Quali sono i requisiti ed i limiti per ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione?
Affronta il tema il Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 2396 dell'8 marzo 2023.
Nel caso di specie, un cittadino marocchino aveva presentato ricorso avverso il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato/attesa occupazione.
Il Questore aveva respinto la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno in quanto il cittadino marocchino non aveva dimostrato il possesso di un reddito idoneo al proprio sostentamento. L'interessato aveva precedentemente ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari e successivamente rinnovato per attesa occupazione, senza però svolgere attività lavorativa.
Nel ricorso presentato al TAR Lazio, il cittadino extrcomunitario aveva contestato la violazione dell'art. 22 e dell'art. 5, T.U. immigrazione, sostenendo di aver beneficiato del permesso di soggiorno per attesa occupazione per un periodo inferiore ad un anno e che ingiustamente non gli era stato rinnovato il titolo di soggiorno per motivi umanitari.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, poiché l'interessato aveva già beneficiato del periodo annuale di moratoria previsto dall'art. 22, comma 11, del d.lgs. n. 286 del 1998 senza fornire alcun significativo elemento sul quale l'Amministrazione avrebbe potuto fondare la formulazione di un giudizio prognostico favorevole di reinserimento lavorativo. Inoltre, non è stata provata l'iscrizione alle liste di collocamento.
In relazione al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione, l'Amministrazione deve valutare, in chiave prospettica ma comunque sulla base delle vicende pregresse e delle informazioni acquisite in ordine alle aspettative e capacità di lavoro dello straniero, la possibilità che egli, entro il periodo concesso, venga a disporre di un reddito adeguato derivante da fonti di sostentamento lecite. Infatti, la spettanza di un periodo di attesa occupazione (non trattandosi di una misura di carattere umanitario o puramente solidaristico) riposa sul presupposto tacito secondo il quale, chi ha dimostrato in passato di poter reperire una legittima ed adeguata occupazione, può ritenersi di regola in grado di reperirne una nuova entro il lasso di tempo concesso dalla norma. Tuttavia, perché la presunzione risulti giustificata, occorre che nel periodo precedente, cioè in costanza del permesso di soggiorno per lavoro, un'attività lavorativa sia stata effettivamente svolta ed abbia prodotto un reddito adeguato, o quanto meno siano state acquisite capacità lavorative (mediante l'apprendimento scolastico o mediante corsi di formazione).
Consiglio di Stato sez. III, Sentenza 8/03/2023, (ud. 19/01/2023, dep. 08/03/2023), n. 2396
Fatto
1. Con provvedimento del 16 giugno 2014, notificato in data 25 ottobre 2017, il Questore di Roma ha respinto l'istanza per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato/attesa occupazione, formulata dal cittadino marocchino -OMISSIS-.
Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che lo straniero non ha dimostrato il possesso di un reddito idoneo al proprio sostentamento. Nello specifico, l'istante, presente sul territorio nazionale dal 1 dicembre 2004, è stato titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari dal 14 gennaio 2011 fino al 14 gennaio 2012, successivamente rinnovato per attesa occupazione fino al 10 settembre 2013 e dagli accertamenti telematici non è emerso che l'istante ha svolto attività lavorativa, neanche in forma di lavoro autonomo.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lazio, sede di Roma, il cittadino marocchino ha impugnato tale provvedimento deducendo la violazione dell'art. 22 e dell'art. 5, T.U. immigrazione. In particolare, l'allora ricorrente avrebbe beneficiato del permesso di soggiorno per attesa occupazione in misura inferiore ad un anno, atteso che il precedente rinnovo, richiesto nel mese di gennaio 2012, sarebbe stato effettivamente rilasciato solo nel mese di febbraio 2013 e fino al 10 settembre 2013. Inoltre, ingiustificatamente non avrebbe ottenuto il rinnovo del titolo di soggiorno per motivi umanitari.
3. Con sentenza n. -OMISSIS- il Tar Lazio, sez. I, ha respinto il ricorso, ritenendo il provvedimento immune dalle censure formulate nel gravame.
4. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato e depositato il 22 settembre 2022, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in prime cure e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.
