SENTENZA N. 81
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5 (Norme per il sostegno e la valorizzazione del sistema informativo regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 13-17 aprile 2018, depositato in cancelleria il 20 aprile 2018, iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
udito nella udienza pubblica del 5 marzo 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
uditi l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 13-17 aprile 2018 e depositato il 20 aprile 2018 (reg. ric. n. 32 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5 (Norme per il sostegno e la valorizzazione del sistema informativo regionale), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, nonché all’art. 4, primo comma, numero 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rappresentato che la legge regionale oggetto di censura, nel prevedere l’applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico al personale iscritto all’albo dei giornalisti che presta servizio presso gli uffici stampa delle amministrazioni del comparto unico della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e degli enti del Servizio sanitario regionale, sarebbe in contrasto con la normativa nazionale che regola la materia.
In particolare, il contrasto deriverebbe dalla previsione dell’art. 9, comma 5, della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) – citata dalla stessa norma regionale – che demanda alla contrattazione collettiva l’individuazione e regolamentazione, nell’ambito di una speciale area di contrattazione, dei profili professionali del personale addetto agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni, senza prevedere alcuna automatica applicazione del contratto collettivo nazionale giornalistico.
Secondo la difesa dello Stato, la disposizione regionale determinerebbe una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici, tanto più considerando che l’ipotesi di intesa relativa al nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto funzioni locali, sottoscritto in data 21 febbraio 2018, prevede all’art. 18-bis l’istituzione e la disciplina dei nuovi profili professionali per le attività di comunicazione e informazione delle pubbliche amministrazioni.
In ogni caso, la previsione regionale impugnata si porrebbe in contrasto con il principio generale, riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il trattamento economico dei dipendenti pubblici privatizzati è demandato alla contrattazione collettiva e, quanto al personale del comparto della sanità, sarebbe in contrasto con le disposizioni del Titolo terzo del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riservano alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina dei rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, quali i contratti collettivi.
Inoltre, prosegue la difesa dello Stato, la disposizione determinerebbe una disparità di trattamento sia rispetto agli impiegati di altre Regioni che al restante personale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e con quello di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ed eccederebbe le competenze statutarie attribuite dall’art. 4 dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale addetto, da esercitarsi in armonia con la Costituzione e con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale.
2.– Con atto depositato il 28 maggio 2018 si è costituita in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia che ha chiesto di dichiarare inammissibile e infondato il ricorso, riservando a successiva memoria l’illustrazione delle relative ragioni.
3.– Con successiva memoria del 12 febbraio 2019 la Regione resistente deduce che l’art. 1, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2018 è intervenuto nelle more dell’attuazione dell’art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, che demanda alla contrattazione collettiva il compito di individuare e regolamentare i profili professionali per l’attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni.
La norma impugnata sarebbe espressione della competenza primaria riconosciuta alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dall’art. 4, primo comma, numero 1), del suo statuto speciale, in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto» e, secondo la resistente, la censura dello Stato, basata sulla lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sarebbe inammissibile in considerazione della clausola di maggior favore sancita dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), secondo cui, nelle more dell’adeguamento di rispettivi statuti, le disposizioni della legge costituzionale «si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».
In particolare, l’inammissibilità deriverebbe dalla mancata illustrazione, nel ricorso dello Stato, delle ragioni per cui si debba assumere a parametro di legittimità la norma costituzionale in luogo delle previsioni contenute nello statuto speciale, che attribuisce una competenza primaria in materia di «stato giuridico ed economico del personale».
4.– Nel merito, prosegue la Regione, la questione prospettata sarebbe infondata poiché l’art. 1, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2018 non lederebbe né l’art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, né la riserva di contrattazione collettiva, né vi sarebbe incompetenza della Regione in riferimento al personale dipendente degli enti del Servizio sanitario regionale.
Quanto al primo aspetto, andrebbe considerato che la norma impugnata si sarebbe limitata a richiamare il contratto collettivo di lavoro dei giornalisti, senza alterarne il contenuto e i diritti e gli obblighi che ne derivano; la Regione, dunque, avrebbe esercitato, quale datore di lavoro, il diritto di scegliere il contratto collettivo applicabile al personale degli uffici stampa, senza invasione della competenza statale e, anzi, in attuazione dei principi generali di diritto privato e della legge n. 150 del 2000.
