SENTENZA N. 76
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, Tabella 2, Missione 2, Programma 2.5., Azione reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro, promosso dalla Regione Puglia con ricorso notificato il 1°-6 marzo 2019, depositato in cancelleria l’11 marzo 2019, iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2020 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato Pierluigi Balducci per la Regione Puglia e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili;
deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2020.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notifica il 1° marzo 2019, ricevuto il 6 marzo 2019 e depositato il successivo 11 marzo, iscritto al n. 46 del reg. ric. 2019, la Regione Puglia ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), in riferimento agli artt. 117 e 119, primo e quarto comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
Le richiamate disposizioni sono impugnate insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), Tabella n. 2, Missione 2, allegato alla stessa, innanzitutto nella parte in cui non hanno disposto l’assegnazione alle Regioni delle risorse connesse all’esercizio delle funzioni non fondamentali delle Province attribuite alle Regioni stesse.
Inoltre, gli articoli indicati, insieme allo stato di previsione del MEF, Tabella n. 2, Missione 2, Programma 3 (recte: 2.5.) «Azione reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro», allegato alla suddetta legge, sono oggetto del dubbio di costituzionalità anche nella parte in cui non hanno previsto il trasferimento alle Regioni di somme volte a compensare del tutto il minor gettito dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) determinatosi per effetto delle deduzioni di cui all’art. 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)».
La Regione Puglia, nel formulare le impugnazioni, ricorda che la Missione 2 ha ad oggetto le relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, ed il Programma 2.5. riguarda i rapporti finanziari con enti territoriali.
2.- Nell’illustrare la questione relativa alla mancata assegnazione delle risorse connesse all’esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, trasferite alle Regioni, la ricorrente premette quanto segue.
3.- La Regione Puglia ricorda che la legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), nel distinguere le funzioni fondamentali da quelle non fondamentali svolte dalle Province, ha stabilito che le seconde dovessero essere assegnate ad altri enti dallo Stato e dalle Regioni, secondo le rispettive competenze, in attuazione dell’art. 118 Cost.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 settembre 2014 (Criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l’esercizio delle funzioni provinciali) sono stati fissati i criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane strumentali e organizzative, connesse all’esercizio delle funzioni provinciali da trasferire.
La legge n. 190 del 2014, attesa l’intervenuta riorganizzazione degli enti locali e la conseguente preventiva riduzione dei costi, all’art. 1, comma 418, ha stabilito, a carico delle Province e delle Città metropolitane, un contributo per il contenimento della spesa corrente.
4.- La Regione Puglia ha provveduto a dare attuazione alla legge n. 56 del 2014, con la legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31 (Riforma del sistema di governo regionale e territoriale), e con la legge regionale 27 maggio 2016, n. 9 (Disposizioni per il completamento del processo di riordino previsto dalla legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31 “Riforma del sistema di governo regionale e territoriale”).
In particolare, l’art. 2 della legge reg. Puglia n. 9 del 2016, ha disposto il trasferimento alla Regione di una pluralità di funzioni che, in precedenza, erano esercitate dalle Province.
Tuttavia, al trasferimento delle funzioni provinciali in capo alla Regione non è corrisposto il trasferimento delle relative risorse da parte dello Stato.
La legge n. 145 del 2018, difatti, a suo avviso, nulla ha previsto in termini di assegnazione di risorse alle Regioni per lo svolgimento delle funzioni provinciali non fondamentali alle stesse trasferite.
5.- Tanto premesso, la Regione Puglia illustra le ragioni poste a fondamento del dubbio di legittimità costituzionale.
6.- La ricorrente ripercorre la giurisprudenza costituzionale che ha esaminato la questione dell’attribuzione agli enti, che sono subentrati nell’esercizio delle funzioni non fondamentali delle Province, delle relative risorse.
In particolare, richiama le sentenze n. 137 e n. 84 del 2018, e n. 205 del 2016.
Ricorda che con la sentenza n. 205 del 2016, i cui princìpi sono stati ribaditi dalla sentenza n. 84 del 2018, la Corte ha affermato che le somme acquisite allo Stato, a seguito della riduzione della spesa corrente delle Province conseguente al trasferimento delle funzioni non fondamentali delle stesse, andavano riassegnate agli enti subentranti.
A sua volta, la pronuncia n. 137 del 2018 ha statuito che «[p]oiché l’interpretazione accolta dalla sentenza n. 205 del 2016 di questa Corte non ha trovato riscontro nel successivo operato dello Stato, si rende ora necessario sancire il dovere statale di riassegnazione delle risorse con una pronuncia di accoglimento».
7.- Dunque, la Regione Puglia deduce che, nel caso in esame, sussisterebbero tutte le condizioni per dichiarare l’incostituzionalità delle norme impugnate.
Sarebbe, infatti, palese l’individuazione delle funzioni non fondamentali un tempo svolte dalle Province e assegnate alla Regione Puglia (art. 2 della legge regionale n. 9 del 2016).
Al contempo, il bilancio regionale evidenzierebbe le somme spese per lo svolgimento delle funzioni medesime.
Peraltro, il recupero delle somme non corrisposte non potrebbe non essere adottato tempestivamente atteso che, come si poteva leggere nella sentenza n. 6 del 2019, «le diacroniche rimodulazioni derivanti dalle pronunzie di questa Corte non possono essere rinviate ad libitum, ma devono essere adottate tempestivamente e comunque entro la prima manovra di finanza pubblica utile, perché altrimenti gli interessi costituzionalmente tutelati rimarrebbero nella sostanza privi di garanzia».
8.- Poiché le disposizioni impugnate non hanno attribuito alle Regioni le risorse per l’esercizio delle nuove funzioni, essa ricorrente ha dovuto fare ricorso ad altre disponibilità del bilancio regionale, vedendo lesa la propria autonomia finanziaria e di spesa, nonché l’equilibrio di bilancio, in violazione dell’art. 119, primo e quarto comma, Cost.
9.- Le norme impugnate, inoltre, lederebbero il principio di leale collaborazione, di cui all’art. 120 Cost., atteso che il riordino delle funzioni non fondamentali è stato disposto anche attraverso l’accordo sancito in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014.
10.- Anche nel prospettare la questione relativa al mancato trasferimento di risorse per sopperire al minor gettito IRAP, la Regione Puglia svolge alcune considerazioni preliminari.
11.- La legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), nel fissare i criteri direttivi, ha predisposto l’esclusione di interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non fossero del proprio livello di governo.
In caso di intervento dello Stato sui tributi degli enti locali, però, la legge ha precisato che «[…] essi sono possibili, a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di misure per la completa compensazione […]» delle conseguenti minori entrate (art. 2, comma 2, lettera t, della legge n. 42 del 2009).
12.- Parimenti, con riferimento ai tributi propri derivati, e alle addizionali sui tributi erariali, l’art. 11 del decreto legislativo 6 novembre 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), ha disposto, al comma 1, che «[g]li interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), della citata legge n. 42 del 2009 sono possibili, a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota o attribuzione di altri tributi».
13.- Tuttavia, la legge n. 190 del 2014, all’art. 1, comma 20, ha modificato la determinazione della base imponibile IRAP, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso, senza che fosse prevista alcuna forma di compensazione a favore delle Regioni e a carico dello Stato.
Successivamente, per compensare il minor gettito IRAP che si è venuto a determinare, l’art. 8, comma 13-duodecies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015 n. 125, ha previsto l’attribuzione alle Regioni di contributi, per gli anni 2015, 2016 e successivi, ma in misura non adeguata a compensare completamente il minor gettito provocato dall’intervento statale.
13.1.- Come si può evincere, in particolare, dalla nota del MEF del 5 novembre 2015, e dall’intesa adottata in sede di Conferenza Stato-Regioni il 27 luglio 2017, a fronte di un gettito IRAP, precedente al 2015, di euro 109.641.000, negli anni successivi, ad avviso della ricorrente, vi sarebbe stato un minor gettito nei seguenti termini: euro 17.376,570, per l’anno 2015, euro 29.705.500, per l’anno 2016, euro 25.050.560, per l’anno 2017, euro 21.126.570, per l’anno 2018, euro 18.588.570, per l’anno 2019.
13.2.- A sostegno delle proprie argomentazioni, la Regione Puglia rileva che l’importo di cui alla Tabella n. 2 dello stato di previsione del MEF, Programma 2.5., Azione «Reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro», allegato alla legge n. 145 del 2018, e la quota ad essa spettante in base alle previsioni dell’intesa del 27 luglio 2017, pur essendo corrispondente al contributo previsto dal citato decreto-legge, sarebbe parziale rispetto alla completa compensazione dovuta dallo Stato.
13.3.- Dopo aver svolto tali considerazioni, la Regione prospetta censure simili a quelle esposte con riguardo alla prima questione che ha promosso.
Deduce che il maggior effetto negativo, verificatosi sul gettito delle manovre regionali IRAP, sarebbe attestato proprio dai prospetti predisposti dal MEF, ai sensi dell’art. 77-quater, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, ed inviati alle Regioni in sede di quantificazione annuale dei gettiti relativi all’ultimo anno consuntivabile.
13.4.- La mancata compensazione del minor introito IRAP violerebbe la propria autonomia finanziaria ed il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, non consentendo l’equilibrio di bilancio, in contrasto con l’art. 119, primo e quarto comma, Cost.
13.5.- Sussisterebbe, altresì, la violazione del principio di leale collaborazione, in relazione all’intesa adottata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano il 27 luglio 2017.
14.- Entrambe le questioni sono promosse anche in riferimento all’art. 117 Cost., che, tra l’altro, affida alle Regioni la potestà legislativa nelle materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato.
La potestà legislativa regionale risulterebbe anche lesa dal legislatore statale, in quanto, con le denunciate omissioni, lo Stato interverrebbe nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, oltre il proprio ambito competenziale.
15.- Con atto depositato il 15 aprile 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 4 aprile 2019.
15.1.- Assume innanzitutto la difesa dello Stato che il ricorso è inammissibile in quanto: censura la legge nel suo complesso; si fonda su elementi generici, atteso che non è precisata né l’entità del trasferimento, né i relativi beneficiari; la riassegnazione delle risorse è priva di automatismo e rientra nella discrezionalità del legislatore.
La Regione, inoltre, non avrebbe dimostrato l’impossibilità di svolgere in tutto o in parte le specifiche funzioni trasferite, senza incorrere in maggiori spese.
15.2.- Nel merito, la difesa dello Stato chiede che la prima questione sia dichiarata non fondata.
Le norme censurate sono state adottate dallo Stato nell’esercizio della potestà legislativa di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Le decisioni in tema di redistribuzione delle risorse rientrano nell’ambito delle competenze esclusive dello Stato, e sono conformi alle linee interpretative delineate nella sentenza n. 205 del 2016 della Corte.
Il concorso alla finanza pubblica da parte delle Province e delle Città metropolitane, richiesto dalla legge n. 190 del 2014, e poi prorogato dall’art. 47, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, ha, tra i suoi presupposti, la riduzione della spesa del personale sul bilancio delle Province, determinata dalla riduzione della dotazione organica di tali enti.
Tale riduzione di spesa, evidentemente, si riflette sui bilanci regionali una volta che le funzioni già provinciali siano state trasferite alle Regioni, per le quali, quindi, il trasferimento di funzioni non dovrebbe, per definizione, tradursi in un aggravio di spesa.
In sostanza, le somme versate dalle Province allo Stato derivano dalla riduzione della spesa corrente: dunque, i risparmi in questione fanno parte della manovra complessiva di contenimento della finanza pubblica.
15.3.- Inoltre, l’intervento additivo invocato rientrerebbe nell’ambito delle scelte di bilancio che, come affermato dalla sentenza di questa Corte n. 188 del 2015, comportano decisioni di natura politico economica che sono costituzionalmente riservate alla determinazione dei Governi e delle Aule assembleari; e in particolare l’eventuale restituzione delle somme a suo tempo acquisite dallo Stato non necessariamente avrebbe dovuto essere effettuato con la legge di bilancio, in quanto ogni legge sarebbe potenzialmente idonea a soddisfare le pretese finanziarie derivanti dalla riforma.
Le sentenze di questa Corte n. 84 del 2018 e n. 205 del 2016 non avrebbero affermato il dovere dello Stato di assegnare agli enti subentranti nell’esercizio delle funzioni non fondamentali delle Province tutte le risorse di cui all’art. 1, comma 418, della legge n. 190 del 2014, ma solo quelle concretamente connesse allo svolgimento delle funzioni stesse.
Quindi, la garanzia che il riordino di tali funzioni sia accompagnato dal passaggio delle relative risorse, potrebbe assumere un rilievo costituzionalmente apprezzabile nel solo caso in cui lo Stato si fosse appropriato puramente e semplicemente di quelle risorse, costringendo gli enti subentranti a rinvenire i fondi necessari nell’ambito del proprio bilancio, adeguato alle funzioni preesistenti.
Ma, ad avviso dell’Avvocatura, non risulterebbe in alcun modo che proprio le disposizioni impugnate avrebbero prodotto tale specifica situazione, circostanza che in ogni caso la ricorrente, avrebbe dovuto dimostrare.
16.- L’Avvocatura generale dello Stato prospetta che anche la seconda questione promossa dalla Regione Puglia non sarebbe fondata.
Il minor gettito IRAP, conseguente alla rimodulazione della base imponibile dell’imposta attuata dal legislatore statale con l’art. 1, comma 20, della legge n. 190 del 2014, si inseriva nell’ambito di una manovra di politica economica finalizzata a ridurre la componente fiscale del costo del lavoro.
Tale disposizione sarebbe collegata alla disciplina di cui al d.l. n. 78 del 2015, come convertito, che aveva compensato le minori entrate regionali, derivanti da detta manovra, con uno specifico contributo, a decorrere dal 2016.
Le disposizioni da ultimo richiamate sarebbero espressione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia del sistema tributario dello Stato.
Né d’altro canto, attesa la naturale variabilità annuale del gettito IRAP, potrebbe ritenersi fondata la pretesa a un ristoro esattamente corrispondente al gettito conseguito anteriormente alla modifica della base imponibile, come operata a partire dal 2015, con la legge di bilancio di quell’anno.
17.- La Regione Puglia ha depositato memoria con la quale resiste alle difese del Presidente del Consiglio dei ministri.
In particolare, prospetta che proprio dalle disposizioni impugnate si evince che nessuna risorsa è stata attribuita alle Regioni per sostenere l’attribuzione delle funzioni non fondamentali e completamente compensare il minore gettito IRAP.
A sostegno della specificità delle censure, la Regione Puglia ha depositato documentazione (relazione del 4 luglio 2019, delibera della Giunta regionale n. 2199 del 12 dicembre 2017, prospetti del MEF), da cui si potrebbe evincere l’entità dei trasferimenti ai destinatari delle funzioni provinciali trasferite.
Quanto al minor gettito IRAP, la Regione richiama le difese già svolte, e l’inadeguatezza del contributo di cui all’art. 8, comma 13-duodecies del d.l. n. 78 del 2015, come convertito.
Dalla documentazione depositata del MEF e della Presidenza del Consiglio dei ministri, successiva al ricorso, avente a oggetto i prospetti contenenti le distribuzioni, su base regionale, delle stime del gettito di competenza per il quadriennio 2018-2021, da cui risulterebbe, in particolare, il minor gettito realizzatosi per il bilancio regionale pugliese.
Considerato in diritto
1.- La Regione Puglia ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), in riferimento agli artt. 117, 119, primo e quarto comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
2.- La prima questione ha ad oggetto gli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge n. 145 del 2018, insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), Tabella n. 2, Missione 2, allegato alla stessa, in quanto tali disposizioni non prevedono l’assegnazione alle Regioni delle risorse connesse all’esercizio delle funzioni non fondamentali delle Province attribuite alle Regioni medesime.
2.1.- I commi 833 e 835 impugnati prevedono, rispettivamente, un contributo complessivo alle Regioni a statuto ordinario, pari a 2.496,2 milioni di euro per l’anno 2019, e pari a 1.746,2 milioni di euro per l’anno 2020, per rilanciare e accelerare gli investimenti, ripartito per ciascuna Regione secondo le tabelle allegate, salvo modifiche da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 841 poi, stabilisce le modalità, per l’anno 2019 e per l’anno 2020, del concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario per il settore non sanitario, con l’obbligo di effettuare gli investimenti, secondo le indicazioni dei commi 834 e 836 dell’art. 1 della medesima legge.
L’art. 3 della legge n. 145 del 2018, a sua volta, prevede al comma 1: «[s]ono autorizzati l’impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell’economia e delle finanze, per l’anno finanziario 2019, in conformità all’annesso stato di previsione (Tabella n. 2)».
La Tabella 2 relativa al MEF, alla Missione 2, riporta le spese per le relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, e al Programma 2.5., indica le spese per i rapporti finanziari con enti territoriali, tra cui rientra il reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro.
3.- La Regione dubita della legittimità costituzionale di queste norme, in quanto la priverebbero delle risorse corrispondenti alle nuove funzioni esercitate, e la costringerebbero ad utilizzare somme destinate ad altre voci del bilancio regionale.
Pertanto, le disposizioni impugnate inciderebbero sulla potestà legislativa regionale di cui all’art. 117 Cost., e lederebbero l’autonomia finanziaria e di spesa, minando l’equilibrio di bilancio, in violazione dell’art. 119, primo e quarto comma, Cost., atteso che la sottrazione di risorse fa venir meno il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse.
Lederebbero, inoltre, il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., poiché il riordino delle funzioni non fondamentali era stato disposto anche attraverso l’accordo sancito in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014.
4.- È opportuno ricapitolare il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
4.1.- La legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) ha inciso sull’assetto delle Province e delle Città metropolitane sotto il profilo organizzativo e sotto quello funzionale.
In particolare per le Province, la legge n. 56 del 2014, tra l’altro, ha individuato le loro funzioni fondamentali, e ha stabilito che le altre funzioni dovevano essere riallocate dallo Stato e dalle Regioni in base all’art. 118 Cost., con conseguente passaggio delle risorse finanziarie e umane connesse alle funzioni trasferite.
La riforma tendeva anche a produrre una rilevante diminuzione della spesa provinciale.
4.2.- È seguito un complesso iter normativo e regolamentare che progressivamente, anche grazie a misure adottate in attuazione del principio di leale collaborazione, ha dato attuazione al trasferimento delle funzioni non fondamentali.
Particolarmente significativa è la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», con cui il legislatore riteneva «necessario intervenire, sia per imprimere una spinta acceleratoria, sia per assicurare l’uniformità dei nuovi assetti istituzionali» (sentenza n. 159 del 2016).
4.3.- A sua volta la Regione Puglia ha proceduto al riordino delle funzioni amministrative regionali delle Province, delle aree vaste, dei Comuni, delle forme associative comunali e della Città metropolitana di Bari, con la legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31 (Riforma del sistema di governo regionale e territoriale).
Con la successiva legge della Regione Puglia 27 maggio 2016, n. 9, recante «Disposizioni per il completamento del processo di riordino previsto dalla legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31 (Riforma del sistema di governo regionale e territoriale)», la Regione ha trasferito a se stessa funzioni amministrative delegate, conferite o comunque esercitate dalle Province prima della data di entrata in vigore della legge regionale medesima (art. 2).
5.- Questa Corte è già stata chiamata a pronunciarsi sull’assegnazione da parte dello Stato delle risorse agli enti subentranti nell’esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali trasferite.
5.1.- La sentenza n. 205 del 2016 ha esaminato, tra l’altro, la questione con la quale si censurava, in relazione all’art. 119, primo, secondo e terzo comma, Cost., l’art. 1, comma 418, della legge n. 190 del 2014, che disponeva il passaggio di risorse dal bilancio degli enti di area vasta a quello statale senza prescrizioni sulla destinazione di tali risorse dichiarandola non fondata in quanto «[…] disponendo il comma 418 che le risorse affluiscano «ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato […]» la disposizione va correttamente interpretata nel senso «[…] che tale allocazione sia destinata, per quel che riguarda le risorse degli enti di area vasta connesse al riordino delle funzioni non fondamentali, a una successiva riassegnazione agli enti subentranti nell’esercizio delle stesse funzioni non fondamentali […]. E, così intesa, essa si risolve in uno specifico passaggio della vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse da detti enti ai nuovi soggetti ad essi subentranti nelle funzioni riallocate, vicenda la cui gestione deve necessariamente essere affidata allo Stato […]».
5.2.- In continuità con questi princìpi, la successiva sentenza n. 137 del 2018, ha accolto in parte, solo con riferimento alle risorse connesse allo svolgimento delle funzioni non fondamentali delle Province, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96.
La disposizione impugnata aveva modificato l’art. 1, comma 418, della legge n. 190 del 2014, senza sancire il dovere dello Stato di riassegnare agli enti subentrati nell’esercizio delle funzioni non fondamentali le risorse di cui allo stesso comma 418, connesse a queste ultime.
Nella sentenza da ultimo indicata si è quindi affermato che «[n]el momento in cui lo Stato avvia un processo di riordino delle funzioni non fondamentali delle province, alle quali erano state assegnate risorse per svolgerle, in attuazione dell’art. 119 Cost., questa stessa norma costituzionale impedisce che lo Stato si appropri di quelle risorse, costringendo gli enti subentranti (Regioni o enti locali) a rinvenire i fondi necessari nell’ambito del proprio bilancio, adeguato alle funzioni preesistenti. L’omissione del legislatore statale lede l’autonomia di spesa degli enti in questione […] e si pone altresì in contrasto con il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse […], perché all’assegnazione delle funzioni non corrisponde l’attribuzione delle relative risorse, nonostante quanto richiesto dalla legge n. 56 del 2014 e dalla sentenza n. 205 del 2016 di questa Corte».
Veniva anche puntualizzato che «[…] resta riservata alla legislazione statale la quantificazione delle risorse da trasferire, tenuto conto del costo delle funzioni stesse e delle complessive esigenze di bilancio» (citata sentenza n. 137 del 2018).
5.3.- Successivamente, sono state sottoposte al vaglio di questa Corte alcune disposizioni della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), che avrebbero dato luogo alla violazione dell’art. 119 Cost., per la mancanza di una riassegnazione delle risorse recuperate dalle Province e dalle Città metropolitane agli enti subentranti nelle funzioni trasferite.
La relativa sentenza n. 83 del 2019, pur ribadendo i princìpi sopra riportati, e in particolare che «[l]a riassegnazione delle risorse, nell’ambito del processo di riorganizzazione, è priva di qualsiasi automatismo e comporta scelte in ordine alle modalità, all’entità e ai tempi, rimesse al legislatore statale», è stata di inammissibilità per la genericità del ricorso, in cui le lamentate violazioni dell’autonomia finanziaria regionale non erano comprovate da una adeguata analisi complessiva del bilancio regionale.
6.- Delineato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento in materia, si può passare a esaminare la prima questione.
7.- Vanno disattese le eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa dello Stato.
Il dubbio di costituzionalità è formulato dalla Regione Puglia rispetto a specifiche disposizioni della legge di bilancio per il 2019 e non vi è genericità o incertezza delle censure e del petitum.
Inoltre, non può affermarsi, come deduce l’Avvocatura generale dello Stato, che la questione non poteva essere proposta attraverso l’impugnazione delle norme di bilancio.
Questa Corte ha già ritenuto che «[l]a restituzione delle somme a suo tempo acquisite dallo Stato non necessariamente avrebbe dovuto essere effettuata con la legge di bilancio, in quanto ogni legge è potenzialmente idonea a soddisfare le pretese finanziarie derivanti dalla riforma […]» (sentenza n. 84 del 2018).
Le norme di bilancio, dunque, anche se non sono la sede necessaria per l’attribuzione di risorse alle Regioni e agli enti locali, possono comunque costituire il veicolo per un contributo ad hoc.
7.1.- Sempre in via preliminare, va rilevato che la censura di violazione dell’art. 117 Cost., in quanto carente di specifiche e puntuali argomentazioni, è priva di autonomia argomentativa rispetto alla dedotta lesione dell’art. 119, primo e quarto comma, Cost. ed è pertanto manifestamente inammissibile.
8.- Nel merito, la questione, relativamente ai restanti parametri, non è fondata.
9.- Il trasferimento alle Regioni e agli enti locali delle funzioni non fondamentali delle Province costituisce il risultato di un complesso procedimento di riforma, nel quale ha assunto particolare rilevanza una prima fase, in cui progressivamente si è andato delineando il nuovo assetto delle competenze non fondamentali già facenti capo alle Province, e in cui, dunque, sussisteva l’esigenza di una specifica attribuzione agli enti subentranti delle risorse acquisite allo Stato dalle Province.
È quanto affermato dalla sentenza n. 205 del 2016, secondo cui: «[l]a previsione del versamento al bilancio statale di risorse frutto della riduzione della spesa da parte degli enti di area vasta va dunque inquadrata nel percorso della complessiva riforma in itinere». Essa costituisce «[…] uno specifico passaggio della vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse da detti enti ai nuovi soggetti ad essi subentranti nelle funzioni riallocate […]».
E le peculiari esigenze connesse all’avvio del processo di riordino delle funzioni non fondamentali delle Province sono richiamate anche nella sentenza n. 137 del 2018 che, nella sostanza, fa riferimento al quadro normativo originario (la legge n. 190 del 2014).
In tale fase iniziale le funzioni trasferite sono rimaste “altre” rispetto al complesso delle funzioni regionali, richiedendosi un impegno di progressiva assimilazione e organizzazione nel più ampio contesto delle attribuzioni delle Regioni: vi era quindi la necessità di assegnare alle stesse le risorse che in precedenza erano attribuite alle Province in relazione alle funzioni poi trasferite, assegnazione poi effettuata sulla base dell’accordo raggiunto nella Conferenza unificata dell’11 settembre 2014, richiamato dalla ricorrente.
È evidente, al contrario, che, a distanza di oltre sei anni dalla riforma, le funzioni trasferite si devono ormai ritenere indifferenziate rispetto alle altre funzioni regionali: esse, dunque, devono trovare copertura nel complesso del bilancio regionale.
10.- Ciò non esclude che possa esservi, e possa assumere rilievo costituzionale, una carenza di disponibilità finanziaria tale da pregiudicare il principio di cui all’art. 119, quarto comma, del finanziamento integrale delle funzioni regionali.
La giurisprudenza costituzionale (da ultimo, citata sentenza n. 83 del 2019) è costante nell’affermare che l’autonomia finanziaria costituzionalmente garantita agli enti territoriali non comporta una rigida garanzia quantitativa, e che le risorse disponibili possono subire modifiche, a condizione però che eventuali riduzioni non pregiudichino lo svolgimento delle funzioni attribuite agli enti territoriali medesimi (sentenze n. 275 e n. 10 del 2016, n. 188 del 2015).
In tal caso, grava sul ricorrente l’onere di provare l’irreparabile pregiudizio lamentato in relazione alla violazione del principio dell’art. 119, quarto comma, Cost.
11.- La questione, tuttavia, è stata proposta dalla Regione Puglia con esclusivo riferimento alla mancata previsione del trasferimento di specifiche risorse per le funzioni trasferite, senza alcuna considerazione del complessivo quadro finanziario e della sua adeguatezza; e in questi termini, alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, non può essere accolta.
12.- La seconda questione verte sugli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, insieme allo stato di previsione del MEF, Tabella n. 2, Missione 2, Programma 2.5., Azione «Reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro», allegato alla suddetta legge, in quanto tali norme non stabiliscono il trasferimento alle Regioni di tutte le somme inerenti il minor gettito IRAP determinatosi per effetto delle misure di cui all’art. 1, comma 20, della legge n. 190 del 2014.
12.1.- La ricorrente censura le norme indicate in quanto, non prevedendo la completa compensazione del minor gettito IRAP, determinato dalla modifica della base imponibile, lederebbero l’autonomia finanziaria della Regione, non consentendo l’equilibrio di bilancio, nonché il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, così violando gli artt. 119, primo e quarto comma, e 117 Cost.
Sussisterebbe, inoltre, la lesione del principio di leale collaborazione di cui all’art.
120 Cost., in relazione all’intervento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (intesa 141/CSR del 27 luglio 2017).
13.- In via preliminare, va affermata la manifesta inammissibilità della questione promossa con riguardo all’art. 117 Cost., in quanto carente di specifiche e puntuali argomentazioni.
14.- Anche in questo caso si rende necessario un inquadramento normativo e giurisprudenziale della questione.
Come è noto l’IRAP è stata introdotta nell’ordinamento sia per incrementare l’autonomia finanziaria delle Regioni, sia per sostituire entrate che venivano considerate oramai non più attuali.
Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha affermato che la disciplina del tributo in esame rientra nella potestà legislativa esclusiva statale in materia tributaria, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con la conseguenza che la potestà legislativa attribuita alle Regioni deve essere esercitata nei limiti fissati dal legislatore statale (sentenze n. 128 del 2019 e n. 177 del 2014).
14.1.- Su tale presupposto, già l’art. 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), ha ammesso in deduzione «i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le spese relative agli apprendisti e […] quelle per il personale assunto con contratti di formazione lavoro»; e successivamente, con l’art. 1, comma 266, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», sono state stabilite ulteriori deduzioni sulla base imponibile IRAP in relazione al costo del lavoro. L’art. 1, comma 20, della legge n. 190 del 2014, si inserisce in tale linea di intervento, nell’ambito peraltro di scelte strategiche volte a ridurre il cosiddetto “cuneo fiscale” e per questa via il costo del lavoro.
14.2.- Non vi è dubbio che anche in questo caso è derivata una riduzione delle entrate per le Regioni, e che queste ultime hanno “diritto” a una compensazione, ai sensi del criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 2, lettera t), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), cui seguiva l’art. 11, comma 1, del decreto legislativo 6 novembre 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
Tuttavia, se è pur vero che queste norme fanno riferimento a una “completa” compensazione, è anche vero che nel provvedere alla loro applicazione occorre tener conto di un complesso di fattori che inevitabilmente introducono una componente di discrezionalità finanziaria, esercitata peraltro nella specie con risultati condivisi nella intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 27 luglio 2017.
Infatti, a fronte di una rilevante scelta di politica economica, quale quella compiuta con la riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale”, i cui effetti positivi dovrebbero interessare le Regioni e i loro cittadini, non meno che lo Stato, una certa elasticità della compensazione appare giustificata, in una prospettiva finanziaria non angusta.
Sul piano tecnico, poi, occorre considerare che non è possibile determinare a priori l’entità della riduzione del gettito IRAP che consegue alla variazione della base imponibile, in quanto lo stesso varia di anno in anno, cosicché la quantificazione del ristoro richiede una operazione fondata su previsioni e presunzioni caratterizzate da una inevitabile approssimazione.
14.3.- Ebbene, al fine di compensare le minori entrate, l’art. 8, comma 13-duodecies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, ha previsto un apposito contributo - meccanismo di ristoro e compensazione (sentenza n. 29 del 2018) - che, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (la ricordata intesa del 27 luglio 2017), è stato unanimemente ritenuto adeguato, in uno spirito di quella leale collaborazione, la cui lesione viene immotivatamente denunciata.
Né, d’altra parte, la Regione ha dimostrato che la riduzione del gettito sia di entità tale da pregiudicarne lo svolgimento delle funzioni regionali, producendo uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale (sentenze n. 29 del 2018, n. 140 del 2017 e n. 121 del 2013).
15.- Anche in questo caso si deve pertanto concludere per la infondatezza della questione sotto tutti i profili denunciati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, Tabella 2, Missione 2, Programma 2.5., Azione reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro, ad essa allegato, promosse, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge n. 145 del 2018, insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, Tabella 2, Missione 2, ad essa allegato, promossa, in riferimento all’art. 119, primo e quarto comma, e al principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 833, 835 e 841, e 3, della legge n. 145 del 2018, insieme allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, Tabella 2, Missione 2, Programma 2.5., Azione reintegro del minor gettito IRAP destinato alle Regioni sul costo del lavoro, ad essa allegato, promossa, in riferimento all’art. 119, primo e quarto comma, e al principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA