Corte Costituzionale, Sentenza n.114 del 31/05/2021

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Reati e pene - Omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro - Trattamento sanzionatorio - Circostanza attenuante per il caso in cui l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole - Omessa previsione, a differenza di quanto previsto in caso di omicidio stradale - Denunciata disparità di trattamento - Questione ipotetica o prematura - Insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale - Carente motivazione sulla non manifesta infondatezza - Inammissibilità della questione

È dichiarata inammissibile - per il carattere ipotetico o prematuro della questione, l'insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale e la carente motivazione sulla non manifesta infondatezza - la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal GUP presso il Tribunale di Treviso in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 589, secondo comma, cod. pen., nella parte in cui, per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, non prevede una diminuzione di pena analoga a quella contemplata per il reato di omicidio stradale dall'art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole. Il GUP rimettente, in assenza di una domanda degli imputati di definizione del giudizio con il rito abbreviato o con il c.d. patteggiamento, non è chiamato a decidere sulla responsabilità degli stessi e quindi neppure, in ipotesi, a riconoscere la circostanza attenuante, la cui mancata previsione è oggetto di censura. Inoltre, egli omette di prendere posizione sulla ricostruzione dei fatti con riferimento sia alla responsabilità degli imputati, sia soprattutto alla ipotizzata sussistenza di una condotta colposa della vittima, che avrebbe contribuito a causare l'evento morte, in tal modo non consentendo di verificare l'effettiva rilevanza della questione. L'ordinanza di rimessione infine non si confronta con il complessivo e più articolato quadro normativo di riferimento, non spiegando adeguatamente le ragioni della asserita omogeneità delle fattispecie in comparazione. (Precedenti citati: sentenze n. 88 del 2019 e n. 58 del 2009; ordinanza n. 57 del 2018).Per costante giurisprudenza costituzionale, la questione incidentale è irrilevante e, dunque, inammissibile se l'applicazione della norma censurata è solo eventuale e successiva. (Precedenti citati: sentenze n. 139 del 2020 e n. 217 del 2019; ordinanze n. 210 del 2020 e n. 42 del 2020). Secondo la giurisprudenza costituzionale, le lacune nella descrizione della fattispecie, oggetto del giudizio principale, determinano l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto non consentono di verificarne l'effettiva rilevanza. (Precedenti citati: ordinanze n. 147 del 2020, n. 108 del 2020, n. 203 del 2019 e n. 64 del 2019).Per costante giurisprudenza costituzionale, l'insufficiente motivazione in punto di non manifesta infondatezza determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, così come anche la determina l'incompleta ricostruzione della normativa di riferimento. (Precedenti citati: sentenze n. 265 del 2019, n. 102 del 2019 e n. 182 del 2018).

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SENTENZA N. 114

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 589, secondo comma, del codice penale, promosso dal Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Treviso nel procedimento penale a carico di S. B., M. P. e M. T., con ordinanza del 24 dicembre 2019, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti l’atto di costituzione di S. B., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2021 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato Stefano Pietrobon per S. B. e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Treviso, con ordinanza del 24 dicembre 2019 (reg. ord. n. 72 del 2020) ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 589, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena nel caso in cui «l’evento non sia esclusivamente conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».

Il rimettente riferisce di procedere nei confronti di S. B., M. P. e M. T., per il reato di omicidio colposo commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai sensi degli artt. 40, 113 e 589, secondo comma, cod. pen.

Dal capo di imputazione risulta che gli imputati, in qualità di legali rappresentanti della B. snc, e S. B., anche come responsabile del servizio di protezione e prevenzione, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché in violazione delle previsioni dell’art. 71, comma 3, in riferimento al punto 3.1.3 dell’Allegato VI al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), omettendo, in particolare, di adottare adeguate misure tecniche e organizzative affinché le attrezzature per la movimentazione dei carichi fossero utilizzate in condizioni tali da garantire la stabilità dell’attrezzatura stessa e del carico trasportato, causavano la morte di V. H., autista, dipendente di una società slovacca, il quale, incaricato del trasporto e consegna di un carico di balle di terriccio, imballate con film plastico e poste sui bancali, presso la sede della società dei predetti imputati, veniva travolto e schiacciato da una di tali balle (del peso di 1000 chilogrammi circa) a causa dello sbilanciamento del carico del carrello elevatore, utilizzato per l’operazione di scarico.

