SENTENZA N. 141
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 17 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-20 giugno 2019, depositato in cancelleria il 24 giugno 2019, iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito il Giudice relatore Giancarlo Coraggio ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 9 giugno 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 10 giugno 2020.
Ritenuto in fatto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 17-20 giugno 2019, depositato il successivo 24 giugno, iscritto al n. 73 del reg. ric. 2019, ha impugnato l’art. 10, comma 4 (recte: l’art. 1, comma 1), della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 17 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009), che ha sostituito il comma 1 dell’art. 49-bis della legge della Regione Toscana 23 luglio 2009, n. 40 (Norme sul procedimento amministrativo, per la semplificazione e la trasparenza dell’attività amministrativa), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
2.- La norma impugnata prevede che «La Regione acquisisce il documento unico di regolarità contributiva (DURC) prima del provvedimento di concessione e nelle fasi della liquidazione di ogni tipologia di contributi, benefici, sovvenzioni, di importo pari o superiore ad euro 5.000,00, effettuati con risorse regionali, a qualsiasi titolo e a favore di qualsiasi soggetto tenuto ad obblighi contributivi».
Ad avviso della difesa dello Stato l’esenzione, ancorché limitata alla concessione di benefici economici di lieve entità, confliggerebbe con la disciplina statale che, invece, a tal fine richiede il possesso, senza alcuna limitazione, del DURC.
3.- A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente richiama le seguenti disposizioni statali:
- art. 10, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, che stabilisce: «Per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni comunitari le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266»;
- art. 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», che prevede: «Per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266»;
- art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», che sancisce: «A decorrere dal 1° luglio 2007, i benefìci normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge […]»;
- art. 31, comma 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, che stabilisce: «Alle erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere, compresi quelli di cui all’articolo 1, comma 553, nella legge 23 dicembre 2005, n. 266, da parte di amministrazioni pubbliche per le quali è prevista l’acquisizione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), si applica il comma 3 del presente articolo».
4.- In sostanza, argomenta il ricorrente, in ragione della richiamata normativa statale, tutte le ipotesi di erogazione di risorse pubbliche richiedono, inderogabilmente e senza esenzioni legate a limiti di importo, il possesso in capo al beneficiario del DURC.
Ciò, poiché la regolarità contributiva assicurata ai lavoratori costituisce requisito essenziale di corretto esercizio dell’impresa.
L’ordinamento non tollera che possano competere operatori che quell’onere osservano e operatori che lo violano, in quanto ciò sarebbe lesivo di una sana concorrenza.
La deroga prevista dalla legge regionale, quindi, inciderebbe illegittimamente sugli obblighi previsti dalla legge statale, in particolare nel caso di fruizioni di benefici e sovvenzioni comunitarie.
Né rileva la provenienza della provvista, che può essere regionale, statale o comunitaria, dovendo trovare applicazione il principio, che deve essere valido su tutto il territorio nazionale, che chiunque acceda a benefici pubblici, di qualsiasi entità, deve essere in regola con gli obblighi contributivi.
Ponendo sullo stesso piano imprese regolari e imprese irregolari, la disposizione in argomento violerebbe pertanto la “tutela della concorrenza”, materia di competenza esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
5.- In data 25 luglio 2019, si è costituita la Regione Toscana resistendo all’impugnazione in quanto non sussisterebbe nella normativa nazionale la previsione dell’acquisizione obbligatoria del DURC per la concessione di qualsiasi contributo.
Il DURC, sostiene la resistente, è sempre obbligatorio nelle procedure pubbliche di opere, servizi e forniture. Per le erogazioni di sovvenzioni, contributi sussidi, ausili finanziari, invece, deve essere acquisito quando ciò è previsto da specifiche disposizioni normative, come sancito dall’art. 10, comma 7, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito, dall’art. 1, comma 553, della legge n. 266 del 2005, e dall’art. 1, comma 1175, della legge n. 296 del 2006.
