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Affitti brevi: i Comuni non possono limitarli se non c’è attività imprenditoriale

Consiglio di Stato, Sentenza n.2928 del 07/04/2025

Il Comune può vietare o limitare la possibilità di un privato cittadino di affittare per brevi periodi la propria casa a fini turistici, anche se non lo fa per professione?

Sulla questione interviene il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2928 del 7 aprile 2025, che chiarisce i limiti del potere comunale sulle locazioni turistiche non imprenditoriali.

La vicenda

Il caso concreto riguardava una proprietaria di due immobili nel Comune di Sirmione, che si è vista diffidata dall’avviare attività di locazione turistica perché ritenuta priva dei requisiti previsti da un regolamento comunale del 2022.

Dopo un primo grado parzialmente favorevole al Comune, la proprietaria ha impugnato la decisione davanti al Consiglio di Stato.

La normativa in materia

Secondo il Consiglio di Stato, il quadro normativo distingue chiaramente tra attività turistica imprenditoriale e locazione turistica privata. Quest’ultima:

  • non rientra nella disciplina della SCIA (art. 19, legge 241/1990),

  • è tutelata dalla libertà contrattuale (art. 117, co. 2, lett. l, Cost.),

  • è regolata dagli artt. 1 e 5 della legge 431/1998 e dall’art. 53 del d.lgs. 79/2011, che richiamano il codice civile per i contratti di locazione,

  • prevede un semplice obbligo di comunicazione (CIA) per fini statistici, come stabilito dalla legge regionale Lombardia n. 27/2015 e dal regolamento regionale n. 7/2016,

  • trova conferma anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 84/2019, secondo cui la locazione turistica non imprenditoriale non è attività ricettiva.

La decisione della Corte

Nel caso specifico:

  • la proprietaria aveva correttamente presentato la CIA per i due immobili;

  • il Comune ha rifiutato la comunicazione e ha diffidato la proprietaria dall’affittare, chiedendo documenti extra e invocando presunti obblighi edilizi;

  • il regolamento comunale, approvato dopo la comunicazione, è stato impugnato ma dichiarato inapplicabile al caso concreto.

Secondo il Consiglio di Stato, i Comuni non hanno alcun potere di vietare la locazione turistica in forma non imprenditoriale, né di trasformare un semplice adempimento informativo in un’autorizzazione.

Il Comune può intervenire sull’immobile, se mancano i requisiti edilizi o igienico-sanitari, ma non può limitare la libertà del proprietario di stipulare contratti di locazione.

La sentenza:

  • annulla la diffida e il diniego del Comune di Sirmione;

  • riconosce l’illegittimità della richiesta di documenti aggiuntivi;

  • esclude ogni potere regolamentare comunale sulla locazione turistica privata.

Conclusione

Se affitti senza partita IVA, il Comune non può chiederti adempimenti maggiori di quelli previsti dalla legge regionale. Niente SCIA, niente autorizzazioni, niente ostacoli: basta una comunicazione.

I principi espressi dal Consiglio di Stato in questa decisione potrebbero essere applicati in altri casi in cui i comuni hanno stabilito delle limitazioni alla locazioni turistiche. 


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Pubblicato il 07/04/2025

N. 02928/2025REG.PROV.COLL.

N. 08749/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8749 del 2024, proposto da
A.B., rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Luppi, Francesco Luppi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sirmione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fiorenzo Bertuzzi, Gianpaolo Sina, Silvano Venturi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 00306/2024,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sirmione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2025 il Cons. Francesca Picardi;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.A.B. ha impugnato:

• il provvedimento del Comune di Sirmione, notificatole in data 2 marzo 2022, con cui è stata dichiarata irricevibile la sua comunicazione di offerta di alloggio per finalità turistica, del 14 gennaio 2022, con conseguente diffida dall’esercizio di tale attività nell’immobile di via C. per mancanza dei requisiti ed in quello di via Q. per indeterminatezza della capacità ricettiva;

• il regolamento comunale, adottato in data 22 gennaio 2022, per la disciplina delle locazioni turistiche.

Nel corso del giudizio di primo grado è stata concessa, all’esito dell’appello dinanzi al Consiglio di Stato, la tutela cautelare.

2. Il T.a.r., in parziale accoglimento del ricorso, ha annullato il provvedimento impugnato e gli artt. 5,7,8 e 10 del regolamento comunale per i profili della mancata previsione della possibilità di soluzione alternative per gli spazi di sosta nelle nuove strutture recettive, della mancata previsione della prorogabilità del termine annuale per l’adeguamento degli impianti e per le sanzioni connesse agli adempimenti oggetto di annullamento.

Secondo il giudice di primo grado, la materia delle locazioni turistiche è unitaria, salva una differenza solo quantitativa tra le pluralità di offerte, per cui “sfuggono alla categoria delle case e appartamenti per vacanze solo le locazioni turistiche del tutto occasionali”, mentre gli alloggi della ricorrente vanno ricondotti alla categoria delle case e appartamenti per vacanze di cui alla legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, rispetto alla quale i Comuni sono dotati di poteri di vigilanza e controllo, oltre che del potere di integrare la normativa regionale in relazione ai compiti istituzionali. Alla luce di tale premessa, ha, pertanto, ritenuto in linea di principio legittima, con riferimento all’immobile di Via Q., la richiesta da parte del Comune di ulteriore documentazione, oltre alla planimetria in scala che l’art. 8, commi 2 e 3, del regolamento regionale n. 7 del 2016, impone di produrre per l’avvio dell’attività ricettiva, ma, nel caso di specie, il provvedimento è poco chiaro e non è accompagnato dal parametro normativo di riferimento, con carenza di motivazione, che ne impone la riformulazione. Per quanto concerne, invece, l’immobile di Via C., premesso che la sistemazione degli alloggi per la locazione turistica esige quantomeno la c.i.l.a., pur in assenza di nuove opere, in quanto, da un lato, gli alloggi destinati alla locazione turistica conservano ex lege la destinazione residenziale, ma ne acquistano una aggiuntiva, che integra una innovazione edilizia e presuppone il possesso dei requisiti imposti dalla disciplina regionale e comunale, e che, dall’altro lato, il frazionamento delle unità immobiliari, sebbene senza opere, rientra nella manutenzione straordinaria ove realizzi un cambio di destinazione urbanistica, la sentenza ha concluso per la necessità della regolarizzazione del titolo edilizio della ricorrente, con temporanea inibizione dell’attività ricettiva, precisando, però, che, essendo consentita la locazione turistica per porzioni di immobili, non si può esigere il rispetto della superficie minima e che in tale parte il provvedimento è illegittimo. In proposito ha, inoltre, chiarito che, pur essendo il regolamento comunale successivo al provvedimento del 14 febbraio 2022, condiziona la ripresentazione o la regolarizzazione della comunicazione dell’avvio dell’attività ricettiva, con conseguente interesse all’impugnazione, e ne ha disposto l’annullamento, per violazione del principio di proporzionalità, in ordine agli adempimenti collegati alle zone di sosta ed alla regolarizzazione degli impianti.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale A.B., formulando i seguenti motivi: 1) la violazione degli artt. 97, 111 e 133 Cost., 1, 2, 34, 64 e 134 c.p.a. 112, 113 e 155 c.p.c. e 2697 c.c., unitamente all’eccesso di potere giurisdizionale, per indebita motivazione della sentenza (insufficientemente e contraddittoriamente motivata), che, da un lato, prende spunto dalla controversia per elaborare principi generali che non rispondono alla domanda e superano il contenuto ed i limiti del provvedimento impugnato, di cui si era denunciata la mancata corrispondenza ai poteri previsti dalla legge e, dall’altro lato, ha assimilato la locazione turistica e le case vacanze, così non tenendo conto della diversa impostazione del Comune e della pacifica domanda della ricorrente, avente ad oggetto l’esercizio di un’attività di locazione ex lege n. 431 del 1998; 2) l’omessa pronuncia, la violazione degli artt. 3, 23, 41, 42, 97, 111, 113 e 117 Cost., degli artt. 1, 2, 7, 29, 34, 39, 64 e 134 c.p.a., degli artt. 7, 18, 26, 37, 38, 39, 40 della legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, dell’art. 53 d.lgs. n. 79 del 2011, 1, 3, 7, 10-bis, dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 12 e 14 d.p.c.c., unitamente all’eccesso di potere giurisdizionale ed alla violazione dei principi di legalità e tipicità dei provvedimenti amministrativi, in quanto la sentenza (peraltro, insufficientemente e contraddittoriamente motivata) non si è pronunciata sui primi due motivi di ricorso, con cui si è lamentato che al Comune non è attribuito da alcuna norma il potere di rifiutare la ricezione della comunicazione, né di inibire l’attività di locazione di un immobile per finalità turistica (potere che non può essere ricondotto a quello di vigilanza né desunto dalla disciplina relativa alle case vacanza, posto che la legge regionale esclude dalle strutture ricettive le locazioni transitorie per finalità turistiche, precisando quali norme, riferite a tali strutture, ed in quali limiti siano estese agli immobili destinati ai contratti de quibus, i quali, in virtù dell’art. 53 del d.lgs. n. 79 del 2011, sono soggetti alla disciplina del c.c. ed, in base all’art. 5 della legge n. 431 del 1998, alla regolamentazione del M.E.F.) e che il provvedimento è stato erroneamente fondato sull’art. 7, comma 1, lett. e, della legge della Regione Lombardia n. 27 del 2025, non applicabile agli alloggi offerti in godimento ex art. 53 d.lgs. n. 79 del 2011 e ex art. 1, comma 2, lett c) e 5 legge n. 431 del 1998, estendendo, con sviamento di potere, il regime della s.c.i.a. alle locazioni per finalità turistiche, di cui, come chiarito anche dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 84 del 2019, è richiesta solo la comunicazione al Comune ai fini dell’attribuzione di un codice CIR e di mappatura statistica; 3) la violazione degli artt. 3, 41, 42, 97, 111, 113 cost. e dell’art. 34 c.p.a., degli artt. 1 e 5 della legge n. 431del 998 e dell’art. 53 d.lgs. n. 79 del 2011, degli artt. 38, 40 della legge regionale n. 27 del 2015, degli artt. 1 e 8 Reg. reg. 7/2016, del D.d.u.o 17/9/2019 n 13056, oltre che dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, visto che il T.a.r., sebbene abbia accolto il quarto motivo di ricorso, ha ritenuto, in linea di principio possibile, la richiesta di ulteriore documentazione, nonostante l’inapplicabilità del successivo regolamento comunale, la conformità della comunicazione alla disciplina vigente, l’illegittimità dell’estensione del regime della s.c.i.a. ad un’attività che ne è esente e la disponibilità dell’amministrazione dei dati richiesti, quali la metratura o agibilità; 4) la violazione degli artt. 97, 111, 113 Cost., degli artt. 1, 2, 34, 64, 134 c.p.a., degli artt. 112, 113, 115 c.p.c. e 2697 cc, degli artt. 26, 38 della legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, dell’art. 3 del reg. reg. n. 7 del 2016, dell’art. 53 del d.lgs. 79 del 2011, degli artt. 3, 23 ter del d.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 51 della legge regionale n. 2 del 2005 e degli artt. 12-14 delle d.p.c.c., in quanto, nonostante la ritenuta illegittimità della diffida, il T.a.r. ha sollecitato l’avvio di un procedimento di vigilanza edilizia, in base, peraltro, all’erroneo presupposto secondo cui gli alloggi destinati alla locazione turistica, pur conservando la destinazione residenziale, acquistano una destinazione aggiuntiva, che esige una c.i.l.a., pur in assenza di opere nuove o diverse; 5) l’omissione di pronuncia, con conseguente violazione degli artt. 111, 113 Cost., degli artt. 1, 2, 34, 64 c.p.a., degli artt. 112, 113, 115 c.p.c., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo esaminato il T.a.r. tutte le censure formulate con il quinto motivo di ricorso, riproposte con l’appello; 6) la violazione degli artt. 23, 41, 42, 97, 111, 113, 117 e 118 Cost., dell’art. 3 del d.l. n. 38 del 2011, dell’art. 34 del d.l. n. 201 del 2011; degli artt. 1, 2, 34, 64, 134 c.p.a., degli artt. 112, 113, 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c.; degli artt. 7, 13, 14 TUEL, degli artt. 3 e 4 disp. prel. c.c., degli artt. 5, 7, 37, 38, 39 della legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, degli artt. 1, 3, 8 del reg. reg. n. 7 del 2016, unitamente all’omessa pronuncia (in particolare sul settimo motivo di ricorso, con cui si è denunciata la violazione della procedura per l’approvazione dei regolamenti edilizi), all’eccesso di potere giurisdizionale, all’insufficiente e contraddittoria motivazione, in quanto la sentenza, nel pronunciarsi sul regolamento impugnato, da un lato, prescinde dal contenuto dell’atto e lo integra e, dall’altro, finisce con l’ammettere un regolamento autonomo senza base normativa, in materia che non rientra nella competenza comunale (ordinamento civile e libertà contrattuale, in particolare di concludere contratti di locazione) ed anzi è riservata dall’art. 37 della legge regionale n. 27 del 2015 alla Regione Lombardia, che ha, difatti, adottato il regolamento n. 7 del 2016; 7) l’omessa pronuncia, la violazione degli artt. 3, 23, 41, 42, 97, 117 e 118 Cost., degli artt. 112 c.p.c. e 34 c.p.a., degli artt. 3, 4, 11, 12 disp. prel. c.c., degli artt. 1 della legge n. 13 del 1989, degli artt. 1 e 5 della legge n. 431 del 1998, dell’art. 53 del d.lgs. n. 79 del 2011; degli artt. 3, 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001, degli artt. 11, 27, 33, 51 delle leggi della Regione Lombardia n. 12 del 2005 e n. 6 del 1989; degli artt. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, degli artt. 7, 37, 38, 39 della legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, degli artt. 1, 3, 8 del reg. reg. n. 7 del 2016; dell’art. 1 del d.l. n. 1 del 2012, degli artt. 31 e 34, del d.l. n. 201 del 2011, dell’art. 3 del d.l. n. 138 del 2011, degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, non essendo stato esaminato il settimo motivo di ricorso, con cui è lamentata l’incompetenza comunale in ordine alle materie oggetto del regolamento impugnato o, comunque, l’inidoneità dello strumento usato (in particolare in ordine alle prescrizioni necessarie a garantire accessibilità, adattabilità, visitabilità degli edifici privati, la cui individuazione è demandata dalla legge n. 13 del 1989 ad un decreto del ministero dei lavori pubblici, ed in ordine alle zone sosta o agli impianti, che sono demandati alla disciplina urbanistica ed esigono l’utilizzazione degli appositi strumenti).

4. Il Comune, costituitosi, ha proposto appello incidentale tardivo: 1) con riferimento alla statuizione relativa all’appartamento ubicato in via Q., visto che la documentazione prodotta non consentiva al Comune di verificare le dimensioni minime dei vari locali; 2) con riferimento alla statuizione relativa all’appartamento ubicato in via C., visto che la possibilità di offrire in locazione porzioni di immobili non autorizza il proprietario a suddividere l’immobile senza limite, dovendosi rispettare i limiti di dimensione minima degli alloggi; 3) con riferimento all’annullamento del regolamento comunale, visto che in via pregiudiziale l’impugnazione è inammissibile per difetto di interesse, non essendo stata applicata la normativa sopravvenuta, e, comunque, è infondata, stante la piena legittimità della disciplina, che è logica e razionale e si fa carico delle esigenze rappresentate dalla sentenza. Ha, inoltre, concluso per l’infondatezza dell’appello principale, evidenziando che l’attività in esame è sottoposta a controllo successivo ed è pur sempre conformata, sicché il Comune, investito della vigilanza, ha necessariamente potere inibitorio, mentre non può chiedere integrazioni.

5. Entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie di replica.

6. All’udienza pubblica del 6 marzo 2025 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente deve rilevarsi che ogni censura dell’appello principale propone insieme ed indistintamente plurime doglianze, lamentando contestualmente la violazione sia di regole processuali sia di regole sostanziali e, così, sovrapponendo piani che dovrebbero restare del tutto distinti.

Ciò non inficia l’ammissibilità dell’appello, le cui critiche alla sentenza impugnata sono, comunque, specifiche e comprensibili.

Devono, però, rigettarsi le doglianze processuali, proposte unitamente a quelle sostanziali, riconducibili alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sub specie sia di ultra-petizione, sia di omessa pronuncia, posto che, da un lato, la sentenza non integra il provvedimento impugnato, ma ne individua un fondamento normativo per rispondere alle censure dalla ricorrente relative al principio di legalità, e, dall’altro, supera implicitamente i motivi della ricorrente, pronunciandosi sugli stessi con l’adozione di soluzioni incompatibili.

Inoltre, in considerazione della ripetuta denuncia delle medesime violazioni in più motivi, si impone una trattazione unitaria, da un lato, dei motivi che hanno ad oggetto le statuizioni della sentenza sulla dichiarazione di irricevibilità e, dall’altro, di quelli che hanno ad oggetto le statuizioni della sentenza sul regolamento, i quali pongono, in parte, questioni identiche, reiterandole sotto diverse angolazioni.

2.Prima di passare all’esame del merito, occorre premettere che, all’esito della legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia del turismo non rientra più nella disciplina concorrente dello Stato e delle Regioni, ma è da annoverarsi nella competenza residuale delle Regioni (così Corte cost. n. 214 del 2006), che è tendenzialmente esclusiva, fermo restando la possibilità dell’intervento dello Stato nelle sue materie di competenza esclusiva di tipo trasversale, che possono interferire con il settore del turismo (v., ad es., v. Corte cost. n. 56 del 2020, che ha riconosciuto, con riferimento al servizio di trasporto locale, che è oggetto della potestà legislativa regionale, che lo Stato può esercitare la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, che, stante la sua natura trasversale e il suo carattere finalistico, assume carattere prevalente e funge da limite alla disciplina che le Regioni possono dettare nelle materie di loro competenza, concorrente o residuale, potendo influire su queste ultime fino a incidere sulla totalità degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia pure nei limiti strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia la competenza statale esclusiva è diretta).

Tra tali materie trasversali deve essere ricompreso l’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lett. l, cui è riconducibile la libertà contrattuale (che comprende la libertà del proprietario di un immobile di stipulare contratti di locazione).

Tra le leggi statali che interferiscono con le problematiche in esame va ricordata la legge n. 217 del 1986 (legge quadro per il turismo, che, all’art. 6, contiene la definizione della casa vacanza); l’art. 4 del d.l. n. 50 del 2017, conv. in legge n. 96 del 2017, che contiene la disciplina fiscale delle locazioni brevi; il d.l. n. 145 del 2023, conv. in legge n. 191 del 2023, che ha assoggettato alla s.c.i.a. soltanto chi, in forma imprenditoriale, offra immobili in locazione turistica, mentre ha esteso a tutti gli immobili, offerti in locazione turistica, la normativa anti-incendi.

Pure deve ricordarsi, per completezza, l’art. 117, sesto comma, Cost., da cui deriva la potestà regolamentare dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

3.La legge della Regione Lombardia n. 27 del 2015, avente ad oggetto le politiche regionali in materia di turismo, attribuisce all’art. 7 compiti ai Comuni, in particolare alla lett. e) il compito di vigilanza e controllo, compresa la lotta all'abusivismo, sulle strutture ricettive, incluse case e appartamenti per vacanze, e sull'attività di organizzazione e intermediazione di viaggi in forma professionale e non professionale, e prevede anche per le locazioni turistiche, stipulate al di fuori di attività imprenditoriale, l’adempimento di una preventiva comunicazione di inizio attività (CIA) al comune nel cui territorio si svolge l’attività.

La legge della Regione Lombardia non attribuisce, invece, ai Comuni altre funzioni in materia di turismo ed in particolare non riconosce alcuna potestà regolamentare, precisando all’art. 5 che spetta alla Regione l’individuazione dei requisiti per la classificazione delle strutture ricettive, come definite dall’art. 18 (che non ricomprende genericamente tutti gli immobili locati per finalità turistiche), la determinazione degli standard di qualità delle strutture e delle procedure per la verifica del loro rispetto, rinviando per tale disciplina all’adozione di un proprio regolamento ex art. 37 (regolamento effettivamente intervenuto).

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 84 del 2019, ha precisato che il legislatore lombardo - nel prevedere, all’art. 38 della legge n. 27 del 2015, che anche i locatori turistici e i relativi intermediari debbano munirsi di un apposito codice identificativo di riferimento per ogni singola unità ricettiva, da utilizzare nella pubblicità, nella promozione e nella commercializzazione dell'offerta turistica - ha inteso creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di un'attività imprenditoriale, al fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull'esercizio delle attività turistiche. Ha, inoltre, concluso che la comunicazione preventiva in esame si traduce in un adempimento amministrativo precedente ed esterno al contratto di locazione turistica e che le sanzioni previste per i correlativi inadempimenti non incidono sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale che restano disciplinate dal diritto privato.

4.Alla luce di tale quadro di riferimento e coerentemente con la lettura della Corte costituzionale, la legge regionale n. 27 del 2015 attribuisce ai Comuni il compito di vigilanza e controllo, compresa la lotta all'abusivismo, sulle strutture ricettive, incluse case e appartamenti per vacanze (art. 7, lett e), ma non attribuisce ai Comuni poteri di controllo e vigilanza sulla stipula di contratti di locazione turistica, al di fuori dell’esercizio di un’attività imprenditoriale.

Inoltre, le strutture recettive sono definite e dettagliatamente elencate nell’art. 18 (strutture ricettive alberghiere: a) alberghi o hotel; b) residenze turistico-alberghiere; c) alberghi diffusi; d) condhotel; strutture ricettive non alberghiere: a) case per ferie; b) ostelli per la gioventù; c) foresterie lombarde; d) locande; e) case e appartamenti per vacanze; f) bed & breakfast; g) rifugi alpinistici, rifugi escursionistici e bivacchi fissi; h) aziende ricettive all'aria aperta) e non includono genericamente tutti gli immobili locati per finalità turistica.

Il legislatore (regionale, ma prima ancora statale) ha ben chiaro il fenomeno delle locazioni a finalità turistica, concluse da parte dei proprietari degli immobili al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriale, ma ha mantenuto ferma una diversa disciplina per tali contratti, senza equiparare gli immobili che ne sono oggetto alle strutture recettive.

Ad esempio, nella legge regionale n. 27 del 2015, l’art. 38, al comma 1-bis (nella versione introdotta dall’art. 15, comma 1, lett. c, della legge regionale n. 20 del 2024 e, dunque, successivamente ai fatti di causa, ma che esplicita i principi già desumibili dal sistema normativo vigente e non ha, pertanto, carattere innovativo sul punto), stabilisce che tutte le locazioni turistiche gestite in forma non imprenditoriale sono soggette alla preventiva presentazione della comunicazione di inizio attività (CIA) al comune nel cui territorio si svolge l’attività, mentre le locazioni turistiche gestite in forma imprenditoriale sono soggette alla presentazione della SCIA; al successivo comma 8, prevede che tutte le strutture ricettive alberghiere e non alberghiere, nonché gli alloggi o porzioni degli stessi dati in locazione per finalità turistiche sono tenuti, oltre al rispetto delle vigenti normative in materia fiscale e di sicurezza previste dalla normativa statale vigente, alla comunicazione dei flussi turistici e all'adempimento della denuncia degli ospiti in base alle indicazioni dell'autorità di pubblica sicurezza. In definitiva, vi sono norme specifiche e puntuali che, talvolta, estendono una parte della disciplina delle strutture ricettive agli immobili oggetto di locazione turistica in forma non imprenditoriale, talvolta, al contrario, introducono regole e adempimenti diversi (in particolare la mera comunicazione e non la segnalazione certificata di inizio attività), proprio perché si tratta di immobili che non confluiscono in tale categoria e non sono soggetti all’intera disciplina. In particolare, l’art. 3 del regolamento della regione Lombardia n. 7 del 2016 (definizione dei servizi, degli standard qualitativi e delle dotazioni minime obbligatorie degli ostelli per la gioventù, delle case e appartamenti per vacanze, delle foresterie lombarde, delle locande e dei bed and breakfast e requisiti strutturali igienico – sanitari dei rifugi alpinistici ed escursionistici in attuazione dell’art. 37 della legge regionale n. 27 del 2015), al comma 3, estende la disciplina in esso contenuta agli alloggi o porzioni di essi dati in locazione per finalità turistiche per una durata non superiore a 30 giorni. Invero, tale disposizione deve essere interpretata in modo restrittivo, circoscrivendosi l’estensione a quella parte della disciplina compatibile con un contratto di locazione, concluso al di fuori di un’attività imprenditoriale e soggetto al codice civile, per cui, ad esempio, non si può estendere a tali locatori tutta la disciplina relativa ai servizi offerti. A ciò si aggiunga che il regolamento, al suo interno, distingue le plurime strutture ricettive, assoggettandole a requisiti diversi, per cui la collocazione dell’estensione in esame nell’art. 3, dedicato alle case vacanza, comporta la sua limitazione alla disciplina di queste strutture ricettive e, dunque, la necessità che l’immobile offerto in locazione possieda i requisiti igienico-sanitari ed edilizi previsti per i locali di civile abitazione (art. 3, comma 1); che la conclusione del contratto sia preceduta dalla comunicazione di inizio attività, con allegazione della riproduzione della planimetria corrispondente allo stato di fatto, più precisamente planimetria catastale in scala 1:200 o planimetria in scala 1:100 o 1:50 (art. 8, commi 2 e 3); che l’altezza minima rispetti le norme e i regolamenti igienico-edilizi comunali (art. 10, comma1). Deve evidenziarsi che l’art. 2 del regolamento n. 7 del 2016 prescrive che gli ostelli della gioventù devono risultare conformi alla disciplina in tema di eliminazione delle barriere architettoniche e risultare conformi alla disciplina in materia di prevenzione incendi e di tutela dei lavoratori e clienti: prescrizioni che non sono, invece, ripetute per le case vacanza.

5. A livello di legislazione nazionale, va menzionato il d.l. n. 145 del 2023, conv. in legge n. 191 del 2023, entrato in vigore successivamente alla comunicazione in esame ed ai provvedimenti impugnati. L’art. 13-ter, dedicato alla disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale, ha previsto, al comma 8, che solo coloro che, direttamente o tramite intermediario, esercitano l'attività di locazione per finalità turistiche in forma imprenditoriale, sono soggetti all'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all'art. 19 della legge n. 241 del 1990, presso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio è svolta l'attività, in questo modo implicitamente escludendo tale adempimento ed i conseguenti poteri prescrittivi e inibitori di cui al comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 in ordine all’attività di locazione in forma non imprenditoriale, riconducibile al mero godimento indiretto degli immobili. Invero, la terminologia usata (segnalazione certificata inizio attività e comunicazione inizio attività) non è indifferente, non potendo collocarsi anche la mera comunicazione di inizio attività nell’ambito applicativo dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, riferito solo ed esclusivamente all’esercizio dell’attività imprenditoriale e non invece all’attività di disposizione e di godimento dell’immobile da parte del proprietario/detentore.

A ciò si aggiunga che il precedente comma 7 del medesimo art. 13-ter assoggetta le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche, ai requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente, se gestite in forma imprenditoriale, mentre, in ogni caso, esige che tutte le unità immobiliari siano dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili a norma di legge da ubicare in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, in ogni caso, in ragione di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano.

Solo per completezza va evidenziato che l’art. 53 del d.lgs. n. 79 del 2011 (gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione), invocato dalla ricorrente appellante, certamente non esclude l’applicabilità agli immobili della disciplina edilizia, ma assoggetta il contratto di locazione per finalità turistica principalmente alla disciplina degli art. 1571 c.c.

6. In definitiva, nel quadro normativo attuale, l’attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione, salvo previsioni specifiche, collegate a particolari categorie di immobili. Il limite tra l’attività imprenditoriale e non imprenditoriale si ricava implicitamente dalla disciplina delle case vacanze, che consente la gestione non imprenditoriale sino a 3 unità immobiliari (sebbene, secondo le circolari dell’Agenzia delle Entrate, a fini fiscali, il limite sia costituito da 4 unità immobiliari).

Gli immobili, laddove destinati alle locazioni per finalità turistiche, devono, comunque, possedere i requisiti edilizi ed igienico-sanitari previsti dalla normativa primaria e secondaria (e, quindi, statale, ma anche regionale o comunale) per i locali di civile abitazione, come precisato dal regolamento della Regione Lombardia n. 7 del 2016, ma l’eventuale carenza di tali requisiti, mentre può ripercuotersi sulla validità o sull’adempimento del contratto di locazione eventualmente stipulato, non legittima l’inibizione, da parte dell’Amministrazione, della stipula del contratto, ma solo l’esercizio dei poteri previsti dalla normativa vigente relativamente alla conformazione dell’immobile.

7. Fatte queste brevi premesse, necessarie anche in considerazione della modalità di redazione della sentenza impugnata, in cui la risposta alle plurime censure è connessa alla ricostruzione complessiva del quadro normativo, può passarsi all’esame dei motivi.

7.1. Il primo motivo, nella parte in cui lamenta l’assimilazione, da parte del giudice di primo grado, della locazione turistica e delle case vacanze, è in parte fondato. Come già evidenziato, difatti, dal complessivo quadro normativo, in cui si intrecciano la normativa statale e quella regionale, gli immobili offerti in locazione turistica in forma non imprenditoriale non confluiscono nelle strutture ricettive, come definite dalla legge statale e da quella regionale, per cui, salvo una specifica assimilazione normativa, non sono soggetti alla stessa disciplina. In particolare, in virtù dell’art. 38 della legge regionale n. 27 del 2015, anche nella versione ratione temporis vigente e come chiaramente esplicitato in quella attuale, in ossequio alle indicazioni del legislatore statale, la mera offerta in locazione turistica, al di fuori dall’esercizio di un’attività imprenditoriale, non richiede una segnalazione certificata di inizio attività, ma una mera comunicazione di inizio attività, a fini di monitoraggio, a cui non corrispondono poteri conformativi o inibitori dell’Amministrazione, che può eventualmente avviare un altro procedimento, riconducibile all’esercizio di altri poteri espressamente conferiti.

