L'istituto della rimessione in termini per errore scusabile nel processo amministrativo ha carattere eccezionale ed è di stretta interpretazione.
Lo ha ricordato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1410 dell'8 febbraio 2023.
Com'è noto il giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 37 Cpa, "può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto".
Tale rimedio costituisce un istituto di carattere eccezionale, in quanto in deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini di impugnazione. L'istituto è perciò di stretta interpretazione, operante in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, potrebbe comportare un grave vulnus del pari ordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale.
La rimessione in termini per errore scusabile mira dunque a evitare che le intervenute decadenze per decorso dei termini perentori possano danneggiare la parte che vi sia incorsa senza colpa. I presupposti per la sua conccedibilità sono pertanto una situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma, oppure la presenza contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento equivoco, contraddittorio o comunque non lineare dell'amministrazione, idoneo ad ingenerare convincimenti non esatti o, comunque, un errore non imputabile al ricorrente.
Nel processo amministrativo la rimessione in termini per errore scusabile (oggi disciplinata dall'art. 37 c.p.a.) costituisce un istituto di carattere eccezionale, in quanto in deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini di impugnazione; è dunque istituto di stretta interpretazione, operante in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, che esso presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe comportare un grave vulnus del pari ordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale.
La rimessione in termini per errore scusabile mira dunque a evitare che le intervenute decadenze per decorso dei termini perentori possano danneggiare la parte che vi sia incorsa senza colpa: la sua concedibilità presuppone, pertanto, una situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma o, ancora, per contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento equivoco, contraddittorio o comunque non lineare dell'amministrazione, idoneo ad ingenerare convincimenti non esatti o, comunque, un errore non imputabile al ricorrente.
Consiglio di Stato sez. VII, 08/02/2023, (ud. 24/01/2023, dep. 08/02/2023), n.1410
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Valdisotto e la Comunità montana Alta Valtellina (CMAV), con atto notificato il 6 settembre 2022, hanno impugnato la sentenza n. 1806 del 27 luglio 2022 con cui il TAR Lombardia, Sez. I, ha accolto il ricorso proposto da Ca. Ma., in proprio ed in qualità di titolare dell'omonima azienda agricola, per l'annullamento della determinazione dirigenziale n. 209 del 21 maggio 2021 con la quale, all'esito delle operazioni della gara indetta per l'affittanza degli alpeggi di proprietà comunale e del provvedimento di approvazione della graduatoria definitiva, assunto dal responsabile della centrale unica di committenza (CUC) istituita presso CMAV, il Comune aveva provveduto ad aggiudicare l'alpeggio Vallecetta alla società agricola "Gallo Cedrone".
Con atto notificato il 16 settembre 2022 la società "Gallo Cedrone" ha impugnato la stessa sentenza con appello incidentale.
Si è costituito l'appellato Ca. con memoria difensiva con cui, riportandosi alle deduzioni di primo grado e riproponendo i motivi dichiarati assorbiti dal TAR, ha chiesto la reiezione dell'appello principale.
Con ordinanza n. 4737 del 29 settembre 2022 è stata sospesa l'efficacia della sentenza impugnata.
In vista della trattazione del merito le parti costituite hanno depositato memorie conclusive e repliche affidate sostanzialmente alla ripetizione delle difese già rispettivamente articolate. La parte appellante principale ha, altresì, resistito con diffuse argomentazioni anche ai motivi di primo grado riproposti dall'appellata, non esaminati dal TAR.
All'udienza pubblica del 24 gennaio 2023, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Ai fini della completa comprensione della vicenda devono essere tratteggiati in modo puntuale i fatti di causa, come ricavabili dalla documentazione versata in atti e dagli scritti difensivi delle parti.
Con determinazione dirigenziale n. 44/2020, il Comune di Valdisotto deliberava di promuovere una manifestazione di interesse per la concessione in affitto degli alpeggi comunali in scadenza contrattuale, tra cui quello di Vallecetta, oggetto del presente giudizio, sulla scorta delle linee guida dettate in materia dalla regione Lombardia (art. 24 ter della legge regionale n. 31/2008).
La manifestazione di interesse avrebbe dovuto contenere una offerta economica (consistente nel corrispettivo d'affitto in aumento rispetto a quello stabilito a base d'asta) e una proposta di gestione dell'alpeggio, fermo restando il diritto di prelazione degli attuali gestori da esercitarsi secondo la normativa vigente.
La gestione della gara veniva affidata alla centrale unica di committenza istituita presso la CMAV.
Con determinazione dirigenziale n. 193/2020, il Comune, stante la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi pendenti, dettata dal decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, chiedeva alla CUC di rielaborare il bando di gara con riferimento agli anni di affitto e di esperire una nuova procedura in ossequio a quanto previsto nella precedente determinazione n. 44/2020.
In data 17 luglio 2020 la centrale di committenza pubblicava il bando di gara della predetta procedura di evidenza pubblica, per l'affitto di anni 6 relativo alle annualità 2020-2026.
Anche il suddetto bando, nel solco delle linee guida della Regione Lombardia, di cui alla delibera di giunta regionale 4 febbraio 2019 n. XI/2019, richiamato anche il disposto dell'art. 4 bis della legge n. 203/82, prevedeva espressamente, in favore dell'affittuario uscente, il "diritto di prelazione a parità di punteggio tecnico e di punteggio economico".
La società agricola "Gallo Cedrone" presentava la propria proposta per la gestione dell'alpeggio Vallecetta e, all'esito delle operazioni di gara, con provvedimento in data 13 novembre 2020 del responsabile della CUC, veniva dichiarata aggiudicataria provvisoria.
In data 1 gennaio 2021, il sig. Ca. Ma., affittuario uscente del suddetto alpeggio, dichiarava di voler esercitare il diritto di prelazione presentando la propria proposta di gestione dell'alpeggio e formulando un'offerta economica migliorativa; pertanto, con provvedimento del 13 febbraio 2021, prot. 711/2021, veniva approvata la graduatoria definitiva della gara che vedeva il prelazionario Ma. Ca. aggiudicatario dell'alpeggio Vallecetta.
Con provvedimento del 16 febbraio 2021 prot. 776, la CUC (visto il verbale del 16 febbraio 2021, con cui la commissione tecnica di gara aveva rettificato il punteggio di Ca., riducendolo a 47,5) approvava la graduatoria definitiva della gara, nella quale Ca. restava aggiudicatario.