Invece, l’art. 31, comma 8-bis, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, condiziona l’acquisizione del DURC ad una specifica previsione normativa.
La Regione ricorda che la legge della Regione Toscana 2 gennaio 2019, n. 1 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009), che ha introdotto l’art. 49-bis nella legge reg. Toscana n. 40 del 2009, ha esteso l’obbligo di presentazione del DURC a tutti i casi di concessione dei contributi.
Nel preambolo della legge reg. Toscana n. 1 del 2019 si precisa che «Le pubbliche amministrazioni devono acquisire il documento unico di regolarità contributiva (DURC), tra l’altro, per tutti i contratti pubblici, per la gestione di servizi ed attività pubbliche in convenzione o concessione, per i lavori privati in edilizia soggetti al rilascio di permesso di costruire o a denuncia inizio attività, per finanziamenti e sovvenzioni per la realizzazione di investimenti previsti dalla normativa comunitaria o da normative specifiche, anche regionali» e che «La normativa nazionale in materia di regolarità contributiva è spesso integrata da leggi regionali che individuano ulteriori fasi o particolari motivazioni che rendono necessario acquisire il DURC. Permangono difformità applicative sull’acquisizione del DURC in alcuni casi di contributi regionali per i quali l’obbligo non è previsto dalla normativa nazionale ed è quindi necessario stabilire in via generale l’obbligo della relativa verifica».
Assume la Regione Toscana che la norma impugnata, nel sostituire il comma 1 dell’art. 49-bis della legge regionale n. 40 del 2009, ha ribadito tale obbligo prevedendo una diversa modalità di controllo per i contributi inferiori ad euro 5.000,00.
Ciò emerge dal preambolo della legge reg. Toscana n. 17 del 2019 che sancisce: «In sede di prima applicazione delle disposizioni dell’articolo 49-bis, inserito nella l.r. 40/2009 dalla l.r. 1/2019, si è resa evidente l’esigenza di eliminare le difformità applicative sull’acquisizione del documento unico di regolarità contributiva (DURC) in alcuni casi di contributi regionali per i quali l’obbligo non è previsto dalla normativa nazionale, come del resto si evinceva dal preambolo della citata l.r. 1/2019. Per i procedimenti contributivi, inoltre, è apparso congruo limitare l’applicazione della vigente disposizione dell’articolo 49-bis ai contributi d’importo pari o superiore ad euro 5.000,00».
Nel medesimo preambolo ricorda la Regione, è stato inoltre stabilito: «Restano comunque fermi, al di sotto di tale importo, per i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi contributivi per il personale dipendente, i controlli a campione sulle relative dichiarazioni di regolarità, ai sensi della vigente normativa statale e regionale».
La norma impugnata, pertanto, non avrebbe ridotto l’ambito di applicazione della disciplina statale, ma avrebbe esteso anche ai contributi erogati con risorse regionali l’obbligo di acquisizione del DURC.
Assume la Regione Toscana che, come integrata dal preambolo, la norma impugnata si limiterebbe ad introdurre una misura di semplificazione procedurale secondo la quale, per i contributi di importo esiguo, la verifica della regolarità della posizione contributiva dei soggetti beneficiari, da parte della Regione, è riservata ad una fase successiva di controllo.
Non vi sarebbe la violazione della disciplina statale, in quanto il campo di applicazione della norma è costituito esclusivamente dai contributi benefici e sovvenzioni finanziati con risorse regionali, per i quali l’obbligo di acquisizione del DURC non è previsto da norme nazionali.
Non sarebbe, pertanto, fondata la dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Ed infatti, conclude Regione resistente, la situazione antecedente alle disposizioni regionali consentiva, fuori dalla casistica della normativa nazionale o comunitaria, la concessione di contributi, benefici o sovvenzioni senza alcuna verifica sulla regolarità del DURC.
Considerato in diritto.
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 10, comma 4 (recte: l’art. 1, comma 1), della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 17 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009), che ha sostituito il comma 1 dell’art. 49-bis della legge della Regione Toscana 23 luglio 2009, n. 40 (Norme sul procedimento amministrativo, per la semplificazione e la trasparenza dell’attività amministrativa), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
2.- Il ricorrente a sostegno della censura invoca, quali norme interposte, le seguenti disposizioni: art. 10, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248; art. 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)»; l’art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»; art. 31, comma 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98.
3.- Con la legge reg. Toscana n. 40 del 2009, e le successive modifiche, la Regione ha adottato misure per la semplificazione dell’attività amministrativa e per l’accesso civico e la trasparenza, nonché di adeguamento alle novità apportate nel tempo alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
4.- L’art. 49-bis della legge reg. Toscana n. 40 del 2009 è stato poi introdotto dalla legge della Regione Toscana 2 gennaio 2019, n. 1 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009).
Nel testo originario il comma 1 stabiliva «La Regione acquisisce il documento unico di regolarità contributiva (DURC) prima del provvedimento di concessione e nelle fasi della liquidazione di ogni tipologia di contributi, benefici, sovvenzioni effettuato a qualsiasi titolo ed a favore di qualsiasi soggetto tenuto ad obblighi contributivi».
Nella relazione alla relativa proposta di legge regionale (atto n. 324 del 2018), veniva affermato che, poiché «permangono difformità applicative sull’acquisizione del DURC in alcuni casi di contributi regionali per i quali l’obbligo non è previsto dalla normativa nazionale», era necessario «stabilire in via generale l’obbligo della relativa verifica».
5.- La norma impugnata ha sostituito il comma 1 dell’art. 49-bis della legge n. 40 del 2009 con il seguente testo «La Regione acquisisce il documento unico di regolarità contributiva (DURC) prima del provvedimento di concessione e nelle fasi della liquidazione di ogni tipologia di contributi, benefici, sovvenzioni, di importo pari o superiore ad euro 5.000,00, effettuati con risorse regionali, a qualsiasi titolo e a favore di qualsiasi soggetto tenuto ad obblighi contributivi».
6.- Dunque, rispetto al testo originario, che a causa della più generale formulazione già ricomprendeva anche le risorse regionali, la novella ha limitato l’acquisizione del DURC alle erogazioni effettuate con risorse regionali di importo pari o superiore ad euro 5.000,00.
7.- Nell’intenzione del legislatore regionale tale limitazione sarebbe stata bilanciata dalla previsione che, comunque, anche al di sotto di tale importo, rimaneva il controllo a campione sulle relative dichiarazioni di regolarità, ai sensi della vigente normativa statale e regionale, come si legge nella relazione alla proposta di legge regionale (atto n. 346 del 2019).
Ed infatti, al punto 1 del testo originario del considerato del preambolo della legge reg. Toscana n. 17 del 2019, il legislatore regionale aveva stabilito: «Restano comunque fermi, al di sotto di tale importo, per i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi contributivi per il personale dipendente, i controlli a campione sulle relative dichiarazioni di regolarità, ai sensi della vigente normativa statale e regionale».
Il riferimento ai controlli a campione sulle dichiarazioni, nella sostanza, richiamava la disciplina delle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A)», secondo cui (art. 46, comma 1, lettera p), «[l’] assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto», è comprovato con dichiarazioni sostitutive di certificazioni, anche contestuali all’istanza, con l’aggiunta che sulla veridicità delle dichiarazioni le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del benefìcio, e nei casi di ragionevole dubbio (art. 71 del medesimo d.P.R.).
8.- A questo proposito è significativo che nella propria difesa, la Regione Toscana, a sostegno della conformità a Costituzione della norma impugnata, richiami l’attenzione di questa Corte sul contenuto del preambolo sopra riportato; senonché, dopo la proposizione del ricorso dello Stato, l’art. 33, comma 1, della legge della Regione Toscana 23 dicembre 2019, n. 80 (Legge di stabilità per l’anno 2020), ha soppresso la frase contenuta nel punto 1 del preambolo della legge reg. Toscana n. 17 del 2019, per cui il testo vigente non prevede più alcun riferimento al controllo a campione.
8.1.- E se è pur vero che la novella che ha interessato il preambolo non incide sui termini della questione, tuttavia viene meno un elemento di lettura della disposizione impugnata, atteso che nella giurisprudenza di questa Corte più volte il preambolo ha assunto rilievo come fattore che consente di chiarire le finalità e/o lo scopo, delle disposizioni che vengono in esame (sentenze n. 247 e n. 233 del 2019, n. 137 e n. 127 del 2018, n. 157 del 2017).
9.- Il ricorrente prospetta che le disposizioni interposte richiamate siano espressione di una previsione di carattere generale riconducibile alla materia della tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
10.- La questione è fondata.
11.- Non vi è dubbio che l’esigenza di salvaguardia si presenti con particolare evidenza nella disciplina dei contratti pubblici: qui il corretto adempimento degli obblighi contributivi costituisce misura di garanzia della tutela della concorrenza “nel mercato” (art. 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Codice dei contratti pubblici»).
12.- Tuttavia questa Corte ha avuto modo di affermare che «la nozione di “concorrenza” di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost., non può non riflettere quella operante in ambito europeo […]. Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di promozione, volte a eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese (concorrenza “nel mercato”), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici (concorrenza “per il mercato”). In questa seconda accezione, attraverso la «tutela della concorrenza», vengono perseguite finalità di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi […]» (sentenze n. 137 e n. 83 del 2018; nello stesso senso, sentenza n. 125 del 2014).
Con particolare riferimento alla disciplina degli aiuti pubblici - o meglio delle deroghe al divieto di aiuti pubblici, compatibili con il mercato interno - si è poi ritenuto che essa rientri nell’accezione dinamica di concorrenza, la quale contempla le misure pubbliche dirette a ridurre squilibri e a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo degli assetti concorrenziali (citata sentenza n. 83 del 2018).
13.- Ebbene, la disposizione impugnata, pur riferendosi testualmente alle risorse regionali, non esclude che l’esenzione possa incidere su settori in cui il legislatore nazionale ritiene indispensabile assolvere l’obbligo di presentazione del DURC. In particolare l’esenzione potrebbe scattare anche quando si tratti di “lavoro e legislazione sociale”, settore in cui, con giustificato rigore, si impone sempre la presentazione del DURC, nonché allorquando il beneficio sia, sì, finanziato dalla Regione, ma con il concorso di contributi europei, così entrando in conflitto con il d.l. n. 203 del 2005, come convertito, e con la legge n. 266 del 2005, che, in presenza di tali contributi, esigono sempre la presentazione del documento.
14.- In sostanza, se non è corretto ritenere, come fa l’Avvocatura dello Stato, l’esistenza di un principio generale di obbligo di presentazione del DURC, deve però riconoscersi che non è compatibile con l’istituto, come modellato dalla legislazione statale, una disciplina che trovi nel dato quantitativo il suo unico punto di riferimento, prescindendo, dalla tutela di valori di particolare sensibilità sociale.
15.- Si aggiunga, in una prospettiva più generale, che la finalità perseguita dall’istituto, e che evidentemente è quella della tutela del lavoro regolare e della salvaguardia dei relativi diritti di previdenza e assistenza, - con evidenti riflessi sulla tutela della concorrenza - induce a considerare di gran lunga prevalente tale profilo sostanziale rispetto al modesto onere amministrativo che ne scaturisce.
È piuttosto da rilevare che questo modo di esercizio della funzione legislativa, alluvionale e contraddittorio (tre leggi regionali nell’arco dell’anno 2019), è foriero di incertezze applicative e di contenzioso, e costituisce un onere amministrativo, questo, sì, inaccettabile.
16.- Pertanto deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Toscana n. 17 del 2019, che ha sostituito il comma 1 dell’art. 49-bis della legge reg. Toscana n. 40 del 2009.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 17 (Documento unico di regolarità contributiva. Modifiche alla l.r. 40/2009).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2020.
Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA