sempre posti in essere da soggetti non pienamente capaci. Ulteriore profilo di contraddittorietà sarebbe ravvisabile nel raffronto tra quanto affermato a p.14, lì dove si riferisce di un generalizzato atteggiamento brusco e irruente dell'imputata nell'approcciarsi agli anziani, mentre nel prosieguo si afferma che le condotte accertate erano del tutto estemporanee.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve preliminarmente rilevarsi che l'esperibilità dell'appello e non del ricorso in cassazione avverso la sentenza impugnata.
2. Il Pubblico Ministero impugnante ha espressamente affrontato la questione relativa al mezzo di impugnazione esperibile, risolvendosi a proporre ricorso per cassazione in applicazione del principio secondo cui è inappellabile la sentenza di condanna alla pena dell'ammenda anche se emessa a seguito di differente qualificazione giuridica del fatto disposta dal giudice di primo grado (Sez. 2, n. 7042 del 12/1/2021, Peci, Rv. 280884; Sez. 1, n. 4504 del 14/1/2022, Mazzi, Rv. 282503).
Nella prospettazione del ricorrente, avendo il Tribunale derubricato il reato di maltrattamenti in famiglia in quelli di percosse e minacce, il primo punito con pena alternativa e il secondo con la sola pena pecuniaria, le fattispecie oggetto di pronuncia rientrano nella previsione di cui all'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. che, nell'attuale formulazione, stabilisce che sono inappellabili le sentenze di proscioglimento per reati (e non più per le sole contravvenzioni) punite con la pena pecuniaria o con pena alternativa (testo modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore a decorrere dal 30 dicembre 2022 e, quindi, in epoca antecedente rispetto alla pronuncia della sentenza impugnata (17 novembre 2023).
3. La tesi secondo cui la derubricazione dell'imputazione, in un reato punito con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, comporterebbe l'inappellabilità della sentenza non è condivisibile.
3.1. Occorre premettere che il precedente giurisprudenziale invocato dal ricorrente attiene ad un'ipotesi diversa, riguardando il caso di sentenza di condanna, ipotesi rispetto alla quale è prevista una diversa disciplina dei casi di impugnazione del Pubblico ministero.
Con riguardo alla sentenza di condanna, infatti, l'interpretazione dell'art. 593 cod. proc. pen. deve tener conto della contrapposizione tra il contenuto del primo e del terzo comma.
Al primo comma, si prevede espressamente che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di condanna che contengano la modifica del titolo di reato, mentre al terzo comma si stabilisce che sono "in ogni caso" inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva.
La disciplina dettata dal primo e dal terzo comma, con esclusivo riferimento alle sentenze di condanna, è stata correttamente letta nel senso che il terzo comma introduce una deroga rispetto al principio dell'appellabilità delle sentenze di condanna con le quali al fatto è stata data una diversa qualificazione giuridica, stabilendosi che - ove si tratti di condanna alla pena pecuniaria o ai lavori sostitutivi - la sentenza è comunque inappellabile, pur se emessa a seguito di derubricazione del fatto (così in motivazione Sez. 2, n. 7042 del 12/1/2021, Peci, cit.).
3.2. Analoghe considerazioni non valgono per l'ipotesi - qual è quella oggetto del presente procedimento - in cui la diversa qualificazione del fatto non ha condotto ad una sentenza di condanna, bensì al proscioglimento dell'imputato.
In relazione alla sentenza di proscioglimento, l'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. si limita a stabilire in via generale che sono inappellabili quelle relative a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena alternativa, senza che sia in alcun caso prevista e disciplinata l'eventualità in cui il proscioglimento, per uno di tali reati, sia conseguito alla diversa qualificazione giuridica del fatto.
3.3. La norma, pertanto, deve essere correttamente letta nel senso che sono inappellabili le sole sentenze di proscioglimento in cui la contestazione originaria aveva ad oggetto reati puniti con pena pecuniaria o alternativa.
Lì dove il proscioglimento deriva dalla derubricazione di un reato più grave e, in relazione al quale, sarebbe stato altrimenti esperibile l'appello, l'impugnazione del pubblico ministero non ha ad oggetto il reato conseguente alla derubricazione, bensì riguarda l'originaria contestazione, nella misura in cui tende alla riforma della sentenza di proscioglimento previo riconoscimento dell'erroneità della diversa qualificazione.
In buona sostanza, quando l'impugnazione del pubblico ministero è diretta a ristabilire l'originaria contestazione, il reato oggetto del ricorso è quello inizialmente ipotizzato e non riconosciuto dal giudice che ha pronunciato il proscioglimento. Del resto, l'impugnazione con la quale si censura la derubricazione ha espressamente ad oggetto non tanto il fatto come diversamente ritenuto, bensì il fatto come originariamente contestato e del quale, si assume, sia stata erroneamente esclusa la configurabilità.
Quanto detto comporta che ove il reato inizialmente ipotizzato rientrava tra quelli rispetto ai quali è ammesso l'appello, ai sensi dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., il regime dell'impugnazione prescinde dall'effetto derivante dalla derubricazione, proprio perché ad essere sub iudice è la dedotta erroneità della qualificazione giuridica in relazione alla quale è stata esercitata l'azione penale e non quella risultante dalla derubricazione compiuta all'esito del giudizio.
Diversamente opinando, si determinerebbe un effetto distorsivo del sistema, posto che, a fronte di una pronuncia che erroneamente derubrichi un reato in relazione al quale sarebbe astrattamente ammissibile l'appello, il Pubblico ministero verrebbe privato del più incisivo mezzo di gravame, potendo ricorrere al solo ricorso per cassazione, nonostante l'oggetto del contendere non concerna, in concreto, un reato punito con la sola pena pecuniaria o alternativa.
3.4. In conclusione, deve affermarsi il principio secondo cui il pubblico ministero può impugnare con l'appello e non con ricorso per cassazione la sentenza di proscioglimento relativa a un reato punito con la sola pena pecuniaria o alternativa, emessa per effetto della derubricazione del fatto disposta dal giudice di primo grado, a condizione che il pubblico ministero contesti la diversa qualificazione e richieda il riconoscimento del reato originariamente contestato, non rientrante nella previsione di cui all'art. 593, comma 3, cod. proc. pen.
4. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso in cassazione proposto dal Pubblico ministero deve essere qualificato come appello, con conseguente trasmissione alla Corte di appello di Potenza competente per il giudizio.
Dispone, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello, dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Potenza per il giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2025.