5. Il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Roma non si sono costituiti in giudizio.
6. Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto
1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è il decreto del Questore che ha respinto l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato/attesa occupazione, formulata dal cittadino marocchino -OMISSIS-, in considerazione della circostanza che lo stesso non ha dimostrato il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per il rinnovo del titolo di soggiorno o di altro titolo e, in particolare, di un reddito idoneo al proprio sostentamento.
Va premesso che la ratio del rilascio del permesso per attesa occupazione risiede nell'esigenza di garantire all'ex lavoratore un adeguato spatium temporis per reperire una nuova occupazione, compatibilmente con le condizioni cui, in linea generale, la permanenza dello straniero nel territorio nazionale deve conformarsi, essenzialmente relative alla garanzia che egli goda - o, almeno, abbia concrete possibilità di godere - di un reddito adeguato al suo sostentamento, atto a porlo al riparo dal rischio di dedicarsi ad attività illecite, con il conseguente pregiudizio per gli interessi pubblici rilevanti in subiecta materia.
A tale riguardo, l'art. 22, comma 11, d.lgs. n. 286 del 1998 dispone che "la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all'art. 29, comma 3, lettera b".
Come agevolmente si evince dalla citata disposizione, la legge non pone un limite temporale insuperabile al soggiorno per attesa occupazione né alla possibilità di rinnovare il relativo titolo, a condizione che, superato il periodo (minimo) annuale, l'interessato sia in grado di dimostrare - anche in chiave prospettica e prognostica, secondo i criteri generali applicabili in relazione al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato - il possesso dei requisiti reddituali di cui all'art. 29, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998 (Cons. St., sez. III, 19 giugno 2018, n. 3749; 25 agosto 2020, n. 5193).
Non meno rilevante è il principio secondo il quale la valutazione demandata all'amministrazione, con particolare riguardo al requisito reddituale, deve avere carattere "attualizzante", ovvero tendere alla verifica della sussistenza, al momento della definizione del procedimento, dei presupposti per il rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno: ciò al fine di assicurare il maggior grado possibile di aderenza della determinazione provvedimentale alla situazione in cui il cittadino extracomunitario, dal punto di vista reddituale, versa realmente.
Deve inoltre osservarsi che l'accertamento del requisito reddituale, nell'ipotesi di permesso di soggiorno da rilasciare/rinnovare per motivi di attesa occupazione, deve essere condotto secondo criteri coerenti con la particolare natura e finalità del titolo e con le condizioni dello straniero che abbia perso la precedente occupazione: è infatti evidente che, se il rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato presuppone che sia verificata la sussistenza attuale di un rapporto di lavoro e di una corrispondente disponibilità reddituale, la medesima verifica, nel caso del permesso di soggiorno per attesa occupazione, ha a diverso oggetto le chances per il richiedente di rientrare nel circuito lavorativo, di cui deve essere accertata la serietà e la concretezza, anche alla luce della diligenza manifestata dal medesimo nel ricercare nuove occasioni di lavoro.
Questa Sezione ha anche affermato che, in relazione al rilascio del permesso per motivi di attesa occupazione, l'Amministrazione deve valutare, in chiave prospettica ma comunque sulla base delle vicende pregresse e delle informazioni acquisite in ordine alle aspettative e capacità di lavoro dello straniero, la possibilità che egli, entro il periodo concesso, venga a disporre di un reddito adeguato derivante da fonti di sostentamento lecite. Infatti, la spettanza di un periodo di attesa occupazione (non trattandosi di una misura di carattere umanitario o puramente solidaristico) riposa sul presupposto tacito secondo il quale, chi ha dimostrato in passato di poter reperire una legittima ed adeguata occupazione, può ritenersi di regola in grado di reperirne una nuova entro il lasso di tempo concesso dalla norma. Tuttavia, perché la presunzione risulti giustificata, occorre che nel periodo precedente, cioè in costanza del permesso di soggiorno per lavoro, un'attività lavorativa sia stata effettivamente svolta ed abbia prodotto un reddito adeguato, o quanto meno siano state acquisite capacità lavorative (mediante l'apprendimento scolastico o mediante corsi di formazione (Cons. St., sez. III, 26 maggio 2015, n. 2645).