Con istanza in data 4 marzo 2021 la "Gallo Cedrone" contestava, sotto vari profili, gli esiti della gara richiedendo "un secondo esame da parte della Commissione di gara delle proposte presentate riguardanti l'alpeggio Vallecetta".
Contestualmente "Gallo Cedrone" proponeva ricorso dinanzi al TAR Lombardia, iscritto al n. 709/2021 RG, impugnando il provvedimento in data 16 febbraio 2021 prot. 776 con il quale il responsabile della CUC aveva approvato la graduatoria definitiva, in sostituzione del precedente provvedimento di aggiudicazione prot. n. 711 in data 13 febbraio 2021.
In tale giudizio si costituiva Ca. eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e contestando, comunque, il ricorso nel merito.
Con determinazione dirigenziale n. 165 del 28 aprile 2021 il responsabile del servizio gestione del territorio del Comune, rilevato che erano pervenute osservazioni e richieste di revisione dei punteggi assegnati, relativamente ad alcune malghe oggetto di gara (tra cui l'alpeggio Vallecetta), e che la CUC aveva ritenuto di riconvocare la commissione di gara per la valutazione delle stesse, approvava le sole aggiudicazioni degli alpeggi non oggetto delle istanze di riesame, precisando che, dopo le verifiche, si sarebbe provveduto, con apposito separato atto, ad approvare ed aggiudicare definitivamente gli alpeggi restanti, fra cui il Vallecetta.
Nel corso delle suddette verifiche la commissione, avendo rilevato un errore nella valutazione dell'offerta concernente la voce "razze oggetto di tutela", rettificava il punteggio attribuito a Ca. portandolo a 46,5 punti (in tal modo Ca. non era più primo in graduatoria); a seguire, con provvedimento prot. 2284, il responsabile della CUC - previa revoca della graduatoria approvata con il precedente provvedimento prot. n. 776 - approvava la nuova graduatoria definitiva, nella quale l'alpeggio Vallecetta era aggiudicato alla società "Gallo Cedrone", che aveva conseguito per l'offerta tecnica 47,0 punti.
Infine, con determinazione dirigenziale n. 209 del 21 maggio 2021, il Comune, preso atti dei citati provvedimenti, aggiudicava definitivamente a "Gallo Cedrone" l'affittanza dell'alpeggio Vallecetta (e, in data 30 giugno 2021, stipulava il relativo contratto con consegna delle chiavi).
Di conseguenza il giudizio n. 709/2021 RG si concludeva con sentenza n. 1301 del 27 maggio 2021, con cui il TAR Lombardia, Sez. I, preso atto dell'intervenuta aggiudicazione a favore della ricorrente "Gallo Cedrone", dichiarava il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. in data 21 maggio 2021 (R.G. n. 586/2021), Ca. chiedeva al Tribunale civile di Sondrio disporsi la sospensione dell'efficacia della determinazione n. 209/2021 (e del presupposto provvedimento prot. n. 2284 della CUC) e ordinarsi al Comune il rinnovo del contratto di affittanza in suo favore.
Premesso di aver esercitato il diritto di prelazione, di essere risultato aggiudicatario per l'affittanza dell'alpeggio Vallecetta e di essersi visto sottrarre l'aggiudicazione in forza di determinazione n. 209/2021 (adottata all'esito di rivalutazione delle offerte e previa revoca della graduatoria in precedenza approvata), con cui il Comune aveva aggiudicato a "Gallo Cedrone" il suddetto alpeggio, sosteneva che il suddetto atto fosse illegittimo per: erronea attribuzione dei punteggi, omessa considerazione dell'assenza dei requisiti in capo a "Gallo Cedrone", violazione di norme imperative quali quelle sulla prelazione agraria.
Nel corso di tale giudizio il Comune e la CMAV, ritualmente costituiti, eccepivano, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in via preliminare ne eccepivano l'inammissibilità anche perché privo di deduzioni utili ad individuare l'oggetto e i contenuti del futuro giudizio di merito; ne contestavano comunque la fondatezza.
Con ordinanza in data 20 luglio 2021 il Tribunale di Sondrio, (che nel corso del procedimento, come riferisce l'appellato Ca., aveva anche rilevato d'ufficio la competenza della sezione specializzata agraria) in applicazione del principio della ragione più liquida, dichiarava inammissibile il ricorso rilevando che Ca. aveva omesso di indicare la domanda di merito cui la misura cautelare richiesta sarebbe stata funzionale e che l'assenza di tale indicazione aveva ricadute anche in punto di statuizione sulla giurisdizione.
Ca. proponeva un nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c. (depositato in data 26 luglio 2021, R.G. n. 847/2021) dinanzi alla sezione specializzata agraria del Tribunale di Sondrio, prospettando gli stessi vizi già evidenziati nel precedente giudizio. In particolare formulava due motivi: 1) "sulla giurisdizione del tribunale adito e sul diritto di prelazione agraria"; 2) "sulla sussistenza dei presupposti di fumus e periculum".
Quindi chiedeva, in via principale, di ordinare il rilascio immediato dell'alpeggio e dei fabbricati ad esso annessi, previa disapplicazione della determinazione dirigenziale n. 209 del 21 maggio 2021 e del presupposto provvedimento prot. n. 2284/2021 della CUC; in subordine chiedeva l'adozione di ogni altro provvedimento ritenuto idoneo.
Il Comune e "Gallo Cedrone" anche in questo giudizio eccepivano in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice adito e, in subordine, ne deducevano, comunque, l'infondatezza.
Con ordinanza in data 27 ottobre 2021, la sezione specializzata agraria del Tribunale di Sondrio declinava la giurisdizione in favore del giudice amministrativo; quindi, nei termini di rito, Ca. riassumeva il giudizio dinanzi al TAR Lombardia articolando questa volta i seguenti motivi: 1) "violazione di legge e nello specifico del diritto di prelazione agraria e della lex specialis di gara"; 2) "violazione della lex specialis di gara, eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, ingiustizia manifesta"; 3) "erronea attribuzione dei punteggi tecnici alla ricorrente: violazione del diritto di prelazione agraria e violazione della lex specialis di gara; eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità ed illogicità manifesta"; 4) "erronea attribuzione dei punteggi tecnici alla soc agr. gallo cedrone: violazione della lex specialis di gara; eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità ed illogicità manifesta"; 5) "insussistenza dei presupposti di partecipazione alla gara della soc. agr. gallo cedrone: violazione della lex specialis di gara, eccesso di potere per difetto di istruttoria"; 6) "violazione del principio del contraddittorio, violazione del principio di parità di trattamento, eccesso di potere per difetto di istruttoria".
Chiedeva, inoltre, il risarcimento del danno: "sulla quantificazione dei danni economici già arrecati all'az. agricola Ca. Ma. dalle condotte della p.a., nonché sugli ulteriori danni economici imminenti".
Formulava istanza cautelare e concludeva chiedendo:
"- annullare, ai sensi dell'art. 29 c.p.a., gli atti amministrativi impugnati;
- ordinare il subentro del ricorrente nel contratto per l'affittanza dell'alpeggio Vallecetta, ovvero la stipula di nuovo contratto in suo favore;
- condannare le amministrazioni resistenti, ai sensi dell'art. 30 c.p.a., al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale cagionato al ricorrente dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, nella misura che ci si riserva di quantificare all'esito della fase cautelare ed in dipendenza di essa e fermo restando le quantificazioni già operate ed illustrate nel presente atto.
Con vittoria di spese, diritti e onorari di lite".
Nel giudizio così riassunto, il Comune con la CMAV da una parte e la controinteressata "Gallo Cedrone" dall'altra, eccepivano ripetutamente l'irricevibilità del ricorso per l'inutile decorso del termine decadenziale di 60 giorni di cui all'art. 29 c.p.a.; in subordine ne chiedevano il rigetto per infondatezza.
All'udienza cautelare del 1 dicembre 2021, preso atto dell'eccezione di tardività del ricorso sollevata dalle resistenti, Ca. chiedeva di essere rimesso in termini, prospettando alcune circostanze (tra cui l'art. 18 del capitolato) "che avevano causato lo spirare (di soli 6 giorni) del termine decadenziale di cui all'art. 29 cpa fra la prima domanda azionata dinnanzi al Giudice Ordinario e la seconda, esauritasi con la pronuncia di difetto di giurisdizione" (così riferisce Ca. a pag. 6 della memoria di costituzione depositata in questo grado di giudizio, in data 23 settembre 2022, in vista della camera di consiglio).
Il TAR Lombardia, con la sentenza impugnata, ha annullato tale aggiudicazione preliminarmente ritenendo che, pur avendo la Ca. impugnato il provvedimento comunale oltre il termine decadenziale di cui all'art. 29 c.p.a., nel caso di specie sussistessero i presupposti dell'errore scusabile e, dunque, la stessa potesse essere rimessa in termini ex art. 11, comma 5, c.p.a..
Nel merito ha ritenuto fondato il ricorso sia per la violazione della lex specialis, in quanto la "Gallo Cedrone" non ha dimostrato il titolo in base al quale può disporre dei fondi posti sul territorio del Comune di Valdisotto, sia per illegittimo esercizio del potere di annullamento in autotutela, non essendo stato preventivamente attivato il contraddittorio con Ca..
La parte appellante principale affida l'appello, in via preliminare ed assorbente, alla riproposizione dell'eccezione di tardività del ricorso, già formulata in primo grado e disattesa dal TAR, censurando la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti per disporre la rimessione in termini del ricorrente Ca. (I motivo).
Nel merito ha, in subordine, censurato la sentenza nella parte in cui ha accolto due dei motivi del ricorso introduttivo, riproponendo le argomentazioni a sostegno dell'infondatezza dello stesso, già formulate dinanzi al TAR (II e III motivo di appello).
Censure di tenore analogo sono state formulate dalla controinteressata "Gallo Cedrone".
3. Preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile l'appello incidentale.
Invero erroneamente la "Gallo Cedrone" ha qualificato la sua impugnazione come appello incidentale, dal momento che il suo interesse ad impugnare non sorge in dipendenza dell'appello principale ma è omologo a quello dell'amministrazione a vedere annullata la sentenza per gli stessi motivi.
Il suddetto gravame, pertanto, va qualificato come intervento ad adiuvandum che, come tale e quantunque notificato nei termini, è inammissibile atteso che la società è titolare di un interesse diretto ad impugnare la sentenza con cui è stata annullata l'aggiudicazione in suo favore.
Ne discende che l'impugnazione andava introdotta con un autonomo ricorso in appello.
4. Come preannunciato con l'ordinanza cautelare, devono essere esaminati con precedenza i profili di inammissibilità del ricorso introduttivo (poi riassunto), che l'appellante ha, sotto forma di eccezione, proposto in primo grado e, come primo motivo di impugnazione, riproposto in appello.
Dinanzi al TAR sia le amministrazioni sia la controinteressata hanno eccepito l'irricevibilità del ricorso, essendo stato il provvedimento impugnato dopo il decorso del termine perentorio di 60 giorni di cui all'art. 29 c.p.a., senza che sulla tardività possa influire il fatto che il ricorso sia stato proposto in riassunzione a seguito della dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte del giudice ordinario.
4.1. Il TAR ha respinto la suddetta eccezione.
Ha premesso che la rituale riassunzione del giudizio, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza.
Ha dato atto che risulta per tabulas che la determinazione 209 del 21 maggio 2021 è stata contestata davanti al giudice ordinario, nel giudizio cui si riferisce la riassunzione, dopo il decorso del termine perentorio di cui all'art. 29 c.p.a..
Nondimeno il TAR ha ritenuto di poter riconoscere al ricorrente l'errore scusabile, ai sensi dell'art. 11, comma 5, c.p.a., che specifica l'istituto generale di cui al successivo art. 37.
Ha ricordato il primo giudice che il ricorso in esame riassume il giudizio RG 847/2021, radicato dinanzi al Tribunale di Sondrio - sezione specializzata agraria, con un ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato in data 26 luglio 2021, mentre il provvedimento impugnato, adottato in data 21 maggio 2021, è stato conosciuto dal ricorrente proprio il 21 maggio 2021, in conseguenza del deposito eseguito dall'amministrazione nel giudizio pendente dinanzi al TAR iscritto al n. 709/2021 RG.
Sul punto ha però rilevato che il ricorrente ha immediatamente contestato la suddetta determinazione davanti al Tribunale di Sondrio in composizione monocratica, con un ricorso ex art. 700 depositato sempre il 21 maggio 2021, il quale è stato dichiarato inammissibile non per difetto di giurisdizione, bensì per difetto di strumentalità della domanda cautelare.
Secondo il TAR, con tale pronuncia, "il giudice adito per primo non ha ritenuto la causa esclusa dalla propria giurisdizione, anzi l'ha considerata compresa in essa, tanto da dichiararla inammissibile per un profilo che attiene tipicamente al rapporto tra giudizio cautelare e giudizio di merito nell'ambito del processo civile. Si tratta di una circostanza non indifferente e suscettibile di far sorgere nel ricorrente la convinzione dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto, in quanto munito di giurisdizione".
Accanto a tale considerazione di natura processuale, il TAR ha valorizzato un profilo sostanziale, individuato nell'art. 18 del capitolato il quale dispone che "qualunque controversia tra le parti dovrà essere definita dal Tribunale di Sondrio".
Il TAR non ha condiviso la tesi dell'amministrazione sul punto, secondo cui l'art. 18 andrebbe riferito soltanto ai rapporti successivi alla stipulazione della convenzione e quindi alle controversie insorte tra le parti del rapporto sostanziale da essa generato, osservando che "Seppure il capitolato, nella sua accezione tradizionale, integra, a differenza del disciplinare e del bando, un atto diretto a regolare la fase esecutiva del rapporto convenzionale, va osservato che non è questo il contenuto che esso presenta nel caso concreto.
La lex specialis rimette proprio al capitolato l'individuazione dei requisiti di partecipazione alla procedura, oltre che la disciplina delle offerte da presentare, individuando, sul piano economico, il valore minimo dell'affitto e stabilendo, sul piano tecnico, i criteri di valutazione dell'offerta con i relativi punteggi; non solo, l'art. 9 si occupa proprio del diritto di prelazione riconosciuto all'affittuario uscente, prevedendolo e disciplinandolo quanto alle modalità del suo esercizio.
In tale contesto, le "parti" di cui all'art. 18 sono tutti gli operatori cui si riferisce la disciplina del capitolato, ossia tanto i partecipanti alla procedura, quanto i prelazionari.
La posizione di costoro è regolata dal capitolato e in relazione ad essa possono sorgere controversie sia nel corso della gara, sia in caso di esercizio della prelazione o anche in sede esecutiva.
Pertanto, l'art. 18, che rimette al Tribunale di Sondrio qualunque controversia sorta tra le parti, deve essere riferito a tutte le liti che possono coinvolgere i soggetti cui si riferisce la disciplina posta dal capitolato, compresi i concorrenti, aggiudicatari o meno, nonché i prelazionari.
Ne consegue che è proprio la disciplina di gara ad indurre anche i prelazionari a proporre erroneamente ogni tipo di contenzioso dinanzi al giudice ordinario e non al giudice amministrativo, tanto che la ricorrente ha adito per ben due volte il giudice ordinario, dinanzi al quale la proposizione del giudizio non soggiace ai termini perentori tipici del processo amministrativo".
Sulla base di tali argomentazioni il primo giudice ha ritenuto che la violazione del termine di cui all'art. 29 c.p.a., nel caso di specie, "è riconducibile ad un errore scusabile, sia perché indotto dal contenuto della disciplina di gara, sia perché correlato all'orientamento non uniforme assunto dagli organi della giurisdizione ordinaria che sono intervenuti nella presente controversia, prima della dichiarazione di difetto di giurisdizione".
Pertanto ha ritenuto l'impugnazione tempestiva.
4.2. L'appellante con il primo motivo, contesta le conclusioni in rito cui è pervenuta la sentenza impugnata.
In sintesi, premesso che è indubitabile che, al 26 luglio 2021 (data di deposito al Tribunale di Sondrio del ricorso ex art. 700 c.p.c. introduttivo del giudizio R.G. 847/2021), il termine decadenziale previsto per l'impugnazione della determinazione n. 209/2021 era già irrimediabilmente scaduto, come espressamente riconosciuto dal TAR, ritiene che il beneficio dell'errore scusabile, in quanto istituto eccezionale, non potesse essere accordato per i seguenti motivi.
1) Con l'ordinanza depositata il 20 luglio 2021 nell'ambito del giudizio RG 586/2021 (il primo), il Tribunale di Sondrio non si sarebbe limitato a rigettare il ricorso ex art. 700 c.p.c. con la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di strumentalità della domanda cautelare (così implicitamente ritenendo la propria giurisdizione, come affermato dal TAR), ma ha adottato una motivazione dalla quale emergerebbero i dubbi del giudice sulla giurisdizione e l'impossibilità di pronunciarsi sul punto proprio in ragione della mancata specificazione della domanda; la tesi che la pronuncia 20 luglio 2021 del Tribunale di Sondrio possa aver fatto "sorgere nel ricorrente la convinzione dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto, in quanto munito di giurisdizione" (come sostenuto dal TAR) sarebbe pertanto errata.
2) Errato sarebbe anche l'assunto del TAR Lombardia secondo cui il disposto dell'art. 18 del capitolato avrebbe indotto Ca. ("per ben due volte") a "proporre erroneamente il contenzioso dinanzi al giudice ordinario e non al giudice amministrativo", sarebbe smentito dalla documentazione in atti dalla quale risulta che la parte ricorrente in primo grado si è determinata ad invocare l'errore scusabile, solo e per la prima volta, all'udienza camerale del 1 dicembre 2021, quindi solo dopo aver avuto contezza dell'eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla resistente;
Inoltre, laddove dispone che "qualunque controversia tra le parti dovrà essere definita dal Tribunale di Sondrio", l'art. 18 del capitolato non si riferirebbe indistintamente ai partecipanti alla gara e agli eventuali prelazionari ma unicamente all'aggiudicatario.
Pertanto ritiene errata la valutazione del TAR sulla presunta attitudine dell'art. 18 del capitolato ad indurre in errore, per di più per ben due volte, anche tenuto conto che Ca. non avrebbe fornito alcuna prova sul punto.
Evidenzia l'appellante che nell'atto di costituzione, depositato in data 29 aprile 2021 nel giudizio dinanzi al TAR Lombardia n. 709/2021 RG, promosso dalla "Gallo Cedrone", Ca. aveva eccepito in via pregiudiziale "l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione" sostenendo che ogni azione volta a contestare il legittimo esercizio del diritto di prelazione, sarebbe rientrata nella giurisdizione del giudice ordinario, configurandosi la prelazione legale come "un diritto soggettivo potestativo non suscettibile di essere degradato o affievolito da provvedimenti amministrativi".
Fa rilevare che tale tesi, sostanzialmente disattesa dal TAR che, infatti, si è pronunciato con la sentenza n. 1301 del 26 maggio 2021 (e nonostante le ripetute eccezioni dell'amministrazione secondo cui nel caso di specie non si fosse in presenza di violazioni di norme imperative sulla prelazione, ma si discutesse della illegittimità di atti amministrativi), è stata pervicacemente riproposta da Ca.:
- nel giudizio ex art. 700 c.p.c. 586/2021 RG (il primo) e nel successivo reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. introduttivo del giudizio 889/2021 RG (doc. 35 fasc. I grado);
- nel nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c. introduttivo del giudizio 847/2021 RG (il secondo) promosso in data 26 luglio 2021 avanti alla Sezione specializzata agraria del Tribunale di Sondrio (doc. 37 fasc. I grado).
Sostiene l'appellante che Ca., lungi dall'essere stato indotto in errore "scusabile" dalla disciplina di gara, in realtà intenzionalmente (e convintamente) avrebbe scelto di non rivolgersi al giudice amministrativo, ignorando le ripetute eccezioni sollevate, basandosi sull'errata interpretazione di alcune pronunce della Corte di cassazione che, infatti, ha sempre richiamato (per tutte: Cass., Sez. Un. 2 maggio 2019, n. 11582).
A riprova del fatto che, in nessuno dei molteplici precedenti giudizi promossi, Ca. abbia mai anche solo adombrato l'ipotesi di essersi rivolto al Giudice ordinario in forza di quanto previsto dall'art. 18 del capitolato, l'appellante richiama i verbali delle udienze tenutesi avanti al Tribunale di Sondrio in data 13 luglio 2021, 23 settembre 2021 e 21 ottobre 2021, nonché le "note a verbale" che, ad ognuna di dette udienze, lo stesso ha versato in atti (docc. 41, 42, 43, 44, 45 fasc. I grado) dai quali risulterebbe come Ca. abbia sempre "autonomamente" insistito nel sostenere la fondatezza delle proprie argomentazioni difensive, essenzialmente incentrate, come visto, sull'erronea applicazione al caso di specie dei principi affermati dalla pronunzia 2 maggio 2019, n. 11582 delle Sezioni unite della Corte di cassazione. Aggiunge che in tali atti Ca. è arrivato a precisare come, "diversamente opinando", si sarebbe finito per costringere il ricorrente a rivolgersi al TAR Milano che, con la sentenza n. 1258 del 24 maggio 2021, "in una causa avente il medesimo oggetto" aveva "affermato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario" (note a verbale depositate dalla ricorrente in occasione dell'udienza del 13 luglio 2021 - doc. 42 fasc. I grado).
4.3. L'appellato Ca. resiste alle riportate censure e sostiene la correttezza della disposta rimessione in termini.
Preliminarmente ricorda le seguenti circostanze di fatto.
La proposizione del primo ricorso ex art. 700 c.p.c. è stata tempestiva.
Tale procedimento, tuttavia, non si è concluso con una declaratoria di difetto di giurisdizione, ma con una dichiarazione di inammissibilità per difetto di strumentalità della domanda cautelare.
Tale ordinanza è stata assunta il 20 luglio 2021 (circa due mesi dopo l'instaurazione del procedimento e nonostante le avanzate istanze di anticipazione udienza).
Solo 6 giorni dopo l'emissione della ordinanza citata, il 26 luglio 2021, Ca. ha riproposto l'azione cautelare ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Sondrio, questa volta alla sezione specializzata agraria.
Detto procedimento si è concluso con la dichiarazione di difetto di giurisdizione che ha dato origine alla riassunzione dinnanzi al TAR, esauritasi con l'impugnata sentenza.
Fra il primo ed il secondo procedimento cautelare promossi dinnanzi al Tribunale ordinario è spirato (di 6 giorni) il termine decadenziale di cui all'art. 29 c.p.a..
Premesso che "L'intervenuta stipula del contratto imponeva al ricorrente di contestarne la validità in sede di merito e pertanto di individuare la competenza, anche per la domanda cautelare, e sempre nella convinzione della sussistenza della giurisdizione del g.o., del giudice agrario specializzato, che è stata riconosciuta dalla Giurisprudenza quando (e solo quando) la domanda di prelazione e di riscatto sia in rapporto di connessione con altra domanda appartenente alla competenza per materia delle sezioni specializzate (per tutte Cass., 10.12.1987, n. 9158)" (pag. 8 della memoria del 23 settembre 2022, in nota), Ca. osserva quanto di seguito si sintetizza.
Andrebbero considerato tre circostanze, a suo dire dirimenti ai fini del riconoscimento dell'errore scusabile e della conseguente rimessione in termini del ricorrente in riassunzione:
1) nel primo giudizio civile (Tribunale di Sondrio, R.G. 586/2021) il decreto di fissazione di udienza (provvedimento del 27 maggio 2021) ha sollevato questione di competenza della sezione specializzata agraria e non di giurisdizione, sicché in quella sede il ricorrente non poteva che essersi convinto dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto; convinzione rafforzata anche dal fatto che dinanzi alla medesima sezione specializzata agraria del Tribunale di Sondrio pendeva tra altre parti analogo ricorso (R.G. 418/2021), relativo ad una situazione pressoché sovrapponibile nell'ambito del quale, non solo non è stata sollevata alcuna questione di giurisdizione ma il ricorrente (anch'esso prelazionario) ha ottenuto il provvedimento cautelare il 17 giugno 2021 e, poi, la sentenza di accoglimento n. 338 del 27 settembre 2021;
2) il primo procedimento civile azionato si è esaurito in tempistiche, indipendenti dalla volontà ed iniziativa del ricorrente, che ha peraltro più volte proposto domanda di anticipazione udienza, e il successivo ed ulteriore procedimento cautelare è stato incardinato solamente 6 giorni dopo l'ordinanza di inammissibilità; sicché lo spirare del termine decadenziale sarebbe intervenuto senza alcuna sua colpa;
3) infine, l'art. 18 del capitolato di gara disponeva che "qualunque controversia tra le parti dovrà essere definita dal Tribunale di Sondrio", norma riferibile, a suo dire, non solo alla fase contrattuale, ma anche alla procedura di gara.
5. Tali essendo le posizioni delle parti, l'appello è fondato sulla dirimente considerazione della insussistenza dei presupposti per disporre la rimessione in termini.
