Corte Costituzionale, Sentenza n.84 del 11/04/2019

Pubblicato il
Turismo - Norme della Regione Lombardia - Strutture ricettive - Istituzione del codice identificativo di riferimento (CIR) - Ricorso del Governo - Lamentata irragionevolezza nonché violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, promosse dal Governo in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lett. l), Cost., dell'art. 1, comma 1, lett. a), b) e c), della legge reg. Lombardia n. 7 del 2018, che prevede - al fine di semplificare i controlli delle autorità competenti, la pubblicità, la promozione e la commercializzazione dell'offerta delle strutture ricettive - l'istituzione del codice identificativo di riferimento (CIR) per le strutture ricettive, compresi gli alloggi (o le loro porzioni) dati in locazione per finalità turistiche, la relativa sanzione pecuniaria per il suo mancato utilizzo (da 500 a 2500 euro) nonché la possibilità che l'importo sia raddoppiato, in caso di reiterate violazioni, ferma la sospensione (non superiore a tre mesi) o la cessazione dell'attività, per i casi più gravi. Le disposizioni impugnate pongono un adempimento amministrativo precedente ed esterno al contratto di locazione turistica, sanzionandone gli inadempimenti, senza incidere sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale, che restano disciplinate dal diritto privato. Non sussiste, inoltre, la dedotta irrazionalità della disciplina, dal momento che le disposizioni - estendendo ai titolari di appartamenti dati in locazione l'obbligo di previa comunicazione al comune dell'avvio dell'attività, cui consegue l'assegnazione del CIR, e obbligando a indicare il CIR nei siti web o nelle altre forme di pubblicità - non possono ritenersi eccessivamente gravose, non comportando costi aggiuntivi o l'adozione di particolari accorgimenti organizzativi; né risultano irragionevoli le sanzioni amministrative poste a tutela di tali obblighi, in ragione degli importi non particolarmente elevati e della gradualità delle diverse misure previste. (Precedenti citati: sentenze n. 176 del 2018, n. 283 del 2016, n. 245 del 2015, n. 290 del 2013 e n. 80 del 2012). Secondo la costante giurisprudenza costituzionale la competenza sanzionatoria amministrativa non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali. (Precedenti citati: sentenze n. 121 del 2018, n. 148 del 2018, n. 271 del 2012, n. 246 del 2009, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004).

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

SENTENZA N. 84

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Lombardia 25 gennaio 2018, n. 7, recante «Integrazione alla legge regionale 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo). Istituzione del codice identificativo da assegnare a case e appartamenti per vacanze», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 marzo-3 aprile 2018, depositato in cancelleria il 6 aprile 2018, iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nella udienza pubblica del 5 marzo 2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Antonella Forloni per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Lombardia 25 gennaio 2018, n. 7, recante «Integrazione alla legge regionale 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo). Istruzione del codice identificativo da assegnare a case e appartamenti per vacanze», lamentando la violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

1.1.- Afferma il ricorrente che le disposizioni impugnate – le quali, rispettivamente, introducono i commi 8-bis e 8-ter nell’art. 38 della legge della Regione Lombardia 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo), inseriscono il comma 3-bis e modificano il comma 4 dell’art. 39 della medesima legge reg. Lombardia n. 27 del 2015 – istituiscono un codice identificativo di riferimento (CIR) da assegnare agli alloggi locati per finalità turistiche e da utilizzare nella promozione pubblicitaria, prevedendo, altresì, apposite sanzioni per coloro che non ne facciano richiesta.

In tal modo, esse avrebbero ingiustificatamente parificato la «disciplina degli alloggi locati per finalità turistiche e quella delle (differenti) strutture ricettive del tipo “case e appartamenti vacanze”, di cui all’art. 26 della legge regionale n. 27/2015».

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la disciplina degli alloggi locati per finalità turistica, senza servizi aggiuntivi, rientra nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.).

La locazione in parola, infatti, sarebbe disciplinata dall’art. 53 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), ai sensi del quale «Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in materia di locazione».

La materia - prosegue il ricorrente - è stata disciplinata per la prima volta dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), che stabilisce quali articoli della legge stessa siano applicabili anche agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche (art. l, comma 2, lettera c).

Per contro, le strutture ricettive denominate case e appartamenti per vacanze sarebbero delle vere e proprie strutture recettizie extralberghiere, che presupporrebbero una organizzazione a carattere imprenditoriale, e in quanto tali potrebbero essere disciplinate dal legislatore regionale perché rientranti nell’organizzazione del mercato turistico, di competenza residuale delle Regioni.

In conformità a tale impostazione, la Regione Veneto, con l’art. 27-bis della legge regionale 14 giugno 2013, n. 11 (Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto) e la Regione Emilia-Romagna, con l’art. 12 della legge regionale 28 luglio 2014, n. 16 (Disciplina delle strutture ricettive dirette all’ospitalità), avrebbero differenziato la disciplina delle locazioni per finalità turistiche rispetto a quella delle case vacanze.

Solo la messa a disposizione di quest’ultime costituirebbe esercizio di una impresa commerciale, consistente nella prestazione in forma professionale e organizzata di un servizio di alloggio e di eventuali servizi complementari, mentre la locazione turistica sarebbe null’altro che una forma di sfruttamento della proprietà privata non professionale e non organizzato. Non a caso l’art. 18 della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, nell’elencare le strutture ricettive non alberghiere, menzionerebbe le case vacanze ma non gli immobili dati in locazione turistica.

Il fenomeno della locazione turistica, dunque, si esaurirebbe sul piano dell’autonomia negoziale di diritto privato non commerciale, mentre il servizio di messa sul mercato di case vacanze costituirebbe una forma di attività economica, che giustifica anche la previsione di oneri amministrativi preventivi da parte della competente fonte legislativa.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, non varrebbe obiettare che anche le locazioni turistiche sono assoggettate ad adempimenti amministrativi come «la comunicazione dei flussi turistici e all’adempimento della denuncia degli ospiti in base alle indicazioni dell’autorità di pubblica sicurezza» (art. 38, comma 8, della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015).

Una cosa sarebbero gli adempimenti successivi alla stipulazione del contratto, diretti ad assicurare il soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, come le statistiche turistiche e i controlli di pubblica sicurezza, e come tali esterni e conseguenziali rispetto all’esercizio dell’autonomia negoziale; altra cosa sarebbero gli adempimenti preliminari a tale esercizio, come l’ottenimento e l’impiego nell’offerta pubblicitaria di un codice identificativo di riferimento di ogni singola unità ricettiva.

Pur essendo vero che l’omissione di quest’ultimi adempimenti non influisce sulla validità del contratto di locazione turistica, essa, alla stregua degli impugnati comma 3-bis e 4 dell’art. 39 della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, sarebbe comunque oggetto di rilevanti sanzioni amministrative, che condizionerebbero l’esercizio dell’autonomia negoziale e come tali farebbero parte integrante della sua disciplina, di competenza esclusiva dello Stato. Tale ingerenza nell’autonomia negoziale sarebbe peraltro sproporzionata rispetto alla generica dichiarata finalità di semplificare i controlli da parte delle autorità competenti.

1.2.- La disciplina censurata sarebbe anche irrazionale.

L’art. 38, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015 richiede per le case vacanze la comunicazione preventiva al Comune e per i servizi di ricettività diversi dalle case vacanze la segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) di cui all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Senonché, il comma 8-bis, nell’introdurre il CIR, lo collega alla comunicazione prevista dal comma l, allorché dispone che «Tale codice è riferito al numero di protocollo rilasciato al momento della ricezione della comunicazione di avvio attività di cui al comma l del presente articolo».

Sicché, per il proprietario che intenda dare il proprio immobile in locazione turistica non commerciale, l’adempimento introdotto dalla legge impugnata (l’ottenimento del CIR) sarebbe impossibile, non essendo esso tenuto a presentare alcuna comunicazione preventiva, oppure si tradurrebbe nell’obbligo di porre in essere un ulteriore, neppure espressamente previsto dalla legge, adempimento preliminare, quale, appunto, la comunicazione preventiva al Comune. Ciò aggraverebbe ulteriormente i vincoli precedenti all’esercizio dell’autonomia negoziale e lo sconfinamento del legislatore regionale nella sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile.

Considerata la sua «portata sproporzionata», sia per il carattere preventivo e condizionante, sia per la genericità dei fini pubblici che è destinato a soddisfare, la previsione dell’adempimento consistente nel procurarsi e nell’usare obbligatoriamente il CIR e del relativo corredo sanzionatorio sarebbe altresì irrazionale per manifesta eccedenza del mezzo rispetto al fine, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.

1.3.- Sotto un ulteriore profilo, poi, andrebbe ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (si citano le sentenze n. 1 del 2016, n. 245 del 2015 e n. 290 del 2013), la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile si porrebbe come limite al legislatore regionale, fondato sull’esigenza di garantire l’uniformità di trattamento sul territorio nazionale.

La disparità di condizioni in cui la previsione regionale impugnata porrebbe i locatori turistici lombardi rispetto a quelli operanti sul resto del territorio nazionale, senza che emergano differenze sostanziali tra gli uni e gli altri idonee a giustificare tale regime differenziato, violerebbe, dunque, l’art. 3 Cost.

2.- Si è costituita la Regione Lombardia, eccependo che la disciplina regionale censurata avrebbe il fine di inquadrare il sempre più diffuso fenomeno delle locazioni turistiche e non intenderebbe in alcun modo «prendere in considerazione forme contrattuali, quanto piuttosto tipologie di attività che interessano direttamente il tessuto turistico regionale», nell’esercizio della competenza regionale residuale in materia di turismo.

Secondo la Regione Lombardia, il CIR sarebbe da richiedere una sola ed iniziale volta e non alla stipula di ogni contratto, «al fine di poter mappare sia geograficamente che quantitativamente quelle che sono le unità abitative sul territorio regionale che fungono […] da locazioni turistiche».

Una volta rilasciato il codice, non sarebbero richiesti ulteriori adempimenti, se non quelli relativi alla comunicazione dei nominativi degli alloggiati alla Questura, così come impone la normativa statale. Il Ministero dell’interno, infatti, con circolare interpretativa del 26 giugno 2015 della direzione centrale affari generali della Polizia di Stato, avrebbe affermato che, per colmare un pericoloso vuoto normativo, l’onere di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza delle persone alloggiate di cui all’art. 109 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) non sarebbe circoscritto ai solo esercizi ricettivi tipizzati o tradizionalmente gestiti da operatori turistici professionali, ma andrebbe esteso anche a coloro i quali affittino appartamenti ammobiliati ad uso turistico.

Osserva poi la Regione resistente che anche la legge reg. Emilia-Romagna n. 16 del 2014, citata dalla difesa dello Stato, all’art. 12, comma 2, prevede che «coloro che intendono dare alloggio a turisti in appartamenti o case ne danno comunicazione al Comune, di norma, entro il 31 marzo nelle località a turismo estivo, entro il 31 ottobre nelle località a turismo invernale ed entro il 31 gennaio nelle restanti località». Con delibera di giunta regionale n. 2186 del 2005, la Regione Emilia-Romagna avrebbe specificato che i proprietari e gli usufruttuari che intendano locare direttamente, con contratti aventi validità non superiore a sei mesi consecutivi, le unità abitative ammobiliate ad uso turistico nella forma non imprenditoriale lo devono comunicare anteriormente alla prima locazione e annualmente al Comune.

Anche in questo caso, come per il CIR, l’adempimento sarebbe anteriore alla stipula del contratto di locazione. Nonostante le finalità perseguite dalle leggi regionali siano corrispondenti ed anzi la richiesta del CIR vada fatta solamente una volta, a differenza della comunicazione prevista dalla menzionata disposizione della Regione Emilia-Romagna, quest’ultima non sarebbe stata impugnata dallo Stato.

La Regione Lombardia ritiene, dunque, di non avere invaso la competenza statale in materia di ordinamento civile, ma di avere normato e creato «un argine entro cui far evolvere un fenomeno turistico nuovo, che viaggia sotto traccia e sfugge ai controlli, intesi in senso ampio. Si è ritenuto pertanto necessario trovare una modalità per far emergere il fenomeno e poterne venire a conoscenza, in modo da poter sviluppare politiche in materia di turismo sempre più pertinenti anche rispetto alle nuove esigenze di questa nuova e sempre più diffusa modalità di turismo».

Con riferimento alla lamentata invasione della competenza esclusiva statale, andrebbe ancora ricordato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei procedimenti amministrativi in materia di turismo spetta in via ordinaria alla competenza legislativa residuale delle Regioni (si cita la sentenza n. 80 del 2012).

La richiesta del CIR sarebbe un adempimento puramente amministrativo volto ad agevolare le attività di controllo delle autorità e non andrebbe di certo ad incidere direttamente sul rapporto tra locatore e locatario; né tanto meno potrebbe ravvisarsi alcuna sproporzione, poiché la norma censurata sarebbe ragionevolmente finalizzata ad acquisire «conoscenza del fenomeno turistico in senso lato, qualunque sia la modalità del servizio scelta dall’utente».

3.- Con memoria depositata in data 8 febbraio 2019, la Regione Lombardia ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie deduzioni difensive, evidenziando, in particolare, come l’inclusione delle locazioni ad uso turistico tra le strutture tenute all’obbligo di comunicazione dei flussi sia elemento indispensabile per l’effettiva conoscenza del fenomeno turistico e l’esercizio delle funzioni e competenze regionali di vigilanza e controllo. Logica conseguenza di tale inclusione sarebbe la previsione dell’utilizzo del CIR nella pubblicità, promozione e commercializzazione della relativa offerta.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Lombardia 25 gennaio 2018, n. 7, recante «Integrazione alla legge regionale 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo). Istruzione del codice identificativo da assegnare a case e appartamenti per vacanze», in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

1.1.- La lettera a) del comma 1 dell’art. 1 della legge reg. Lombardia n. 7 del 2018 ha modificato l’art. 38 della legge della Regione Lombardia 1° ottobre 2015, n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo), introducendo i commi 8-bis e 8-ter, i quali prevedono: «8 bis. Al fine di semplificare i controlli da parte delle autorità competenti, la pubblicità, la promozione e la commercializzazione dell’offerta delle strutture ricettive di cui all’articolo 26, compresi gli alloggi o le porzioni di alloggi dati in locazione per finalità turistiche ai sensi della legge 431/1998, con scritti o stampati o supporti digitali e con qualsiasi altro mezzo all’uopo utilizzato, devono indicare apposito codice identificativo di riferimento (CIR) di ogni singola unità ricettiva. Tale codice è riferito al numero di protocollo rilasciato al momento della ricezione della comunicazione di avvio attività di cui al comma 1 del presente articolo. La Giunta disciplina il codice identificativo di riferimento con propria delibera da adottarsi entro il 30 giugno 2018. 8 ter. I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, e che pubblicizzano, promuovono o commercializzano le attività di cui al comma 8 bis, pubblicano il CIR sugli strumenti utilizzati».

Il richiamato comma 1 dell’art. 38, a sua volta, stabilisce: «1. Le attività ricettive alberghiere e non alberghiere disciplinate nei capi I, II, III e IV del titolo III della presente legge, ad esclusione delle case e appartamenti per vacanze e dei bivacchi fissi per i quali occorre la preventiva comunicazione al comune competente per territorio, sono intraprese previa SCIA, ai sensi dell’articolo 19 della L. 241/1990».

Le lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 1 della legge reg. Lombardia n. 7 del 2018 hanno emendato l’art. 39 della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, rispettivamente aggiungendo il comma 3-bis e modificando il comma 4, i quali prevedono: «3 bis. I soggetti che non ottemperano correttamente all’obbligo di cui all’articolo 38, commi 8 bis e 8 ter, ovvero che contravvengono all’obbligo di riportare il CIR, che lo riportano in maniera errata o ingannevole sono soggetti alla sanzione pecuniaria da euro 500 a euro 2.500 per ogni attività pubblicizzata, promossa o commercializzata. 4. In caso di reiterate violazioni, le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e 3 bis sono raddoppiate, ferma restando la facoltà del comune di disporre, nei casi più gravi, previa diffida, la sospensione non superiore a tre mesi o la cessazione dell’attività».

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che le disposizioni in questione violino, in primo luogo, l’art. 3, sotto il profilo del principio di eguaglianza, e l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la disciplina degli alloggi locati per finalità turistica, senza servizi aggiuntivi, rientrerebbe nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile, e in particolare sarebbe prevista dall’art. 53 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), ai sensi del quale «Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in materia di locazione» (e prima ancora dall’art. 1, comma 2, lettera c, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo», che stabilisce quali articoli della legge stessa siano applicabili anche agli alloggi locati per finalità turistiche).

Per contro, le strutture ricettive denominate case e appartamenti per vacanze sarebbero delle vere e proprie strutture recettizie extralberghiere, che presuppongano una organizzazione a carattere imprenditoriale, e in quanto tali potrebbero essere disciplinate dal legislatore regionale, perché rientranti nell’organizzazione del mercato turistico, di competenza residuale delle Regioni.

Nel prevedere il CIR anche per le locazioni turistiche e le correlate sanzioni amministrative in caso di mancata spendita nella pubblicizzazione dell’offerta, il legislatore regionale avrebbe dunque irragionevolmente parificato la regolamentazione degli alloggi turistici a quella delle case vacanze e, conseguentemente, avrebbe posto i locatori turistici lombardi in una disparità di condizione rispetto a quelli operanti sul resto del territorio nazionale, senza che emergano differenze sostanziali tra gli uni e gli altri idonee a giustificare tale regime differenziato.

3.- La censura è infondata.

4.- L’assunto di fondo da cui muove il ricorrente, secondo cui la disciplina delle case vacanze sia da ascrivere tout court alla competenza residuale in materia di turismo e quella delle locazioni turistiche all’ordinamento civile, non è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui gli aspetti turistici anche di queste ultime ricadono nella competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 80 del 2012), mentre appartiene all’ordinamento civile la regolamentazione dell’attività negoziale e dei suoi effetti (tra le tante, sentenze n. 176 del 2018, n. 283 del 2016, n. 245 del 2015, n. 290 del 2013).

Il legislatore regionale lombardo – nel prevedere che anche i locatori turistici e i relativi intermediari debbano munirsi di un apposito codice identificativo di riferimento per ogni singola unità ricettiva, da utilizzare nella pubblicità, nella promozione e nella commercializzazione dell’offerta turistica – ha infatti inteso creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale, e ciò al fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche.

5.- Le disposizioni censurate pongono quindi un adempimento amministrativo precedente ed esterno al contratto di locazione turistica, sanzionando i correlativi inadempimenti, senza incidere sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale che restano disciplinate dal diritto privato.

5.1.- È appena il caso di notare, poi, che la lamentata differente regolamentazione delle locazioni turistiche (parificata, quanto al CIR, alle case vacanze) rispetto a quella vigente su altre parti del territorio nazionale è una legittima conseguenza dell’esercizio da parte della Regione Lombardia della sua competenza residuale in materia di turismo (competenza, peraltro, già esercitata da altre Regioni).

6.- Con una seconda articolata censura il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost, perché le norme impugnate: 1) ancorano il CIR alla presentazione della comunicazione di cui al comma 1 dell’art. 38 della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, comunicazione cui però non sarebbe obbligato il locatore di alloggi per finalità turistiche, con conseguente irrazionalità della disciplina; ovvero, in alternativa, sottopongono la locazione turistica ad un ulteriore e non esplicito adempimento amministrativo (la comunicazione di cui al comma 1), così incidendo ulteriormente sulla libertà negoziale del locatore; 2) nell’imporre preventivi adempimenti amministrativi presidiati da rilevanti sanzioni, incidono sull’autonomia negoziale dei proprietari di alloggi da destinare a locazione turistica in maniera sproporzionata rispetto alle dichiarate generiche finalità di controllo pubblico sui fenomeni turistici.

7.- Anche questa censura è infondata.

8.- Con riferimento al primo profilo, la lettura congiunta dei commi 1 e 8-bis dell’art. 38 della legge reg. Lombardia n. 27 del 2015 rende evidente, anzitutto, che il legislatore regionale, con le disposizioni censurate, ha inteso in effetti estendere ai titolari di appartamenti dati in locazione turistica (equiparati dal comma 8-bis, ai fini che qui interessano, alle case vacanze) l’obbligo di previa comunicazione al Comune competente per territorio dell’avvio dell’attività, comunicazione cui consegue l’assegnazione del CIR da utilizzare nella pubblicità.

Tale adempimento va effettuato una sola volta e pertanto non può dirsi eccessivamente gravoso, né eccessivamente gravoso è l’obbligo di indicare il CIR nei siti web o nelle altre forme di pubblicità tradizionali, non comportando alcun costo aggiuntivo o l’adozione di particolari accorgimenti organizzativi a carico dei locatori.

Non sussiste, dunque, la dedotta irrazionalità.

9.- Né, con riferimento al secondo profilo di censura, sono irragionevoli le sanzioni amministrative poste a tutela di tali obblighi, la cui previsione è legittimata dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «la competenza sanzionatoria amministrativa non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali» (sentenza n. 121 del 2018; nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 148 del 2018, n. 271 del 2012, n. 246 del 2009, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004).

Le disposizioni impugnate prevedono una sanzione pecuniaria per ogni attività pubblicizzata, promossa o commercializzata (il cui importo raddoppia in caso di reiterate violazioni) e la sospensione non superiore a tre mesi o la cessazione dell’attività nei casi più gravi: gli importi non particolarmente elevati della prima e soprattutto la gradualità delle diverse misure previste non manifestano l’irragionevolezza lamentata.

10.- Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge reg. Lombardia n. 7 del 2018, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., devono, pertanto, essere dichiarate non fondate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione Lombardia 25 gennaio 2018, n. 7, recante «Integrazione alla legge regionale 1° ottobre 2015 n. 27 (Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo). Istruzione del codice identificativo da assegnare a case e appartamenti per vacanze», promosse, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2019.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472