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Danno da provvedimento illegittimo della Pa, l’onere della prova del privato

Consiglio di Stato sez. III, Sentenza n.3664 del 12/04/2023

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3664 del 12 aprile 2023, ha precisato i confini dell'onere della prova a carico del privato in caso di responsabilità della Pubblica Amministrazione derivante da un atto amministrativo illegittimo.

Per riconoscere la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, devono essere presenti tutti i requisiti dell'art. 2043 del Codice Civile, tra cui il fatto illecito, il danno ingiusto, il nesso di causalità tra il fatto illecito e il danno subito, e l'elemento soggettivo del dolo o della colpa dell'apparato amministrativo.

La giurisprudenza costante stabilisce che, in caso di risarcimento del danno derivante da un procedimento amministrativo illegittimo:

  • il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto come indice presuntivo della colpa;
  • l'Amministrazione ha l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, causato da contrasti giurisprudenziali, incertezza del quadro normativo o complessità della situazione di fatto, o ancora dal comportamento delle parti del procedimento.

Quando l'illegittimità dell'atto amministrativo è accertata, al privato non è richiesto uno sforzo probatorio particolare riguardo all'elemento soggettivo della fattispecie. Il privato può limitarsi a far riferimento all'illegittimità dell'atto, mentre spetta alla Pubblica Amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile. La presunzione di colpa dell'amministrazione può essere riconosciuta solo se vi sono violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale che evidenzino negligenza e imperizia, ovvero l'aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell'assunzione del provvedimento viziato.

La responsabilità dell'amministrazione viene negata quando l'indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile a causa di contrasti giudiziari, incertezza del quadro normativo di riferimento o complessità della situazione di fatto.

Danno da procedimento amministrativo illegittimo, onere della prova, privato, pubblica amministrazione

In sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento.

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Consiglio di Stato sez. III, Sentenza n.3664 del 12/04/2023

Pubblicato il 12/04/2023

N. 03664/2023REG.PROV.COLL.

N. 00648/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 648 del 2022, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco La Gattuta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e Difesa Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. Prima Stralcio, -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stata respinta la domanda di risarcimento dei danni sofferti dall’istante a causa dell’illegittima esclusione dal concorso pubblico a n. 184 posti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, indetto con d.m. 6 marzo 1998, n. -OMISSIS-, pubblicato sulla G.U. del 27 marzo 1998, n. 24.

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Consigliere Giulia Ferrari e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il signor -OMISSIS- ha partecipato al concorso pubblico, per esami, a 184 posti nel profilo professionale di vigile del fuoco, quinta qualifica funzionale, nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco indetto con decreto del Ministero dell’Interno del 6 marzo 1998, n. -OMISSIS-, per il mestiere di sommozzatore.

L’interessato ha preso parte alle prove preselettive, ha conseguito nelle stesse un punteggio utile per l’ammissione alle successive prove, ha sostenuto la prova scritta ed è risultato idoneo, con il punteggio di 6,00.

2. Con nota prot. -OMISSIS-, il Ministero dell’Interno, Direzione generale protezione civile e dei servizi antincendi, ha comunicato al signor -OMISSIS- l’esclusione dalla procedura concorsuale perché in possesso di un titolo di mestiere (brevetto di sommozzatore di terzo grado rilasciato dall’ANIS – Associazione Nazionale Istruttori Subacquei affiliata alla FIN – Federazione italiana nuoto) diverso rispetto a quello richiesto nel bando (brevetto di sommozzatore di terzo grado o superiore rilasciato dal CONI-FIPSAS o dalla Marina Militare, dall’Arma dei Carabinieri o dalla Polizia di Stato); esclusione, peraltro, ribadita dalla stessa unità organizzativa del Ministero con provvedimento n. -OMISSIS-.

3. Avverso tale provvedimento, il signor -OMISSIS- ha presentato ricorso innanzi al Tar Lazio e ne ha chiesto l’annullamento, prospettando i vizi di violazione di legge, eccesso di potere e disparità di trattamento.

4. Con la sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lazio, sez. I-ter, ha accolto il ricorso sulla base della considerazione che il brevetto rilasciato dall’ANIS (in possesso del signor -OMISSIS-) potesse “essere considerato equivalente a quello rilasciato dal CONI per il tramite della Federazione indicata sul bando (FIPSAS)”.

5. L’Amministrazione ha, conseguentemente, riammesso il signor -OMISSIS- alla procedura concorsuale e lo ha sottoposto alle ulteriori prove (pratica, orale e ginnica) e agli accertamenti psico-fisici e attitudinali previsti nel bando.

6. Al termine di tali verifiche, l’interessato, con d.m. del 31 gennaio 2011 n. 19, è stato inserito nella graduatoria degli idonei per il mestiere di sommozzatore del concorso in questione e, successivamente, con d.m. 2968 del 25 marzo 2011, è stato nominato vigile del fuoco con decorrenza giuridica del 26 settembre 2002 ed economica dal 27 aprile 2011.

7. Con raccomandata a/r dell’11 ottobre 2011, il signor -OMISSIS- ha chiesto la restitutio in integrum sia ai fini giuridici che economici a partire dal 2002.

8. Con nota prot. -OMISSIS-, il Ministero dell’Interno – in linea con un orientamento giurisprudenziale formatosi in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 12 dicembre 1991, n. 10 – ha disposto la restitutio in integrum dell’interessato ai soli effetti giuridici, non anche economici che, invece, spetterebbero al pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che riconosca l’illegittima interruzione del rapporto di lavoro già in corso, e non in presenza di un giudicato che riconosca illegittimo il diniego di costituzione del rapporto stesso.

9. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lazio, il signor -OMISSIS- ha agito per il risarcimento del danno patito a causa della sopra delineata azione amministrativa. In particolare, ha chiesto la corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell’assunzione, ossia quelle corrispondenti tra l’arco temporale intercorso tra la data di effettiva assunzione (27 aprile 2011) e quella corrispondente alla nomina degli altri vincitori dello stesso concorso (26 settembre 2002) oltre al danno da fatto illecito, derivante dal mancato godimento del trattamento economico come Vigile del fuoco dal 2002 al 2011.

Ha documentato, relativamente allo specifico arco temporale coincidente con il lamentato ritardo nell’assunzione, l’aliunde perceptum, attraverso la produzione dei CUD annuali risultando dipendente presso altri datori di lavoro.

Ha aggiunto che tali differenze stipendiali maturate costituiscono – secondo la giurisprudenza dominante – il principale parametro di riferimento per la quantificazione del danno da fatto illecito per ritardata assunzione che può essere valutato anche equitativamente ex art. 1226 c.c.

Ha chiesto infine il risarcimento del danno da perdita di chance perduta.

10. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lazio ha respinto il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha evidenziato che non fosse comprovata l’esistenza di una specifica colpa in capo all’Amministrazione che non ha riconosciuto validità al titolo posseduto dal signor -OMISSIS- per il mestiere di sommozzatore rispetto a quello richiesto dal bando. Essa, infatti, si sarebbe limitata a fare pedissequa applicazione delle clausole del bando, peraltro neppure impugnate dall’istante e avrebbe avuto conoscenza dell’orientamento volto a riconoscere al brevetto ANIS stessa validità di quello CONI-FIPSAS soltanto dopo l’adozione del provvedimento. Fino a quel momento il Ministero dell’Interno non sarebbe potuto pervenire ad un esito diverso.

11. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 22 gennaio 2022 e depositato il successivo 26 gennaio, deducendo l’erroneità della sentenza di primo grado per avere il giudice di prime cure ritenuto insussistente l’elemento psicologico della colpa dell’Amministrazione. Secondo l’appellante, in sintesi, l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare un’analisi approfondita in ordine alla validità del titolo professionale presentato dal signor -OMISSIS-, invece di fornire una interpretazione letterale di una previsione del bando, in base alla quale sono stati esclusi gli affiliati FIN.

L’appellante ha, inoltre, censurato l’omessa valutazione da parte del giudice di primo grado del quantum debeatur dal ricorrente nel corso del primo grado di giudizio.

12. Il Ministero dell’Interno – Dipartimento Vigili del Fuoco e del soccorso pubblico e difesa civile si è costituito in giudizio depositando documentazione già acquisita in prime cure.

13. All’udienza del 19 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, giunge all’esame del Collegio la sentenza del Tar Lazio n. -OMISSIS-, che ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni patiti dall’odierno appellante, in conseguenza della ritardata assunzione dello stesso alle dipendenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a causa dell’azione amministrativa giudicata illegittima da parte del Tar Lazio con sentenza passata in giudicato n. -OMISSIS-, ritenendo non provata l’esistenza di una specifica colpa in capo alla p.a.

2. Va premesso che ai fini del riconoscimento della responsabilità civile della pubblica amministrazione devono ricorrere tutti i requisiti delineati nell’art. 2043 c.c. e, quindi, l’elemento oggettivo del fatto illecito, il danno ingiusto, il nesso di causalità materiale o strutturale tra il fatto illecito e il danno subito nonché l’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’apparato amministrativo.

Con specifico riferimento all’elemento soggettivo – su cui si incentra specificamente la presente controversia – è orientamento costante della giurisprudenza (v. da ultimo Cons. St., sez. V, 10 maggio 2022, n. 3658) che in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento.

Pertanto, in caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo asseritamente foriero di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie; egli può, infatti, limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova dell’elemento soggettivo della responsabilità, alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 c.c., mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile; la presunzione di colpa dell’amministrazione può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l’imperizia, cioè l’aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del provvedimento viziato, mentre deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto.

Tanto premesso, il Tar Lazio ha escluso la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’Amministrazione, atteso che, sebbene in epoca successiva all’adozione del provvedimento di esclusione si sia formata una giurisprudenza idonea ad annettere al brevetto ANIS equipollenza con quello CONI-FIPSAS, la p.a. si è limitata ad una pedissequa applicazione delle clausole del bando, peraltro neppure impugnato dal signor -OMISSIS-.

Secondo l’appellante il giudice di prime cure avrebbe dovuto ritenere sussistente la negligenza dell’Amministrazione sulla base dei seguenti elementi: (i) l’omissione di una approfondita analisi in ordine alla validità del titolo professionale posseduto dall’interessato sotto il profilo del suo riconoscimento da parte del CONI; (ii) l’omessa considerazione delle dichiarazioni rese dal signor -OMISSIS- e dall’ANIS all’Amministrazione che, anche alla luce dell’interpretazione fornita nei precedenti concorsi, hanno sostenuto l’equivalenza dei brevetti.

La conclusione raggiunta dal giudice di primo grado sulla mancanza di uno degli elementi indispensabili per la configurazione della responsabilità aquiliana dell’Amministrazione resiste alle critiche che a essa sono state rivolte nel presente grado del giudizio.

Invero, deve condividersi l’assunto secondo cui solo in un momento successivo al provvedimento di esclusione dell’interessato dalla procedura selettiva la giurisprudenza (v. Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3336; 29 luglio 2008, n. 3779) ha chiarito l’equipollenza del brevetto ANIS con quello CONI-FIPSAS, valorizzando la circostanza che l’ANIS è affiliata alla Federazione italiana nuoto (FIN) che è anch’essa, come la FIPSAS, organo del CONI. Pertanto, in virtù del potere di vigilanza che il CONI esercita su tutte le Federazioni e Associazioni sportive, e che si manifesta anche attraverso il potere di ratifica degli statuti e dei regolamenti di tali organizzazioni, si è ritenuto che anche il brevetto rilasciato dall’ANIS (associata alla FIN) rientrasse nell’ambito dell’ordinamento che fa capo al CONI.

Prima di tale approdo giurisprudenziale non poteva dirsi chiara l’idoneità del brevetto ANIS a consentire l’accesso ai concorsi per l’arruolamento nel personale operativo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, ma sussisteva, di contro, una situazione di fatto nella quale la pari valenza dei brevetti rilasciati da parte di due diversi enti, il CONI-FIPSAS e l’ANIS, entrambi operanti nel settore delle attività subacquee, era dibattuta.

Ne è prova la circostanza che il CONI-FIPSAS, con cui l’Amministrazione ha interloquito, ha evidenziato “che l’unica Federazione del CONI che si occupa di Attività Subacquee è la scrivente FIPSAS [...]. La costituzione del CIAS [Comitato Italiano Attività Subacquee, di cui fanno parte alcune associazioni, tra cui l’ANIS] non ha modificato la situazione preesistente: ha dato modo agli aderenti di poter emettere la brevettazione internazionale CMAS che, comunque non ha alcun collegamento con l’emissione dei nostri brevetti Nazionali per Sommozzatori Sportivi di tutti i livelli”.

Che la questione non fosse per nulla cristallina emerge anche dalla dichiarazione del 10 novembre 1999 dell’ANIS, prodotta da parte appellante, allorquando si evidenzia che “la questione CONI” era stata sollevata anche nella procedura selettiva precedente a quella per cui è causa, sia pure, a quanto evidenziato nel documento, in quell’occasione si fosse optato per l’ammissione del titolo.

Tale aspetto non rappresenta un profilo di contraddittorietà, atteso che ogni procedura selettiva è autonoma, ogni bando (e la sua relativa interpretazione) esaurisce la propria portata precettiva nell’ambito della procedura che è chiamato a disciplinare e non vincola l’Amministrazione nelle successive procedure concorsuali, specie in presenza di clausole di non univoca interpretazione.

Ciò posto, il riscontrato contrasto interpretativo in ordine all’equipollenza delle certificazioni rappresentata un elemento per ritenere sussistente l’errore scusabile da parte della Pubblica Amministrazione, che esclude la sussistenza in capo alla stessa dell’elemento soggettivo. Ne consegue che non può essere riconosciuto alcun risarcimento del danno in favore dell’appellante a causa dell’assenza di uno degli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana.

Le considerazioni sopra svolte, circa l’insussistenza nell’an della pretesa risarcitoria, assorbono e rendono irrilevante l’esame del secondo motivo di gravame avente ad oggetto il quantum debeatur.

3. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

L’assenza di difese scritte da parte dell’Amministrazione appellata giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento esclusivamente delle generalità dell’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Michele Corradino, Presidente

Nicola D'Angelo, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere

L'ESTENSORE
Giulia Ferrari

IL PRESIDENTE
Michele Corradino

IL SEGRETARIO

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