È pacifico (nessuno lo contesta e il TAR lo dà per accertato), che il secondo ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto avverso la determinazione dirigenziale n. 209 del 21 maggio 2021, sia stato incardinato (in data 26 luglio 2021) dopo lo spirare del termine decadenziale di legge di cui all'art. 29 c.p.a..
5.1. Ciò posto il TAR ha ravvisato la scusabilità dell'errore nell'art. 18 del capitolato, la terza delle circostanze rappresentate dal ricorrente in primo grado.
Sul punto le argomentazioni del TAR non appaiono condivisibili.
Il capitolato, infatti, dopo i primi due articoli che individuano gli alpeggi posti a gara, prosegue con articoli che si riferiscono allo svolgimento della procedura, che vanno dal n. 4 al n. 8, il quale ultimo si conclude con le regole riguardanti la sottoscrizione del contratto.
Segue l'art. 9 che prevede il diritto di prelazione per l'affittuario uscente e ne disciplina le modalità di esercizio, specificando i criteri di valutazione della proposta: quindi riguarda il solo prelazionario.
Infine prosegue con gli artt. da 10 a 17 che disciplinano il rapporto contrattuale di affittanza.
Segue l'art. 18, composto di un solo rigo, che recita: "Qualunque controversia tra le parti dovrà essere definita dal Tribunale di Sondrio".
Prosegue con l'art. 19 che disciplina le conseguenze dell'inadempimento dell'affittuario: "L'inadempimento alle norme ed alle prescrizioni oggetto del presente capitolato comporterà, in caso di gravità dell'inadempimento medesimo, la risoluzione del contratto oppure determinerà, nei casi meno gravi, l'insorgenza del diritto del Comune a richiedere il risarcimento del danno. L'affittuario assume ogni responsabilità verso i terzi, proprietari del bestiame e confinanti con l'alpe comunale".
Il capitolato si chiude con l'art. 20, che reca la disciplina applicabile in caso di morte dell'affittuario: "In caso di morte dell'affittuario, subentro nell'azienda agricola e/o modifica soggettiva dei componenti o di anagrafica della stessa è ammesso il subentro nel contratto di affittanza da parte dei successori dell'affittuario medesimo a condizione che costoro siano provvisti di tutti i requisiti di cui agli artt. 5 e 6 del presente capitolato e che venga dagli stessi garantito il pieno rispetto degli impegni gestionali assunti con l'offerta proposta dal loro dante causa".
Osserva il Collegio che, dalla descritta struttura tripartita del capitolato non possono sorgere dubbi sul fatto che: a) le regole procedurali dettate fino all'art. 8 riguardino tutti i concorrenti; b) l'art. 9 riguardi il solo prelazionario; c) gli artt. da 10 a 20 riguardino soltanto la figura dell'affittuario (che può essere anche il prelazionario) che sia diventato tale a seguito dell'aggiudicazione.
Tale ultimo gruppo di norme disciplina dunque la fase esecutiva del rapporto e la collocazione topografica del più volte citato art. 18 all'interno di tale gruppo di articoli non può far sorgere dubbi sul fatto che la competenza del giudice ordinario, individuato nel Tribunale di Sondrio, si radichi solo per le controversie che attengano alla fase contrattuale.
A parere del Collegio, dunque, il suddetto art. 18 non è idoneo ad indurre in errore "scusabile" ai sensi dell'art. 37 c.p.a..
5.2. La sentenza impugnata si sofferma su un altro profilo dal quale desume la scusabilità dell'errore, ossia l'ordinanza del Tribunale di Sondrio n. 576 del 20 luglio 2021 resa nel primo procedimento ex art. 700 c.p.c. (R.G. 586/2021).
Come le parti e la sentenza ricordano, l'ordinanza ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per difetto del requisito della strumentalità.
Da ciò il primo giudice ha desunto che ciò abbia fatto "sorgere nel ricorrente la convinzione dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto, in quanto munito di giurisdizione".
Nel corso del giudizio era stato instaurato "il contraddittorio anche quanto alla preliminare questione di giurisdizione-competenza" e le parti costituite avevano eccepito il difetto di giurisdizione.
Nell'ordinanza il Tribunale, dopo essersi soffermato a motivare le ragioni del difetto del requisito di strumentalità, in realtà ha affermato: "Nel caso di specie, la sussistenza del requisito della strumentalità non può desumersi dal ricorso, non essendo state indicate le conclusioni della futura causa di merito né potendo essere chiaramente dedotte dal tenore del ricorso stesso. Sul punto giova solo osservare che il ricorso richiama del tutto genericamente e in assenza di rifrementi al caso di specie la prelazione agraria, salvo poi sviluppare argomentazioni più specifiche con esclusivo riferimento all'illegittimità degli atti amministrativi con i quali il Comune di Valdisotto e la CUC a definizione della Gara ad evidenza pubblica all'uopo indetta hanno individuato il contraente cui aggiudicare l'affitto dell'Alpeggio in questione. Considerata quindi la contraddittorietà delle allegazioni in atti, con inevitabile riverbero anche in punto di giurisdizione, non è stato in alcun modo possibile desumere univocamente la tutela di merito che il ricorrente avrebbe voluto invocare".
Quindi il Tribunale ha concluso: "Pertanto, tenuto conto dei rilievi che precedono, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile, senza che sia necessario esaminare le altre eccezioni proposte dai resistenti, in applicazione del principio della ragione più liquida o assorbente, che consente di accogliere o rigettare la domanda sulla base della motivazione che prima delle altre conduce alla soluzione, che è applicabile anche alle questioni pregiudiziali e preliminari ("Il principio della "ragione più liquida", imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, di cui all'art. 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall'art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione - anche se logicamente subordinata - senza che sia necessario esaminare previamente le altre" Cass. Sez. 6 - L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014; "In applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. - deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale." Cass. Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014)".
Osserva il Collegio che dalla lettura integrale dell'ordinanza emerge chiaramente il dubbio nutrito dal giudice sulla giurisdizione e la contestuale difficoltà di adottare una statuizione su tale questione pregiudiziale, proprio a causa della mancata indicazione, in ricorso, delle conclusioni della futura causa di merito e della impossibilità di desumerle dal contraddittorio tenore del ricorso stesso "con inevitabile riverbero anche in punto di giurisdizione, non è stato in alcun modo possibile desumere univocamente la tutela di merito che il ricorrente avrebbe voluto invocare".
La statuizione dell'inammissibilità per difetto di strumentalità è spiegata con il principio della ragione più liquida, applicato nel solco della giurisprudenza della Cassazione secondo cui "la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione - anche se logicamente subordinata - senza che sia necessario esaminare previamente le altre" ritenendosi "consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale".
Osserva il Collegio che il dubbio sulla giurisdizione risulta chiaramente inoculato non soltanto dall'espressa eccezione delle parti resistenti ma anche dal tenore dell'ordinanza, sicché non appare condivisibile l'affermazione del TAR secondo cui "il giudice adito per primo non ha ritenuto la causa esclusa dalla propria giurisdizione, anzi l'ha considerata compresa in essa, tanto da dichiararla inammissibile per un profilo che attiene tipicamente al rapporto tra giudizio cautelare e giudizio di merito nell'ambito del processo civile. Si tratta di una circostanza non indifferente e suscettibile di far sorgere nel ricorrente la convinzione dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto, in quanto munito di giurisdizione".
A parere del Collegio, invece, il tenore dell'ordinanza era già di per sé idoneo a indurre il ricorrente a riflettere sulla giurisdizione, il che porta ulteriormente ad escludere la scusabilità dell'errore.
5.3. Né costituiscono circostanze rilevanti, ai fini della scusabilità dell'errore, le ulteriori pronunce invocate da Ca..
5.3.1. Invero l'ordinanza del 17 giugno 2021 resa nel giudizio R.G. 418/2021 pendente tra altre parti, che Ca. definisce "pressoché sovrapponibile", il petitum e la causa petendi sono così testualmente descritti dal medesimo giudice relatore: "che il ricorrente presentava pertanto la propria offerta arrivando secondo in graduatoria e confermava al Consorzio, quale affittuario uscente, la volontà di esercitare la prelazione prevista ai sensi dell'art. 4 bis L. 203/1982 e richiedeva pertanto, senza esito, di conoscere le condizioni del provvisorio aggiudicatario, al fine di poter essere messo nelle condizioni di esercitare tale proprio diritto; che il Consorzio stipulando il contratto con il primo aggiudicatario violava il diritto di prelazione dell'odierno ricorrente. Per queste ragioni domandava in via cautelare e urgente l'immediato rilascio dell'Alpeggio in suo favore e nel merito dichiararsi l'inefficacia del contratto stipulato tra il Consorzio e l'aggiudicatario Kevin Capelli e la costituzione del contratto di affitto in capo al ricorrente".
È evidente come le due fattispecie siano tutt'altro che sovrapponibili.
Nel caso esaminato nell'ordinanza da ultimo citata, all'affittuario uscente era stato impedito di esercitare il diritto di prelazione, quindi correttamente il giudice ha trattenuto la giurisdizione, tanto da poter poi emettere provvedimento favorevole al ricorrente.
Viceversa, nel caso di specie, Ca. ha potuto esercitare il proprio diritto di prelazione: infatti è risultato aggiudicatario in un primo momento salvo, poi, a causa di asserite illegittimità poste in essere negli atti di gara, esserne privato.
La rilevata differenza è confermata dal petitum e dalla causa petendi del ricorso proposto da Ca., che il giudice relatore (lo stesso, come non manca di sottolineare Ca.), così riferisce: "che il ricorrente, in qualità di precedente affittuario, esercitava il diritto di prelazione e, successivamente, risultava aggiudicatario definitivo con un punteggio tecnico di 47,5 punti ed una offerta economica di € 14.000,00; ... che in data 12.05.2021 veniva notificato al ricorrente il Provvedimento Prot. n. 2284/2021 di revoca, nell'esercizio del potere di autotutela demandato alla p.a., della graduatoria che aggiudicava al Sig. Ca. Ma. l'alpeggio "Vallecetta" ...; che detto provvedimento era illegittimo in considerazione dell'erronea attribuzione dei punteggi operata, e dell'insussistenza dei presupposti di partecipazione alla gara della soc. agr. Gallo Cedrone; oltre che adottato in violazione di norme aventi carattere imperativo quali quelle sulla prelazione agraria, ...".
5.3.2. La sentenza n. 1258 del 24 maggio 2021 con cui sempre il TAR Lombardia, in una causa, secondo Ca., "avente il medesimo oggetto", aveva "affermato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario", si è pronunciata su una fattispecie in cui il ricorrente, in qualità di aggiudicatario provvisorio dell'asta pubblica per l'affittanza di un pascolo, ha impugnato la determinazione, con cui non si è dato corso all'aggiudicazione definitiva in suo favore e nel contempo si è aggiudicata l'affittanza dei pascoli all'affittuario uscente a seguito dell'accertamento dell'avvenuto esercizio del diritto di prelazione da parte di quest'ultimo.
In quel caso il TAR ha posto in evidenza che il ricorso era diretto nei confronti dell'aggiudicazione definitiva conseguente all'esercizio del diritto di prelazione agraria, infatti il ricorrente contestava, seppure in modo del tutto generico, la possibilità per l'affittuaria uscente di esercitare il diritto di prelazione agraria nascente dalla legge (L. 203/1982), per cui, afferma il TAR "il "petitum sostanziale" della presente controversia, cui ancorare la giurisdizione, si risolve nella contestazione di un diritto soggettivo assoluto, non suscettibile di affievolimento e sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo".
Anche in questo caso sono evidenti le differenze: nella fattispecie esaminata nella sentenza n. 1258 del 24 maggio 2021 era in contestazione il diritto in capo all'affittuario di esercitare la prelazione: coerentemente è stata declinata la giurisdizione amministrativa.
Nel caso di specie, invece, non è in contestazione la sussistenza del diritto di prelazione, che infatti, lo si ripete, Ca. ha puntualmente esercitato, bensì la legittimità degli atti amministrativi relativi all'attribuzione dei punteggi, alla verifica dei requisiti di partecipazione in capo ad un concorrente, l'esercizio del potere di autotutela.
È sufficiente la riportata sintesi delle doglianze di Ca. per rilevare come si tratti di materia pacificamente devoluta alla giurisdizione amministrativa.
Anche tale pronuncia, quindi, non integra il presupposto dell'errore scusabile.
5.3.3. Infine deve essere posto in evidenza che lo stesso TAR, nella vicenda per cui è causa, ha pronunciato anche la sentenza n. 1301 del 27 maggio 2021, con cui preso atto dell'intervenuta aggiudicazione a favore della ricorrente "Gallo Cedrone", ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Osserva il Collegio che, anche a voler ritenere (e così non è per quanto si è detto) che il Tribunale di Sondrio, con l'ordinanza n. 576 del 20 luglio 2021 resa nel primo procedimento ex art. 700 c.p.c. (R.G. 586/2021) abbia fatto "sorgere nel ricorrente la convinzione dell'esatta individuazione del giudice da adire nel caso concreto, in quanto munito di giurisdizione", specularmente e a maggior ragione la sentenza del TAR n. 1301 del 27 maggio 2021, resa a definizione del giudizio n. 709/2021 RG fra le stesse parti, nonostante Ca. avesse ivi espressamente eccepito il difetto di giurisdizione, avrebbe dovuto far sorgere nello stesso la convinzione che ove si tratti, come in quel caso, di contestare la legittimità di atti amministrativi, il giudizio è devoluto alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo.
5.3.4. Infine, anche la sentenza regolatoria pronunciata dalla Sezioni unite della cassazione, ripetutamente invocata da Ca., in realtà non depone nel senso da questi preteso.
Afferma, ivi, la Corte che "qualora un fondo rustico di proprietà di un ente pubblico venga aggiudicato in esito ad asta pubblica, condizionatamente al mancato esercizio del diritto di prelazione agraria da parte dello affittuario coltivatore diretto, e, successivamente, a seguito dell'esercizio di tale prelazione, venga trasferito a detto affittuario, la controversia, con la quale l'aggiudicatario chieda il riconoscimento della propria qualità di acquirente e contesti i presupposti di quella prelazione, ancorché promossa sotto il profilo della illegittimità dei provvedimenti con cui l'ente pubblico ha disposto l'indicato successivo trasferimento, spetta alla cognizione del giudice ordinario, e non a quella del giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità, atteso che investe posizioni di diritto soggettivo - cioè il diritto di proprietà e la relativa titolarità che discendono da rapporti di natura privatistica e che non sono suscettibili di degradazione od affievolimento per effetto dei suddetti provvedimenti".
È evidente la differenza sostanziale con la vicenda in esame, in cui non sono affatto contestati né il diritto di prelazione né la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dello stesso, bensì la correttezza dell'attività della commissione nell'attribuzione dei punteggi alle offerte dei partecipanti alla gara.
6. Non è superfluo ricordare che ai sensi dell'articolo 386 c.p.c. "la giurisdizione si determina in base all'oggetto della domanda. Il significato della disposizione va inteso nel senso che il criterio in base a quale devono essere regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del petitum sostanziale, cioè dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della causa petendi - costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall'ordinamento alla posizione medesima, senza che a tale fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte" Cass., S.U., 30 giugno 2022, n. 20852).
La giurisdizione è, pertanto, del giudice ordinario "se il petitum sostanziale non tende ad un sindacato sull'esercizio del potere della P.A., ma involge, piuttosto, l'accertamento della titolarità di un diritto ... che, se configurabile, rinviene la propria fonte non nella discrezionalità amministrativa, ma direttamente nella legge" (Cass., S.U., 4 luglio 2022, n. 21139).
Nel caso di specie l'appellato, nel sostenere strenuamente che la giurisdizione appartenga al giudice ordinario, parte dal presupposto errato che la sua posizione di prelazionario per ciò solo radichi la cognizione del giudice ordinario, indipendentemente dalla circostanza che oggetto di contestazione sia l'esistenza del diritto stesso o, piuttosto, il legittimo esercizio del potere amministrativo.
Quelli da ultimo enunciati sono princìpi cardine in tema di riparto di giurisdizione, costantemente affermati dalla giurisprudenza sia del giudice regolatore della giurisdizione, sia di questo Consiglio di Stato (cfr. ex plurimis, fra le più recenti: Sez. I, 29 agosto 2022, n. 1404; Sez. VII, 21 marzo 2022, n. 2048; Sez. VI, 7 settembre 2021, n. 623; tra le meno recenti: Sez. IV, 8 maggio 2013, n. 2502; Sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5741; tra le più risalenti: Sez. V, 5 giugno 1997, n. 592; Sez. VI, 9 novembre 1994, n. 1587).
Trattandosi di princìpi consolidati, anche sotto tale profilo non è configurabile l'errore scusabile sulla giurisdizione.
Nel processo amministrativo il rimedio del riconoscimento dell'errore scusabile, oggi codificato dall'art. 37 c.p.a., presuppone una situazione di obiettiva incertezza normativa o di grave impedimento di fatto tale da provocare - senza alcuna colpa della parte interessata - menomazioni o maggiore difficoltà nell'esercizio dei diritti di difesa; la norma è di stretta interpretazione in quanto relativa ad un istituto di carattere eccezionale dal momento che un uso troppo ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone può compromettere il principio di parità delle parti (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 agosto 2022, n. 6928).
"Come ribadito anche di recente "Nel processo amministrativo la rimessione in termini per errore scusabile (oggi disciplinata dall'art. 37 c.p.a.) costituisce un istituto di carattere eccezionale, in quanto in deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini di impugnazione; è dunque istituto di stretta interpretazione, operante in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, che esso presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe comportare un grave vulnus del pari ordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale" (Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2021, n. 2764; sez. IV, 16 novembre 2020, n. 7042).
La rimessione in termini per errore scusabile mira dunque a evitare che le intervenute decadenze per decorso dei termini perentori possano danneggiare la parte che vi sia incorsa senza colpa: la sua concedibilità presuppone, pertanto, una situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma o, ancora, per contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento equivoco, contraddittorio o comunque non lineare dell'amministrazione, idoneo ad ingenerare convincimenti non esatti o, comunque, un errore non imputabile al ricorrente" (Cons. Stato, Sez. V, 20 luglio 2022, n. 6384; in termini, tra le tante: Sez. III, 6 luglio 2022, n. 5634; Sez. IV , 28 gennaio 2022, n. 621).
In conclusione, non ricorrendo i presupposti per accordare il beneficio dell'errore scusabile, l'appello deve essere accolto sul primo motivo, di carattere preliminare e assorbente e, per l'effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere dichiarato irricevibile poiché proposto oltre il termine decadenziale di legge.
7. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra tutte le parti, ciò comportando l'integrale restituzione di quanto eventualmente versato a titolo di spese in esecuzione della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
Dichiara inammissibile l'appello incidentale.
Compensa fra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2023, con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Maurizio Antonio Pasquale Francola, Consigliere
Laura Marzano, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 08 FEB. 2023.