Corte Costituzionale, Sentenza n.134 del 01/07/2021

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Thema decidendum - Giudizi in via principale e in via incidentale - Identità delle norme denunciate e di uno dei parametri evocati - Riunione di giudizi

Occorre riunire i giudizi, perché siano decisi con unica sentenza, quando essi hanno ad oggetto la stessa disposizione e hanno in comune lo stesso parametro, fermo restando che alla riunione non osta di per sé la differente natura - principale e incidentale - dei giudizi medesimi. (Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2021 e n. 228 del 2016).

Commercio - Norme della Provincia autonoma di Trento - Obbligo per gli esercizi di vendita al dettaglio di osservare la chiusura domenicale e festiva - Disciplina delle relative attività amministrative, degli aspetti derogatori e delle misure sanzionatorie - Norme attuative di disposizione costituzionalmente illegittima - Illegittimità costituzionale in via consequenziale

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020, come modificato dall'art. 45 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, la accertata illegittimità costituzionale del comma 1 coinvolge anche le previsioni dettate dai successivi commi, poiché contemplano attività amministrative (commi 2, 3 e 4 e 6-bis), aspetti derogatori (comma 5) e misure sanzionatorie (comma 6) che costituiscono specifiche declinazioni e attuazioni funzionali all'obbligo disposto in via generale di osservare la chiusura domenicale e festiva. Ne consegue che la caducazione della previsione di cui al comma 1 determina, automaticamente, il venir meno della stessa ragion d'essere di tali ulteriori disposizioni. (Precedenti citati: sentenze n. 98 del 2017 e n. 38 del 2013).

Thema decidendum - Accoglimento della questione di costituzionalità in riferimento ad uno dei parametri evocati - Assorbimento di ulteriori profili di censura

Accolta, anche in via consequenziale - per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020, come modificato dall'art. 45 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, restano assorbiti gli ulteriori profili di censura che il Governo ricorrente ha sollevato, in via autonoma, nei confronti dei commi 2, 3 e 4, nonché delle questioni poste in riferimento all'art. 117, primo e quarto comma, Cost., e agli artt. 4, 5, 8 e 9 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

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SENTENZA N. 134

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 4 (Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali), come modificato dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25-28 agosto 2020, depositato in cancelleria il 28 agosto 2020, iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2020, e dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento nel procedimento vertente tra il Consorzio shop center Valsugana e altri e la Provincia autonoma di Trento e altri, con ordinanza del 1° ottobre 2020, iscritta al n. 175 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Trento;

udito nell’udienza pubblica dell’11 maggio 2021 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Maria Chiara Lista per la Provincia autonoma di Trento, quest’ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021;

deliberato nella camera di consiglio dell’11 maggio 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 28 agosto 2020 (reg. ric. n. 74 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 4 (Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali), come modificato dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera e), e quarto, della Costituzione, e agli artt. 4, 5, 8 e 9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

1.1.– Il ricorrente rappresenta che le disposizioni contenute nell’articolo impugnato della legge prov. Trento n. 4 del 2020, come modificate e integrate dall’art. 45 della legge della prov. Trento n. 6 del 2020, prevedono: «1. Per favorire la conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali, gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva, fatto salvo quanto previsto da quest’articolo in relazione all’attrattività turistica dei territori e a garanzia del pluralismo nella concorrenza. 2. La Giunta provinciale individua con propria deliberazione i comuni ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale/turistica nei quali è ammessa l’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio anche nelle giornate domenicali e festive. La deliberazione può individuare i periodi di apertura degli esercizi, con riferimento alla vocazione turistica dei territori, o specifiche aree dei territori comunali in cui si limita la possibilità di apertura, sempre nel rispetto degli obiettivi del comma 1. 3. La Giunta provinciale entro il 31 ottobre 2020, quale modalità ordinaria, modifica o integra la deliberazione prevista dal comma 2 acquisendo preventivamente il parere del Consiglio delle autonomie locali, delle associazioni dei consumatori riconosciute a livello locale, delle associazioni datoriali del commercio e delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello locale. 4. In occasione di grandi eventi o manifestazioni che richiamano un notevole afflusso di persone i comuni possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva per un massimo di diciotto giornate annue. I comuni acquisiscono il parere delle associazioni dei consumatori riconosciute a livello locale, delle associazioni datoriali del commercio e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello locale in ordine alla programmazione di queste deroghe. 5. Quest’articolo non si applica a: a) i soggetti e le attività indicati dagli articoli 2 e 27, comma 2, della legge provinciale 30 luglio 2010, n. 17 (legge provinciale sul commercio 2010); b) gli esercizi commerciali interni ai campeggi, villaggi e complessi turistici e alberghieri che effettuano la vendita esclusivamente a favore delle persone alloggiate; c) gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, di autolinee e aeroportuali; d) gli impianti di distribuzione automatica di carburante; e) le ulteriori attività individuate dalla Giunta provinciale. 6. La violazione di quest’articolo è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 a 1.200 euro e contestualmente con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell’attività per un periodo da uno a sette giorni; in caso di recidiva la sanzione accessoria è raddoppiata. Per l’applicazione delle sanzioni si osserva la legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale); l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione o dell’ordinanza di archiviazione di cui all’articolo 18 della legge n. 689 del 1981 nonché l’adozione della sanzione amministrativa accessoria spettano al comune territorialmente competente. Le somme riscosse ai sensi di questo comma sono introitate nel bilancio del comune competente. 6-bis. In prima applicazione per l’anno 2020, i comuni possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva per un massimo di dodici giornate, previo parere delle associazioni dei consumatori riconosciute a livello locale, delle associazioni datoriali del commercio e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello locale in ordine alla programmazione di queste deroghe. L’articolo 1, comma 4, si applica a decorrere dal 1° gennaio 2021».

1.2.– Secondo la difesa statale, la disposizione impugnata stabilisce in via generale un obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali al dettaglio che contrasta con l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito. Tale disposizione, nel modificare l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, ha disposto difatti l’eliminazione dei limiti e prescrizioni concernenti il «rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo di chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».

1.3.– Il ricorrente afferma che la predetta disposizione statale, evocata come parametro interposto, costituisce esercizio della competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.; competenza che, pertanto, sarebbe stata lesa dall’intervento normativo impugnato in quanto detta disposizioni «che si contrappongono alla liberalizzazione assoluta voluta dalla legge statale e reintroducono, invece, un regime limitativo caratterizzato da un divieto generale di apertura festiva, e dall’attribuzione alla pubblica amministrazione (Giunta provinciale nel caso del comma 2; comuni nel caso del comma 4) della possibilità di consentire deroghe in ipotesi particolari».