Altresì è stato chiarito che non è sufficiente che lo straniero al momento della domanda di rinnovo risulti iscritto al collocamento affinché gli spetti il rilascio del permesso per motivi di attesa occupazione per la durata di un anno; eventuali periodi di inattività (ossia di disoccupazione) nell'arco temporale del precedente permesso debbono essere, infatti, considerati dall'Amministrazione e computati nel periodo annuale, fino a poter determinare la non spettanza di un ulteriore periodo di attesa di occupazione, avendo lo straniero sostanzialmente già fruito di un anno di permanenza, utile a trovare un lavoro (Cons. St., sez. III, 26 maggio 2015, n. 2645).
Tanto chiarito, con il primo motivo di gravame l'appellante ha contestato il mancato rinnovo del permesso per attesa occupazione atteso che, contrariamente a quanto evidenziato dalla Questura, il suddetto titolo di soggiorno è stato ottenuto per un periodo inferiore ad un anno e, nello specifico, a far data dal febbraio 2013 e fino al 10 settembre 2013.
La doglianza non può essere accolta.
Invero, risulta incontestato tra le parti che l'ultimo periodo lavorativo dello straniero è compreso tra il 21 febbraio 2012 e il successivo 17 marzo, in virtù del quale lo stesso ha ottenuto una retribuzione pari a 1.489,00€, ben inferiore al reddito minimo richiesto dalla normativa.
Orbene, anche a voler ritenere che il titolo di soggiorno sia stato rinnovato solo dal febbraio 2013 e fino a settembre 2013, alla luce della richiamata giurisprudenza, deve comunque essere preso in considerazione, ai fini del computo del periodo non inferiore ad un anno per usufruire del permesso per attesa occupazione, anche il periodo precedente al rinnovo del titolo di soggiorno caratterizzato da inattività lavorativa.
Pertanto, risulta che lo straniero abbia goduto del permesso di soggiorno sul territorio nazionale in assenza di un idoneo requisito reddituale già a partire da marzo 2012, sicché alla data di presentazione dell'istanza di rinnovo del titolo (2 ottobre 2013), ed a fortiori a quella di adozione del provvedimento de quo (16 giugno 2014), l'interessato aveva già beneficiato del periodo annuale di moratoria, previsto dall'art. 22, comma 11, d.lgs. n. 286 del 1998, al fine di consentire al cittadino extracomunitario di trovare una nuova occupazione, senza allegare alcun significativo elemento sul quale l'Amministrazione avrebbe potuto fondare la formulazione di un giudizio prognostico favorevole di reinserimento lavorativo e senza che fosse provata l'iscrizione delle liste di collocamento.
Di qui, occorre concludere che non vi fossero i presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Aggiungasi, del resto, che il provvedimento reiettivo è stato notificato all'interessato il 25 ottobre 2017 e neanche in sede processuale lo straniero ha fornito elementi in grado di provare lo svolgimento in tale arco temporale di redditizia attività lavorativa, non potendo ritenersi sufficienti mere dichiarazioni di impegno alla assunzione dello straniero datate 20 ottobre 2016 e 30 dicembre 2019; di contro, è stata palesata una grave e perdurante insufficienza reddituale e una costante precarietà lavorativa da parte dell'interessato e non risulta agli atti nient'altro in grado di far ritenere sussistenti indici, attuali e concreti, utili ad una prognosi di un plausibile recupero di una condizione di stabilità reddituale e lavorativa.
Infine, anche il secondo motivo di appello non può trovare accoglimento, atteso che, come evidenziato dal primo giudice, agli atti non risulta alcuna istanza di rilascio di un permesso di soggiorno per "motivi umanitari" presentata dallo straniero alla competente Autorità amministrativa.
2. Per le ragioni che precedono, l'appello deve essere respinto.
Nulla per le spese in assenza di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell'appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Michele Corradino, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini, Consigliere
Antonio Massimo Marra, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 08 MAR. 2023.