Quest’ultima, infatti, all’art. 9, comma 5, avrebbe riconosciuto la specialità del lavoro giornalistico negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni, tanto da richiedere una specifica contrattazione collettiva con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti, senza però aver mai ricevuto attuazione per la colpevole inerzia del legislatore nazionale.
Con l’adozione della norma regionale impugnata, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia avrebbe dato attuazione al suddetto art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, in piena coerenza con le disposizioni statali e nel rispetto dell’art. 10 della stessa legge n. 150 del 2000 che, annoverando l’art. 9 nei principi fondamentali di cui all’art. 117 Cost., ne impone le prescrizioni anche alle autonomie speciali.
Peraltro, la prescrizione normativa regionale corrisponderebbe alla stessa giurisprudenza costituzionale che, con la sentenza n. 85 del 2016, avrebbe riconosciuto l’idoneità del riferimento al contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, quale adeguato parametro oggettivo di commisurazione delle retribuzioni del personale che svolge attività di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni.
5.– Con specifico riferimento al principio di riserva di contrattazione stabilito dal d.lgs. n. 165 del 2001, la Regione osserva che l’art. 1, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2018 ne assicura il rispetto sia perché il rinvio al contratto dei giornalisti è dinamico e comprende le successive evoluzioni, sia per la natura transitoria della disciplina, che è destinata ad operare fino all’attuazione dell’art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000.
6.– A maggior supporto delle proprie argomentazioni, la Regione ricorda che l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), in sede di definizione di contratti collettivi del settore pubblico, ha reso una dichiarazione congiunta con la Federazione nazionale della stampa italiana in data 2 maggio 2018, con cui è stata riconosciuta la specificità del lavoro giornalistico e la legittimità dell’applicazione transitoria del contratto giornalisti agli addetti degli uffici stampa pubblici.
7.– Con specifico riferimento alla disciplina del personale del comparto sanitario, la Regione rappresenta che l’estensione ad esso della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2018 deriverebbe dalla competenza primaria statutaria in materia di stato giuridico ed economico del personale, comprensiva del personale degli enti dipendenti dalla Regione, tra cui vanno annoverate le aziende sanitarie ed ospedaliere del Friuli-Venezia Giulia, e sarebbe coerente con la piena autonomia del sistema sanitario friulano, che non partecipa al fondo sanitario regionale.
8.– In relazione alla censura riferita all’art. 3 Cost. la Regione deduce l’inconferenza del parametro in ragione dell’autonomia legislativa in materia di stato giuridico ed economico del personale ad essa riconosciuta e, comunque, precisa che l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico sarebbe in linea con l’atto di indirizzo del 16 aprile 2003, con cui le Regioni e le Province autonome hanno statuito di applicare il suddetto contratto ai dipendenti degli uffici stampa per garantire omogeneità professionale e retributiva.
In ogni caso, sarebbe la stessa legge n. 150 del 2000 a richiedere un trattamento differenziato per tali categorie di lavoratori, in ragione della specificità del lavoro giornalistico.
9.– Quanto all’art. 97 Cost., la Regione resistente deduce l’inammissibilità della questione relativa al suddetto parametro, poiché evocato in modo generico e privo di motivazione idonea a comprendere perché la norma impugnata, che non lascia discrezionalità all’amministrazione, incida sul canone di imparzialità.
10.– Analogamente inammissibile e, comunque, infondata sarebbe la lesione dell’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, non avendo la difesa dello Stato spiegato in cosa si concretizzerebbe l’eccedenza dai limiti della competenza statutaria.
11.– La norma impugnata, infine, ad avviso della resistente, non potrebbe essere dichiarata incostituzionale alla luce dei precedenti specifici della Corte e segnatamente alla luce della sentenza n. 189 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità di una norma della Regione Siciliana che aveva previsto l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico agli addetti degli uffici stampa, poiché in quel caso la ragione dell’illegittimità era stata rinvenuta nel fatto che la norma non aveva operato un mero rinvio alla contrattazione collettiva, ma aveva individuato la qualifica e il trattamento economico spettanti agli addetti in questione.