7.2. Dall’accoglimento della prima censura discende anche quello della seconda, limitatamente a quella parte della doglianza avente ad oggetto la violazione dei principi di legalità e tipicità dei provvedimenti amministrativi, non essendo attribuito da alcuna norma il potere di rifiutare la ricezione della comunicazione, né di inibire l’attività di locazione di un immobile per finalità turistica.

7.3. Pure è fondato il terzo motivo, nella parte in cui denuncia la violazione degli artt. 1 e 8 del reg. reg. n. 7 del 2016, avendo il T.a.r. ritenuto possibile, sebbene non adeguatamente motivata, la richiesta di ulteriore documentazione, nonostante l’inapplicabilità del successivo regolamento comunale e la conformità della comunicazione alla disciplina vigente. Difatti, da un lato, la comunicazione di inizio attività per le locazioni turistiche, posta in essere dalla ricorrente, è conforme, anche in ordine alla documentazione allegata, alle prescrizioni vigenti (in particolare all’art. 8 del regolamento regionale n. 7 del 2016) e, dall’altro lato, trattandosi di adempimento strumentale al monitoraggio dell’attività ed all’eventuale avvio di ulteriori procedimenti, l’incompletezza della documentazione allegata al una comunicazione conforme al modello legale, non giustifica una dichiarazione di irricevibilità.

7.4. In definitiva, l’accoglimento, per quanto di ragione, dei primi tre motivi del ricorso comporta la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha incluso gli immobili della ricorrente nella categoria della casa vacanza e ha erroneamente riconosciuto al Comune il potere di chiedere la produzione, unitamente alla comunicazione di inizio attività, di documentazione ulteriore rispetto a quella prescritta dall’art. 8 del regolamento regionale, e di vietare alla ricorrente la stipula di contratti di locazione a finalità turistica, relativamente ai suoi due immobili con destinazione residenziale, riconducendo tale prerogativa in altri compiti istituzionali del Comune. In particolare, deve evidenziarsi che il fondamento di tale potere non può essere rinvenuto in altri compiti, quali quelli in materia edilizia, che consentono di intervenire sull’immobile, ma non, invece, di vietare l’esercizio della libertà contrattuale della ricorrente (in particolare quella di concludere contratti di locazione con finalità turistica, aventi ad oggetto i suoi immobili).

In riforma della sentenza impugnata devono, pertanto, accogliersi per quanto di ragione i motivi del ricorso introduttivo del presente giudizio riferiti al provvedimento del 2 marzo 2022, prot. 3472, con conseguente annullamento dello stesso.

7.5. La riforma della sentenza impugnata di cui al punto 7.4. comporta, in virtù del combinato disposto degli artt. 39 c.p.a. e 336 c.p.c., la caducazione di quella parte della decisione dipendente dalla parte riformata, in cui il T.a.r., in un’ottica conformativa, ai fini della prosecuzione del procedimento e del riesercizio del potere, ha affermato la necessità della presentazione di una c.i.l.a. da parte della ricorrente, per cui risulta assorbito il quarto motivo di ricorso, con cui si è denunciata la violazione di legge, in quanto, nonostante la ritenuta illegittimità della diffida, il T.a.r. ha sollecitato l’avvio di un procedimento di vigilanza edilizia.

Pure risulta assorbito il quinto motivo di ricorso, con cui è fondamentalmente riproposto un ulteriore motivo di ricorso, avente ad oggetto il provvedimento di irricevibilità della comunicazione, il cui annullamento deriva dall’accoglimento, per quanto di ragione, dei primi tre motivi dell’appello e conseguentemente dei primi due motivi del ricorso introduttivo.

8. A questo punto è necessario esaminare i primi due motivi dell’appello incidentale del Comune, che si riferiscono sempre alla parte della decisione relativa al provvedimento del 14 febbraio - 2 marzo 2022.

Le censure vanno rigettate.

8.1.Per quanto concerne l’immobile di Via C., la irricevibilità della comunicazione per incompletezza della documentazione allegata (per la mancata indicazione della capacità ricettiva e della metratura calpestabile) non solo non viene giustificata in base ad un parametro normativo corretto, non contenendo la legge regionale n. 27 del 2015 alcun riferimento in tale senso, ma, a fronte di una comunicazione, a cui è stata allegata, in ossequio al regolamento regionale n. 7 del 2016, la riproduzione della planimetria che corrisponda allo stato di fatto, è illegittima, come già evidenziato al punto 5, essendo la comunicazione in esame diretta a monitorare l’offerta turistica e non a sollecitare i poteri di controllo della conformità dell’immobile ai requisiti edilizi o di igiene, imposti dalla normativa primaria e secondaria (poteri che il Comune può certamente esercitare, anche traendo spunto dalla comunicazione, ma in apposita e diversa sede procedimentale).

8.2. Le stesse considerazioni possono ripetersi per l’impugnazione incidentale concernente l’immobile di Via Q.. Per completezza va rilevato che l’appello incidentale si discosta in parte dalla motivazione del provvedimento, in cui si è contestata esclusivamente “l’artificiosa suddivisione dell’unità immobiliare in due distinte, di superficie inferiore al minimo stabilito dalla normativa edilizia vigente”, mentre in questa sede il Comune ha fatto riferimento, pur non potendo integrare in sede processuale la motivazione del provvedimento impugnato, anche alle dimensioni dei vani e locali, che compongono l’unità immobiliare. Ad ogni modo, l’estensione della porzione di immobile, di cui è consentita la locazione separatamente, non necessariamente deve rispettare il minimo di superficie stabilito per l’intera unità immobiliare, come correttamente ritenuto dal giudice di prime grado.

9. Prima di esaminare i residui due motivi dell’appello principale, riferiti al regolamento comunale impugnato, va esaminato l’appello incidentale del Comune, avente ad oggetto l’inammissibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 35 c.p.a., per difetto di interesse attuale e concreto, non essendo la disciplina sopravvenuta applicabile alle comunicazioni presentate prima della sua entrata in vigore, se non in occasione di un intervento di manutenzione straordinaria o di livello superiore, che interessi, anche solo parzialmente, la distribuzione interna dei locali o del servizio igienico, come si evince chiaramente dall’art. 7 del regolamento in esame.

Tale censura è fondata, in quanto, a prescindere dalle condizioni di immediata impugnabilità delle norme regolamentari, non è, nel caso in esame, configurabile alcun interesse attuale e concreto, visto che il regolamento è stato adottato successivamente alla presentazione della comunicazione e, per sua espressa previsione, si applica solo alle comunicazioni successive alla sua entrata in vigore.

In proposito, deve evidenziarsi che la ricorrente ha allegato la sussistenza del suo interesse solo in collegamento alla sua prospettazione difensiva, secondo cui il provvedimento di irricevibilità della comunicazione sarebbe funzionale alla ripresentazione dell’istanza, con conseguente applicazione nei suoi confronti del regolamento. Tuttavia, l’interesse, così come dedotto, non sussiste in considerazione della riforma della sentenza impugnata e dell’annullamento del provvedimento di irricevibilità e della diffida dall’attività di locazione.

Peraltro, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, le norme regolamentari devono essere immediatamente e autonomamente impugnate entro i termini prescritti, quando sono in grado di provocare direttamente e immediatamente una lesione concreta e attuale agli interessi giuridici di un soggetto; laddove si tratti di disposizioni astratte e generali, suscettibili di applicazioni multiple e che causano un danno solo al momento dell'emanazione del provvedimento applicativo, la norma regolamentare non richiede un ricorso immediato, che sarebbe comunque inammissibile per mancanza di una lesione attuale e concreta: tali norme devono essere impugnate insieme al provvedimento applicativo di cui sono il presupposto, poiché è solo quest'ultimo che causa effettivamente il danno agli interessi dei soggetti coinvolti (Cons. St., Sez. IV, 1° luglio 2024, n. 5779). Soltanto nel caso in cui le norme regolamentari si rivolgano direttamente ai privati, sussiste non solo la facoltà, ma anche l'onere, di impugnativa immediata; nel caso in cui invece le norme non regolamentano la posizione del cittadino, bensì la condotta dell'amministrazione, non vi è una lesione immediata per la sfera giuridica del cittadino, pertanto la facoltà di impugnazione sussisterà solo in caso di adozione di un atto applicativo (cfr. Cons. St., parere n. 5007/2010).

Occorre brevemente soffermarsi sull’art. 6 del regolamento che, dettando una disciplina relativa agli impianti degli immobili offerti in locazione e prescrivendo immediati interventi di adeguamento a carico dei proprietari degli stessi, potrebbe ritenersi rivolta effettivamente al privato, in capo al quale sorge un obbligo o, quantomeno, un onere. Tuttavia, la ricorrente non ha mai allegato di dovere eseguire opere di adeguamento degli impianti in virtù di tale disciplina, per cui non si rintraccia, nel caso in esame, un interesse attuale e concreto all’impugnazione proposta.

10. In conclusione, devono essere accolti, per quanto di ragione, i primi tre motivi dell’appello principale, con assorbimento del quarto e quinto, e conseguentemente devono essere accolti per quanto di ragione i motivi del ricorso relativi al provvedimento del 2 marzo 2022, prot. 3472. Gli ultimi due motivi dell’appello principale (così come, in riforma della sentenza impugnata, quelli del ricorso introduttivo riferiti al regolamento) devono, invece, essere dichiarati inammissibili, in accoglimento parziale dell’appello incidentale del Comune, che nella restante parte va rigettato.

Stante la soccombenza reciproca e tenuto conto della complessità della controversia e delle questioni affrontate, le spese di lite devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

Accoglie per quanto di ragione i primi tre motivi dell’appello principale, assorbe il quarto ed il quinto, con conseguente parziale accoglimento del ricorso introduttivo e con conseguente annullamento del provvedimento del 2 marzo 2022, prot. 3472.

Dichiara inammissibili gli ultimi due motivi dell’appello principale e del ricorso introduttivo, riferiti al regolamento comunale, in parziale accoglimento dell’appello incidentale del Comune, che rigetta nel resto.

Dichiara integralmente compensate le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Fantini, Presidente FF

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Francesca Picardi, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

Francesca Picardi

IL PRESIDENTE

Stefano Fantini

IL SEGRETARIO

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