ORDINANZA N. 8
ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 464 del codice di procedura penale, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Venezia nel procedimento penale a carico di D. C. e altro, con ordinanza del 19 maggio 2016, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza del 19 maggio 2016 (r.o. n. 161 del 2016), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Venezia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 464 del codice di procedura penale, in riferimento all’art. 25, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, in sede di opposizione a decreto penale di condanna, attribuisce al giudice per le indagini preliminari, anziché al tribunale in composizione monocratica, la competenza «alla celebrazione dei riti alternativi e alla emissione del decreto di [giudizio immediato]», per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio;
che il rimettente riferisce di avere emesso, su richiesta del pubblico ministero, un decreto penale di condanna per un reato a citazione diretta e che, in seguito all’opposizione degli imputati, con contestuale richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il giudice a quo, in applicazione dell’art. 464, comma 1, cod. proc. pen., e previa acquisizione del consenso del pubblico ministero al patteggiamento, ha fissato l’udienza ai fini della celebrazione del rito alternativo;
che la disposizione censurata disciplina il giudizio conseguente all’opposizione a decreto penale di condanna;
che il rimettente dubita che l’attribuzione normativa della competenza a pronunciarsi sulla domanda di applicazione della pena al giudice per le indagini preliminari, anziché al tribunale in composizione monocratica, sia conforme al principio di precostituzione per legge del giudice naturale, enunciato dall’art. 25, primo comma, Cost., nei casi in cui il reato sia a citazione diretta, e non debba pertanto svolgersi l’udienza preliminare;
che il giudice a quo, preso atto della «indiscussa» interpretazione dell’art. 464 cod. proc. pen. nel senso di attribuire al giudice per le indagini preliminari la competenza a celebrare il rito alternativo, dubita che sia leso l’art. 25, primo comma, Cost., perché «[l]a scelta meramente discrezionale del PM di esercitare l’azione penale con la richiesta di emissione di [d]ecreto [p]enale di condanna, anziché col rito ordinario della citazione diretta a giudizio, ottiene l’effetto di fare celebrare i riti alternativi al Gip»;
che la «piena discrezionalità» di cui godrebbe il pubblico ministero, nella scelta tra procedere con la richiesta di decreto penale di condanna o con la citazione diretta a giudizio, comporterebbe parimenti la prerogativa di individuare il giudice competente a celebrare i riti alternativi, ovvero il giudice per le indagini preliminari nel primo caso, e il tribunale in composizione monocratica nel secondo;
che sarebbe perciò necessario accogliere la questione, con conseguente trasmissione degli atti da parte del giudice per le indagini preliminari rimettente al tribunale in composizione monocratica, al fine di decidere sulla domanda di applicazione della pena;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, e, nel merito, infondata;
che l’Avvocatura dello Stato eccepisce l’inammissibilità della questione, perché il rimettente non ha censurato l’art. 557 cod. proc. pen., che sarebbe la disposizione applicabile nel caso di specie, in quanto relativa al procedimento per decreto per i reati a citazione diretta;
che, inoltre, il rimettente, pur dando atto della possibilità di una interpretazione costituzionalmente conforme, non vi avrebbe dato corso, come invece sarebbe stato suo dovere;
che oggetto della questione di legittimità costituzionale, infine, non sarebbe una disposizione normativa, ma la «interpretazione giurisprudenziale della stessa»;
che nel merito l’Avvocatura dello Stato osserva che la scelta del pubblico ministero tra richiesta di decreto penale e citazione diretta a giudizio «è espressione della discrezionalità che caratterizza la funzione giudiziaria», e nel primo caso si manifesta comunque con una «richiesta motivata, soggetta al vaglio del giudice» e da quest’ultimo rigettabile ai sensi dell’art. 459, comma 3, cod. proc. pen.;
che il giudice competente sarebbe perciò stato individuato, in conformità all’art. 25, primo comma, Cost., «sulla base di criteri generali prestabiliti dalla legge».
Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Venezia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 464 del codice di procedura penale, in riferimento all’art. 25, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, in caso di opposizione a decreto penale di condanna, attribuisce al giudice per le indagini preliminari, anziché al tribunale in composizione monocratica, la competenza «alla celebrazione dei riti alternativi e alla emissione del decreto di [giudizio immediato]», per i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio;
che a parere del giudice a quo il principio di precostituzione per legge del giudice naturale sarebbe violato, perché la competenza del giudice per le indagini preliminari dipenderebbe dalla scelta arbitraria del pubblico ministero di esercitare l’azione penale con la richiesta del decreto penale di condanna, anziché con il decreto di citazione a giudizio;
che, infatti, nel primo caso la competenza è del giudice per le indagini preliminari, mentre nel secondo spetta al tribunale in composizione monocratica (art. 555, comma 2, cod. proc. pen.);
che il rimettente deve decidere su una domanda di applicazione della pena, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., proposta con l’opposizione a un decreto penale di condanna, in relazione a un reato per il quale è prevista la citazione diretta a giudizio (art. 550 cod. proc. pen.);
che per tale ipotesi l’art. 557 cod. proc. pen. attribuisce la competenza a provvedere al giudice per le indagini preliminari al quale è rivolta l’opposizione;
che tale disposizione costituisce norma speciale relativa al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica;
che essa pertanto va applicata in luogo della normativa contenuta nei libri del codice che precedono l’ottavo (art. 549 cod. proc. pen.);
che l’art. 464 cod. proc. pen., censurato dal rimettente e relativo al giudizio conseguente all’opposizione a decreto penale di condanna, è contenuto nel sesto libro del codice e non trova applicazione nel giudizio con citazione diretta, per quanto concerne la competenza a definire il rito alternativo, perché tale competenza è attribuita al giudice per le indagini preliminari direttamente dall’art. 557 cod. proc. pen., che non forma oggetto di censura;
che, a causa della aberratio ictus in cui è incorso il rimettente (ex plurimis, ordinanza n. 182 del 2016), l’eccezione di inammissibilità proposta dall’Avvocatura generale dello Stato è fondata;
che per tale ragione la questione è manifestamente inammissibile, restando assorbiti gli ulteriori profili di inammissibilità.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 464 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 25, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Venezia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA