SENTENZA N. 194
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 64 e 75, commi 2, 3 e 4 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), degli artt. 23 e 31 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale), e dell’art. 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorsi notificati il 10-16 luglio 2018, il 24 aprile-3 maggio e il 17-23 dicembre 2019, depositati in cancelleria il 17 luglio 2018, il 3 maggio e il 24 dicembre 2019, iscritti, rispettivamente, al n. 44 del registro ricorsi 2018 e ai numeri 54 e 114 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018, n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2019, e n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;
udito nella udienza pubblica del 7 luglio 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati dello Stato Sergio Fiorentino e Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri, e gli avvocati Antonio Francesco Vitale e Marina Valli per la Regione Siciliana;
deliberato nella camera di consiglio del 9 luglio 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 17 luglio 2018 e iscritto al n. 44 del r. r. 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 64 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Il ricorrente osserva che l’art. 64 della legge reg. Siciliana impugnata, rubricato «Tutela per i soggetti appartenenti al bacino “Emergenza Palermo” (PIP)», dispone il transito, con contratto a tempo indeterminato, alla società Resais spa di soggetti attualmente utilizzati nelle pubbliche amministrazioni e appartenenti al bacino «Emergenza Palermo ex PIP» di cui all’art. 19 della legge della Regione Siciliana 7 agosto 1997, n. 30 (Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attività produttive e di sanità. Disposizioni varie), sia di quelli di cui al comma 6 dell’art. 2 della legge della Regione Siciliana 1° febbraio 2006, n. 4 (Riproposizione di norme in materia di consorzi di bonifica e di personale), integrata dall’art. 68 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale).
Secondo il ricorrente la disposizione regionale si pone in contrasto con la disciplina della gestione del personale e di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, di cui agli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), e dunque viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Con il medesimo ricorso iscritto al n. 44 del r. r. 2018, il ricorrente ha, altresì, promosso questioni di legittimità costituzionale, nei confronti, tra gli altri, dell’art. 75, commi 2, 3 e 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo anche in relazione all’art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», all’art. 3, comma 7, del decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria) e all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122.
In particolare, il ricorrente afferma che la disposizione impugnata, la quale reca «Norme in materia di sanità penitenziaria», al comma 2, dispone la proroga al 30 giugno 2018 del termine contenuto nell’art. 3, comma 5, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario), originariamente stabilito al 31 dicembre 2017.
In particolare, tale ultima disposizione prevede che «[i]n attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222, e nelle more delle procedure di selezione tese alla stabilizzazione del rapporto di lavoro, le Aziende sanitarie provinciali sono autorizzate a prorogare sino al 31 dicembre 2017 i contratti del personale sanitario di cui alla legge 9 ottobre 1970, n. 740».
La previsione di proroga al 30 giugno 2018, ad avviso del ricorrente, ampliando il limite temporale di durata dei predetti contratti, così come delineato dall’art. 3, comma 7, del citato d.lgs. n. 222 del 2015, adottato secondo le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, recante «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», configurerebbe una violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Infatti, secondo il citato d.P.C.m., i rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria) – trasferiti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia alle aziende sanitarie locali del Servizio sanitario nazionale (SSN) – continuano ad essere disciplinati dalla predetta legge fino alla relativa scadenza e, ove a tempo determinato, sono prorogati per la durata di dodici mesi. Decorso tale termine, gli stessi rapporti, facenti capo ai citati Dipartimenti, devono ritenersi esauriti.
Pertanto, il comma 2 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 sarebbe in contrasto con le previsioni del richiamato d.P.C.m. 1° aprile 2008 — adottato ai sensi dell’art. 2, comma 283, della legge n. 244 del 2007 – che costituiscono principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, nell’ambito del trasferimento del personale sanitario penitenziario al Servizio sanitario regionale (SSR).
Inoltre, quanto al comma 3 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il ricorrente osserva che esso dispone che, nelle more delle procedure di selezione finalizzate alla stabilizzazione, le aziende sanitarie provinciali (ASP) sono autorizzate a prorogare, sino al 31 dicembre 2018, i rapporti di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015, e che la disposizione si presta ad essere riferita sia al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che a quello con rapporto a tempo determinato.
Quanto al successivo comma 4, la normativa regionale prevede che «[a]l fine di non disperdere le professionalità già riconosciute dalla legge 9 ottobre 1970, n. 740 ed assicurare il qualificato servizio di assistenza ai detenuti, le ASP sono autorizzate ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 ad indire procedure selettive rivolte al personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 222/2015».
Sul punto, secondo il ricorrente, occorre considerare che il piano di reclutamento speciale previsto in via transitoria dall’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a, e 2, lettere b, c, d ed e e 17, comma 1, lettere a, c, e, f, g, h, l, m, n, o, q, r, s e z, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), cui rinvia la disposizione regionale, consente di utilizzare, in deroga all’ordinario regime delle assunzioni e per finalità volte esclusivamente al superamento del precariato, le risorse dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, calcolate in misura corrispondente al loro ammontare medio nel triennio 2015-2017.
Tali risorse possono, quindi, elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalle norme vigenti, purché siano destinate per intero alle assunzioni a tempo indeterminato del personale in possesso dei requisiti previsti dall’art. 20 e nel rispetto delle relative procedure.
Ciò premesso, le disposizioni della legge regionale, ad avviso del ricorrente, non consentono, per l’appunto, di garantire che il personale che si intende stabilizzare sia attualmente impiegato con rapporto di lavoro a tempo determinato a valere su risorse che soggiacciono al limite di cui al richiamato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010.
Inoltre, le previsioni di cui ai commi 2, 3 e 4 sarebbero, altresì, in contrasto con l’art. 81 Cost. in quanto suscettibili di avere risvolti onerosi, non ritenuti compatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta, che peraltro prevede specifici interventi diretti a tale finalità.
2.– Con atto depositato in data 14 agosto 2018, si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, osservando quanto segue.
Con riferimento alle censure promosse nei confronti dell’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la difesa regionale eccepisce l’eccessiva sinteticità delle argomentazioni addotte a sostegno dell’illegittimità costituzionale, consistite nel mero riferimento a talune norme interposte, quali gli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016.
La censura, pertanto – alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale – dovrebbe essere dichiarata inammissibile per carenza non solo di una specifica e congrua indicazione delle ragioni per cui vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, ma anche di un’adeguata individuazione delle disposizioni impugnate, che non consentirebbe di identificare esattamente le questioni nei loro termini normativi.
Ancora in punto di ammissibilità, la difesa regionale rileva che il ricorrente ha direttamente denunciato la lesione della potestà legislativa esclusiva dello Stato, omettendo di ricordare che la Regione Siciliana ha potestà legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» e «stato giuridico ed economico del personale» cui sarebbe riconducibile l’oggetto del contendere.
Nel merito, la Regione osserva che le censure sono, comunque, infondate.
In particolare, evidenzia che il complessivo bacino dei «PIP» trae origine dal finanziamento, con legge della Regione Siciliana 26 novembre 2000, n. 24 (Disposizioni per l’inserimento lavorativo dei soggetti utilizzati nei lavori socialmente utili. Norme urgenti in materia di lavoro ed istituzione del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili), di progetti aventi il fine del recupero sociale di un gruppo di soggetti particolarmente svantaggiati, prevalentemente ex detenuti cui, successivamente, si sono aggiunti altri soggetti provenienti dalle misure introdotte dal decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 26 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno) con particolare riferimento ai cosiddetti “Piani di inserimento professionale” il cui acronimo «PIP» è stato, poi, utilizzato per individuare l’intera platea dei soggetti interessati.
Si tratta di progetti che sono stati nel tempo ulteriormente finanziati con l’obiettivo di favorire l’occupazione dei lavoratori del bacino, i quali sono stati utilizzati in larga misura presso le strutture dell’amministrazione regionale, oltre che presso diverse strutture ospedaliere e scuole, a supporto delle attività istituzionali degli enti utilizzatori.
Ciò premesso, la difesa regionale afferma che la finalità della legge impugnata, per la parte relativa all’assorbimento della predetta platea di soggetti all’interno della Resais spa, ha risposto allo scopo di consolidare modalità di utilizzo già in uso e riconoscere dignità ad un bacino di persone che dall’anno 2000 permane in una situazione di precarietà.
Pertanto, l’arresto del procedimento di inserimento professionale di tali soggetti, che sono solo quelli indicati nell’elenco a esaurimento di cui all’art. 68 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale), rischierebbe di nuocere alla funzionalità degli uffici dell’amministrazione regionale e di altre strutture pubbliche, anche statali, presso i quali gli stessi sono proficuamente impegnati.
La difesa regionale rileva, inoltre, come la Resais spa, società interamente della Regione, sostanzialmente funzionerebbe come una società di lavoro interinale per le pubbliche amministrazioni, senza comportare maggiori oneri per la finanza regionale.
Con riferimento, poi, all’art. 75, commi 2, 3 e 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 la difesa regionale eccepisce in primo luogo l’erronea indicazione del parametro interposto, il quale dovrebbe caso mai individuarsi nel decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria) anziché nel d.P.C.m. 1° aprile 2008.
In particolare evidenzia che i medesimi rapporti di lavoro erano già stati prorogati ai sensi del d.lgs. n. 222 del 2015, recante appunto le norme di attuazione, ed i relativi oneri erano comunque a carico del Fondo sanitario regionale, e che i commi 2 e 3 dell’art. 75 dispongono la proroga dei medesimi rapporti di lavoro, fissando tuttavia un termine diverso.
Osserva che, in ogni caso, la proroga non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del Fondo sanitario in quanto non modifica la tipologia di rapporto di lavoro e le relative condizioni contrattuali. Si tratta comunque di prestazioni che il sistema sanitario deve necessariamente assicurare e la proroga è finalizzata a consentire alla Regione ed alle aziende sanitarie di individuare le modalità più adeguate per assicurare il servizio, anche in relazione alla riorganizzazione della rete territoriale ed ospedaliera in corso.
3.– Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza pubblica, fissata per il 17 aprile 2019.
Nella memoria del 25 marzo 2019, la Regione, con riferimento a ciascuna delle disposizioni impugnate, ribadisce le argomentazioni già formulate in sede di costituzione.
In particolare, solo con specifico riferimento all’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, rileva che la disposizione censurata è stata modificata, prima dall’art. 9, comma 4, della legge della Regione Siciliana 10 luglio 2018, n. 10 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), e poi dall’art. 3, comma 4, della legge della Regione Siciliana 16 dicembre 2018, n. 24 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018/2020. Disposizioni varie), a sua volta modificato dall’art. 2, comma 1, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2018, n. 26 (Interpretazione autentica dell’articolo 3 della legge regionale 24 febbraio 2000, n. 6. Modifiche all’articolo 3 della legge regionale 16 dicembre 2018, n. 24).
Precisa, dunque, la difesa regionale che nel testo oggi vigente l’articolo non prevede più da quale data debba decorrere il transito, mentre è stabilito che entro il 28 febbraio 2019, data di conclusione delle operatività istruttorie, il dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali e il dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, la Resais spa e le parti sociali definiranno gli aspetti economici e normativi del transito. Inoltre, la clausola circa il mantenimento dell’erogazione dell’assegno di sostegno al reddito è stata estesa all’ipotesi che il giudizio di costituzionalità si concluda con pronuncia negativa.
Ciò evidenziato, la difesa regionale ribadisce quanto esposto nella memoria di costituzione sia in punto di ammissibilità, sia di infondatezza nel merito della censura di violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile».
Con memoria del 26 marzo 2019, l’Avvocatura generale, nel confermare le motivazioni già addotte a sostegno delle censure, in relazione alle modifiche intervenute nei confronti dell’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, afferma che esse non hanno eliminato il profilo di illegittimità costituzionale per invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».
Su richiesta delle parti, la trattazione è stata rinviata e, successivamente, fissata per l’udienza del 14 gennaio 2020.
A tale udienza, con provvedimento della Presidente della Corte costituzionale, sentito il Giudice relatore, è stato disposto il rinvio delle questioni di legittimità costituzionale in esame per l’opportunità della trattazione congiunta con altra questione di legittimità costituzionale, ad esse connessa e di seguito indicata.
La trattazione è stata poi fissata per l’udienza del 7 luglio 2020.
Con memoria depositata in data 16 giugno 2020, la difesa regionale, nel riaffermare le eccezioni di inammissibilità già formulate, ribadisce l’eccezione di inammissibilità per eccessiva genericità delle censure riferite all’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 e, nel merito, conferma quanto riferito nella memoria di costituzione, rilevando che il “transito” alla società Resais spa del personale precario non è ancora avvenuto.
Con riferimento, invece, all’art. 75, commi 2, 3 e 4, nel riportarsi alle eccezioni di inammissibilità già formulate, sottolinea che le disposizioni censurate sono state modificate dall’art. 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), dopo che l’art. 31 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale) era intervenuto in tema di “stabilizzazione del personale sanità penitenziaria”.
Al riguardo, la Regione Siciliana rappresenta che la disposizione da ultimo citata (art. 31) non ha, tuttavia, mai trovato applicazione ed è stata nei fatti “superata” proprio dall’intervento modificativo di cui al citato art. 22, come risulterebbe dalla nota prot. 0026249 dell’8 giugno 2020 del Dipartimento per la pianificazione strategica dell’Assessorato regionale alla salute.
In particolare, l’art. 22, che ha modificato l’art. 75 della legge della Regione Siciliana n. 8 del 2018, ricondurrebbe gli istituti da utilizzare per garantire la continuità dell’assistenza sanitaria della popolazione dei detenuti a quanto previsto dal SSN, in coerenza con le norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana dettate per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria.
Quanto, infine, all’asserita violazione dell’art. 81 Cost., la resistente evidenzia che gli oneri finanziari di cui all’art. 75, in virtù delle «dinamiche» ivi previste, sono a totale carico del Fondo sanitario regionale ove risulta documentata la necessaria capienza.
4.– Con ricorso depositato il 3 maggio 2019, e iscritto al n. 54 del r. r. 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, in riferimento agli artt. 51, 97, quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e 19, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 175 del 2016.
Osserva il ricorrente che l’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, il quale modifica il comma 18 dell’art. 3 della legge della reg. Siciliana n. 27 del 2016, dispone che i soggetti titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che «prestano servizio presso gli enti in dissesto, gli enti deficitari […] i liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane» transitano in apposita area speciale transitoria a esaurimento istituita presso la Resais spa, con la conseguente trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Secondo il ricorrente la disposizione censurata consente a chiunque, dunque anche ai precari assunti a tempo determinato, di accedere, con modalità alternative al pubblico concorso, e quindi senza previo espletamento di una procedura concorsuale, ai benefici della stabilizzazione ogniqualvolta per quelle specifiche mansioni sia possibile un’assunzione nei ruoli del pubblico impiego.
In particolare, ad avviso della difesa statale, l’attingere alle graduatorie di cui alla legge della Regione Siciliana 21 dicembre 1995, n. 85 (Norme per l’inserimento lavorativo dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità collettiva di cui all’articolo 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67 ed interventi per l’attuazione di politiche attive del lavoro), e alla legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004) non può essere assimilato all’espletamento di prove selettive concorsuali.
Al riguardo, aggiunge che questa Corte ha affermato, in più occasioni, la necessità del concorso pubblico con specifico riferimento a disposizioni legislative che prevedevano il passaggio automatico all’amministrazione pubblica di personale di società in house, ovvero di società o associazioni private. Dà altresì atto, che la giurisprudenza costituzionale, in numerose decisioni, ha precisato che il trasferimento da una società partecipata della Regione, alla Regione stessa o ad altro soggetto pubblico regionale, si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell’art. 97, quarto comma, Cost.
Conseguirebbe, pertanto, che la previsione del passaggio dei dipendenti a tempo determinato, anche degli enti territoriali, alla società regionale Resais spa e della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di cui all’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, sia incompatibile con il dettato costituzionale.
Infatti, tale disposizione consentirebbe, da un lato, il transito di detto personale previo esperimento di procedure integralmente riservate, espletate ai sensi del comma 6 dell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 (che, in base all’interpretazione contenuta nel comma 2 dell’art. 22 della legge regionale in oggetto sono procedure «che prescindono dalle procedure rivolte all’esterno»), e, dall’altro, prevederebbe la costituzione di un’area transitoria, a esaurimento, all’interno della società regionale Resais spa a prescindere da qualsivoglia valutazione in ordine all’effettivo fabbisogno del medesimo personale.
Il ricorrente, poi, con specifico riguardo alle cosiddette società pubbliche, dopo aver riportato ampi brani della sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 1° marzo 2018, n. 4897, afferma che, anche in relazione alle società pubbliche, le modalità di reclutamento devono avvenire secondo modalità compatibili con le previsioni di cui all’art. 97, quarto comma, Cost., e, dunque, con il principio dell’adeguato accesso dall’esterno.
Inoltre, nel ricorso si evidenzia che la costituzione di un ruolo speciale a esaurimento, che prescinde del tutto dal piano dei fabbisogni, non appare compatibile con la previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 il quale, ai commi 5 e 6, impone alle amministrazioni pubbliche socie di fissare «con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale», e alle società partecipate di perseguire concretamente gli obiettivi assegnati.
La disposizione censurata, pertanto, si porrebbe in contrasto con i parametri sopra indicati.
Con il medesimo ricorso, il ricorrente, altresì, ha impugnato, tra gli altri, l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, in riferimento agli artt. 51, primo comma, 81, 97, 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione al d.P.C.m. 1° aprile 2008, adottato ai sensi dell’art. 2, comma 283, della legge n. 244 del 2007. Non può invece ritenersi invocato anche l’art. 3 Cost., che, pur apparendo graficamente nel testo del ricorso, non è nelle conclusioni dello stesso, né è nella delibera del Consiglio dei ministri.
Il ricorrente osserva che al comma 1 è disposto che, fermo restando quanto previsto dall’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, tutto il personale di sanità penitenziaria trasferito ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015 ed ancora in servizio alla data del 31 dicembre 2018 è inquadrato secondo specifiche modalità stabilite con decreto dell’Assessore regionale per la salute, con l’istituzione di un ruolo ad esaurimento fino ai raggiunti limiti di età previsti dalla legge n. 740 del 1970.
Dà atto ancora che al comma 2 si stabilisce che le ASP sono autorizzate ad avviare selezioni pubbliche per l’immissione in ruolo del personale sanitario infermieristico di cui alla legge n. 740 del 1970, «in essere alla data del 28 febbraio 2015 ed ancora esistenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 222 e trasferito a decorrere dalla medesima data di entrata in vigore dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia alle aziende sanitarie provinciali della Regione».
Al riguardo, il ricorrente rileva che la norma in parola sembra riprodurre i medesimi profili di illegittimità, sollevati con riguardo al suddetto art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, ed oggetto del ricorso n. 44 del 2018. Ciò in quanto i rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della richiamata legge n. 740 del 1970, come evidenziato in sede di esame della citata legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, continuano ad essere disciplinati dalla stessa legge fino alla relativa scadenza, e ove a tempo determinato, sono prorogati per la durata di 12 mesi. Decorso tale termine i rapporti devono ritenersi esauriti.
Pertanto, le previsioni di cui all’art. 31 della legge reg. Siciliana citata ampliano, sostanzialmente, il limite temporale stabilito al 31 dicembre 2017 dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 222 del 2015 e dall’art 3, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016, ricomprendendo nel processo di stabilizzazione anche i rapporti di lavoro già oggetto di impugnativa.
In particolare, ampliando il limite temporale di durata dei predetti contratti così come delineato dall’art. 3, comma 7, del citato d.lgs. n. 222 del 2015, emanato ai sensi del d.P.C.m. 1° aprile 2008, le disposizioni sarebbero suscettibili di configurare una violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. Ed invero, il contenuto del suddetto d.P.C.m. costituisce principio fondamentale della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, nell’ambito del trasferimento del personale sanitario penitenziario al SSR.
Inoltre, la difesa dello Stato dà atto di come non sia chiaro se le procedure selettive previste al comma 2 siano a valere su risorse riconducibili al limite di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, in legge n. 122 del 2010. Al riguardo espone che il piano di reclutamento speciale previsto in via transitoria dal richiamato art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, consente di utilizzare, in deroga all’ordinario regime delle assunzioni e per finalità volte esclusivamente al superamento del precariato, le risorse di cui al citato art. 9, calcolate in misura corrispondente al loro ammontare medio nel triennio 2015-2017. Tali risorse, quindi, ad avviso del ricorrente, possono elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalle norme purché siano destinate per intero alle assunzioni a tempo indeterminato del personale in possesso dei requisiti previsti dall’art. 20 e nel rispetto delle relative procedure. Le previsioni di cui ai suddetti commi 2, 3 e 4 sarebbero suscettibili, dunque, di avere risvolti onerosi non compatibili con la cornice economico finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta, che peraltro prevede specifici interventi al riguardo.
Sussisterebbe, quindi, la violazione degli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., in quanto le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica.
Infine, ad avviso del ricorrente, l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 violerebbe, altresì, gli artt. 51, primo comma, e 97 Cost., prescindendo del tutto dal pubblico concorso.
5.– Con atto depositato in data 10 giugno 2019, si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.
In particolare, con riferimento all’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, la difesa regionale osserva che l’art. 3, comma 18, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016, nella sua originaria formulazione, indicava il 31 dicembre 2018 quale termine entro il quale, nelle more della stabilizzazione negli enti di provenienza, i soggetti titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato alla data del 31 dicembre 2015, inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale) e successive modifiche e integrazioni, che ne facessero richiesta, potevano essere «assunti in apposita area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la Resais S.p.A.».
Più specificamente riferisce che all’atto dell’emanazione della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, il predetto termine del 31 dicembre 2018 risultava non più attuale alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 che, in coerenza con le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 75 del 2017, cosiddetto “Decreto Madia”, ha spostato al 31 dicembre 2019, il termine per le proroghe finalizzate alla stabilizzazione e indicato l’anno 2020 come termine ultimo per la conclusione dei processi di stabilizzazione.
Ad avviso della difesa regionale, dunque, la norma in esame introduce un nuovo termine di presentazione delle istanze alla Resais spa, assegna un termine alla precitata società per la definizione delle operazioni di presa in carico del personale contrattista, disciplina le modalità di trattazione delle istanze già presentate alla Resais spa, chiarisce che trattasi di un «transito» e non di una «assunzione», restringe la platea dei soggetti interessati al personale con contratto a tempo determinato delle ex Province, degli enti in dissesto e degli enti in predissesto e con piano di riequilibrio approvato dall’organo consiliare.
La difesa regionale aggiunge, poi, che nessuno degli enti di area vasta aveva potuto approvare il bilancio di previsione 2018, né tanto meno il pluriennale 2018-2020, e che, in assenza di tale strumento contabile, era risultato impossibile procedere alla proroga dei contratti del personale contrattista; infine, le ex Province, in forza delle disposizioni contenute nella legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), avrebbero dovuto ridurre il proprio personale, non aumentarlo.
Riferisce, altresì, che oggetto di attenzione era la situazione degli enti strutturalmente deficitari, in predissesto o in dissesto, soggetti a: rideterminazione della dotazione organica, ai sensi dell’art. 259, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali); impossibilità di variare in aumento la dotazione organica per tutta la durata del piano di riequilibrio; riduzione delle spese di personale (dirigenziale e non) riguardanti essenzialmente il trattamento accessorio.
Ciò precisato, la difesa regionale osserva come la norma si rivolga a una parte dei 13.400 precari degli enti locali – nati nel range temporale che va dal 1950 al 1965 – ed è rivolta al fine di scongiurare i contenziosi avviati dal personale con contratto a tempo determinato contro le varie forme di abuso del ricorso a tale forma contrattuale e di evitare l’aggravio di spesa per enti locali interessati a tali contenziosi.
In riferimento all’asserito contrasto con il principio del pubblico concorso, applicabile anche alle società pubbliche, la difesa della Regione chiede che sia dichiarata l’inammissibilità della relativa questione per effetto della intervenuta rinuncia dello Stato all’impugnativa dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019.
Al riguardo pone in rilievo che la disposizione censurata stabilisce, infatti, che le procedure di transito speciale sono regolate con contratto di lavoro a tempo indeterminato previo espletamento delle procedure di cui al comma 6 dell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, norma quest’ultima interpretata autenticamente proprio dall’art. 22, comma 2, per effetto del quale si prescinde dalle procedure rivolte all’esterno.
Ciò posto, la difesa regionale osserva che il ricorso, nel motivare sul punto, si limita a tale richiamo mostrando, quindi, di riferirsi per relationem a quanto illustrato circa la presunta incostituzionalità della norma di interpretazione autentica, con la conseguenza che la rinuncia avrebbe fatto venir meno le censure relative all’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019.
Pertanto, le censure risulterebbero prive di adeguata motivazione.
Priva di pregio sarebbe anche l’asserita identità tra società pubbliche e pubblica amministrazione in ordine alla regola della concorsualità.
Osserva ancora la difesa regionale che l’art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016, prescrive il rispetto dei principi fissati dall’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e di quelli, anche di derivazione europea, di trasparenza, imparzialità e pubblicità, e non la diretta applicazione delle disposizioni di cui all’art. 35 del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001.
In ogni caso, il rispetto dei principi che caratterizzano il reclutamento nel pubblico impiego sarebbe assicurato dal rinvio alle procedure di cui all’art. 26, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.
La resistente sostiene, inoltre, un errato approccio concettuale da parte del ricorrente là dove afferma la necessità del concorso pubblico a motivo della giurisprudenza che ha dichiarato incostituzionali (per violazione dell’art. 97 Cost.) le norme che prevedevano il passaggio automatico all’amministrazione pubblica di personale di società in house ovvero di società o di associazioni private. Le disposizioni di cui all’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 contemplerebbero, invece, un’ipotesi diversa ovvero il transito di personale da una amministrazione pubblica (quali sono i Comuni, i Liberi Consorzi e le Città metropolitane) a una società.
Le medesime disposizioni, poi, non prevederebbero un “passaggio automatico”, bensì l’espletamento di una procedura concorsuale o la verifica che tale procedura sia già stata espletata ovvero la sua indizione.
La difesa regionale rileva, infine, che il principio del pubblico concorso non è inderogabile come testimoniano le recenti eccezioni disposte con norme statali quali il comma 446 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), e il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 (Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, a norma dell’art. 1, commi 180 e 181, lettera b, della legge 13 luglio 2015, n. 107).
Inoltre, la prescritta adozione delle procedure di cui all’art. 26, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 – per il rinvio, contenuto in detto articolo, alle disposizioni di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 – impone che l’eventuale assunzione sia coerente con il piano dei fabbisogni e la relativa copertura finanziaria, quest’ultima, peraltro, assicurata con le modalità di cui al comma 18 dell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016 ovvero a carico di un apposito fondo regionale fino all’anno 2038.
Ad avviso della difesa regionale, considerato che la Resais spa sostanzialmente funziona come una società di lavoro interinale, il fabbisogno andrebbe considerato in funzione del possibile utilizzo del personale da parte di enti o organizzazioni locali a carattere pubblico, ovvero da parte della Regione o “prioritariamente” degli enti di originaria provenienza.
Infine, per dirimere ogni dubbio in ordine ai rilievi attinenti all’incompatibilità della costituzione del ruolo speciale ad esaurimento, la resistente osserva che l’area speciale transitoria, costituita in seno alla Resais spa, andrà ad esaurirsi al termine delle procedure di riequilibrio finanziario degli enti locali interessati e che la norma non comporta nuovi oneri a carico del bilancio della Regione Siciliana; infatti verranno assegnate alla società le somme attualmente destinate ai Comuni e alle ex Province a copertura delle spese per il personale comprendenti stipendio tabellare annuo, tredicesima mensilità e oneri sociali (per i Comuni: assegnazioni annuali ex art. 6, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014; per le ex Province regionali: assegnazioni annuali ex art. 3, comma 10, lettera b, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016).
Con riferimento, poi, all’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, nell’affermare che l’articolo contiene solo due commi, la difesa regionale espone che non si comprende perché il ricorrente affermi che l’articolo prescinda del tutto dal pubblico concorso. In ogni caso eccepisce la sommarietà delle argomentazioni fornite circa i motivi di contrasto con i parametri evocati.
Nel merito, ritiene opportuno evidenziare come le disposizioni impugnate tendano a porre rimedio alla nota e allarmante carenza di personale che mette a rischio l’erogazione di prestazioni che il sistema sanitario deve necessariamente assicurare.
6.– Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza fissata per il 7 luglio 2020.
Con memoria depositata in data 15 giugno 2020, la difesa della Regione Siciliana, nel riportarsi a tutto quanto già illustrato in ordine alle censure mosse nei confronti dell’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, rileva che l’art. 3, comma 18, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016, su cui incide la disposizione censurata, non è stato impugnato.
Osserva, poi, che la norma restringe la platea degli originari destinatari e farebbe maggior chiarezza sia sulle modalità da seguire per il passaggio alla società, sia sulle peculiarità del medesimo, introdotto come soluzione interinale nell’ipotesi in cui non possa allo stato procedersi alla stabilizzazione da parte degli enti locali, che resta comunque la soluzione definitiva a cui tende il legislatore.
A tal fine la difesa rileva che già alcuni potenziali destinatari sono stati stabilizzati dall’ente locale di riferimento che ha frattanto superato le criticità che non lo consentivano.
Inoltre, nel ribadire la conformità dell’intervento al d.lgs. n. 75 del 2017, la difesa regionale, più in generale, espone che il legislatore statale al fine del superamento del precariato ha adottato l’art 1, commi 446 e seguenti, della legge n. 145 del 2018, che ha ampliato la possibilità di assunzione con riferimento alle diverse tipologie di lavoro, e l’art. 1, comma 495, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), volta anch’essa a favorire l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili e di lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità; si è consentito, infatti, alle amministrazioni pubbliche utilizzatrici di procedervi anche in deroga alla dotazione organica, al piano di fabbisogno del personale e ai vincoli assunzionali.
Ribadisce, inoltre, che il percorso delineato dalle disposizioni regionali non grava in alcun modo sulla finanza statale né, come già rappresentato, sulla società Resais spa.
Nella memoria, la difesa regionale, in relazione alla disposizione censurata di cui all’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 ha prodotto la nota prot. 0026249 dell’8 giugno 2020, con la quale il Dipartimento per la Pianificazione strategica dell’Assessorato regionale della salute conferma, per quanto al presente giudizio, il contenuto della nota che pure è allegata, prot. n. 9117 del 18 febbraio 2020, secondo cui l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 non ha trovato applicazione, significando in particolare che il comma 1 è superato di fatto dall’art. 22 della successiva legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.
Tale ultima disposizione interverrebbe a ricondurre gli istituti da utilizzare per garantire la continuità dell’assistenza sanitaria della popolazione detenuta a quanto previsto nel SSR, in coerenza con le Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria.
Dunque, per il passaggio al SSR dei medici già convenzionati con l’amministrazione penitenziaria al posto dell’inquadramento in un ruolo speciale ad esaurimento, come indicato dall’art 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, si prevede l’accesso alle convenzioni di cui agli Accordi collettivi nazionali di categoria (dei medici di medicina generale e dei medici specialisti ambulatoriali). Le linee guida regionali da adottare a tal fine devono perciò occuparsi anche del regime di incompatibilità, proprio per sancire l’applicazione del principio di esclusività dei rapporti di lavoro con il SSN, come declinato negli Accordi collettivi nazionali, anche a tali nuovi convenzionati.
Ancora, la difesa regionale osserva che, fermo restando che la norma è del tutto conforme a Costituzione, l’art. 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie) – oggetto del ricorso di seguito indicato –, regolando la stessa materia già disciplinata dal primo comma dell’art. 31, all’esame di questa Corte, ne comporta l’abrogazione per incompatibilità.
Pertanto, poiché l’art. 31 non avrebbe avuto applicazione, la difesa regionale confida nella cessazione della materia del contendere.
Quanto agli aspetti finanziari precisa comunque che poiché il passaggio del personale in argomento dalla Amministrazione penitenziaria al SSR è espressamente previsto dal d.lgs. n. 222 del 2015 con conseguente trasferimento, quale contributo statale, della somma pari a circa € 17.000.000, quantificata in sede di Conferenza Stato-Regioni, in ogni caso, fermo restando che il suddetto personale transiterebbe nell’Area della medicina convenzionata e non nei ruoli del SSN quale personale dipendente, la relativa spesa troverà copertura attingendo dal Fondo sanitario regionale.
Tale assenza di criticità dal punto di vista della copertura va evidenziata anche per il comma 2 erroneamente ritenuto dal ricorrente in contrasto con il principio del pubblico concorso nonostante faccia espresso riferimento a selezioni pubbliche.
7.– Con ricorso depositato il 24 dicembre 2019, iscritto al n. 114 del r. r. 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, in relazione all’art. 2 della legge n. 740 del 1970, e in riferimento all’art. 81 Cost.
In particolare, il ricorrente espone che l’art. 22 della legge reg. Siciliana impugnata prevede modifiche all’art. 75 della legge reg. Siciliana 8 maggio 2018, n. 8.
La norma, infatti, dispone quanto segue: «1. I commi 2, 3 e 4 dell’articolo 75 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8 sono sostituiti dal seguente: “2. Al fine di garantire la continuità dell’assistenza sanitaria della popolazione detenuta, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Assessore regionale per la salute adotta, ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222, previo parere della Commissione ‘Salute, servizi sociali e sanitari’ dell’Assemblea regionale siciliana, apposite linee guida, ivi compreso il regime di incompatibilità, per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740 con il personale sanitario operante presso gli istituti penitenziari, che prevedano l’attribuzione di incarichi a tempo indeterminato, laddove previsto dagli accordi collettivi nazionali di categoria, per lo stesso numero di ore corrispondente a quello oggetto della precedente convenzione intrattenuta con l’amministrazione penitenziaria di riferimento, nel rispetto delle disposizioni previste dai vigenti accordi collettivi nazionali.”. 2. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Ciò posto, osserva il ricorrente che la disposizione censurata sostituisce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, riguardanti procedure di stabilizzazione di personale impiegato nella sanità penitenziaria dell’ambito territoriale regionale.
Nel contempo, prevede che l’assessore regionale per la salute adotti linee guida per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970 con il personale sanitario operante presso gli istituti penitenziari.
Le linee guida dovrebbero disciplinare tali rapporti di lavoro con particolare riguardo all’attribuzione di incarichi a tempo indeterminato e al regime di incompatibilità.
La legge n. 740 del 1970 disciplina i “rapporti di incarico” per i quali, siano essi definitivi o provvisori, l’art. 2 della legge citata stabilisce la non applicabilità delle norme relative alla incompatibilità o al cumulo di impieghi, previste per il personale di ruolo, nonché delle incompatibilità e limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il SSN.
Ciò premesso, la difesa statale afferma che l’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 – nel prevedere mediante linee guida dell’assessore regionale la disciplina di rapporti di lavoro riconducibili alla legge n. 740 del 1970 ed introducendo, altresì, un regime di incompatibilità – si pone in contrasto con le previsioni di detta legge, configurandosi una violazione dell’art. 117 Cost., secondo comma, lettera l), che riconduce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’«ordinamento civile» e quindi, in generale, la disciplina dei rapporti di lavoro.
Inoltre, le disposizioni di cui all’art. 22 della legge regionale in esame, determinando sostanzialmente una proroga dei contratti già oggetto di impugnativa, comportano oneri non compatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta, e, conseguentemente, si pongono in contrasto con l’art. 81 nonché con l’art. 117, terzo comma, Cost., atteso che le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica.
8.– Con atto depositato in data 4 febbraio 2020, si è costituita in giudizio la Regione Siciliana eccependo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per non avere il ricorrente tenuto in conto le competenze statutarie della Regione.
Nel merito, espone che le censure non appaiono meritevoli di accoglimento avuto riguardo alle norme di attuazione che regolano le attribuzioni della Regione Siciliana in materia di sanità penitenziaria di cui al d.lgs. n. 222 del 2015.
Al riguardo osserva che la norma regionale autorizza l’Assessore regionale per la salute a dettare le linee guida per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970 con il personale sanitario trasferito al SSR e operante presso gli istituti penitenziari, al fine di garantire la continuità dell’assistenza sanitaria della popolazione detenuta e in attuazione del comma 3 dell’art. 2 del d.lgs. n. 222 del 2015.
Inoltre, riferisce che il generico richiamo alla legge n. 740 del 1970 che si assume violata non consente di comprendere in quale parte si determinerebbe il contrasto normativo ad opera della norma regionale e che a ciò non supplisce il mero preventivo richiamo all’art. 2 della legge n. 740 del 1970, il quale prevede la non applicabilità delle norme sulla incompatibilità o sul cumulo di impieghi, previste per il personale di ruolo, nonché delle incompatibilità e limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il SSN. Conseguirebbe pertanto la genericità delle censure.
Di contro, il dettato normativo regionale è attuativo dell’art. 2 del d.lgs. n. 222 del 2015 nella parte in cui – dopo aver disposto il trasferimento al SSR di tutte le funzioni sanitarie svolte nell’ambito del territorio regionale, disponendo al riguardo che la Regione assicuri l’espletamento delle suddette funzioni tramite le ASP nei cui territori sono ubicati gli istituti penitenziari ed i servizi minorili – impone alla Regione stessa (comma 3) di disciplinare, nell’ambito della propria autonomia statutaria, con propri provvedimenti, l’esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative, gli obiettivi e gli interventi da attuare a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari nonché dei minori sottoposti a provvedimento penale.
La difesa regionale afferma ancora che l’art. 3 delle norme di attuazione disciplina, poi, il trasferimento dei rapporti di lavoro dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile alle ASP della Regione, ivi inclusi i rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970.
Sarebbe di tutta evidenza che il passaggio dei rapporti di lavoro dal Ministero della giustizia al SSN determina l’applicazione dei principi di carattere generale che disciplinano lo stesso, tra cui il principio di esclusività sancito dall’art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica) secondo cui «[c]on il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale».
In attuazione di tale principio generale, volto ad assicurare l’esclusività dei rapporti di lavoro con il SSN, in funzione della valorizzazione e della migliore utilizzazione dei medici, gli Accordi collettivi nazionali della medicina convenzionata (medicina generale, pediatria di libera scelta e specialistica ambulatoriale) prevedono una serie di attività incompatibili con lo svolgimento delle attività previste dai rispettivi accordi.
In tale contesto si inserisce l’art. 22 della legge Reg. Siciliana n. 17 del 2019, che prevede il passaggio nell’area della medicina convenzionata dei rapporti di lavoro dei medici di guardia e degli specialisti operanti presso le strutture carcerarie, già disciplinati rispettivamente dagli artt. 51 e 52 della legge n. 740 del 1970.
Pertanto, una volta transitati nel SSN ed essendo disciplinati dagli accordi collettivi nazionali di categoria, ai rapporti di lavoro si applicano le disposizioni previste dalla normativa di settore e, pertanto, ad essi saranno necessariamente applicate anche le disposizioni che riguardano il regime delle incompatibilità. Ciò sempre in vista del fine ultimo della continuità terapeutica, ai sensi del d.P.C.m. 1° aprile 2008.
Ciò premesso, la difesa regionale non ravvisa al riguardo alcuna forma di contrasto con la legge n. 740 del 1970 né, tanto meno, possibili profili di illegittimità costituzionale.
Infine, quanto alla censura secondo cui continuando a prorogare i contratti già oggetto di impugnativa del ricorso n. 44 del 2018, si sosterrebbero oneri incompatibili col Piano di rientro dal disavanzo finanziario cui la Regione è sottoposta, in violazione sia dell’art. 81 che dell’art. 117, terzo comma, Cost., per il contrasto con i principi del coordinamento della finanza pubblica configurabili in materia di spesa di personale, la difesa regionale osserva che il passaggio del personale in argomento dalla amministrazione penitenziaria al SSN è espressamente previsto dal d.lgs. n. 222 del 2015 con conseguente trasferimento, quale contributo statale, della somma pari a circa €17.000.000, quantificata in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Pertanto, fermo restando che il suddetto personale transiterebbe nell’Area della medicina convenzionata e non nei ruoli del SSN quale personale dipendente, l’eventuale incremento di spesa derivante dall’applicazione dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 troverebbe copertura nel Fondo Sanitario regionale, in attuazione del citato d.l.gs. n. 222 del 2015, elemento che giustifica, altresì, la previsione relativa all’invarianza finanziaria.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 17 luglio 2018 e iscritto al n. 44 del r. r. 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nei confronti, tra gli altri, dell’art. 64 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale).
Il ricorrente osserva che l’art. 64 della legge regionale censurata, rubricato «Tutela per i soggetti appartenenti al bacino “Emergenza Palermo” (PIP)», dispone il transito, con contratto a tempo indeterminato, presso la società Resais spa, partecipata dalla Regione, di soggetti attualmente utilizzati nelle pubbliche amministrazioni, sia di quelli appartenenti al bacino «Emergenza Palermo ex PIP» di cui all’art. 19 della legge della Regione Siciliana 7 agosto 1997, n. 30 (Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attività produttive e di sanità. Disposizioni varie), sia di quelli di cui al comma 6 dell’art. 2 della legge della Regione Siciliana 1° febbraio 2006, n. 4 (Riproposizione di norme in materia di consorzi di bonifica e di personale), integrata dall’art. 68 della legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di stabilità regionale).
Secondo il ricorrente la disposizione regionale si porrebbe in contrasto con la disciplina della gestione del personale e di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, di cui agli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) e, dunque, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile».
2.– Con il medesimo ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale anche dell’art. 75, commi 2, 3 e 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo anche in relazione all’art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», all’art. 3, comma 7, del decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria) e all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122.
In particolare, ad avviso del ricorrente, il comma 2 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana citata – che sostituisce nel comma 5 dell’art. 3 della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario) le parole «31 dicembre 2017» con le parole «30 giugno 2018» – determinerebbe la proroga del termine entro il quale le aziende sanitarie provinciali (ASP), in attuazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 222 del 2015, e nelle more delle procedure di selezione tese alla stabilizzazione del rapporto di lavoro, sono autorizzate a prorogare i contratti del personale sanitario di cui alla legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell’Amministrazione penitenziaria).
Inoltre, il ricorrente censura il comma 3 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il quale prevede che nelle more delle procedure di selezione finalizzate alla stabilizzazione, le ASP sono autorizzate a prorogare, sino al 31 dicembre 2018, i rapporti di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015.
Dette disposizioni, ad avviso della difesa dello Stato, si porrebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., perché amplierebbero il limite temporale di durata dei predetti contratti, contravvenendo alle disposizioni statali di cui all’art. 2, comma 283, della legge n. 244 del 2007 e all’art. 3, comma 7 del d.lgs. n. 222 del 2015, da ritenersi espressione di principi fondamentali nella materia di «coordinamento della finanza pubblica».
Secondo il ricorrente, inoltre, il successivo comma 4 dell’art. 75 – là dove prevede che, al fine di non disperdere le professionalità già riconosciute dalla legge n. 740 del 1970 ed assicurare il qualificato servizio di assistenza ai detenuti, le ASP sono autorizzate, ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a, e 2, lettere b, c, d ed e e 17, comma 1, lettere a, c, e, f, g, h, l, m, n, o, q, r, s e z, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ad indire procedure selettive rivolte al personale di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015 – violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto dette disposizioni non garantirebbero che il personale che si intende stabilizzare sia attualmente impiegato con rapporto di lavoro a tempo determinato a valere su risorse che soggiacciono al limite di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010.
I medesimi commi dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 sono inoltre censurati in riferimento all’art. 81 Cost.
Al riguardo il ricorrente afferma che le citate disposizioni sono suscettibili di determinare risvolti onerosi, incompatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta.
3.– Con ricorso depositato il 3 maggio 2019 ed iscritto al n. 54 del r. r. 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale), per violazione degli artt. 51, 97, quarto comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e all’art. 19, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 175 del 2016.
In particolare, il ricorrente afferma che la disposizione impugnata, nel prevedere che i soggetti titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato che «prestano servizio presso gli enti in dissesto, gli enti deficitari […], i liberi Consorzi comunali e le Città metropolitane […]» transitano in apposita area speciale transitoria a esaurimento istituita presso la Resais spa, con la conseguente trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, violerebbe gli artt. 51, 97, quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché determinerebbe che i lavoratori assunti a tempo determinato, con modalità alternative al pubblico concorso, e quindi senza previo espletamento di una procedura concorsuale, accedano ai benefici della stabilizzazione, peraltro attraverso procedure integralmente riservate non rivolte, dunque, all’esterno.
Ad avviso del ricorrente, inoltre, la disposizione regionale si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 19, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 175 del 2016 e all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, perché la costituzione di un’area transitoria ad esaurimento all’interno della società regionale Resais spa, prescindendo dal piano dei fabbisogni, si porrebbe in contrasto con la previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016; tale disposizione, ai commi 5 e 6, impone alle amministrazioni pubbliche socie di fissare, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale, e alle società partecipate di perseguire concretamente gli obiettivi assegnati.
La disposizione censurata violerebbe, dunque, i principi fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza pubblica» di cui alle disposizioni statali indicate.
4.– Con il medesimo ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale anche dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, in riferimento agli artt. 51, primo comma, 81, 97, 117, terzo comma, Cost., in relazione al d.P.C.m. 1° aprile 2008, adottato ai sensi dell’art. 2, comma 283, della legge n. 244 del 2007.
Il ricorrente osserva che la disposizione censurata, al comma 1, stabilisce che tutto il personale di sanità penitenziaria trasferito ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015, ed ancora in servizio alla data del 31 dicembre 2018, è inquadrato secondo specifiche modalità stabilite con decreto dell’Assessore regionale per la salute, con l’istituzione di un ruolo ad esaurimento fino ai raggiunti limiti di età previsti dalla legge n. 740 del 1970 in atto vigenti.
In particolare, la disposizione regionale, ampliando il limite temporale stabilito al 31 dicembre 2017 dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 222 del 2015 e dall’art 3, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016, ricomprenderebbe nel processo di stabilizzazione anche i rapporti di lavoro già oggetto di impugnativa di cui al ricorso n. 44 del 2018; inoltre, si porrebbe in contrasto con l’indicato d.P.C.m., il quale costituisce principio fondamentale della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, nell’ambito del trasferimento del personale sanitario penitenziario, al Servizio sanitario regionale (SSR).
Il ricorrente censura, altresì, il comma 2 dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, il quale stabilisce che le ASP sono autorizzate ad avviare selezioni pubbliche per l’immissione in ruolo del personale sanitario infermieristico di cui alla legge n. 740 del 1970, in essere alla data del 28 febbraio 2015, ancora esistenti alla data di entrata in vigore del predetto d.lgs. n. 222 del 2015 e trasferito a decorrere dalla medesima data di entrata in vigore dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia alle ASP della Regione.
La disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 51, primo comma, 81, 97, 117, terzo comma, Cost., in quanto le procedure selettive previste al comma 2 non sarebbero riconducibili al limite di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 e al piano di reclutamento speciale previsto in via transitoria dall’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, determinando risvolti onerosi non compatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta.
5.– Con ricorso depositato il 24 dicembre 2019 ed iscritto al n. 114 del r. r. 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 2 della legge n. 740 del 1970, e in riferimento all’art. 81 Cost.
In particolare, il ricorrente osserva che la disposizione regionale nel prevedere, mediante linee guida dell’assessore regionale, la disciplina di rapporti di lavoro riconducibili alla legge n. 740 del 1970, introducendo, altresì, un regime di incompatibilità, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., secondo cui la disciplina dei rapporti di lavoro è riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».
La disposizione censurata violerebbe, inoltre, gli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., in quanto darebbe luogo ad una proroga dei contratti già oggetto di impugnativa, comportando oneri non compatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana è sottoposta, e si porrebbe in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, quali sono le disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN.
6.– È riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, con i ricorsi indicati in epigrafe.
7.– I giudizi devono essere riuniti in ragione della loro connessione oggettiva, per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.
8.– In via preliminare vengono in rilievo le eccezioni di inammissibilità formulate, sotto vari profili, dalla difesa della Regione Siciliana, le quali sono tutte infondate.
8.1.– La resistente, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, oggetto del ricorso n. 44 del 2018, ha eccepito l’eccesiva sinteticità delle censure contenute nel ricorso, non adeguatamente sviluppate.
L’eccezione non può essere accolta.
È costante l’orientamento di questa Corte secondo cui il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali lamenta la violazione e di svolgere una motivazione che non sia meramente assertiva; il ricorso deve contenere una specifica indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati e una, sia pur sintetica, argomentazione di merito a sostegno delle censure (ex plurimis, sentenze n. 25 del 2020, n. 261 e n. 32 del 2017 e n. 239 del 2016).
Nella specie – come già ritenuto da questa Corte con riferimento ad altra disposizione impugnata con lo stesso ricorso n. 44 del 2018 e oggetto di una precedente pronuncia (sentenza n. 25 del 2020) – va osservato che l’atto introduttivo – deducendo, con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il contrasto con disposizioni statali che disciplinano specificamente la gestione del personale delle società a partecipazione pubblica e richiamando specificamente gli artt. 19, 20 e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016 – contiene una, seppur sintetica, argomentazione di merito a sostegno dell’impugnazione, per cui può ritenersi raggiunta quella «soglia minima di chiarezza e di completezza» (ex plurimis, sentenza n. 83 del 2018) che rende ammissibile l’impugnativa proposta (sentenza n. 201 del 2018).
Inoltre, con specifico riferimento alle questioni promosse nei confronti dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, oggetto del ricorso n. 114 del 2019, deve rilevarsi, quanto alla genericità delle censure, che il ricorrente ha affermato che la disposizione censurata, nel disciplinare i rapporti di lavoro nell’ambito della sanità penitenziaria, anche in riferimento al regime delle incompatibilità, e nel prevederne la proroga, ha, sia pure sinteticamente, dato conto dei motivi del contrasto con gli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost.
8.2.– La resistente ha eccepito, poi, l’incompleta definizione dell’oggetto del giudizio, non essendosi il ricorrente confrontato con le competenze legislative che lo statuto speciale assegna alla Regione Siciliana e, in particolare, con la competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» di cui all’art. 14, lettera p), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.
Inoltre, la Regione ha ulteriormente eccepito che il ricorrente, nell’invocare la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., ha omesso il riferimento alla clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
Il ricorrente avrebbe dovuto tener presente, sia pure implicitamente, l’esistenza di competenze proprie della Regione ad autonomia speciale, riconosciute dallo statuto.
Anche tali eccezioni – già parimenti rigettate da questa Corte con riferimento ad altra disposizione impugnata, oggetto di una precedente pronuncia (sentenza n. 25 del 2020) – non possono essere accolte.
Secondo la costante giurisprudenza, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di una Regione ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, non può prescindere dalla indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost. (sentenze n. 119 del 2019, n. 58 del 2016, n. 151 del 2015 e n. 288 del 2013).
Deve, tuttavia, rilevarsi che, nel caso di specie, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto la violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», facendo espresso riferimento agli artt. 19, 20, e 25, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016, i quali recano la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle società a partecipazione pubblica.
Nella fattispecie in esame il contenuto di carattere certamente privatistico delle norme censurate, nella parte in cui dispongono il transito, con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa, di soggetti già utilizzati nelle pubbliche amministrazioni, nonché la natura del parametro evocato «ordinamento civile» escludono, di per sé, l’utilità di uno scrutinio alla luce delle disposizioni statutarie, avendo il ricorrente ben presente che lo Statuto speciale per la Regione Siciliana nulla dispone sulla competenza legislativa regionale nella materia «ordinamento civile» (sentenze n. 25 del 2020, n. 103 del 2017, n. 252 e n. 58 del 2016).
8.3.– Sempre in via preliminare, occorre evidenziare che, successivamente al deposito dei ricorsi, il legislatore regionale è intervenuto ulteriormente.
In particolare, l’art. 3, comma 4, della legge della Regione Siciliana 16 dicembre 2018, n. 24 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018/2020. Disposizioni varie), ha modificato l’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018. Oltre a prevedersi la decorrenza del transito presso la Resais spa dal 1° luglio 2019, in sostituzione della data del 1°gennaio 2019 (lettera a dell’art. 64 impugnato, poi soppressa dall’art. 2, comma 1, della legge reg. Siciliana 28 dicembre 2018, n. 26, recante «Interpretazione autentica dell’articolo 3 della legge regionale 24 febbraio 2000, n. 6. Modifiche all’articolo 3 della legge regionale 16 dicembre 2018, n. 24»), si è aggiunto che «le operatività istruttorie» debbono essere concluse entro il 28 febbraio 2019 (lettera b), ed inoltre, che entro la «data di conclusione delle operatività istruttorie il dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali e il dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, la Resais e le parti sociali definiranno gli aspetti economici e normativi del transito» (lettera c).
Il medesimo art. 3, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 24 del 2018, ha modificato anche il comma 2 dell’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in quanto la clausola circa il mantenimento dell’erogazione dell’assegno di sostegno al reddito, già prevista, è stata estesa all’ipotesi che il giudizio di costituzionalità si concluda con pronuncia negativa (lettera d).
Inoltre, al comma 3 dell’art. 64 della legge reg. Siciliana citata, le parole «entro il 30 luglio», sono state sostituite dalle parole «entro e non oltre tre giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge» (lettera e).
Si tratta di modifiche che non influiscono sulla questione di legittimità costituzionale, dal momento che le questioni promosse sono indirizzate, esclusivamente, nei confronti del comma 1 dell’art. 64 della legge reg. Siciliana menzionata, nella parte in cui dispone il transito, con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa, di soggetti già utilizzati nelle pubbliche amministrazioni e appartenenti al bacino di cui all’art. 19 della legge reg. Siciliana n. 30 del 1997, nonché al comma 6 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 4 del 2006, integrata dall’art. 68 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2015. In questa parte la disposizione censurata è rimasta immutata.
Quanto, poi, alle modifiche che hanno interessato l’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, deve rilevarsi che l’art. 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 ne ha modificato il comma 1, sostituendo le parole «entro il 30 giugno», con le parole «entro il 31 dicembre 2019». La modifica attiene, esclusivamente, al termine per la proposizione della richiesta “di transito” e, pertanto, non incide sulle censure di illegittimità costituzionale in esame.
8.4.– In riferimento, poi, alle censure formulate nei confronti dell’art. 75, commi 2, 3 e 4, della reg. Siciliana n. 8 del 2018, la difesa regionale ha eccepito l’erronea indicazione, quale parametro interposto, del d.P.C.m. 1° aprile 2008 (Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria); secondo la resistente, il ricorrente avrebbe dovuto indicare il d.lgs. n. 222 del 2015, che reca le norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria.
Anche tale eccezione non può trovare accoglimento.
Deve rilevarsi che il ricorrente ha espressamente indicato il citato d.P.C.m., adottato ai sensi dell’art. 2, comma 283, della legge n. 244 del 2007, in stretta connessione con il d.lgs. n. 222 del 2015, emanato in attuazione delle norme dello statuto siciliano per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria.
Deve, pertanto, escludersi che il ricorrente abbia fatto esclusivo riferimento – quale parametro interposto – ad una fonte non avente rango normativo primario.
Questa Corte, peraltro, con sentenza n. 149 del 2010, ha già riconosciuto la natura di principio fondamentale della legislazione dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica all’art. 2, comma 283, della menzionata legge finanziaria per il 2008, esaminato anche in quell’occasione congiuntamente al citato d.P.C.m.
8.5.– Infine, non può essere accolta la richiesta della difesa regionale di dichiarare la cessazione della materia del contendere con riferimento alla questione dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.
Come più innanzi sarà evidenziato, tale ultima disposizione, che solo sostituisce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, non abroga né espressamente, né per incompatibilità, il citato art. 31, il quale pertanto rimane vigente nel contenuto normativo che verrà più avanti precisato.
9.– Passando al merito, le questioni di legittimità costituzionale possono essere suddivise in due gruppi in ragione della connessione di argomenti.
Il primo gruppo ha ad oggetto le disposizioni che intervengono sulla disciplina del rapporto di lavoro del personale precario della Regione Siciliana e, dunque, l’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 (r. r. n. 44 del 2018) e l’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 (r. r. n. 54 del 2019).
Il secondo gruppo ha, invece, ad oggetto le disposizioni che riguardano la disciplina dei rapporti di lavoro nel settore della sanità penitenziaria e, dunque, l’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 (r. r. n. 44 del 2018), l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 (r. r. n. 54 del 2019) e l’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 (r. r. n. 114 del 2019).
10.– Può, quindi, procedersi ad esaminare il primo gruppo di questioni di legittimità costituzionale.
11.– La questione, promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., avente ad oggetto l’art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 è fondata.
11.1.– Come già rilevato, la censura del ricorrente si appunta solo sul comma 1 di tale disposizione che prevede, per due categorie di soggetti utilizzati all’interno delle pubbliche amministrazioni della Regione, il transito «con contratto a tempo indeterminato, anche parziale» presso la Resais spa, società costituita dall’ente siciliano per l’industria e che vede la Regione stessa come socio unico.
Si tratta di una società a partecipazione pubblica che esercita la «gestione dei servizi di interesse generale per la Regione» – come espressamente prevede l’art. 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 – e che, nel contesto della politica perseguita dal legislatore siciliano per avviare a risoluzione l’annoso e risalente problema del precariato, soprattutto giovanile, è deputata, tra l’altro, al ruolo di collettore di varie tipologie di rapporti precari con amministrazioni pubbliche nella Regione.
La forte valenza sociale di questa strategia ha indotto il legislatore regionale ad affidare specificamente a tale società i compiti tipici delle società a partecipazione pubblica di diritto singolare, come prescritto dal menzionato art. 27 con il richiamo della disciplina di cui all’art. 1, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 175 del 2016; disposizione questa che prevede appunto che tali società possono anche essere deputate al perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse e tale è certamente l’obiettivo del graduale rientro dal precariato.
La possibilità di una disciplina speciale per le società a partecipazione pubblica di diritto singolare non consente, però, una deroga alle regole del riparto di competenza legislativa tra Stato e Regione. In particolare, il transito «con contratto a tempo indeterminato, anche parziale», presso la Resais spa è previsto ex lege, in forza della disposizione censurata, con un mutamento soggettivo e oggettivo di rapporti, in via generale, formativi in corso presso amministrazioni pubbliche della Regione: una vera e propria novazione del rapporto che appartiene alla materia dell’«ordinamento civile» ed eccede pertanto le competenze legislative della Regione Siciliana.
I beneficiari di tale misura sono, infatti, da una parte i soggetti appartenenti al bacino di cui all’art. 19 della legge reg. Siciliana n. 30 del 1997, recante i Piani per l’inserimento professionale di giovani privi di occupazione, ossia di progetti che – nel contesto delle politiche attive del lavoro dell’epoca – prevedevano lo svolgimento di lavori socialmente utili, nonché la partecipazione ad iniziative formative, anche con lo svolgimento di esperienze lavorative.
L’altra categoria dei destinatari della disposizione è costituita da soggetti impegnati parimenti in lavori socialmente utili, previsti dall’art. 2, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 4 del 2006.
Entrambi costituiscono quindi rapporti di tipo formativo, piuttosto che lavorativo, in favore di amministrazioni pubbliche della Regione; rapporti che, in forza della disposizione censurata, mutano – con l’effetto della loro stabilizzazione ex lege – in contratti a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa secondo non meglio definite “procedure di transito” e comunque non nel rispetto della disciplina delle eccedenze di personale e delle nuove assunzioni dettata, per le società a partecipazione pubblica, dal d.lgs. n. 175 del 2016, segnatamente agli artt. 19, 20 e 25.
11.2.– Si ricade quindi nella materia dell’«ordinamento civile».
In proposito questa Corte, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e ciò che, invece, è riconducibile alla competenza legislativa residuale regionale, ha di recente ribadito «che sono da ricondurre alla prima “gli interventi legislativi che […] dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)” (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece nella seconda, “i profili pubblicistico – organizzativi dell’impiego pubblico regionale” (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012)» (sentenza n. 25 del 2020).
Si è, altresì, asserito che «“la regolamentazione delle modalità di accesso al lavoro pubblico regionale è riconducibile alla materia dell’organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle Regioni di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione” (così la sentenza n. 95 del 2008; ma in tal senso sono anche le successive pronunce n. 159 del 2008, n. 100 e n. 235 del 2010)” (sentenza n. 141 del 2012, punto 6. del Considerato in diritto). Questa Corte, nell’escludere che ricorresse la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, ha ribadito che “[l]a norma [impugnata] “spiega la sua efficacia nella fase anteriore all’instaurazione del contratto di lavoro e incide in modo diretto sul comportamento delle amministrazioni nell’organizzazione delle proprie risorse umane e solo in via riflessa ed eventualmente sulle posizioni soggettive” (sentenza n. 235 del 2010)» (sentenza n. 241 del 2018).
Inoltre, questa Corte ha affermato che deve ritenersi integrata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la disciplina regionale, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, incide sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto, e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione (sentenza n. 51 del 2012).
Ciò è vero anche per una Regione ad autonomia speciale, quale la Regione Siciliana. Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato la riconducibilità della regolamentazione del rapporto di pubblico impiego privatizzato ovvero contrattualizzato, ivi compreso quello relativo al personale delle Regioni a statuto speciale, alla materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ex plurimis, sentenze n. 16 del 2020, n. 81 del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007).
11.3.– Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, nella parte in cui prevede, per i soggetti ivi indicati e sopra richiamati, il transito con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa.
Rimane non di meno la possibilità – prevista dalla disposizione censurata, come novellata dalla normativa successiva – che il Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali e il Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, la Resais spa e le parti sociali definiscano in altro modo tale transito quanto agli aspetti economici e normativi: non già sulla base della norma regionale qui dichiarata costituzionalmente illegittima in parte qua, bensì nel rispetto e in applicazione, quanto ai profili di ordinamento civile, della normativa statale dettata in particolare dal d.lgs. n. 175 del 2016 e segnatamente dagli artt. 19, 20 e 25.
12.– È altresì fondata – per le medesime ragioni – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, in riferimento sia all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sia all’art. 117, terzo comma, Cost., con assorbimento degli altri parametri.
12.1.– La disposizione censurata interviene sull’art. 3 della precedente legge reg. Siciliana n. 27 del 2016, che prevedeva varie ipotesi di stabilizzazione del personale precario, quale quello dei comuni e degli enti territoriali compresi nel territorio della Regione. In particolare il comma 18 dell’art. 3 dettava una regolamentazione transitoria, «nelle more della stabilizzazione negli enti di provenienza», che già coinvolgeva la Resais spa. Tale comma è stato riformulato dal comma 1 dell’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, anche con l’aggiunta del comma 18-bis. Inoltre, i commi 2 e 3 dell’art. 23 completano la disciplina che non ha più l’originaria connotazione transitoria, ma si atteggia a straordinaria stabilizzazione ex lege di personale precario.
Anche tale disposizione (l’art. 23) – al pari del già esaminato art. 64 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 – prevede il transito presso la medesima Resais spa, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di specifiche categorie di lavoratori titolari di contratti di lavoro subordinato, a tempo determinato, che prestano servizio presso enti in dissesto, enti deficitari con piano di riequilibrio già approvato dall’organo consiliare, liberi consorzi comunali e Città metropolitane.
In particolare, si tratta dei soggetti inseriti nell’elenco regionale di cui all’art. 30, comma 1, della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale). Tale elenco, formato sulla base di determinati criteri (anzianità lavorativa, carichi di famiglia, anzianità anagrafica), contempla sia titolari di contratto a tempo determinato, sia soggetti utilizzati in attività socialmente utili. La disposizione impugnata, però, fa riferimento solo ai primi e prevede espressamente la trasformazione del rapporto da lavoro subordinato a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato.
Anche questa ulteriore disposizione regionale censurata, determinando il transito presso la Resais spa, dispone pertanto l’automatica stabilizzazione di lavoratori a termine, già utilizzati presso altre pubbliche amministrazioni, senza prevedere il rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 19, 20 e 25 del d.lgs. n. 175 del 2016, in tal modo consentendo la trasformazione di rapporti precari in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Il passaggio in un’apposita area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la Resais spa sta a significare proprio la trasformazione oggettiva e soggettiva del rapporto di lavoro, peraltro facendo salva la possibilità per tale personale, così transitato e quantunque da considerarsi “assunto” dalla Resais spa, di partecipare alle eventuali procedure di stabilizzazione da parte degli enti di originaria provenienza.
Questa prevista stabilizzazione ex lege invade la materia dell’«ordinamento civile».
13.– Inoltre, ancora con specifico riferimento all’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, il ricorrente deduce altresì la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 19, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 175 del 2016 e all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, richiamati quali principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
13.1.– Con riferimento a tale parametro, deve osservarsi che la disposizione censurata si limita a richiamare le procedure di stabilizzazione di personale di cui all’art. 26 legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.
Invece, nella fattispecie, vertendosi in tema di reclutamento di personale da parte di una società a partecipazione pubblica, la disposizione statale di diretto riferimento è, quanto alla necessaria previsione del bisogno di personale e della correlata spesa, quella di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 19 del t.u. in materia di società a partecipazione pubblica (richiamato d.lgs. n. 175 del 2016).
Il suddetto art. 19, infatti, al comma 5, dispone che «[l]e amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera» ed, al comma 6, prevede che «[l]e società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello».
Può quindi ritenersi che le previsioni di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 rivestono la natura di princìpi fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», trattandosi di norme che, in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo della pubblica amministrazione (cosiddetta spending review), pongono misure finalizzate alla previsione e al contenimento delle spese delle società a controllo pubblico per il loro funzionamento, in particolare quanto alle assunzioni del personale.
Ciò costituisce uno dei punti centrali della riforma sulle partecipazioni pubbliche, giustificata dalla finalità di tenere sotto controllo non solo le dinamiche occupazionali, ma anche i relativi oneri economici in un settore molto delicato in ragione della possibilità che i costi si ripercuotano sulla finanza pubblica.
Al riguardo, questa Corte ha ripetutamente «qualificato le norme statali in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in quanto le stesse perseguono la finalità del contenimento della spesa nello specifico settore del personale» (così le sentenze n. 72 del 2013 e n. 51 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 231 del 2017); principi compatibili con la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 175 del 2016.
Tali principi sono violati dall’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, proprio perché l’impugnata disposizione prescinde dal rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 nel prevedere il transito di soggetti titolari di contratto di lavoro a tempo determinato alla Resais spa con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
14.– Deve essere, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Siciliana n. 1 del 2019, per violazione sia del secondo comma, lettera l), sia del terzo comma, dell’art. 117 Cost., nella parte in cui prevede il transito dei soggetti titolari di contratto di lavoro a tempo determinato presso la Resais spa con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Rimane non di meno la possibilità della stabilizzazione di tali rapporti di lavoro a tempo determinato (non già ex lege in forza della disposizione regionale qui dichiarata costituzionalmente illegittima in parte qua, ma) nel rispetto e in applicazione della disciplina delle società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. n. 175 del 2016 e segnatamente dell’art. 19, commi 5 e 6, sulla gestione del personale, oltre che dell’art. 20, comma 4, quanto alle limitazioni per procedere a nuove assunzioni.
15.– Restano assorbite le ulteriori censure formulate, in riferimento agli artt. 51 e 97 Cost., nei confronti dell’art. 23 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019.
16.– Occorre, ora, passare all’esame del secondo gruppo di questioni di legittimità costituzionale, riguardanti il personale della sanità penitenziaria e concernenti l’art. 75, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 e l’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.
17.– Prima di procedere all’esame nel merito delle censure, giova richiamare in breve il quadro normativo in cui le disposizioni regionali censurate si collocano.
Lo specifico settore della sanità penitenziaria fa originariamente riferimento alla legge n. 740 del 1970, che ha previsto, tra le altre, la figura del «medico incaricato».
Tale normativa ha significativamente innovato la regolamentazione della sanità penitenziaria, istituendo la categoria dei medici, dei farmacisti e dei veterinari cosiddetti incaricati, e il servizio di guardia medica e di guardia infermieristica.
Nell’ambito della sanità penitenziaria, dunque, si sono venuti a configurare differenti categorie di lavoratori: quelle del personale sanitario dipendente di ruolo degli Istituti di prevenzione e di pena e quelle del personale sanitario cosiddetto incaricato legato all’amministrazione penitenziaria da un rapporto di incarico libero professionale, specificamente disciplinato dalla legge n. 740 del 1970.
Circa la natura dei rapporti di lavoro del personale sanitario cosiddetto incaricato, questa Corte ha già affermato che le prestazioni rese da questi ultimi non ineriscono a un rapporto di lavoro subordinato, ma sono inquadrabili nella prestazione d’opera professionale, in regime di parasubordinazione e che, diversamente dagli impiegati civili dello Stato, i medici «incaricati» possono esercitare liberamente la professione e assumere altri impieghi o incarichi (sentenze n. 149 del 2010 e n. 577 del 1989).
Si tratta, dunque, di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, instaurati con concorso bandito dal Ministero della giustizia, in relazione ai quali mancano quei vincoli di esclusività e incompatibilità che rappresentano un aspetto tipico del rapporto di lavoro del personale sanitario dipendente (sentenza n. 76 del 2015).
La legge n. 740 del 1970 ha regolamentato in dettaglio il rapporto di incarico con la previsione di diritti e doveri, nonché di possibili sanzioni disciplinari, stabilendo anche la cessazione dall’incarico per limiti di età. Nonostante il parallelismo con il rapporto di pubblico impiego, si tratta però di personale, operante nel settore della sanità, che non appartiene ai ruoli organici dell’amministrazione penitenziaria.
Dopo l’istituzione del SSN il legislatore ha ritenuto di superare questo assetto della sanità penitenziaria.
La riforma prende l’avvio con il d.lgs. 22 giugno 1999, n. 230 (Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell’articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419), che all’art. 6 ha previsto che con uno o più decreti del Ministro della sanità e del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, avrebbe dovuto essere individuato il personale operante negli istituti penitenziari da trasferire al SSN.
Si arriva così alla legge n. 244 del 2007, il cui art. 2, al comma 283, prevede che, al fine di dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria di cui al d.lgs. n. 230 del 1999, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sarebbe stato definito il trasferimento al SSN di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia.
Il successivo comma 284 del medesimo art. 2 prevede poi che, nelle more del definitivo trasferimento al SSN delle funzioni sanitarie, del personale e delle risorse in materia di medicina penitenziaria, erano intanto prorogati i rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell’amministrazione penitenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007.
L’attuazione di tali previsioni è recata dal citato d.P.C.m. 1° aprile che, tra l’altro, contiene all’art. 3 una duplice prescrizione.
Da una parte, i rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970, in essere alla data del 15 marzo 2008, sono trasferiti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia alle Aziende sanitarie locali del SSN nei cui territori erano ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento e continuavano ad essere disciplinati dalla citata legge n. 740 del 1970.
D’altra parte, i rapporti di incarico a tempo determinato con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, sono prorogati per la durata di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del dello stesso d.P.C.m.
Però, per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, l’art. 8 del d.P.C.m. citato ha rimesso il trasferimento del personale della sanità penitenziaria alle modalità previste dai rispettivi statuti e dalle correlate norme di attuazione.
Per la Regione Siciliana è intervenuto il d.lgs. n. 222 del 2015, che detta (in particolare all’art. 3) una disciplina parallela e simmetrica a quella del richiamato d.P.C.m.
Infatti, da una parte, essa ha previsto (all’art. 3, comma 1) che il personale medico, infermieristico e tecnico, dipendente di ruolo, in servizio alla data del 28 febbraio 2015 e ancora presente alla data di entrata in vigore del richiamato decreto, che esercitava le funzioni sanitarie di cui all’art. 2 nell’ambito del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia di competenza del territorio regionale, fosse trasferito dalla data di entrata in vigore del decreto alle ASP della Regione nel cui ambito territoriale di competenza sono ubicati gli istituti penitenziari e i servizi minorili ove tale personale presta servizio.
D’altra parte, ha stabilito (art. 3, comma 7) che i rapporti a tempo determinato con scadenza entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto, fossero prorogati, «ove non in contrasto con la disciplina del lavoro a tempo determinato», per la durata di dodici mesi a decorrere dalla medesima data di entrata in vigore del decreto: una proroga eccezionale del termine, non già una stabilizzazione ex lege di tali rapporti a tempo determinato.
Quindi, la disciplina, recata in tale specifico settore dai commi 283 e 284 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 e dal successivo citato d.P.C.m. è stata specificamente replicata per la Regione Siciliana dal d.lgs. n. 222 del 2015, in considerazione della competenza legislativa regionale in materia di sanità, di cui all’art. 17 dello Statuto speciale della Regione Siciliana.
18.– In tale quadro normativo, dunque, vanno ora esaminate, nel merito, le censure di illegittimità costituzionale in riferimento a ciascuna disposizione censurata.
19.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in riferimento alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
Deve al riguardo rilevarsi che, attraverso tali disposizioni, il legislatore regionale ha prorogato la durata dei contratti a termine del personale sanitario, di cui alla legge n. 740 del 1970, con l’assunzione dell’onere economico conseguente a tale proroga.
La disposizione di cui al comma 2 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana citata proroga, infatti, fino al 30 giugno 2018, i contratti di lavoro che, nel quadro dell’assetto del richiamato d.lgs. n. 222 del 2015, sarebbero dovuti giungere al termine finale, salve le procedure di stabilizzazione a opera delle ASP nelle quali è confluito il personale sanitario che già in precedenza operava con incarico a tempo indeterminato.
Parimenti, la disposizione di cui al comma 3 dell’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, proroga ulteriormente tali rapporti, stabilendo che, nelle more delle procedure di selezione finalizzate alla stabilizzazione, le ASP sono autorizzate a prorogarli fino al 31 dicembre 2018.
La previsione di proroghe, rispettivamente al 30 giugno 2018 e al 31 dicembre 2018, ampliando il limite temporale di durata dei predetti contratti, integra la violazione di un principio di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) in relazione all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010, che pone un limite di spesa per tale personale a tempo determinato (pari al cinquanta per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009). Tale disposizione reca anche l’espressa sua qualificazione come principio generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica per le Regioni, le Province autonome, gli Enti locali e gli enti del SSN. In proposito, questa Corte ha già affermato che essa disposizione rechi un principio fondamentale in tema di coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 89 del 2014 e n. 61 del 2014).
Si ha, quindi, che la protrazione dei rapporti a termine oltre il limite temporale previsto dal d.lgs. n. 222 del 2015, contemplata dalle disposizioni censurate (art. 75, commi 2 e 3), comporta un aggravamento di spesa per tale personale precario nella misura in cui non prescrive il rispetto del limite di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010.
Deve, dunque, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che le proroghe debbano rispettare i limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010.
20.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 4, della legge reg. Siciliana, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., non è fondata.
La disposizione censurata, per non disperdere le professionalità già riconosciute dalla legge n. 740 del 1970 e al fine di assicurare il qualificato servizio di assistenza ai detenuti, prevede che le ASP siano autorizzate a indire procedure selettive rivolte al personale di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2015 che, come più volte riferito, disciplina il trasferimento dei rapporti di lavoro in materia di sanità penitenziaria.
In particolare, la norma regionale in esame dispone che le ASP sono autorizzate alla indizione delle procedure selettive ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n.75 del 2017, che disciplina le condizioni per il superamento da parte delle pubbliche amministrazioni di rapporti di lavoro precario, attraverso le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28 del d. l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010.
La stessa disposizione censurata, attraverso il rinvio alle procedure selettive di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, da effettuarsi nel rispetto del limite di spesa di cui al citato comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010, garantisce il rispetto del limite di spesa indicato, e pertanto non viola l’art. 117, terzo comma, Cost.
21.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Siciliana, n. 8 del 2018, promossa in riferimento all’art. 81 Cost., non è fondata.
L’art. 103 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, nel prevedere che gli effetti della manovra finanziaria e la relativa copertura sono indicati nei prospetti allegati, conduce a escludere la violazione dell’art. 81 Cost.; il ricorrente, peraltro, non ha formulato specifiche osservazioni sull’adeguatezza delle risorse ivi indicate (sentenza di questa Corte n. 133 del 2017).
22.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 31, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, promosse in riferimento agli artt. 51, 81, 97 e 117, terzo comma, Cost., non sono fondate nei termini che seguono.
Si è già prima evidenziato che il d.lgs. n. 222 del 2015 – il quale reca le norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana per il trasferimento delle funzioni in materia sanitaria penitenziaria – ha disciplinato le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al Servizio sanitario della Regione delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro delle risorse finanziarie, delle attrezzature, degli arredi e dei beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria (art. 1); e ha, al contempo, previsto il trasferimento al medesimo Servizio sanitario della Regione di tutte le funzioni sanitarie svolte dall’amministrazione penitenziaria (art. 2).
L’art. 3 del medesimo decreto legislativo ha, invece, disciplinato il trasferimento dei rapporti di lavoro sia con riferimento al personale medico, infermieristico e tecnico, dipendente di ruolo dell’amministrazione penitenziaria; sia, come indicato nel comma 7, in relazione ai rapporti di lavoro, a tempo indeterminato e a tempo determinato, instauratisi ai sensi della legge n. 740 del 1970.
In particolare, con specifico riferimento agli incarichi a tempo determinato si è previsto che, ove essi fossero scaduti entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto medesimo, essi sarebbero stati prorogati per la durata di 12 mesi a decorrere dalla stessa data.
Mentre, per i rapporti a tempo indeterminato, anch’essi instaurati ai sensi della citata legge, la disposizione in esame ha previsto, qualora ancora in essere alla data di entrata in vigore del decreto, il loro trasferimento alle ASP della Regione, continuando a essere disciplinati dalla legge n. 740 del 1970.
Inoltre, il d.lgs. n. 222 del 2015, ai fini dell’esercizio da parte del SSR delle funzioni sanitarie afferenti la medicina penitenziaria, ha stabilito, all’art. 7, che le risorse finanziarie nella disponibilità del SSN secondo quanto indicato dall’art. 6, comma 1, del citato d.P.C.m. 1° aprile del 2008, fossero trasferite alla Regione Siciliana, nella misura e secondo i criteri definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regione e Province autonome.
In questo contesto normativo, deve dunque rilevarsi che, con l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 censurata, il legislatore regionale, in esecuzione di quanto disposto dalle norme di attuazione statutarie di cui al d.lgs. n. 222 del 2015, ha dato seguito alle procedure di inquadramento del personale di sanità penitenziaria (comma 1) e di trasferimento del personale infermieristico (comma 2) che, ai sensi della legge n. 740 del 1970, era già titolare di contratti a tempo indeterminato con l’amministrazione penitenziaria.
A tanto il legislatore regionale ha provveduto attraverso le risorse finanziare di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 222 del 2015.
L’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, interpretato, dunque, nel senso che esso si riferisce ai rapporti di lavoro con incarico a tempo indeterminato ai sensi della legge n. 740 del 1970, porta a ritenere che non si determina la trasformazione di rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato, con conseguente stabilizzazione degli stessi, come invece paventato dalla difesa dello Stato. Di qui l’insussistenza della violazione degli artt. 51 e 97 Cost.
La disciplina prefigurata dal legislatore regionale con la disposizione censurata, anche sotto il profilo delle risorse finanziarie, deve essere interpretata nel senso che essa attua quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 222 del 2015, non ponendosi in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, né con l’art. 81 Cost.
23.– Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., non è fondata nei termini che seguono.
La disposizione, sostituendo l’art. 75 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, prevede che l’Assessore regionale per la salute adotti apposite linee guida – anche con riferimento al regime di incompatibilità – in ordine ai rapporti di lavoro del personale sanitario di cui alla legge n. 740 del 1970 che prevedano l’attribuzione di incarichi a tempo indeterminato, per lo stesso numero di ore corrispondente a quello oggetto della precedente convenzione intrattenuta con l’amministrazione penitenziaria, stabilendo il rispetto delle disposizioni previste dai vigenti accordi collettivi nazionali.
Nel riferirsi al regime delle incompatibilità, la norma censurata rinvia agli accordi collettivi nazionali di categoria, con la conseguenza che le linee guida adottate dall’Assessore regionale per la salute sono meramente ricognitive delle attività di contrattazione collettiva e attengono ai profili organizzativi del servizio.
Nel contesto del trasferimento dei rapporti della sanità penitenziaria nell’area della medicina convenzionata con il SSR, la disposizione censurata si limita, quindi, a riconoscere che l’attribuzione degli incarichi a tempo indeterminato deve tener conto della disciplina delle incompatibilità applicabile ai medici della sanità convenzionata, ma non attribuisce all’Assessore regionale per la salute alcun potere regolatorio in deroga nell’adozione delle menzionate linee guida.
Così interpretata la norma censurata, deve essere dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla violazione della competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile».
24.– Altresì le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost. non sono fondate.
La norma censurata nel prevedere, in ordine ai rapporti di lavoro del personale sanitario di cui alla legge n. 740 del 1970, l’attribuzione di incarichi a tempo indeterminato, per lo stesso numero di ore corrispondente a quello oggetto della precedente convenzione intrattenuta con l’amministrazione penitenziaria, non determina, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la proroga dei contratti a tempo determinato, e quindi, la violazione delle disposizioni statali in tema di contenimento della spesa del personale degli enti del SSN.
Come già prima evidenziato, anche in riferimento alla disposizione in esame sotto il profilo delle risorse finanziarie impiegate per dare attuazione alla riforma della sanità penitenziaria, viene in rilievo il già richiamato art. 7 del d.lgs. n. 222 del 2015, che assicura che la disposizione censurata si colloca nel rispetto di tale norma di attuazione dello statuto speciale di autonomia della Regione Siciliana.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 1, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui prevede il transito dei soggetti ivi indicati con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui prevede il transito di soggetti titolari di contratto di lavoro a tempo determinato presso la Resais spa con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, commi 2 e 3, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, nella parte in cui non prevede il rispetto dei limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe (r. r. n. 44 del 2018);
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 81 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe (r. r. n. 44 del 2018);
6) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 31, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 51, 81, 97 e 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe (r. r. n. 54 del 2019);
7) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe (r. r. n. 114 del 2019);
8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe (r. r. n. 114 del 2019).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 agosto 2020.
Il Cancelliere
F.to: Filomena PERRONE