SENTENZA N. 237
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Mario Rosario MORELLI; Giudici : Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), come inserito dall’art. 57-quater, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, con ordinanze del 24 settembre e dell’11 ottobre 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 237 e 246 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 1 e 3, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione della Pica Immobiliare srl e della Agri Energy srl, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella udienza pubblica del 21 ottobre 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;
uditi l’avvocato Simona Viola per la Pica immobiliare srl, l’avvocato Alberto Fantini per la Agri Energy srl e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 22 ottobre 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 24 settembre 2019, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2019, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, ha sollevato questioni incidentali di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché di divieto di discriminazione di matrice europea, nella parte in cui riserva ai soli impianti iscritti al registro EOLN-RG2012 il beneficio della riammissione al meccanismo incentivante di cui al d.lgs. n. 28 del 2011, escludendo da tale beneficio gli impianti idroelettrici.
Il giudice rimettente riferisce che una società operante nel settore idroelettrico, per accedere agli incentivi previsti dal d.lgs. n. 28 del 2011 in favore di impianti alimentati da fonti rinnovabili, presentava al Gestore dei servizi energetici – GSE spa (d’ora in avanti: GSE spa o Gestore), richieste di iscrizione al registro informatico, per gli anni 2013, 2014 e 2016, per un impianto sito nel Comune di Limone Piemonte, dichiarando di essere titolare del pertinente titolo concessorio dalla data del 7 febbraio 2012.
L’impresa era ammessa in graduatoria in posizione favorevole solo per il registro del 2016 ma, avviato il procedimento di verifica, con provvedimento del 15 maggio 2018, il GSE spa accertava che la concessione era stata in realtà rilasciata dalla Provincia di Cuneo in data 27 febbraio 2012 e, poiché la data della concessione incide sulla priorità dell’iscrizione nel registro ai fini della formazione della graduatoria, a fronte della dichiarazione non veritiera della ricorrente, ne disponeva l’esclusione dalla graduatoria stessa, con decadenza dal diritto agli incentivi.
La società impugnava tale provvedimento dinanzi al TAR Lazio con plurimi motivi che venivano disattesi con la sentenza non definitiva del 16 settembre 2019, n. 10996, dopo la pronuncia della quale il collegio rimetteva il procedimento in istruttoria per sollevare le questioni di legittimità costituzionale, sollecitate in via subordinata dalla medesima impresa nel proprio ricorso.
In punto di rilevanza, il giudice a quo sottolinea – ritenuto che la disposizione censurata, stante la chiarezza della formulazione letterale, non si presti a un’interpretazione costituzionalmente orientata – che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui esclude le imprese idroelettriche, consentirebbe alla ricorrente di essere riammessa agli incentivi.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente dubita della ragionevolezza della scelta del legislatore di non consentire la riammissione agli incentivi ove nella domanda sia stata indicata erroneamente, senza che ciò abbia influito sulla graduatoria finale, la data della concessione per gli impianti idroelettrici a fronte della previsione, di contro, di tale riammissione per gli impianti eolici, in virtù della ratio e conseguente regolamentazione omogenea, sia in ambito unionale che nazionale, degli incentivi previsti per favorire la diffusione di energie rinnovabili.
Rileva, inoltre, il TAR Lazio che questa ingiustificata disparità di trattamento, suscettibile di violare l’art. 3 Cost., potrebbe porsi in contrasto anche con il principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., nella misura in cui la pubblica amministrazione è tenuta a esprimere, a fronte del dato normativo, valutazioni contrastanti su fattispecie analoghe.
L’ordinanza di rimessione sottolinea, altresì, che la disposizione censurata, costituendo il d.lgs. n. 28 del 2011 attuazione di una direttiva europea, potrebbe violare anche l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 e 21 CDFUE, che enunciano il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione.
1.1.– Con memoria del 20 gennaio 2020, si è costituita in giudizio la società Pica Immobiliare srl deducendo la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice rimettente, specie in riferimento all’art. 3 Cost., in quanto la circoscritta possibilità di riammissione agli incentivi, contemplata dalla previsione censurata per i soli impianti eolici iscritti al registro EOLN-RG2012, costituirebbe un chiaro esempio di eccesso di potere legislativo censurabile sul piano della ragionevolezza, tanto più che lo stesso art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 limita il diniego o la decadenza dei benefici accordati alle imprese e il recupero delle somme già erogate alle sole ipotesi di violazioni rilevanti ai fini dell’accesso agli incentivi.
L’indicazione di un dato erroneo che non abbia inciso sulla formazione della graduatoria non potrebbe, peraltro, essere annoverata tra le violazioni rilevanti.
1.2.– Con atto depositato il 22 gennaio 2020, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi le questioni manifestamente inammissibili e/o infondate.
La difesa statale eccepisce, in via pregiudiziale, l’inammissibilità delle questioni poiché il TAR rimettente fonda le proprie valutazioni sull’erroneo presupposto dell’assimilabilità tra la situazione giuridica nella quale versano gli impianti eolici iscritti nel registro EOLN-RG2012 e gli impianti di produzione di energia derivante da altre fonti rinnovabili, senza considerare né la diversità tra le stesse né la circostanza che le procedure per l’installazione degli impianti sono differenti. Assume, poi, precipua rilevanza, secondo la prospettazione del Presidente del Consiglio dei ministri, la circostanza che gli impianti idroelettrici possono essere installati in virtù di una concessione a seguito di gara pubblica, mentre per quelli eolici sono previste alcune procedure di autorizzazione per le quali la disposizione censurata va a porre fine alle incertezze che si erano determinate rispetto alla data di conseguimento del titolo autorizzativo/abilitativo sino ai chiarimenti forniti dal punto 2.2.7 delle procedure applicative del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio 2012 (Attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici), adottate dal GSE spa in data 24 agosto 2012.
Sottolinea, inoltre, il Presidente del Consiglio dei ministri che la giurisprudenza costituzionale sul rapporto tra norme eccezionali, in particolare di sanatoria, e principio di eguaglianza, è orientata nel senso che l’eccezionalità di una disciplina non può essere considerata un utile termine di raffronto ai fini del giudizio sulla corretta osservanza del principio di eguaglianza (viene citata la sentenza n. 208 del 2019).
L’Avvocatura generale dello Stato rileva l’infondatezza anche delle ulteriori censure osservando, con specifico riguardo alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., che la previsione di un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili nella disciplina europea non impedisce agli Stati membri l’introduzione di disposizioni specifiche volte a risolvere alcune peculiari problematiche senza compromettere il generale obiettivo di produzione di energia elettrica.
1.3.– Con memoria depositata in data 5 ottobre 2020, la società Pica Immobiliare ha evidenziato, quanto alle deduzioni contenute nell’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, che, in realtà, anche per gli impianti idroelettrici sussistevano, al momento dell’emanazione delle suddette procedure applicative da parte del Gestore, questioni problematiche rispetto all’individuazione della data di conseguimento del titolo concessorio. La società ha sottolineato, inoltre, l’inconferenza del richiamo alla giurisprudenza costituzionale sulla non estensibilità del trattamento derogatorio favorevole in una fattispecie come quella in esame, nella quale la norma eccezionale è essa stessa espressione di un principio di proporzionalità e ragionevolezza del sistema, come sarebbe stato confermato dai recenti interventi normativi sull’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, realizzati dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, in legge 11 settembre 2020, n. 120.
2.– Con ordinanza dell’11 ottobre 2019, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 2019, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, ha sollevato questioni incidentali di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione al divieto di discriminazione sancito dagli artt. 20 e 21 CDFUE, nella parte in cui riserva ai soli impianti iscritti al registro EOLN-RG2012 il beneficio della riammissione al meccanismo incentivante di cui al d.lgs. n. 28 del 2011, escludendo da tale beneficio gli impianti eolici che abbiano chiesto l’iscrizione nei registri per annualità diverse.
Il giudice rimettente riferisce che una società operante nel settore eolico, per accedere agli incentivi previsti dal d.lgs. n. 28 del 2011 in favore di impianti alimentati da fonti rinnovabili, presentava al GSE spa richieste di iscrizione al registro informatico per un impianto sito in località Piano delle Vedove nel Comune di Casalvecchio di Puglia e, non essendosi collocata in posizione utile per l’anno 2014, inviava al Gestore richiesta di iscrizione al successivo registro informatico REG_EOLON2016 per il riconoscimento degli incentivi di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 giugno 2016 (Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico).
Dopo il preavviso di rigetto adottato ai sensi dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), il Gestore comunicava all’impresa, con provvedimento del 22 febbraio 2018, la decadenza dalla graduatoria sia per l’anno 2014 che per quello 2016, in quanto la data di perfezionamento del titolo abilitativo indicata in fase di iscrizione al registro non era riconducibile a quella di effettivo conseguimento dell’autorizzazione avvenuto, secondo la procedura amministrativa semplificata, avendo riguardo ai chiarimenti contenuti nel paragrafo 2.2.7 delle già richiamate procedure applicative del Gestore del 24 agosto 2012, ma solo in data successiva.
La società impugnava tale provvedimento dinanzi al TAR Lazio con plurimi motivi, che venivano disattesi con la sentenza non definitiva del 2 ottobre 2019, n. 11502, dopo la pronuncia della quale il collegio adito rimetteva il procedimento in istruttoria per sollevare le questioni di legittimità costituzionale, sollecitate in via subordinata dalla medesima impresa nel proprio ricorso.
In punto di rilevanza, il giudice a quo sottolinea – ritenuto che la disposizione censurata, stante la chiarezza della formulazione letterale, non possa prestarsi a una interpretazione costituzionalmente orientata – che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui esclude gli impianti eolici iscritti in altro registro informatico, consentirebbe alla ricorrente di essere riammessa agli incentivi.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente dubita della ragionevolezza della scelta del legislatore di non consentire la riammissione agli incentivi ove nella domanda sia stata indicata erroneamente, senza che ciò abbia influito sulla graduatoria finale, a fronte della previsione, di contro, di tale riammissione per i soli impianti eolici iscritti nel registro EOLN-RG2012, non potendo ipotizzarsi alcuna giustificazione nella considerazione di impianti di energia rinnovabile da fonti eoliche a seconda della diversa data di iscrizione nel relativo registro informatico.
Rileva, inoltre, il TAR Lazio che questa ingiustificata disparità di trattamento, suscettibile di violare l’art. 3 Cost., potrebbe porsi in contrasto anche con il principio di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., poiché, in base al dato normativo, l’amministrazione sarebbe tenuta a esprimere differenti valutazioni su fattispecie pressoché identiche.
Sottolinea, inoltre, l’ordinanza di rimessione, che la disposizione censurata, costituendo il d.lgs. n. 28 del 2011 attuazione di una direttiva europea, potrebbe comportare anche una possibile violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 e 21 CDFUE, che enunciano il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione.
2.1.– Con atto depositato il 28 gennaio 2020, si è costituita in giudizio la società Agri Energy srl chiedendo l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio.
2.2.– Con atto del 22 gennaio 2020, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, chiedendo dichiararsi le questioni manifestamente inammissibili e/o infondate.
La difesa statale deduce in via pregiudiziale l’inammissibilità delle questioni poiché il TAR rimettente fonda le proprie valutazioni sull’erroneo presupposto dell’assimilabilità tra la situazione giuridica dei titolari di impianti eolici iscritti nel registro EOLN-RG2012 e quella dei titolari di altri impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. In particolare, secondo la prospettazione del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione censurata è funzionale a rimediare alle conseguenze delle incertezze che si erano determinate rispetto alla data di conseguimento del titolo autorizzativo/abilitativo sino ai chiarimenti forniti dal punto 2.2.7 delle procedure applicative adottate dal GSE spa in data 24 agosto 2012.
Sottolinea, inoltre, il Presidente del Consiglio dei ministri che la giurisprudenza costituzionale sul rapporto tra norme eccezionali, in particolare di sanatoria, e principio di eguaglianza, è orientata nel senso che, proprio l’eccezionalità di una disciplina, non può essere considerata un utile termine di raffronto ai fini del giudizio sulla corretta osservanza del principio di eguaglianza (è citata la sentenza n. 208 del 2019).
La difesa statale ritiene non fondate anche le censure afferenti alla possibile violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., poiché la previsione di un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili da parte della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE, non impedisce agli Stati membri l’introduzione di disposizioni specifiche volte a risolvere alcune peculiari problematiche senza compromettere il generale obiettivo di produzione di energia elettrica.
2.3.– Con successiva memoria del 4 febbraio 2020, la società Agri Energy srl, a sostegno delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio, ha richiamato la giurisprudenza costituzionale che, per un verso, ha sottolineato l’obiettivo di incentivare e promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in luogo di quelle fossili e, per un altro, ha evidenziato la necessità che i poteri del Gestore siano esercitati entro i rigidi limiti derivanti dai principi di proporzionalità e ragionevolezza (è richiamata la sentenza n. 51 del 2017). In questa prospettiva si colloca, rileva la società costituita, l’introduzione della disposizione censurata che, tuttavia, nel consentire la riammissione a fronte di violazioni formali irrilevanti ai fini della formazione della graduatoria quanto alla data di conseguimento dell’autorizzazione all’impianto, ha introdotto, in modo particolarmente discriminatorio e senza alcuna giustificazione per l’esclusione degli impianti eolici iscritti in registri successivi, tale possibilità per i soli impianti eolici iscritti nel registro EOLN-RG2012. La società, a sostegno delle proprie deduzioni, ha inoltre richiamato la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sul principio di parità di trattamento e non discriminazione sancito dagli artt. 20 e 21 CDFUE (viene citata Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 26 settembre 2013, in causa C-195/12 12 Industrie du bois DE Vielsalm & Cie (IBV) SA contro Région wallonne).
La società Agri Energy srl ha anche evidenziato che la difesa dello Stato sarebbe incorsa in un errore – errore che peraltro avrebbe disvelato, al contempo, l’irragionevolezza intrinseca della disposizione censurata, la quale ha limitato la possibilità di essere riammesse agli incentivi alle sole imprese del settore eolico che avevano chiesto l’iscrizione nel registro per l’anno 2012 – fondando il proprio atto di intervento, anche nel giudizio incidentale promosso dal TAR Lazio con ordinanza n. 246 del 2019, sulla volontà del legislatore di tutelare la produzione da fonte di energia eolica e non da altre fonti, come quella idroelettrica, dato che la stessa Agri Energy opera nel settore dell’eolico on shore.
3.– Con memoria unica depositata per entrambi i procedimenti in data 5 ottobre 2020, l’Avvocatura generale ha spiegato alcune precisazioni rispetto alle deduzioni delle parti costituite.
Rispetto alla posizione della società Pica Immobiliare srl, operante nel settore idroelettrico, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sottolineato che la norma censurata, laddove tutela la produzione di energia eolica e non anche di quella idroelettrica, deve essere individuata nella maggiore capacità produttiva degli impianti idroelettrici che, a differenza di quelli eolici, non risentono delle variazioni metereologiche, con conseguente insussistenza di una irragionevole discriminazione di trattamento.
Con riferimento, invece, alle deduzioni della società Agri Energy srl, operante nel settore eolico, l’Avvocatura ha evidenziato che la scelta del legislatore di riservare il trattamento più favorevole, previsto dal comma 4-sexies dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, alle sole imprese che avevano chiesto l’iscrizione nei registri per l’anno 2012 è giustificata dalla circostanza che, nel medesimo anno, con le procedure applicative del GSE spa in data 24 agosto 2012, sono stati forniti i necessari chiarimenti in ordine alla data di perfezionamento del titolo e che, pertanto, non sarebbero stati scusabili errori siffatti negli anni successivi.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza del 24 settembre 2019, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, ha sollevato questioni incidentali di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo comma, della Costituzione; quest’ultimo in relazione agli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.
Il giudice rimettente dubita innanzi tutto della ragionevolezza della scelta del legislatore di non consentire la riammissione agli incentivi a fronte di una domanda nella quale sia stata indicata erroneamente, senza che ciò abbia influito sulla graduatoria finale, la data della concessione per gli impianti idroelettrici rispetto alla previsione, di contro, di tale riammissione per gli impianti eolici, in virtù della ratio comune e della conseguente regolamentazione omogenea, sia in ambito europeo che nazionale, degli incentivi previsti per favorire la diffusione di energie rinnovabili.
Rileva, inoltre, il TAR Lazio che questa ingiustificata disparità di trattamento, suscettibile di violare l’art. 3 Cost., si pone in contrasto anche con il principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., poiché impone alla pubblica amministrazione di trattare in modo diverso situazioni analoghe.
L’ordinanza di rimessione assume che la disposizione censurata, costituendo il d.lgs. n. 28 del 2011 attuazione di una direttiva europea, potrebbe altresì comportare una violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 e 21 CDFUE, che enunciano il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione.
2.– Con successiva ordinanza dell’11 ottobre 2019, il medesimo Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, ha sollevato analoghe questioni incidentali di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011, in riferimento ugualmente agli artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 20 e 21 della CDFUE.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Collegio rimettente dubita della ragionevolezza della scelta del legislatore di non consentire la riammissione agli incentivi a fronte di una domanda nella quale sia stata indicata erroneamente la data di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dei impianti, senza che ciò abbia influito sulla graduatoria finale, rispetto alla previsione, di contro, di tale riammissione per impianti produttivi di energia elettrica, anch’essi da fonte eolica, che avevano chiesto l’iscrizione nel registro EOLN-RG2012, ossia quello per l’anno 2012, non potendo ipotizzarsi una differenziazione tra le fonti eoliche a seconda della data di iscrizione nel relativo registro informatico.
Rileva, inoltre, il TAR Lazio che questa ingiustificata disparità di trattamento, suscettibile di violare l’art. 3 Cost., potrebbe porsi in contrasto anche con il principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., poiché impone alla PA di trattare in modo diverso situazioni analoghe.
Anche questa ordinanza di rimessione, come già quella precedente, assume che la disposizione censurata, costituendo il d.lgs. n. 28 del 2011 attuazione di una direttiva europea, potrebbe altresì comportare una violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 e 21 CDFUE, che enunciano il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione.
3.– I giudizi devono essere riuniti in ragione della loro connessione oggettiva, per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.
4.– Sussistono le condizioni di ammissibilità delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, dovendo il giudice rimettente pronunciarsi in ordine alla deduzione delle parti ricorrenti, le quali chiedono che la disposizione censurata sia applicabile anche a esse al fine di accedere – previa “riammissione” in graduatoria – ai previsti incentivi in favore dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili.
In entrambi i giudizi a quibus si fa questione di spettanza, o no, degli incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili (nella specie, rispettivamente idroelettrica ed eolica) in favore di nuovi impianti (o ricostruiti o potenziati) entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012.
Il thema disputatum ha ad oggetto proprio la sussistenza della “violazione rilevante”, consistente nella presentazione al Gestore dei servizi energetici GSE spa (d’ora in avanti: GSE spa o Gestore), di «dati non veritieri»; ciò che è stata causa del provvedimento di rigetto del Gestore. In particolare, si dibatte in ordine al requisito rappresentato dalla non “veridicità” della data del titolo autorizzatorio o concessorio, quale dichiarata dal titolare dell’impianto, che ha chiesto l’incentivo con l’iscrizione al registro informatico di competenza, di cui all’art. 9 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012 (Attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici).
Nel primo giudizio (r.o. n. 237 del 2019) la società ricorrente presso il TAR rimettente, che produce energia idroelettrica e che è stata utilmente collocata nella graduatoria del registro informatico del 2016 per tale tipologia di fonte alternativa (registro IDRO_RG2016 – produzione di energia idroelettrica), ha dichiarato che la data del suo titolo (concessorio) era il 7 febbraio 2012, data di sottoscrizione del disciplinare di concessione. Invece, secondo il GSE spa, la data “esatta” è quella della concessione di derivazione d’acqua a uso energetico, rilasciata dalla Provincia con atto del 27 febbraio 2012 (di venti giorni successiva a quella indicata dal richiedente).
Nel secondo giudizio (r.o. n. 246 del 2019) la società ricorrente presso il TAR rimettente, che produce energia eolica e che anch’essa è utilmente collocata nella graduatoria del registro informatico del 2016 (registro EOLN_RG2016 – produzione di energia eolica) per tale tipologia di fonte alternativa, ha indicato, quale data del titolo autorizzatorio, quella di presentazione della richiesta relativa alla PAS (Procedura abilitativa semplificata, prevista dall’art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011). Invece – secondo il GSE spa – rileva la data di scadenza del termine di trenta giorni per l’esercizio dei poteri inibitori dell’amministrazione (quindi, è di trenta giorni successiva a quella indicata dal richiedente).
In entrambe le ipotesi si ha che di fatto l’inesattezza della data è comunque ininfluente, nella specie, ai fini della posizione nella graduatoria delle due società, posizione che rimane la stessa anche postergando (rispettivamente di venti e di trenta giorni) la data del titolo concessorio e autorizzatorio. Ciò non è messo in dubbio dal TAR rimettente ed è pacifico tra le parti.
Si tratta, quindi, in entrambi i casi, di una indicazione sì erronea, ma ininfluente al fine della collocazione in graduatoria e che in quanto tale – secondo la disposizione censurata – consente la “riammissione” agli incentivi, ma limitatamente a una sola fonte di energia rinnovabile (quella eolica) e con esclusivo riferimento agli impianti iscritti nel registro informatico EOLN-RG2012.
4.1.– Il TAR rimettente ha, poi, plausibilmente escluso la possibilità di una interpretazione adeguatrice, ovvero di un’interpretazione che neghi che il presupposto del rigetto dall’istanza di accesso agli incentivi ovvero di decadenza dagli stessi possa essere integrato dalla violazione in questione – ossia dalla mera erronea indicazione della data del titolo autorizzatorio o concessorio – perché la stessa non sarebbe tale da potersi qualificare come “rilevante” ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011.
Secondo il più recente orientamento di questa Corte in tema di interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità a Costituzione (cosiddetta interpretazione conforme), è sufficiente che il giudice rimettente l’abbia plausibilmente esclusa anche sol perché «improbabile o difficile»; in tale evenienza la questione deve essere scrutinata nel merito dalla Corte stessa (ex multis, sentenze n. 168 del 2020 e n. 42 del 2017).
In ogni caso è proprio la disposizione censurata a validare il presupposto interpretativo dal quale muove il TAR rimettente perché l’aver previsto la “riammissione” agli incentivi ove sia stato negato l’accesso agli stessi, a causa della errata indicazione della data del titolo autorizzativo in sede di registrazione dell’impianto al relativo registro informatico, non può che significare che, in assenza di tale “riammissione”, la normativa (art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011) prevede proprio il rigetto dell’istanza stessa.
4.2.– Inoltre, per quanto attiene in particolare all’ordinanza di rimessione n. 237 del 2019, l’Avvocatura generale dello Stato deduce che il giudice a quo ha argomentato, nel ritenere possibile una disparità di trattamento, muovendo da un presupposto interpretativo erroneo, in quanto le situazioni poste in comparazione non potrebbero essere assimilate, perché quella degli impianti eolici, cui si indirizza la disposizione censurata, è diversa da quella degli impianti idroelettrici.
L’eccezione non può essere accolta, poiché il profilo attiene, piuttosto, al merito, della censura avente ad oggetto la violazione del principio di ragionevolezza (sentenza n. 35 del 2017) e sarà quindi esaminato in seguito.
5.– Passando al merito delle questioni, è opportuno prima ricostruire sommariamente il comune quadro normativo di riferimento nel quale si collocano gli incidenti di legittimità costituzionale promossi dal TAR Lazio.
La norma censurata – ossia il comma 4-sexies dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, aggiunto dall’art. 57-quater del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 2017, n. 96 – prevede che, «[a]l fine di salvaguardare la produzione di energia elettrica derivante da impianti eolici, tutti gli impianti eolici già iscritti in posizione utile nel registro EOLN-RG2012, ai quali è stato negato l’accesso agli incentivi di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, a causa della errata indicazione della data del titolo autorizzativo in sede di registrazione dell’impianto al registro EOLN-RG2012, sono riammessi agli incentivi previsti dalla normativa per tale registro. La riammissione avviene a condizione che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo non abbia effettivamente portato all’impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria».
Giova ricordare che le fonti energetiche rinnovabili, anche definite alternative, sono quelle forme di energia che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani” e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.
Il sistema di sostegno alle fonti di energia rinnovabile è funzionale al raggiungimento di una pluralità di obiettivi, tra i quali la tutela dell’ambiente e la realizzazione di meccanismi di risparmio ed efficienza energetica diffusi a tutti i livelli, che consentono di conseguire lo sviluppo sostenibile della società con un minore impiego di energia, così soddisfacendo le esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.
Come ha sottolineato questa Corte, la normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120; Statuto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA, fatto a Bonn il 26 gennaio 2009, ratificato e reso esecutivo con legge 5 aprile 2012, n. 48) e quella comunitaria manifestano un deciso favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili (sentenze n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012).
L’art. 2, lettera a), della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (Testo rilevante ai fini del SEE), stabilisce che l’energia proveniente da fonti rinnovabili è quella derivante dallo sfruttamento delle fonti eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.
Nella normativa interna, l’art. 2, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2011, definisce a propria volta energia da fonti rinnovabili quella «proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas».
Le forme di incentivazione economica alle imprese che operano nella produzione di energie alternative hanno l’obiettivo di tendere ad una equiparazione delle capacità di reddito dei relativi impianti rispetto a quelli tradizionali, così favorendo gli investimenti nel settore.
Nel sistema italiano – che già conosceva le misure di incentivazione introdotte dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) – è centrale l’emanazione del d.lgs. n. 28 del 2011, che, recependo la direttiva 28/2009/CE, nell’esercizio della delega di cui alla legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009), ha riordinato il sistema degli incentivi nel rispetto, in particolare, del criterio direttivo di «adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili» (art. 17, comma 1, lettera h, della legge di delega), perseguendo, tra l’altro, l’obiettivo indicato dallo stesso decreto legislativo di raggiungere nel 2020 la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia pari al 17 per cento (art. 3, comma 1).
In particolare, sulla base dei criteri indicati dall’art. 24 del d.lgs. n. 28 del 2011, la disciplina di dettaglio è rinviata a una fonte secondaria – inizialmente il d.m. 6 luglio 2012 – che, come precisato dall’art. 3, comma 1, individua «le modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti, alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica, nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, oggetto di intervento di potenziamento o di rifacimento, aventi potenza non inferiore a 1 kW e che entrano in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2012», prevedendo un costo annuale massimo, con esclusione del fotovoltaico, di 5,8 miliardi di euro.
Gli artt. 9 e seguenti dello stesso d.m. 6 luglio 2012 prevedono l’istituzione e la tenuta di un registro informatico presso il Gestore, registro nel quale ogni nuovo impianto deve essere iscritto secondo l’ordine prefissato da una serie di criteri. L’art. 10 stabilisce, in particolare, al comma 3, che il Gestore forma le graduatorie degli impianti iscritti a ciascun registro secondo i seguenti criteri di priorità, da applicare in ordine gerarchico: «a) impianti di proprietà di aziende agricole, singole o associate, alimentati da biomasse e biogas di cui all’articolo 8, comma 4, lettere a) e b), con potenza non superiore a 600 kW; b) per gli impianti a biomassa e biogas: impianti alimentati dalla tipologia di cui all’articolo 8, comma 4, lettera b); c) per impianti alimentati dalle biomasse di cui all’articolo 8, comma 4, lettere c) e d): dichiarazione dell’Autorità competente attestante, nell’ambito della pianificazione regionale in materia di rifiuti, la funzione dell’impianto ai fini della corretta gestione del ciclo dei rifiuti; d) per gli impianti geotermoelettrici: impianti con totale reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, ovvero che rispettano i requisiti di cui all’articolo 27, comma 1, lettera c); e) per gli impianti idroelettrici, nell’ordine: i. realizzati su canali o condotte esistenti, senza incremento di portata derivata; ii. che utilizzano acque di restituzioni o di scarico; iii. che utilizzano salti su briglie o traverse esistenti senza sottensione di alveo naturale o sottrazione di risorsa; iv. che utilizzano una quota parte del DMV senza sottensione di alveo naturale; v. che utilizzano salti su briglie o traverse esistenti senza sottensione di alveo naturale o sottrazione di risorsa; f) impianti iscritti al precedente registro che, pur avendo presentato domanda completa ed idonea per l’accesso ai meccanismi incentivanti di cui al presente decreto, siano risultati in posizione tale da non rientrare nel limite di potenza previsto; g) minor potenza degli impianti; h) anteriorità del titolo autorizzativo; i) precedenza della data della richiesta di iscrizione al registro».
Il comma 4 precisa, poi, che «[n]el caso in cui l’applicazione di uno dei criteri di priorità di cui al comma 3 comporti il superamento del contingente disponibile, si procede alla formazione della graduatoria applicando, in ordine gerarchico, i criteri successivi».
L’iscrizione nei registri è resa possibile, alle condizioni previste, fino al raggiungimento del plafond annuo (cosiddetto limite di costo degli incentivi).
Pertanto, la data dell’autorizzazione o, più ampiamente, di abilitazione – considerata la necessità della concessione per alcuni impianti come quelli idroelettrici – all’esercizio dell’impianto è, di norma, rilevante ai fini della collocazione in graduatoria di un’impresa produttrice di energie rinnovabili rispetto all’ammissione agli incentivi in un determinato anno (art. 10, comma 3, lettera h, citato).
La disciplina primaria di riferimento, quanto all’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, si fonda sui principi enunciati dall’art. 4 del d.lgs. n. 28 del 2011, per il quale «la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione».
In particolare, il d.lgs. n. 28 del 2011 ha sinora contemplato, in linea con i predetti canoni di proporzionalità e adeguatezza, in ragione delle dimensioni dell’impianto, tre procedure abilitative: a) l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, come modificato dall’art. 5 dello stesso d.lgs. n. 28 del 2011; b) la procedura abilitativa semplificata (PAS), ex art. 6 di quest’ultimo decreto; c) la comunicazione relativa alle attività in edilizia libera ai sensi dell’art. 6, comma 11, del medesimo d.lgs. n. 28 del 2011.
Per quel che rileva maggiormente ai fini della decisione, occorre evidenziare che la procedura abilitativa semplificata, disciplinata dall’art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, si caratterizza in quanto il proponente, almeno trenta giorni prima di iniziare i lavori, deve presentare al Comune una dichiarazione accompagnata dalla dettagliata relazione di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, attestanti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati ed i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Se il Comune riscontra l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, vieta l’esecuzione della denuncia di inizio di attività e, in caso di falsa attestazione del professionista incaricato, ne informa l’autorità giudiziaria ed il consiglio dell’ordine.
Di qui il dubbio – secondo la prospettazione difensiva dell’Avvocatura – sulla data di perfezionamento del titolo abitativo, id est se debba essere individuata in quella della presentazione della dichiarazione al Comune ovvero decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della relativa documentazione all’ente comunale competente senza che siano intervenuti espliciti dinieghi; in quest’ultimo senso è stato il paragrafo 2.2.7 delle procedure applicative del Gestore del 24 agosto 2012.
Di recente, i regimi autorizzativi sono stati ulteriormente modificati – sempre in un’ottica di progressiva semplificazione in armonia con il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili – dall’art. 56 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, in legge 11 settembre 2020, n. 120, che, tra l’altro, ha introdotto, con l’art. 6-bis del d.lgs. n. 28 del 2011, la nuova procedura di dichiarazione di inizio lavori asseverata.
6.– Il controllo sulla spettanza degli incentivi è espressamente demandato dal d.lgs. n. 28 del 2011 al Gestore, soggetto privato che svolge pubbliche funzioni, sia per la partecipazione pubblica totalitaria da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, sia per la natura dei poteri esercitati (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 3 settembre 2019, n. 9). Gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE spa e il soggetto responsabile dell’impianto (art. 24, comma 2, lettera d, del d.lgs. n. 28 del 2011).
Ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, qualora nell’ambito dei controlli eseguiti vengano riscontrate violazioni rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il Gestore ha il potere di disporre il rigetto della relativa istanza ovvero la decadenza dagli incentivi (con il recupero, in questo caso, delle somme già erogate).
Il comma 5 dell’art. 42 ha demandato ad un successivo decreto del Ministero dello sviluppo economico, adottato con decreto 31 gennaio 2014 (Attuazione dell’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.a.), la definizione di una disciplina organica dei controlli che, in conformità ai principi di efficienza, efficacia e proporzionalità, doveva stabilire le procedure per lo svolgimento dei controlli sugli impianti di competenza del Gestore e la definizione delle violazioni “rilevanti” ai fini dell’erogazione degli incentivi.
Tali violazioni sono state individuate dall’Allegato 1 del medesimo d.m. 31 gennaio 2014: tra esse la lettera a) contempla anche la «presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi».
7.– In assenza di precise indicazioni normative circa la disciplina applicabile ai provvedimenti emessi dal Gestore ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, la giurisprudenza amministrativa ha espresso orientamenti di particolare rigore.
Sotto un primo profilo, il Consiglio di Stato ha affermato che l’atto emesso dal GSE spa ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 non è manifestazione di un potere di autotutela, bensì espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo. Tale potere ha natura doverosa ed esito vincolato, in quanto volto non a riesaminare la legittimità di una precedente decisione amministrativa di carattere provvedimentale, bensì al controllo circa la veridicità delle dichiarazioni formulate da un privato nell’ambito di una procedura avente lo scopo di attribuire sovvenzioni pubbliche. Ne deriva, secondo questa impostazione, l’inapplicabilità delle disposizioni dell’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), in tema di limiti all’esercizio dell’autotutela amministrativa (tra le altre, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 dicembre 2019, n. 8442).
Nella medesima prospettiva di rigore, poi, la giurisprudenza amministrativa ha escluso nell’ipotesi in esame, pur riconoscendo la valenza generale della stessa, l’operatività della disciplina del cosiddetto soccorso istruttorio di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge n. 241 del 1990 – in virtù del quale il responsabile del procedimento può chiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e ordinare esibizioni documentali – poiché la stessa rientra nelle procedure che pongono oneri specifici a chi vuol ottenere le scarse e non facilmente riproducibili risorse finanziarie pubbliche d’incentivo alle fonti d’energia rinnovabili, procedure nelle quali si configurano in capo al singolo obblighi di correttezza, specificati con il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità, che rinvengono il loro fondamento sostanziale negli artt. 2 e 97 Cost., e che impongono che questi sia chiamato ad assolvere oneri di cooperazione, quale appunto è il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete sin dall’inizio (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 12 gennaio 2017, n. 51).
Questi orientamenti hanno trovato avallo in una recente pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la quale ha sottolineato che i provvedimenti di decadenza emessi dal Gestore ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 non sono pienamente assimilabili a quelli di autotutela amministrativa, in quanto la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio, è un istituto che, pur presentando tratti comuni con il più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere differenziato in virtù di una serie di fattori, quali: a) l’espressa e specifica previsione, da parte della legge, non sussistendo, in materia di decadenza, una norma generale come quella prevista dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti; b) la tipologia del vizio, di solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto; c) il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 11 settembre 2020, n. 18).
8.– Occorre, tuttavia, considerare che il legislatore ordinario – anche a seguito della sentenza n. 51 del 2017 di questa Corte che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 23, comma 3, e 43, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, con riferimento al diverso settore del fotovoltaico, ha sottolineato l’eccessivo rigore di alcune misure demandate al Gestore, con conseguente violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza posti dal legislatore delegante – è intervenuto sull’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, rimodulando e graduando le conseguenze delle violazioni in ragione della gravità delle stesse. In particolare, sono stati aggiunti ulteriori periodi al comma 3 del predetto art. 42 – ad opera, prima dell’art. 1, comma 960, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) e, in seguito, dell’art. 13-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 (Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali), convertito, con modificazioni, in legge 2 novembre 2019, n. 128 – secondo cui, «[i]n deroga al periodo precedente, al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili [...] degli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, il GSE dispone la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell’entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà».
Pertanto, nel sistema attuale non tutte le violazioni, sebbene “rilevanti”, determinano l’impossibilità di accedere agli incentivi ovvero la decadenza dagli stessi, ma soltanto quelle connotate da maggiore gravità.
9.– Da ultimo, successivamente alla promozione da parte del giudice rimettente dei presenti giudizi incidentali di legittimità costituzionale, il legislatore è intervenuto, mediante l’art. 56, comma 7, lettera a), del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, sul comma 3 dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, precisando che il Gestore può rigettare la domanda di concessione degli incentivi o disporne la decadenza solo ove ricorrano i presupposti a cui l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 subordina l’esercizio del potere di autotutela da parte della PA.
Né può trascurarsi che al lume delle condizioni di legittimità contemplate da tale norma – in punto di sussistenza di un interesse pubblico concreto prevalente e di intervento del provvedimento entro un termine ragionevole ed in ogni caso non superiore a diciotto mesi dall’emanazione di quello precedente, se vantaggioso per i privati – potranno, su richiesta degli interessati, essere riesaminate anche le posizioni degli impianti che abbiano subito un provvedimento di diniego ovvero di decadenza dagli incentivi non ancora definitivo, anche perché impugnato in sede giurisdizionale, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 56, comma 8, del predetto d.l. n. 76 del 2020, come convertito.
Tuttavia, sebbene in virtù di questa regolamentazione transitoria la nuova disposizione potrebbe incidere indirettamente sulla situazione delle stesse imprese ricorrenti nel giudizio principale, non deve essere disposta la restituzione agli atti al TAR rimettente – restituzione che è giustificata, come chiarito anche di recente da questa Corte, solo quando dal mutamento del quadro normativo di riferimento derivi l’esigenza di una rivalutazione dei presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza (sentenza n. 125 del 2018) –, perché la norma censurata continua a prevedere una disciplina di maggiore favore rispetto al risultato che, solo eventualmente, le stesse imprese potrebbero ottenere, su richiesta, dall’applicazione della disciplina sopravvenuta.
10.– Tutto ciò premesso, può ora esaminarsi la denunciata violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
La questione è fondata, con assorbimento della censura di violazione del principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) e di quella afferente alla denunciata violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 20 e 21 CDFUE sul parallelo principio di eguaglianza e non discriminazione.
11.– È violato il principio di eguaglianza e di ragionevolezza, espresso dall’art. 3 Cost., in quanto la norma censurata, sotto un duplice aspetto, determina un’illegittima disparità di trattamento tra situazioni simili, laddove – a parità di condizioni, ossia sul comune presupposto che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo non abbia effettivamente portato all’impianto alcun vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria – non contempla la “riammissione” agli incentivi per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, diversi da quelli che producono energia eolica (primo profilo), ovvero per impianti eolici iscritti in registri differenti da quello (EOLN-RG2012) relativo all’anno 2012 (secondo profilo).
12.– In relazione al primo profilo, occorre evidenziare che il comma 4-sexies dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 mira dichiaratamente a incentivare la produzione di energia eolica, facendo quindi riferimento, in particolare, a una delle fonti di energia rinnovabile tra quelle contemplate dal d.m. 6 luglio 2012, pur richiamato dalla disposizione stessa.
Il legislatore, nel prevedere la riammissione agli incentivi quando l’erronea indicazione della data del titolo autorizzativo è stata ininfluente ove «non abbia effettivamente portato all’impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria», ha voluto evitare la perdita del beneficio degli incentivi proprio per sostenere, in particolare, la produzione di energia eolica.
È ben vero che l’«errata indicazione della data del titolo autorizzativo in sede di registrazione dell’impianto» – come anche quella del titolo concessorio, espressamente previsto, unitamente a quello autorizzativo, dall’art. 10, comma 3, lettera h), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 23 giugno 2016 (Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico) – non sia di per sé circostanza di poco conto, perché incide sulla rapidità ed efficienza dell’attività amministrativa del Gestore.
Ma, d’altro canto la norma su «[c]ontrolli e sanzioni in materia di incentivi», di cui all’art. 42 del d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, recava, nella originaria formulazione del suo comma 3, un’accentuata rigidità dal momento che il Gestore, una volta riscontrata una violazione “rilevante” (e tale era anche l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo in quanto dato non veritiero ai sensi del d.m. 31 gennaio 2014, che all’art. 11 definisce le violazioni “rilevanti” per gli effetti di cui al citato art. 42), doveva disporre «il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi» (comma 3) anche ove l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo non avesse effettivamente portato all’impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria (in tal senso è anche la già richiamata sentenza n. 51 del 2017).
Il legislatore – prima che tale comma 3 dell’art. 42 fosse novellato nei termini di cui ora si dirà, in modo da rendere più flessibile l’azione del Gestore e subito dopo che questa Corte aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina sanzionatoria prevista dal successivo art. 43, comma 1, per il parallelo settore dell’energia fotovoltaica (sentenza n. 51 del 2017) – si è reso conto che la primaria esigenza di «adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili», specifico criterio direttivo posto dal legislatore delegante (art. 17, comma 1, lettera h, della legge n. 96 del 2010), risultava frustrata e penalizzata in misura sproporzionata rispetto alla gravità dell’ “errore” commesso da chi, pur in possesso di tutti gli altri requisiti per aver accesso agli incentivi, avesse però indicato in modo inesatto la data del titolo autorizzatorio, legittimante la produzione stessa, senza che ciò avesse comportato alcun “vantaggio” al produttore che aveva proposto l’istanza.
Di qui la speciale “riammissione” agli incentivi prevista dalla disposizione censurata, la quale però, nel contesto emergenziale della conversione in legge della disciplina dettata dal d.l. n. 50 del 2017, ha considerato solo l’energia da impianti eolici e non anche le altre fonti rinnovabili indicate nel citato d.m. 6 luglio 2012, pur richiamato dalla disposizione stessa.
12.1.– Ma in realtà non si rinvengono, né nel decreto legislativo n. 28 del 2011, né nelle direttive europee delle quali lo stesso costituisce attuazione, differenze significative nella considerazione delle fonti energetiche rinnovabili, la cui massima diffusione, secondo una finalità più volte evidenziata da questa Corte (sentenze n. 148 del 2019, n. 177 del 2018 e n. 275 del 2012), tali normative si propongono di incentivare.
È pertanto priva di giustificazione l’esclusione dal trattamento più favorevole contemplato dalla norma censurata per impianti che producono energia elettrica da fonti rinnovabili diverse da quelle eoliche, come quelle operanti nel settore idroelettrico, l’una e l’altra ricadenti nel catalogo del d.m. 6 luglio 2012, al quale fa riferimento la stessa disposizione censurata.
La previsione appare vieppiù irragionevole alla luce della descritta evoluzione del quadro normativo di riferimento, orientata, sin dalle modifiche che hanno investito l’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, a partire dalle sopra richiamate leggi n. 205 del 2017 e n. 128 del 2019, culminate infine nel recente d.l. n. 76 del 2020, come convertito, a rendere maggiormente flessibili, in conformità con il principio di adeguatezza e proporzionalità, le conseguenze derivanti dalle violazioni, poste in essere dagli operatori economici, tenendo conto dell’effettiva gravità delle stesse, sì da consentire al Gestore di rigettare l’istanza di ammissione agli incentivi o dichiarare la decadenza dal relativo diritto solo nelle ipotesi di violazioni “rilevanti” di maggiore gravità e sempreché sussistano le condizioni richieste dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 per l’annullamento d’ufficio. Ciò il legislatore ha costantemente fatto (nel 2017, nel 2019 e da ultimo nel 2020) senza limitare all’eolico questa nuova flessibilità della risposta “sanzionatoria”, in senso lato, del Gestore, bensì facendo riferimento a tutte le fonti rinnovabili di energia disciplinate dall’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 e catalogate nel d.m. 6 luglio 2012.
Si ha quindi che – con riferimento, indistinto e non già selettivo, a tutte tali fonti rinnovabili di energia – nelle ipotesi in cui le violazioni riscontrate, pur “rilevanti”, non siano gravi, il Gestore possa limitarsi ad una decurtazione degli incentivi, in una misura ricompresa tra il 10 ed il 50 per cento; decurtazione ulteriormente ridotta nel caso di spontanea “denuncia” al Gestore della violazione (che può, come nei casi esaminati, concretarsi anche in un mero errore in ordine alla data del titolo autorizzativo o concessorio, rettificato dallo stesso produttore che abbia fatto istanza di accesso ai benefici).
In questo contesto anche la ratio della disposizione censurata può ricondursi a una finalità comune di sostegno e promozione di tutte le forme di energia da fonti rinnovabili, sicché la testuale limitazione al solo eolico della “riammissione” agli incentivi risulta essere ingiustificatamente discriminatoria rispetto alle altre fonti rinnovabili di energia, a parità della prevista condizione che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo o concessorio non abbia effettivamente portato all’impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria.
13.– Anche sotto l’altro indicato profilo (quello diacronico) la norma censurata viola l’art. 3 Cost., nella parte in cui limita irragionevolmente la propria portata agli impianti (eolici) iscritti nel registro dell’anno 2012.
Tale limitazione sarebbe giustificata, secondo la difesa dell’Avvocatura, in ragione di alcune discrasie o incertezze interpretative che si erano verificate in sede di prima applicazione del d.lgs. n. 28 del 2011 quanto alla data di rilascio dell’autorizzazione mediante la PAS e alla lettura del punto 2.2.7 del protocollo applicativo del Gestore del 24 agosto 2012. Ci si chiedeva, in sostanza, se dovesse a tal fine considerarsi la data di comunicazione al Comune ovvero attendere il decorso di 30 giorni dalla data di presentazione della relativa documentazione all’ente comunale competente senza che fossero intervenuti espliciti dinieghi.
Tuttavia di questa assunta, più specifica, ratio della limitazione non vi è traccia nei lavori preparatori relativi alla disposizione censurata, né essa traspare dal suo dato testuale.
Invece, nel nostro ordinamento la disciplina degli impianti di produzione di energia rinnovabile continua a caratterizzarsi per la peculiare complessità, dovuta sia alle fonti normative di diversa origine che la regolano (operanti nei vari livelli di decisione: europei e nazionali, primari e secondari, e finanche devoluti alle “procedure applicative” del Gestore), sia all’impatto della messa in esercizio degli impianti sull’ambiente e sul paesaggio.
Ciò è confermato dalla circostanza che anche nei Regolamenti operativi per l’iscrizione nei registri emessi negli anni successivi al 2012 e sino all’attualità, con il «Regolamento Operativo per l’iscrizione ai Registri e alle Aste del D.M. 4 luglio 2019», pubblicato in data 30 settembre 2020, il Gestore abbia continuato a fornire chiarimenti su aspetti afferenti il perfezionamento sia dell’autorizzazione (anche in ragione delle differenti modalità attraverso le quali la stessa può essere ottenuta), sia del titolo concessorio (affrontando, tra l’altro, questioni come quelle del disciplinare di concessione e della voltura del titolo).
Appare, quindi, discriminatoria, a fronte delle permanenti difficoltà interpretative su una materia multilivello e in continua evoluzione sul piano normativo, come quella dei titoli abilitativi in questione, la limitazione della “riammissione” agli incentivi, contemplata dalla previsione censurata, solo agli impianti (eolici) che avevano richiesto l’iscrizione nel registro per l’anno 2012 (EOLN-RG2012), a parità della verificata condizione che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo non abbia effettivamente portato all’impianto un vantaggio in relazione alla sua posizione in graduatoria.
14.– Rispetto a quanto sinora osservato con riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost., sotto il duplice profilo esaminato, non viene in rilievo il principio, pur ripetutamente enunciato nella giurisprudenza costituzionale, secondo cui, in presenza di norme generali e di norme derogatorie, in tanto può porsi una questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di eguaglianza, in quanto si assuma che queste ultime, poste in relazione alle prime, siano in contrasto con tale principio, mentre quando si adotti come tertium comparationis la norma derogatrice, la funzione del giudizio di legittimità costituzionale non può essere se non il ripristino della disciplina generale, ingiustificatamente derogata da quella particolare, non già l’estensione ad altri casi di quest’ultima (ex plurimis, sentenze n. 208 del 2019, n. 298 del 1994 e n. 383 del 1992; ordinanze n. 666 e n. 582 del 1988).
Invero, il complessivo assetto normativo descritto, e in particolare la ripetuta rimodulazione, in termini generali e non già settoriali, della prescrizione del comma 3 dell’art. 42 citato sul rigetto dell’istanza e sulla decadenza dagli incentivi in caso di violazioni “rilevanti”, dimostrano che la disposizione censurata è riconducibile ad una più ampia ratio di sostegno della produzione di energia da fonti rinnovabili, comune a tutte quelle alle quali tale prescrizione si riferisce e non già peculiare del solo settore eolico con riferimento esclusivo al registro EOLN-RG2012.
Quindi, opera il principio, anch’esso affermato da tempo nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «[i]l legislatore, […] una volta riconosciuta l’esigenza di un’eccezione rispetto a una normativa più generale, non potrebbe, in mancanza di un giustificato motivo, esimersi dal realizzarne integralmente la ratio, senza per ciò stesso peccare di irrazionalità» (sentenza n. 416 del 1996).
Nel compiere tale valutazione non può del resto trascurarsi il preminente rilievo, costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, del principio della massima diffusione delle energie rinnovabili, che comporta un’esigenza di semplificazione dei procedimenti autorizzatori (sentenze n. 148 del 2019, n. 177 del 2018 e n. 275 del 2012).
15.– Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del d.lgs. n. 28 del 2011, nella parte in cui non prevede la riammissione agli incentivi in favore anche di altri impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui al medesimo d.m. 6 luglio 2012, collocati utilmente nella graduatoria relativa ad altro registro informatico, a condizione che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo o concessorio, quale unica causa del diniego di accesso agli incentivi, non abbia effettivamente portato all’impianto alcun vantaggio in relazione alla posizione in graduatoria.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 4-sexies, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), nella parte in cui non prevede la riammissione agli incentivi in favore anche di altri impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui al medesimo decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012 (Attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici), collocati utilmente nella graduatoria relativa ad altro registro informatico, a condizione che l’errata indicazione della data del titolo autorizzativo o concessorio, quale unica causa del diniego di accesso agli incentivi, non abbia effettivamente portato all’impianto alcun vantaggio in relazione alla loro posizione in graduatoria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2020.
F.to:
Mario Rosario MORELLI, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2020.
Il Cancelliere
F.to: Filomena PERRONE