Il rimettente dà atto che, all’udienza del 3 ottobre 2019, il difensore degli imputati ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 589, secondo comma, cod. pen. nella parte «in cui non riconosce, come fa invece nel comma 7 dell’art. 589-bis c. p., una diminuzione di pena nel caso in cui la condotta colposa dell’infortunato abbia contribuito a causare l’evento dannoso».

Sciogliendo la riserva in ordine all’eccezione di illegittimità costituzionale, il giudice a quo afferma che la questione è rilevante e non è manifestamente infondata.

In particolare, il rimettente evidenzia che l’art. 589-bis cod. pen., introdotto dall’art. 1, comma 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), prevede, come pena base, la reclusione da due a sette anni, per chi si rende responsabile del reato di omicidio stradale, e al settimo comma contempla una diminuzione di pena fino alla metà qualora l’evento non sia «esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».

Anche l’art. 589, secondo comma, cod. pen., prevede la pena da anni due ad anni sette di reclusione per colui che si rende responsabile di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ma non contempla, invece, una circostanza attenuante analoga a quella di cui all’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen.

Il giudice a quo rileva come entrambe le fattispecie astratte di cui agli artt. 589, secondo comma, e 589-bis, primo comma, cod. pen. sanzionino condotte caratterizzate da colpa specifica consistente, nel primo caso, nella violazione della normativa posta a tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro e dei lavoratori, e, nel secondo caso, nella violazione della normativa tesa a tutelare la sicurezza degli utenti delle strade.

In entrambe le fattispecie, «il bene oggetto di tutela è l’integrità fisica delle persone».

Le due norme sarebbero «sostanzialmente identiche, se non sovrapponibili tra loro», quantomeno in relazione alla loro funzione, tanto che le violazioni delle stesse erano sanzionate, e con la stessa pena, nel secondo comma dell’art. 589 cod. pen., sino alla introduzione del reato di omicidio stradale.

Osserva il rimettente che, tuttavia, manca nella previsione dell’art. 589, secondo comma, cod. pen., una norma che preveda la diminuzione di pena qualora la condotta della vittima sia stata tale da contribuire al verificarsi dell’evento.

Pertanto, sussisterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra le due fattispecie di omicidio colposo, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.

In punto di rilevanza, il rimettente riferisce che se esistesse una disposizione analoga a quella di cui all’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen., si «alleggerirebbe la pena eventualmente infliggenda agli imputati nel processo che ne riguarda ove fosse riconosciuta la loro responsabilità ma, nello stesso tempo, fosse riconosciuta una condotta imprudente da parte dell’infortunato. Circostanza, questa, che il difensore intende dimostrare attraverso l’acquisizione della relazione dello SPISAL intervenuto sul luogo dell’infortunio e attraverso l’escussione dei testi».

2.– Con atto depositato il 14 luglio 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel presente giudizio di costituzionalità chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile e, comunque, non fondata.

La difesa statale osserva che il giudice rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in sede di udienza preliminare, e quindi, nella fase deputata al vaglio dell’ipotesi accusatoria ai soli fini della decisione circa la necessità o non del rinvio a giudizio degli imputati.

Dagli atti di causa non risulta che gli imputati abbiano scelto di definire il giudizio con riti alternativi.

In particolare – osserva la difesa statale – nella fase dell’udienza preliminare il giudice non è chiamato a decidere sulla responsabilità dell’imputato e ad applicare la circostanza attenuante, la cui mancata previsione è oggetto di censura, sicché la questione sarebbe priva di rilevanza.

Comunque, nel merito, la questione sarebbe in ogni caso non fondata.

In particolare, la difesa statale osserva ulteriormente che, con le modifiche apportate dalla legge n. 41 del 2016, al reato di cui all’art. 589 cod. pen., il legislatore, nell’esercizio della sua ampia discrezionalità, ha inteso assicurare le esigenze di maggior protezione, come quelle connesse alle frequenti violazioni del codice della strada, foriere di eventi lesivi o mortali, e, quindi, all’allarme sociale suscitato dal fenomeno ricorrente delle “vittime della strada”.

Più nello specifico, la difesa statale richiama la sentenza n. 88 del 2019 in cui questa Corte ha affermato che il legislatore, nel rendere autonoma la fattispecie dell’omicidio stradale, ha operato un tipico esercizio di discrezionalità legislativa.

Infine evidenzia che, se è vero che l’art. 589 cod. pen. non contempla un’attenuante speciale analoga a quella prevista dall’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen., ciò però non impedisce al giudice di valutare l’eventuale concorrente condotta della persona offesa al fine del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, suscettibili di bilanciamento con le altre aggravanti.

Infatti, non essendo previsto un divieto analogo a quello di cui all’art. 590-quater cod pen., la pena può essere suscettibile di una sensibile riduzione in caso di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.

3.– Con atto pervenuto il 15 luglio 2020, si è costituito in giudizio uno degli imputati (S. B.).

In punto di rilevanza, la parte riferisce che l’evento delittuoso si è determinato anche con il contributo causale della condotta colposa della vittima, come emergerebbe dalla relazione dello SPISAL (Servizio per la prevenzione, l’igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro) intervenuto sul luogo dell’infortunio.

Osserva che, in particolare, la vittima si sarebbe portata nel raggio d’azione del carrello elevatore, ponendosi in una situazione di rischio per la propria incolumità, così violando le prescrizioni di sicurezza impartitegli dagli imputati.

Pone in rilievo che, pendendo il procedimento nella fase dell’udienza preliminare, «[l]addove il B. chieda di procedere nelle forme del rito abbreviato, egli sarà giudicato sulla base degli atti ivi contenuti e dallo stesso Giudice odierno remittente (Giudice dell’Udienza Preliminare) il quale non potrà evidentemente esimersi dal valutare il rilievo causale della condotta tenuta dalla vittima».

Nel merito, in ordine alla denunciata violazione dell’art. 3 Cost., la parte sostiene che vi è una piena corrispondenza tra il reato di omicidio colposo aggravato di cui al secondo comma dell’art. 589 cod. pen. e il reato di omicidio stradale di cui all’art. 589-bis cod. pen.

Quindi, le due norme in comparazione disciplinerebbero situazioni giuridiche omogenee.

Argomenta la parte che «la condotta integrativa dei due delitti è identica sul piano della struttura della fattispecie», anche quanto all’elemento soggettivo della colpa consistente nella violazione di norme precauzionali specifiche; in particolare per entrambe le fattispecie è previstala pena della reclusione da due a sette anni.

Pertanto – conclude la parte – la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice rimettente sarebbe fondata.

Considerato in diritto

1.– Il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Treviso, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 589, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede una circostanza attenuante analoga a quella contemplata dall’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen., secondo cui la pena per chi si rende responsabile del reato di omicidio stradale è diminuita fino alla metà qualora l’evento non sia «esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».

Il giudice a quo sostiene che le due fattispecie – quella di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e quella di omicidio stradale - sarebbero «sostanzialmente identiche, se non sovrapponibili tra loro» e che pertanto risulterebbe una ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 Cost.) in ragione della mancata previsione, anche nell’art. 589, secondo comma, cod. pen., della diminuzione di pena qualora la condotta della vittima sia stata tale da aver contribuito al verificarsi dell’evento.

2.– Giova premettere – quanto al quadro normativo di riferimento – che il parallelismo tra le due fattispecie, evocato dal giudice rimettente, trova origine nell’art. 1 della legge 11 maggio 1966, n. 296, recante «Modifiche degli articoli 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) del Codice penale», che, nel riformulare l’art. 589 cod. pen. (omicidio colposo), ha previsto, al secondo comma di tale disposizione, che «[s]e il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni».

Per entrambe le ipotesi di omicidio colposo aggravato la pena è stata dapprima elevata nel minimo (da uno a due anni di reclusione) dall’art. 2, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 102 (Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali) e poi anche nel massimo (da cinque a sette anni di reclusione) dall’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 125.

Successivamente, però, l’allarme sociale causato dai numerosi e ricorrenti casi di “vittime della strada” ha indotto il legislatore a elevare, nel complesso, il regime sanzionatorio di chi, violando le norme sulla circolazione stradale, abbia cagionato la morte o lesioni gravi o gravissime ad altri.

In particolare, il legislatore ha isolato la fattispecie di omicidio colposo con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale trasformandola nell’autonomo e distinto reato di omicidio stradale di cui all’art. 589-bis cod. pen. (art. 1, comma 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41, recante «Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274»).

In riferimento a tale fattispecie di reato la stessa disposizione (art. 589-bis cod. pen.) – in simmetria con il reato di lesioni stradali (art. 590-bis cod. pen.) – ha previsto da una parte plurime aggravanti a effetto speciale cosiddette privilegiate, perché non suscettibili di bilanciamento con circostanze attenuanti ai sensi dell’art. 590-quater cod. pen.; dall’altra ha contemplato un’attenuante anch’essa a effetto speciale «qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole» (settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen.) al fine di «moderare il notevole maggior rigore della risposta sanzionatoria» (sentenza n. 88 del 2019).

Invece la fattispecie dell’omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è rimasta invariata.

Il giudice rimettente censura proprio la mancata introduzione, anche per tale reato, della stessa attenuante prevista dall’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. in ragione dell’asserito perdurante parallelismo con la fattispecie dell’omicidio stradale.

3.– Ciò premesso, la questione di legittimità costituzionale è inammissibile per plurimi motivi.

4.- Innanzitutto, il rimettente ha sollevato tale questione nel corso dell’udienza preliminare, omettendo di indicare se gli imputati avessero formulato la richiesta di definizione del giudizio con il rito abbreviato di cui all’art. 438 del codice di procedura penale o con il cosiddetto patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.

L’assenza di una domanda di definizione del processo allo stato degli atti ovvero di applicazione della pena a richiesta risulta riconosciuta dalla stessa difesa dell’imputato, costituitosi nel presente giudizio di legittimità costituzionale, nonché trova riscontro anche nel fascicolo processuale del giudizio principale (sentenza n. 58 del 2009; ordinanza n. 57 del 2018).

Pertanto il giudice rimettente non è chiamato a decidere sulla responsabilità degli imputati e quindi neppure, in ipotesi, a riconoscere la circostanza attenuante, la cui mancata previsione è oggetto di censura.

Ciò rende meramente eventuale e ipotetica – nonché comunque prematura – l’odierna questione.

Per costante orientamento di questa Corte, infatti, la questione incidentale è irrilevante e, dunque, inammissibile se l’applicazione della norma censurata è solo eventuale e successiva (ex plurimis, sentenze n. 139 del 2020 e n. 217 del 2019; ordinanze n. 210 e n. 42 del 2020).

5.– Inoltre, il giudice rimettente non precisa le ragioni per cui, nel caso sottoposto al suo giudizio, sarebbe ravvisabile un’ipotesi analoga a quella disciplinata dall’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen., sì da poter ritenere che «l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».

In particolare, il rimettente, limitandosi ad indicare il capo di imputazione, omette di prendere posizione sulla ricostruzione dei fatti con riferimento sia alla responsabilità degli imputati, sia soprattutto alla ipotizzata sussistenza di una condotta colposa della vittima, che avrebbe contribuito a causare l’evento morte; condotta questa che non viene affatto descritta.

Essendo contestata agli imputati la cooperazione, ai sensi dell’art. 113 cod. pen., nel reato di omicidio colposo, il giudice rimettente inoltre non specifica neppure il distinto apporto causale di ciascuno di essi.

Tali lacune nella descrizione della fattispecie, oggetto del giudizio principale, determinano – come più volte affermato da questa Corte (ordinanze n. 147 e n. 108 del 2020, n. 203 e n. 64 del 2019) – l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto non consentono di verificarne l’effettiva rilevanza.

6.– Sotto altro concorrente profilo, deve altresì osservarsi che l’ordinanza di rimessione è carente anche quanto alla motivazione della ritenuta non manifesta infondatezza della questione.

Infatti il rimettente, nell’evocare la disciplina sul trattamento sanzionatorio dell’omicidio stradale quale tertium comparationis, si è limitato a indicare genericamente che le fattispecie a confronto prevedono la medesima pena della reclusione da due a sette anni rispettivamente per l’ipotesi aggravata del secondo comma dell’art. 589 cod. pen. e per l’ipotesi base del primo comma dell’art. 589-bis cod. pen.

In tal modo, però, il rimettente, non confrontandosi con il complessivo e più articolato quadro normativo sopra richiamato, non spiega adeguatamente le ragioni della asserita omogeneità delle fattispecie in comparazione, da cui dovrebbe derivare l’illegittimità costituzionale della mancata introduzione – anche per l’omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro – della stessa attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen., prevista per il solo reato di omicidio stradale.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’insufficiente motivazione in punto di non manifesta infondatezza determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (sentenze n. 265 del 2019 e n. 182 del 2018), così come anche la determina l’«incompleta ricostruzione della normativa di riferimento» (sentenza n. 102 del 2019).

7.- Pertanto, nel complesso, la sollevata questione di legittimità costituzionale è inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 589, secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Treviso, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2021.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

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