1.4.– La difesa statale, dopo avere evidenziato che il carattere «trasversale» della materia della concorrenza comporta il superamento delle competenze settoriali in materia di commercio spettante alle Regioni e Province autonome, assume che l’articolo impugnato violerebbe, altresì, gli artt. 4, 5, 8 e 9 dello statuto speciale per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Su¨dtirol.

Ciò perché «[l]’art. 9 dello statuto attribuisce infatti alle Province autonome la competenza legislativa in materia di commercio (n. 3), ma in regime di competenza legislativa concorrente: l’art. 9 prevede infatti che tale competenza sia esercitata “nei limiti indicati dall’art. 5”, che a sua volta richiama (rinviando all’art. 4) “la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica” e prevede, come propria specifica previsione, l’ulteriore limite costituito dai “principi stabiliti dalle leggi dello Stato” (donde il carattere concorrente della legislazione provinciale in materia di commercio)».

A conclusione non diversa, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, si perverrebbe «anche se, applicando l’art. 10 della legge costituzionale 3/2001, che estende alle regioni e province ad autonomia speciale le norme del nuovo Titolo V della Costituzione qualora queste prevedano “forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”, si ascrive ora la disciplina del commercio alla competenza legislativa regionale residuale, ex art. 117 c. 4 Cost.», poiché «[a]nche la competenza residuale va infatti esercitata nel rispetto delle competenze legislative esclusive dello Stato, e comunque ogni competenza legislativa provinciale, in forza del rinvio operato all’art. 4 statuto dagli artt. 8 e 9 dello statuto stesso, deve essere esercitata in armonia con la Costituzione, e dunque, per quanto qui rileva, con l’art. 117 c. 2 lett. e)».

1.5.– A sostegno del ricorso, la difesa dello Stato richiama la giurisprudenza costituzionale rilevando che «[i]l tema dei rapporti tra disciplina della concorrenza e disciplina dell’apertura oraria e festiva degli esercizi di vendita al dettaglio ha formato oggetto di una analisi attenta ed evolutiva».

In particolare l’Avvocatura generale evidenzia che la sentenza n. 299 del 2012, nell’acclarare la legittimità costituzionale dell’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, ha affermato: che «dalla natura trasversale della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza deriva che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza»; e che, prosegue la difesa statale, «[l]a riconduzione della materia delle aperture degli esercizi commerciali alla materia statale della disciplina della concorrenza è stata motivata da codesta Corte, in particolare, con la necessità di dare al settore una disciplina territorialmente unitaria, in modo da prevenire le distorsioni che regimi differenziati, anche in ambiti territoriali molto vicini, determinano».

Su tale ultimo aspetto viene, altresì, ricordata la sentenza n. 8 del 2013, che ha affermato che «affinché l’obiettivo perseguito dal legislatore possa ottenere gli effetti sperati, in termini di snellimento degli oneri gravanti sull’esercizio dell’iniziativa economica, occorre che l’azione di tutte le pubbliche amministrazioni – centrali, regionali e locali – sia improntata ai medesimi principi, per evitare che le riforme introdotte ad un determinato livello di governo siano, nei fatti, vanificate dal diverso orientamento dell’uno o dell’altro degli ulteriori enti che compongono l’articolato sistema delle autonomie».

Ciò premesso, la difesa statale rappresenta che «è costante la dichiarazione di illegittimità costituzionale di normative regionali simili a quella qui in esame». Vengono richiamate le sentenze n. 38 del 2013, n. 65 del 2013 e n. 239 del 2016, evidenziando che in tale ultima pronuncia è stato ribadito che «[l]a legislazione statale vigente è perentoria nell’affermare che l’attività commerciale è esercitata “senza limiti e prescrizioni” concernenti gli orari. Il divieto previsto riguarda, pertanto, ogni forma di regolazione, diretta o indiretta, degli orari di esercizio: sia quelle prescritte per via normativa, sia quelle frutto di accordi tra operatori economici», e che, pertanto, «nel vigore del divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, stabilito dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza, la disciplina regionale che intervenga per attenuare il divieto risulta illegittima sotto il profilo della violazione del riparto di competenze».

1.6.– Il ricorrente aggiunge che la impugnata disposizione della legge provinciale trentina «non si sottrae a censura per il fatto di enunciare come propria finalità la conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali: si tratta di finalità del tutto generiche, di cui non è percepibile il rapporto con l’apertura o meno degli esercizi commerciali nei giorni domenicali e festivi. Non è chiaro, in particolare, perché solo nel territorio provinciale trentino sussisterebbero “peculiarità” socio-culturali e paesaggistico-ambientali tali da consentire di vanificare la normativa statale di liberalizzazione; né in qual modo l’apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali comprometterebbe (e in modo così irrimediabile da giustificare un divieto generalizzato) tali pretese peculiarità».

L’Avvocatura generale dello Stato sottolinea che, oltre ad essere generica, l’enunciazione di tali finalità è contraddetta dalle disposizioni dei commi successivi dell’articolo impugnato.

In particolare, i commi 2 e 4 «prevedono […] poteri amministrativi di deroga all’obbligo di chiusura proprio in correlazione con l’elevata intensità turistica di taluni comuni, o con lo svolgimento di eventi o manifestazioni atti a richiamare notevole afflusso di persone». Senonché la difesa statale osserva che «proprio i comuni di maggiore interesse turistico sono quelli il cui territorio presenta il maggior interesse paesaggistico e ambientale; e le manifestazioni atte ad attrarre notevole afflusso di persone sono spesso legate a usanze sociali e culturali proprie del territorio. Tali valori, che la stessa legge provinciale nei commi 2 e 4 pone a base dei provvedimenti che consentono l’apertura domenicale e festiva, non possono quindi, nel comma 1, costituire la giustificazione generale del divieto di tali aperture».

1.7.– Dalla illegittimità costituzionale del comma 1 deriverebbe, poi, l’illegittimità costituzionale di tutti i successivi commi, in quanto dettano disposizioni che trovano la loro ragion d’essere nel generale divieto di apertura domenicale e festiva, sicché verrebbero meno ove fosse dichiarata l’illegittimità costituzionale della previsione che tale divieto prevede.

1.8.– La difesa statale ritiene, inoltre, che le disposizioni recate dai commi 2, 3, e 4 siano altresì in via autonoma costituzionalmente illegittime, in quanto i poteri amministrativi di disciplina dirigistica della concorrenza nel settore del commercio, che si esprimono nelle delibere della Giunta e dei Comuni volte ad autorizzare l’apertura domenicale e festiva nei casi ivi indicati, incidono sulla disciplina della concorrenza, laddove «le relative norme spettano alla competenza statale esclusiva ex art. 117 c. 2 lett. e) Cost., e non possono essere dettate dalla Provincia, esulando, per tutto quanto si è esposto in premessa, dalla materia del commercio».

Il ricorrente aggiunge che «[l]a genericità, o meglio assenza, di criteri legali prescritti all’esercizio di tali poteri amministrativi, che si pongono come assolutamente discrezionali (in particolare nell’individuare i comuni ad elevata intensità turistica, e le manifestazioni atte a richiamare un elevato numero di persone), ne comporta, poi, il carattere potenzialmente e direttamente discriminatorio e distorsivo della concorrenza, dimostrandone ancor più l’estraneità alla materia del commercio e l’appartenenza alla materia “disciplina della concorrenza”».

2.– Con memoria depositata il 28 settembre 2020 si è costituita la Provincia autonoma di Trento, confutando le argomentazioni e le richieste del ricorrente.

2.1.– La difesa della Provincia autonoma rappresenta che il ricorrente non avrebbe colto «le ragioni che hanno giustificato l’esigenza di introdurre una regolamentazione delle aperture festive nel territorio della Provincia di Trento; non sono stati correttamente evidenziati i titoli competenziali che hanno supportato l’intervento legislativo provinciale; non è stato debitamente considerato, quanto alla individuazione, con provvedimento amministrativo, dei Comuni a qualificazione turistica o ad attrattività commerciale/turistica, giustificative della deroga al divieto di apertura festiva, che esiste un pregresso substrato normativo/provvedimentale già stratificato e vigente; non è stata data, infine, una esaustiva e completa lettura della giurisprudenza costituzionale in materia, spesso citata con riferimento a casi in cui sono norme statali ad essere impugnate (il che fa la differenza rispetto ai casi in cui viene, invece, esercitata una competenza regionale), ovvero con riferimento a pronunce rese nei confronti di Regioni ordinarie (il che non si può tradurre in automatismi nei confronti della Regioni a statuto speciale e delle autonomie speciali e alle loro differenti attribuzioni statutarie)».

Secondo la resistente la normativa sospettata di illegittimità costituzionale «ha inteso ridare ascolto ad esigenze legittime, tanto quanto quelle che supportano le libertà di iniziativa economica, muovendosi, essa ritiene, nel quadro di competenze che le sono riconosciute e nel rispetto dei principi posti dalla legislazione statale in materia di commercio e di tutela della concorrenza».

2.2.– Ciò premesso, la difesa della Provincia autonoma rappresenta: che la “materia” a cui inerisce la regolamentazione degli orari degli esercizi commerciali «è, innanzitutto, pacificamente quella del “commercio”, di competenza residuale regionale (Corte Cost. 288/2010; 350/2008; 150/2011)»; che, in tale materia, lo Stato può intervenire con «norme a tutela della concorrenza, di natura trasversale (Corte Cost. n. 150/2011), ma senza azzerare qualsivoglia spatium deliberandi rimesso alla disciplina legislativa regionale in materia di commercio»; che «[l]a liberalizzazione in tema di orari di vendita non esprime un principio assoluto costituzionalmente affermato (Corte Cost. n. 239/2016, punto 3.5. del diritto: “La totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce una soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla”) e non determina deroghe rispetto agli obblighi e alle prescrizioni imposti da interessi costituzionalmente rilevanti (Corte Cost. n. 299/2012)».

In riferimento a tale ultimo aspetto, la Provincia autonoma, nell’affermare che nella legge impugnata «sono indicati i valori costituzionalmente rilevanti che consentono la limitazione della “liberalizzazione” del mercato, allorché il comma 1 esordisce nel fondare la disciplina posta sulla “conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali” del territorio trentino», procede ad illustrare le ragioni che hanno motivato l’intervento normativo in questione.

Vengono innanzitutto evidenziate le peculiarità delle tradizioni culturali e sociali delle popolazioni interessate, la rilevanza che per esse assumono le festività collegate a ricorrenze religiose, gli effetti che la tutela di tali esigenze determina sulla chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali, in quanto ritenuta «un’espressione radicata nella cultura della popolazione locale».

In proposito, si afferma che «l’apertura al pubblico degli esercizi commerciali non incide soltanto sulla vita individuale dei loro titolari e degli utenti che ne usufruiscono, ma anche sulla vita della comunità, comportando afflusso e movimento di molte persone, traffico, confusione, rumore, uso di energia; tutti fenomeni che influiscono sull’ambiente come ambito di fruizione collettiva, in quanto tale tutelato dalla Costituzione».

Per tali ragioni, la difesa della Provincia autonoma afferma che «la disciplina degli orari degli esercizi commerciali aperti al pubblico coinvolge non soltanto la materia del “commercio”, ma ben altre materie riservate statutariamente alla competenza provinciale, quali quelle contemplate dall’articolo 8, comma 1, nn. 3, 4 e 6, dello Statuto speciale di autonomia, vale a dire in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale (3), usi e costumi locali (4), tutela del paesaggio (6), fiere e mercati (art. 8 comma primo, n. 12), nonché turismo (art. 8, comma primo, n. 20) che concorrono a definire le scelte fondamentali relative allo sviluppo economico dei territori provinciali, prevalentemente montani».

A tal fine «[e], sempre nell’esercizio della competenza primaria nelle sopra citate materie, del tutto legittimamente il legislatore provinciale ha demandato alla Giunta provinciale l’attività di individuazione dei Comuni a elevata intensità turistica e attrattività commerciale (per tali ragioni esclusi dal divieto di aperture festive), reiterando modalità bene note e stratificate nella disciplina pre-vigente. La norma, sotto tale profilo, non è affatto innovativa, riprendendo modalità di attuazione già note alla risalente normativa statale sul commercio (cfr. art. 3 della legge n. 558 del 1971)».

In definitiva, ad avviso della resistente, l’intervento normativo impugnato troverebbe, «dunque, fonte e legittimazione in una pluralità di interessi e di materie di competenza provinciale primaria, rispetto alle quali è stata legittimamente esercitata una funzione legislativa attiva e compiuto un bilanciamento. Si tratterà, quindi e piuttosto, di valutare la “proporzionalità” fra le disposizioni limitative degli orari e i valori/interessi pubblici richiamati dalla legge provinciale a loro fondamento e giustificazione. Proporzionalità che la Provincia autonoma reputa sussistente a fronte della circostanza che con l’articolo 1 della legge n. 4 del 2020, non è stato reintrodotto in via generale il principio della chiusura domenicale e festiva, un divieto assoluto e generalizzato, bensì la regola della chiusura domenicale e festiva escludendo dall’applicazione di essa una ampia serie di fattispecie».

3.– Il 3 novembre 2020 Federdistribuzione – Federazione delle associazioni delle imprese e delle organizzazioni associative della distribuzione moderna organizzata, ANCC COOP – Associazione nazionale delle cooperative di consumatori e ANCD CONAD – Associazione nazionale coperative dettaglianti – hanno depositato, ai sensi dell’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, una opinione scritta che è stata ammessa nel giudizio con decreto del Presidente della Corte del 23 febbraio 2021.

Nella opinione sono svolte considerazioni a sostegno della illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020, con richiamo della giurisprudenza costituzionale sul punto.

È poi contestata la distinzione operata dal legislatore provinciale tra Comuni turistici e Comuni non turistici.

Si assume, altresì, che la normativa impugnata comporta il sacrificio del diritto di accesso ai livelli essenziali delle prestazioni costituito dalla chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali al dettaglio, lesiva dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., nonché la discriminazione, in violazione dell’art. 3 Cost., di cittadini e consumatori sulla possibilità di accesso al servizio stesso.

Infine, nell’opinione si afferma che la normativa provinciale impugnata «incide profondamente il libero esercizio della libertà d’impresa garantito e tutelato dall’art. 41 Costituzione», determinando la lesione della necessaria uniformità delle regole in materia su tutto il territorio nazionale.

4.– Con ordinanza depositata in data 1° ottobre 2020 (reg. ord. n. 175 del 2020), il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, sezione unica, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., e degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito.

4.1.– Il rimettente riferisce di essere stato adito dal Consorzio shop center Valsugana, costituito dagli operatori commerciali insediati nell’omonimo centro commerciale situato nel Comune di Pergine Valsugana (in Provincia di Trento), dal Consorzio Cavalli, costituito dai proprietari di tutte le superfici a vocazione commerciale, insediate nel centro commerciale “Europa”, situato nel Comune di Civezzano (sempre in Provincia di Trento) e da Habitat Arredamenti di Cavalli Virginio srl, costituente una delle attività commerciali facenti capo al Consorzio Cavalli.

I ricorrenti hanno impugnato la delibera della Giunta della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 891, con la quale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della sopra citata legge prov. Trento n. 4 del 2020, sono stati individuati i Comuni ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale/turistica, nei quali è «ammessa l’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio anche nelle giornate domenicali e festive». Poiché nel novero di tali Comuni non sono inclusi né il Comune di Pergine né quello di Civezzano, i ricorrenti lamentano la conseguente preclusione ad aprire al pubblico le rispettive attività commerciali nelle giornate festive.

Nel giudizio i ricorrenti hanno, in particolare, eccepito il difetto assoluto di attribuzione amministrativa in capo alla Provincia autonoma, in ordine alla individuazione dei luoghi, dei giorni e degli orari di apertura degli esercizi commerciali nel territorio provinciale, in quanto «il complessivo ordinamento giuridico statuale (costituito dal combinato disposto degli articoli 10, e 12 del d.lgs. n. 59 del 2010, articolo 31 commi 1 e 2, del d.l. n. 201 del 2011 - c.d. “Decreto Salva Italia”, conv. nella l. n. 214 del 2011 nonché articolo 1, comma 2, del d.l. n. 1 del 2012 - c.d. “Decreto Cresci Italia”, conv. in l. n. 27 del 2012), “esprime un divieto di fonte normativa di introdurre limiti agli orari ed ai giorni di apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali presenti in tutto il territorio italiano non derogabile in forza di prescrizioni legislative o regolamentari regionali”»; divieto la cui legittimità costituzionale è stata positivamente riscontrata dalla giurisprudenza costituzionale e successivamente ribadita.

Il giudice a quo rappresenta che i ricorrenti hanno quindi prospettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 4 del 2020, per contrasto con il disposto dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva allo Stato la competenza esclusiva nella materia «tutela della concorrenza», avente natura trasversale, in quanto la predetta normativa statale sulle “liberalizzazioni” costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento nazionale, nonché di norme fondamentali di riforma economico-sociale, limiti ai quali il legislatore provinciale è vincolato, a norma degli artt. 4, 5 e 9 dello statuto.

Il rimettente riferisce di aver sospeso, in accoglimento della domanda cautelare, il provvedimento impugnato con ordinanza 11 settembre 2020, n. 34 sotto il profilo del fumus boni iuris e, respinta ogni altra eccezione e domanda, solleva quindi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020 ritenendola rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata.

4.2.– In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia che la delibera della Giunta n. 891 del 2020 costituisce espressione del potere attribuito con l’art. 1, comma 2, della legge provinciale di cui si dubita, sicché l’accoglimento della questione di costituzionalità della disposizione che fonda il potere determinerebbe il venir meno delle disposizioni in base alle quali è stato adottato l’atto impugnato.

4.3.– In ordine alla non manifesta infondatezza, il Tribunale amministrativo tridentino richiama la giurisprudenza costituzionale che si è pronunciata in ordine a disposizioni regionali introduttive di regole “proprie” sugli orari di vendita degli esercizi commerciali, con particolare riferimento agli obblighi di chiusura, piuttosto che di apertura degli stessi, nelle giornate domenicali e festive, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni comportanti limitazioni in contrasto con la normativa statale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Il rimettente evidenzia che nella fattispecie viene, difatti, indubbiamente in rilievo la «tutela della concorrenza», in cui si esplica la competenza legislativa esclusiva statale, quale ambito di azione trasversale ad ogni materia, seppure in quelle riconducibili alla competenza residuale regionale, quale è il «commercio» per la Provincia autonoma di Trento (art. 9, primo comma, numero 3, dello statuto), nel contesto della quale va ascritto il tema degli orari degli esercizi commerciali.

Richiamata la normativa statale in materia, e, segnatamente, l’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, il rimettente afferma che l’obbligo di chiusura, di norma, degli esercizi commerciali nelle giornate domenicali e festive, è declinato dall’art. 1, comma 1, della legge provinciale impugnata non in via residuale, bensì come espressione di un divieto generale.

In tale prospettiva, le deroghe previste dai commi successivi e affidate alla Giunta (individuazione dei Comuni con connotazione turistica o turistico-commerciale), ovvero alla discrezionalità dei Comuni (a mente dei successivi commi 4 e 6-bis), così come quelle puntualmente stabilite nel comma 5 (che rimanda anche alle varie attività escluse dal divieto di apertura, ai sensi dell’art. 76, comma 5-bis, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 luglio 2010, n. 17, recante «Disciplina dell’attività commerciale»), si caratterizzano come «eccezioni rispetto alla regola generale» e non consentono di superare l’orientamento della giurisprudenza costituzionale, che ha censurato anche norme regionali che prevedono limitate eccezioni alle aperture domenicali.

Il giudice a quo evidenzia che la Corte costituzionale ha da tempo precisato che il tema degli orari degli esercizi commerciali afferisce alla materia del «commercio» (sentenza n. 299 del 2012 e ordinanze n. 288 e n. 247 del 2010, e n. 199 del 2006) e, quindi, «ciò consente fin d’ora di ritenere infondata la tesi della Provincia autonoma di Trento circa il presunto esercizio, con la legge provinciale oggi impugnata, delle attribuzioni previste dall’articolo 8, comma 1, nn. 3, 4 e 6, dello Statuto speciale di autonomia, in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale (3), usi e costumi locali (4), tutela del paesaggio (6)».

4.3.1.– Il TAR trentino rappresenta che lo statuto di autonomia attribuisce alla Provincia autonoma di Trento la potestà legislativa concorrente in materia di commercio (art. 9, primo comma, numero 3). Peraltro, a seguito della revisione del Titolo V, Parte II, della Costituzione che ha riconosciuto alle Regioni a statuto ordinario la competenza residuale nella stessa materia del commercio, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., tale competenza va riconosciuta anche alla Provincia autonoma di Trento per effetto della «clausola di maggiore favore» per le autonomie speciali. Secondo il rimettente, «[c]iò significa che i limiti cui è soggetta la competenza legislativa della Provincia autonoma di Trento, sono anzitutto quelli individuati dall’art. 117, comma 1 della Costituzione, il quale dispone espressamente che “[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione”». Ne consegue, secondo il rimettente, che le competenze del legislatore provinciale debbano essere esercitate anche nel rispetto dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

4.4.– Nell’ordinanza il rimettente effettua una ricognizione della giurisprudenza costituzionale sul carattere trasversale della competenza esclusiva dello Stato nella predetta materia, qualificata come “materia funzione” e delle decisioni che, nel ricondurre a tale competenza la disciplina di rimozione dei limiti agli orari di apertura degli esercizi commerciali di cui all’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito riconoscendone la legittimità costituzionale (sentenza n. 299 del 2012), hanno conseguentemente ravvisato l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali limitative dell’orario di apertura in difformità dalla disciplina statale (vengono richiamate, tra le altre, le sentenze n. 65 del 2013, n. 98 del 2017 e n. 104 del 2014).

Il TAR trentino rileva che la disciplina statale che ha eliminato le restrizioni all’apertura nelle domeniche e nei giorni festivi degli esercizi commerciali non costituisce una soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato può rivederla, temperarla o mitigarla (sentenza n. 239 del 2016) ma, così facendo, ha ribadito che l’eventuale differente normazione è conseguentemente sempre rimessa al legislatore statale.

Inoltre ricorda che la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 98 del 2017), seppur non con specifico riferimento ai limiti di orario, ha riconosciuto la possibilità per le Regioni (e le Province autonome) di esercitare le proprie competenze in materia di regolazione delle attività economiche dando luogo a regolamentazioni «giustificate da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario» nonché «adeguate proporzionalità alle finalità pubbliche perseguite» in modo da «garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l’utilità sociale e con gli altri principi costituzionali».

Senonché il TAR trentino ritiene che, pur ove si voglia ritenere ammissibile un intervento legislativo della Provincia autonoma nell’esercizio delle sue rivendicate competenze in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale, usi e costumi locali, nonché di tutela del paesaggio espressi dal combinato disposto degli artt. 8 e 4 dello statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, l’articolo censurato non fornisce elementi utili a giustificare l’intervento nei termini innanzi indicati dalla giurisprudenza costituzionale, stante la «vaghezza e genericità» delle finalità indicate dal comma 1.

In ogni caso, il Collegio rimettente afferma che le competenze legislative della Provincia autonoma, ai sensi dello stesso combinato disposto degli artt. 8 e 4, devono comunque esercitarsi «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica […] nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» e, dunque, nel rispetto della competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza, nel cui ambito deve essere ricondotta la disposizione dell’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, con la conseguenza che «i titoli competenziali delle Regioni, anche a statuto speciale, in materia di commercio e governo del territorio, non sono idonei ad impedire l’esercizio della detta competenza statale (ex multis sentenza n. 299 del 2012 citata, punto 6.1. del Considerato in diritto)».

Da ultimo, il giudice a quo assume che la questione di legittimità costituzionale investe non solo l’art. 1, comma 1, ma in via derivata l’intero intervento normativo, in quanto le successive disposizioni sono correlate e funzionali all’obbligo imposto dallo stesso comma 1 in via generale agli esercizi di vendita al dettaglio di osservare la chiusura domenicale e festiva.

5.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio con atto depositato il 23 dicembre 2020.

5.1.– La difesa della resistente rappresenta che in data 28 agosto 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato il ricorso per la declaratoria di illegittimità costituzionale dello stesso art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020 e di essersi costituita nel relativo giudizio con memoria depositata il 28 settembre 2020. Considerata la situazione venutasi a creare per effetto della predetta impugnazione e per prevenire ulteriore contenzioso ed evitare disparità di trattamento tra gli esercizi commerciali, la difesa della Provincia autonoma riferisce che la Giunta provinciale, con delibera 29 settembre 2020, n. 1466, ha riconosciuto, fino alla pronuncia della Corte costituzionale, ciascun Comune della Provincia ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale-turistica ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge provinciale impugnata, con conseguente riconoscimento per tutti gli esercizi commerciali della facoltà di apertura domenicale e festiva.

5.2.– Ciò premesso, la resistente ripropone un ordine di argomentazioni difensive analogo a quello svolto in sede di costituzione nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio in via principale (reg. ric. n. 74 del 2020).

In particolare, si sofferma nuovamente sulle ragioni dell’intervento normativo impugnato e sui valori costituzionalmente rilevanti che esso ha inteso preservare, costituiti dalla conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali del territorio trentino.

Sul punto la resistente contesta le deduzioni del ricorrente circa la laconicità, vaghezza e genericità dell’incipit dell’art. 1, comma 1, della legge prov. Trento n. 4 del 2020, affermando che la legge deve essere interpretata nel suo significato oggettivo per le sue finalità.

Viene ancora una volta sottolineato il valore che, per le peculiari tradizioni culturali e sociali delle popolazioni interessate, assumono le festività collegate a ricorrenze religiose, e le conseguenti esigenze (individuate nel «raccoglimento, vita familiare, rallentamento dei ritmi, esigenza di sospendere per un po’ le pratiche legate al commercio e alla soddisfazione del “mercato”») che inducono alla chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali.

In proposito, è evidenziata la diversità delle esigenze e delle tradizioni di vita e di cultura espresse dai due ambiti socio-economici della Provincia autonoma, «quello delle comunità montane e delle piccole valli laterali, da un lato, quello del fondo valle, in pianura e adiacente alle grandi vie di comunicazione, dall’altro», assumendo che per le prime la chiusura domenicale degli esercizi commerciali rappresenta «un’espressione radicata nella cultura dell[e] popolazioni local[i]».

La difesa della Provincia autonoma prosegue ribadendo che «[l]’apertura al pubblico degli esercizi commerciali non incide soltanto sulla vita individuale dei loro titolari e degli utenti che ne usufruiscono, ma anche sulla vita della comunità, comportando afflusso e movimento di molte persone, traffico, confusione, rumore, uso di energia; tutti fenomeni che influiscono sull’ambiente come ambito di fruizione collettiva, in quanto tale tutelato dalla Costituzione».

Inoltre afferma che «la disciplina degli orari degli esercizi commerciali aperti al pubblico coinvolge non soltanto la materia del “commercio”, ma ben altre materie riservate statutariamente alla competenza provinciale, quali quelle contemplate dall’articolo 8, primo comma, nn. 3, 4 e 6, dello Statuto speciale di autonomia, vale a dire in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale (3), usi e costumi locali (4), tutela del paesaggio (6), fiere e mercati (art. 8 comma primo, n. 12), nonché turismo (art. 8, comma primo, n. 20) che concorrono a definire le scelte fondamentali relative allo sviluppo economico dei territori provinciali, prevalentemente montani».

La Provincia autonoma di Trento conclude pertanto per il rigetto della questione di legittimità sollevata dal giudice rimettente, in quanto l’intervento normativo censurato troverebbe «fonte e legittimazione in una pluralità di interessi e di materie di competenza provinciale primaria, rispetto alle quali è stata legittimamente esercitata una funzione legislativa attiva e compiuto un bilanciamento. Ed introdotta una misura che va vista in una logica pro­concorrenziale e non viceversa». Si tratterrebbe, «quindi e piuttosto, di valutare la “proporzionalità” fra le disposizioni limitative degli orari e i valori/interessi pubblici richiamati dalla legge provinciale a loro fondamento e giustificazione, nella ricerca di un equilibrio fra ambiti socio­economici che sono fra loro ben diversi».

6.– In prossimità dell’udienza la difesa della Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria difensiva unica nei due giudizi, nella quale ha ribadito le argomentazioni e le conclusioni formulate nei rispettivi atti di costituzione.

La difesa della Provincia autonoma ribadisce che gli interessi coinvolti nella disciplina della materia giustificherebbero una regolamentazione peculiare, motivata da un interesse generale costituzionalmente rilevante e adeguata e proporzionata alle finalità pubbliche perseguite. Ciò in ragione anche delle diversificate esigenze del territorio provinciale stante la sua configurazione: fondovalle dell’Adige, attrattivo di rilevanti attività commerciali e con una pluralità di addetti ai relativi esercizi, cui si contrappongono le valli laterali e le zone di montagna, dove prevalgono piccoli esercizi a conduzione familiare, con popolazioni molto legate alla tradizionale celebrazione delle festività.

Infine, la difesa provinciale confuta le osservazioni scritte depositate da Federdistribuzione e da altre associazioni di categoria, insistendo sulla esigenza di assicurare «l’equilibrio fra le differenti forme distributive, e le differenti offerte che nascono da un mercato reale differenziato», equilibrio che non si otterrebbe con l’imposizione di una regola unica.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 74 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 4 (Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali), come modificato dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera e), e quarto, della Costituzione, e agli artt. 4, 5, 8 e 9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

2.– La medesima disposizione è stata censurata in via incidentale dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, sezione unica, con ordinanza del 1° ottobre 2020 (reg. ord. n. 175 del 2020). L’ordinanza di rimessione, che censura la norma sempre in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), nonché all’art. 117, primo comma, e agli artt. 8 e 4 dello statuto regionale, è stata emessa nell’ambito di un giudizio promosso da alcuni operatori commerciali che hanno impugnato la delibera della Giunta della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 891 con la quale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge provinciale censurata, sono stati individuati i Comuni ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale/turistica nei quali è ammessa l’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio anche nelle giornate domenicali e festive.

3.– Il comma 1 dell’articolo censurato dispone: «[p]er favorire la conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali, gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva, fatto salvo quanto previsto da quest’articolo in relazione all’attrattività turistica dei territori e a garanzia del pluralismo nella concorrenza».

I successivi commi dettano disposizioni specifiche che prevedono: l’attribuzione alla Giunta provinciale della individuazione dei Comuni ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale-turistica nei quali è ammessa l’apertura degli esercizi di vendita al dettaglio anche nelle giornate domenicali e festive (commi 2 e 3); la possibilità per i Comuni, in occasione di grandi eventi o manifestazioni che richiamano notevole afflusso di persone, di derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva fino a un massimo di diciotto giornate annue (comma 4); le attività per le quali non trova applicazione lo stesso articolo della legge provinciale (comma 5); infine, le sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie per la violazione delle previsioni della legge.

4.– In entrambi i giudizi viene dedotta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Ad avviso del ricorrente e del giudice rimettente la norma sospettata di illegittimità costituzionale detta una disciplina che, nel prevedere, in via generale, l’obbligo per gli esercizi di vendita al dettaglio di osservare la chiusura domenicale e festiva, violerebbe la competenza statale in materia «tutela della concorrenza», in relazione al parametro interposto costituito dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito.

Ciò in quanto tale disposizione modifica l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, nel senso di disporre l’eliminazione dei limiti e prescrizioni concernenti il «rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo di chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».

Nel ricorso e nell’ordinanza di rimessione si evidenzia che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, costituisce espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (sentenza n. 299 del 2012) e ha conseguentemente dichiarato la illegittimità costituzionale di disposizioni regionali, anche delle autonomie speciali, che introducevano limiti alla apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali in contrasto con la previsione statale (vengono menzionate, tra le altre, le sentenze n. 8, n. 38 e n. 65 del 2013, n. 104 del 2014, n. 239 del 2016 e n. 98 del 2017).

4.1.– Nel giudizio in via principale il ricorrente afferma che la disposizione impugnata violerebbe anche gli artt. 4, 5 e 9 dello statuto di autonomia, in quanto la competenza legislativa concorrente riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di commercio deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione, dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. Anche ove si ritenesse, in applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che la competenza legislativa della Provincia autonoma di Trento in materia di commercio sia di natura residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., essa deve essere esercitata nel rispetto della competenza esclusiva dello Stato «e comunque ogni competenza legislativa provinciale, in forza del rinvio operato all’art. 4 statuto dagli artt. 8 e 9 dello statuto stesso, deve essere esercitata in armonia con la Costituzione e, dunque, per quanto qui rileva, con l’art. 117 c. 2 lett. e)».

4.2.– Nel giudizio in via incidentale il giudice rimettente ritiene la disposizione censurata lesiva altresì degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del 1972, poiché la potestà normativa riconosciuta alla Provincia di Trento dallo statuto di autonomia nella materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale (art. 3), usi e costumi locali (art. 4), nonché tutela del paesaggio (art. 6) deve essere esercitata in armonia con la Costituzione, i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Per tali ragioni, al contempo, secondo il giudice a quo, sarebbe violato anche l’art. 117, primo comma, Cost., poiché le competenze legislative riconosciute alla Provincia autonoma devono esercitarsi nel rispetto della Costituzione, dunque, nella fattispecie, della competenza esclusiva riservata dall’art. 117, secondo comma, Cost. al legislatore statale in materia «tutela della concorrenza».

5.– La Provincia autonoma, costituitasi nei due giudizi, afferma che la disciplina degli orari degli esercizi di vendita al dettaglio non coinvolgerebbe solo la materia del commercio, ma anche quelle contemplate dall’art. 8, primo comma, numeri 3), 4) e 6), dello statuto speciale di autonomia, in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale (3), usi e costumi locali (4), tutela del paesaggio (6), fiere e mercati (art. 8, comma primo, numero 12), nonché turismo (art. 8, comma primo, numero 20); materie che concorrerebbero a definire le scelte fondamentali relative allo sviluppo economico dei territori provinciali, prevalentemente montani.

La resistente, poi, a fronte della genericità, evidenziata sia dal ricorrente che dal giudice rimettente, dell’affermazione di cui al comma 1 della disposizione censurata, secondo cui l’intervento legislativo è dettato «per favorire la conservazione delle peculiarità socio-culturali e paesaggistico-ambientali», sostiene che con esso si intende rispondere alle diversificate esigenze del territorio provinciale a motivo della sua configurazione, in cui si contrappongono, da un lato, il fondovalle dell’Adige, attrattivo di rilevanti attività commerciali e con una pluralità di addetti ai relativi esercizi, dall’altro, le valli laterali e le zone di montagna, dove prevalgono piccoli esercizi a conduzione familiare, con popolazioni molto legate alla tradizionale celebrazione delle festività collegate a ricorrenze religiose.

Dunque, secondo la Provincia autonoma di Trento, la disposizione censurata, nel trovare «fonte e legittimazione in una pluralità di interessi e di materie di competenza provinciale primaria», interverrebbe per assicurare «la “proporzionalità” fra le disposizioni limitative degli orari e i valori/interessi pubblici richiamati dalla legge provinciale a loro fondamento e giustificazione».

6.– In via preliminare occorre riunire i due giudizi in quanto afferiscono alla medesima disposizione di legge della Provincia autonoma di Trento, e in entrambi viene dedotta la violazione della competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione al parametro interposto costituito dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito. Alla riunione e alla decisione con unica sentenza non osta la differente natura dei giudizi (sentenze n. 22 del 2021 e n. 228 del 2016).

7.– Nel merito, la questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. è fondata.

7.1.– Le argomentazioni della difesa della Provincia autonoma di Trento non sono difatti idonee a superare il costante indirizzo giurisprudenziale richiamato dal ricorrente e dal giudice rimettente secondo cui la disciplina dettata dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, relativa agli orari domenicali e festivi degli esercizi commerciali, afferisce alla materia della tutela della concorrenza che essendo di competenza esclusiva dello Stato non può essere incisa da disposizioni emanate dalle Regioni, ivi comprese le autonomie speciali.

In tal senso, questa Corte nella sentenza n. 299 del 2012, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, il quale, nel modificare l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. n. 223 del 2006, stabilisce che le attività commerciali si svolgono senza limiti e prescrizioni relative, tra l’altro, all’obbligo di chiusura domenicale e festiva.

Nella predetta decisione si è preliminarmente affermato che la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere “finalistico” e, dunque, “trasversale”, è «in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni (sentenze n. 80 del 2006, n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del 2004)».

In questa configurazione della materia, che ricomprende «le misure dirette a promuovere l’apertura di mercati o ad instaurare assetti concorrenziali, mediante la riduzione o l’eliminazione dei vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e alle modalità di esercizio delle attività economiche», questa Corte ha quindi riconosciuto «al legislatore statale [la possibilità di] intervenire anche nella disciplina degli orari degli esercizi commerciali [riconducibile, di per sé, alla] materia “commercio” attribuita alla competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenze n. 288 e n. 247 del 2010, ordinanza n. 199 del 2006)».

In tale contesto, la sentenza n. 299 del 2012 ha, altresì, evidenziato che «[l]’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all’ingresso di nuovi operatori e amplia la possibilità di scelta del consumatore» e che la liberalizzazione così disposta nel settore dall’intervento normativo statale risulta coerente con l’obiettivo di promuovere la concorrenza, e proporzionato allo scopo di garantire l’assetto concorrenziale nel mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale.

Si tratta, dunque, di uno specifico intervento di promozione della concorrenza nel settore commerciale, riconducibile, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, all’ambito della cosiddetta concorrenza “nel mercato”, in quanto diretta a eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, ambito che si affianca a quello della concorrenza “per il mercato”, nel quale rientrano gli interventi volti a configurare procedure concorsuali che assicurino la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici.

Nel confutare poi le censure promosse dalle Regioni ad autonomia speciale nei confronti dell’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, in relazione alla asserita violazione della propria competenza legislativa primaria nella materia del commercio, come attribuita dagli statuti, la sentenza n. 299 del 2012 ha chiarito che «il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza. In senso analogo, del resto, si è già espressa questa Corte a proposito del rapporto tra le competenze previste dagli statuti speciali e quella esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (sentenze n. 12 del 2009; n. 104 del 2008; n. 380 del 2007)».

7.2.– In base alle riportate argomentazioni della sentenza n. 299 del 2012, questa Corte ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali, ivi comprese di quelle emanate da autonomie speciali, volte a disciplinare in modo restrittivo l’orario di apertura domenicale e festivo degli esercizi commerciali, ritenendole lesive della disciplina statale di “liberalizzazione” introdotta dal più volte richiamato art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito. Si tratta delle sentenze: n. 98 del 2017, relativa a disposizioni della Regione Friuli-Venezia Giulia; n. 239 del 2016, concernente normativa della Regione Puglia; n. 104 del 2014, riguardante disposizioni della Regione Valle d’Aosta; n. 65 del 2013, relativa a disposizioni della Regione Veneto; n. 38 del 2013, concernente un intervento normativo della Provincia autonoma di Bolzano; n. 27 del 2013, riguardante disposizioni della Regione Toscana.

7.3.– In particolare, con la sentenza n. 239 del 2016 questa Corte ha evidenziato che «[l]a totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce una soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla. Nondimeno, nel vigore del divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, stabilito dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza, la disciplina regionale che intervenga per attenuare il divieto risulta illegittima sotto il profilo della violazione del riparto di competenze».

In ordine, poi, al profilo degli effetti della illegittimità costituzionale derivata di altre disposizioni che siano comunque correlate funzionalmente a quella ritenuta lesiva della competenza statale per aver limitato l’apertura domenicale e festiva dell’esercizio commerciale, la sentenza n. 98 del 2017 ha stabilito che la dichiarazione di illegittimità costituzionale colpisce anche la disposizione tesa a individuare i Comuni classificati come località a prevalente economia turistica, dal momento che in questi, al pari degli altri Comuni, dovrà operare la liberalizzazione del commercio senza distinzioni.

Infine, è stato precisato (sentenza n. 8 del 2013) che l’intero sistema delle autonomie concorre all’attuazione dei principi di liberalizzazione, in quanto l’obiettivo perseguito dal legislatore può essere conseguito solo ove «l’azione di tutte le pubbliche amministrazioni – centrali, regionali e locali – sia improntata ai medesimi principi, per evitare che le riforme introdotte ad un determinato livello di governo siano, nei fatti, vanificate dal diverso orientamento dell’uno o dell’altro degli ulteriori enti che compongono l’articolato sistema delle autonomie. Quest’ultimo, infatti, risponde ad una logica che esige il concorso di tutti gli enti territoriali all’attuazione dei principi di simili riforme. A titolo esemplificativo, si può rammentare che persino gli statuti di autonomia speciale prevedono che le norme fondamentali delle riforme economico-sociali costituiscono vincoli ai rispettivi legislatori regionali e provinciali, che sono tenuti ad osservarle nell’esercizio di ogni tipo di competenza ad essi attribuita». A tal fine le Regioni «non risultano menomate nelle, né tanto meno private delle, competenze legislative e amministrative loro spettanti, ma sono orientate ad esercitarle in base ai principi indicati dal legislatore statale, che ha agito nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di concorrenza».

7.4.– In definitiva, in riferimento alla specifica disciplina degli orari di apertura al pubblico degli esercizi commerciali, le ricordate pronunce costituiscono espressione della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la «tutela della concorrenza assume […] carattere prevalente e funge da limite alla disciplina che le regioni possono dettare nelle materie di loro competenza, concorrente o residuale […], potendo influire su queste ultime fino a incidere sulla totalità degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia pure nei limiti strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia la competenza statale esclusiva è diretta» (sentenza n. 56 del 2020; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 78 del 2020 e n. 287 del 2016).

8.– Del resto questa Corte rileva che la Provincia autonoma di Trento, con l’intervento normativo in esame ha inteso corrispondere – non diversamente da quelli analoghi già adottati da altre Regioni, e dalla Provincia autonoma di Bolzano, di cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale – a esigenze, pur apprezzabili, riscontrabili tuttavia in una pluralità di ambiti territoriali e settori di attività. Si è, difatti, in presenza di problematiche di valenza generale, emerse a livello nazionale nel corso del dibattito che si è aperto sulla necessità o opportunità di rivisitare la disciplina liberalizzatrice recata dall’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, con riferimento in particolare all’esigenza di intervenire per mitigare le negative ripercussioni prodotte dalla totale liberalizzazione sulle esigenze di vita dei lavoratori del settore e sugli stessi piccoli esercenti.

Pertanto, solo la disciplina statale è in grado di assicurare una regolazione coerente e armonica sull’intero territorio nazionale, evitando che si determinino effetti distorsivi sulla stessa concorrenza in conseguenza della disarticolazione a livello regionale e provinciale della disciplina in materia di orari di apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali.

9.– Per quanto rilevato, va dunque dichiarata la illegittimità costituzionale della disposizione recata dal comma 1 dell’art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020, poiché impone in via generale agli esercizi di vendita al dettaglio l’obbligo di osservare la chiusura domenicale e festiva che è stato, invece, rimosso dal legislatore nazionale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza; competenza che, nel costituire un limite invalicabile dal legislatore regionale, si impone, non solo sulla competenza relativa al commercio, ma anche su ogni altra eventuale competenza statutaria della Provincia autonoma di Trento.

9.1.– La accertata illegittimità costituzionale del comma 1 coinvolge anche le previsioni dettate dai successivi commi, poiché contemplano attività amministrative (commi 2, 3 e 4 e 6-bis, aggiunto dall’art. 45, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6, recante «Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022»), aspetti derogatori (comma 5) e misure sanzionatorie (comma 6 come modificato dal comma 1 del medesimo art. 45, della citata legge provinciale n. 6 del 2020) che costituiscono specifiche declinazioni e attuazioni funzionali all’obbligo disposto in via generale di osservare la chiusura domenicale e festiva.

Ne consegue che la caducazione della previsione di cui al comma 1 determina, automaticamente, il venir meno della stessa ragion d’essere di tali ulteriori disposizioni (in tal senso, sentenze n. 98 del 2017 e n. 38 del 2013).

Restano pertanto assorbiti i profili di censura che il ricorrente ha sollevato, in via autonoma, nei confronti dei commi 2, 3 e 4, a motivo della dedotta illegittimità della Giunta provinciale di esercitare poteri amministrativi in materia devoluta alla competenza esclusiva dello Stato quale è la tutela della concorrenza.

10.– L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge prov. Trento n. 4 del 2020 in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. comporta l’assorbimento delle questioni riferite agli ulteriori parametri.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Trento 3 luglio 2020, n. 4 (Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali), come modificato dall’art. 45 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 maggio 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2021.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

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