Nel caso all’esame, invece, l’art. 1, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2018 avrebbe natura transitoria, fino all’attuazione dell’art. 9 della legge n. 150 del 2000, facendo quindi salva la futura contrattazione e lasciando liberi gli agenti negoziali rappresentativi delle categorie delle amministrazioni datrici di lavoro e dei dipendenti interessati.
Per le stesse ragioni neppure sarebbe conforme il richiamo alla recente sentenza n. 10 del 2019, di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma della Regione Lazio in materia di applicazione del contratto nazionale giornalistico agli addetti degli uffici stampa istituzionali, tanto più che essa è riferita ad una legge di Regione a statuto ordinario.
12.– Con memoria del 12 febbraio 2019 la difesa dello Stato ha ribadito le proprie argomentazioni, facendo espresso richiamo, ai fini della fondatezza del ricorso, al precedente della Corte costituzionale costituito dalla sentenza n. 10 del 2019 in materia analoga, e precisando che, in data 21 maggio 2018, è stato definitivamente perfezionato il nuovo CCLN funzioni locali, il cui art. 18-bis prevede la disciplina dei profili professionali per le attività di comunicazione e informazione nelle pubbliche amministrazioni.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, comma 3, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5 (Norme per il sostegno e la valorizzazione del sistema informativo regionale), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nonché all’art. 4, comma 1, numero 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
La norma impugnata prevede che, nelle more dell’attuazione dell’art. 9, comma 5, della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni), al personale iscritto all’albo dei giornalisti che presta servizio presso gli uffici stampa istituzionali delle amministrazioni del comparto unico del Friuli-Venezia Giulia e degli enti del Servizio sanitario nazionale si applica il contratto nazionale di lavoro giornalistico.
Secondo la prospettazione della difesa dello Stato l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico al personale regionale colliderebbe con il principio generale che riserva alla contrattazione collettiva il trattamento economico dei dipendenti pubblici, nonché con la legge n. 150 del 2000 che sancisce la riserva di contrattazione anche per il personale che svolge attività di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni; inoltre, la norma contrasterebbe con il Titolo terzo del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e, conseguentemente, con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza statale la materia «ordinamento civile», nel cui ambito ricadrebbe la regolamentazione dei rapporti di lavoro di diritto privato, determinando altresì una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici, in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
In ogni caso la norma regionale impugnata eccederebbe la competenza statuaria di cui all’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto, che deve svolgersi nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
2.– In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, non avendo lo Stato motivato per quale ragione ritiene applicabile la previsione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in luogo della competenza statutaria in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale.
Nel caso in esame l’Avvocatura dello Stato ha indicato nel ricorso la competenza statutaria in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale, precisando che essa deve svolgersi in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale e ha individuato tali ultimi limiti nel principio generale di riserva di contrattazione collettiva, specificamente declinato dal Titolo terzo del d.lgs. n. 165 del 2001 e dalla legge n. 150 del 2000 in riferimento alla attività di giornalismo nella pubblica amministrazione.
Tale argomentazione è sufficiente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, a ritenere ammissibile il ricorso, avendo lo Stato individuato seppure in via sintetica, ma comunque univoca, i motivi di eccedenza dalle competenze statutarie nel contrasto con il principio generale di riserva della contrattazione collettiva e le norme interposte che lo declinano (sentenza n. 315 del 2013).
3.– Nel merito la questione è fondata.
3.1.– Il d.lgs. n. 165 del 2001 ha stabilito che i rapporti di lavoro pubblici cosiddetti contrattualizzati sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e sono oggetto di contrattazione collettiva.
Questa Corte ha affermato che tale disciplina «costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, alla stregua dell’art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale rinvia in proposito ai principi desumibili dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che, al comma 1, lettera a), stabilisce per l’appunto come principio la regolazione mediante contratti individuali e collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore pubblico» (sentenza n. 314 del 2003).
3.2.– La costante giurisprudenza di questa Corte ha, poi, precisato che la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore nazionale, che in tale materia fissa principi che «costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono anche alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007).
La qualificazione della riserva di contrattazione collettiva posta dal legislatore statale quale norma fondamentale di riforma economico-sociale comporta che essa operi come limite all’autonomia della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in base alle previsioni dello stesso statuto, che impone che l’esercizio delle attribuzioni regionali avvenga nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
3.3.– Con particolare riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici aventi la qualifica di giornalisti, questa Corte, con la sentenza n. 10 del 2019, a proposito di una norma regionale avente contenuti assimilabili a quella di odierna impugnativa adottata dalla Regione Lazio, ha stabilito che «[l]a previsione, da parte della legge regionale impugnata, di applicazione ai giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della Regione di un contratto collettivo non negoziato dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), ma dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana, vìola l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.».
In particolare, la norma della Regione Lazio prevedeva espressamente l’applicazione del contratto giornalistico ai giornalisti impiegati presso gli uffici stampa della Giunta e del Consiglio regionale, a seguito di concorso e di relativa immissione in ruolo.
3.4.– La norma della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia oggetto di impugnativa si riferisce, invece, genericamente «al personale iscritto all’albo dei giornalisti che presta servizio preso gli uffici stampa istituzionali delle amministrazioni del comparto unico del Friuli-Venezia Giulia e degli enti del servizio sanitario regionale», sicché l’incostituzionalità di essa viene in rilievo con specifico riferimento ai giornalisti assunti quali pubblici dipendenti.
Con le leggi regionali 31 agosto 1981, n. 53 (Stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia), 9 dicembre 1982, n. 81 (Modificazioni, integrazioni ed interpretazioni della legge regionale 31 agosto 1981, n. 53. Inquadramento di personale in posizione di comando ed assunto a contratto), e 4 marzo 1991, n. 9, recante «Norme di revisione contrattuale dello stato giuridico e del trattamento economico del personale assunto con contratto di lavoro giornalistico e inquadramento di personale tecnico (modifiche ed integrazioni alla legge regionale 31 agosto 1981, n. 53 e alla legge regionale 1° marzo 1988, n. 7)», la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto», aveva riconosciuto ai dipendenti regionali iscritti all’ordine dei giornalisti, che svolgevano mansioni giornalistiche da almeno due anni presso l’ufficio stampa e pubbliche relazioni, la facoltà di richiedere l’assunzione a contratto con l’applicazione dello stato giuridico e del trattamento economico previsto dal Contratto collettivo nazionale dei giornalisti. Il rapporto d’impiego veniva, pertanto, novato e trasformato con l’assunzione a contratto e l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico di diritto privato.
Successivamente, la legge statale n. 150 del 2000, che ha connotati di specialità, anche rispetto alla normativa di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, regolando l’attività di comunicazione e informazione nelle pubbliche amministrazioni, ha tuttavia previsto, nel ricordato processo di contrattualizzazione del pubblico impiego, una specifica area di contrattazione per gli addetti agli uffici stampa nella pubblica amministrazione, prevedendo l’intervento delle organizzazioni rappresentative dei giornalisti.
A sua volta, l’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nel ridurre a quattro i comparti di contrattazione collettiva nazionale nel pubblico impiego, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza, prevede che «[n]ell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità».
3.5.– Le predette disposizioni statali sono espressione della competenza esclusiva dello Stato della disciplina del rapporto di lavoro pubblico, anche in riferimento al personale di aree professionali specifiche, e della riserva di contrattazione collettiva, con conseguente illegittimità dell’intervento normativo regionale.
3.6.– Vanno, infine, disattese le argomentazioni della Regione facenti leva sul carattere temporaneo della norma censurata, la cui applicazione è limitata «[n]elle more dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 9, comma 5, della legge 7 giugno 2000, n. 150», ovvero sulla competenza statutaria regionale in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto.
Difatti, quanto alla dedotta competenza statutaria, essa, come detto, deve trovare i limiti nell’ordinamento civile.
Quanto al carattere transitorio della disciplina regionale oggetto di impugnativa, è da osservare che il principio di riserva di contrattazione collettiva non può essere derogato nemmeno in via provvisoria.
4.– Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale dedotti in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nonché all’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5 (Norme per il sostegno e la valorizzazione del sistema informativo regionale).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA