SENTENZA N. 80
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8, promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, nel giudizio per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato dal Comune di Lecce, con ordinanza dell’8 giugno 2020, iscritta al n. 103 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2021 il Giudice relatore Angelo Buscema;
deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con l’ordinanza iscritta al n. 103 del registro ordinanze del 2020, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 della Costituzione.
L’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, così dispone: «1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all’ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019. 2. L’eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente, per un importo non superiore all’incremento dell’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità effettuato in sede di rendiconto 2019, è ripianato annualmente, a decorrere dall’anno 2020, per un importo pari all’ammontare dell’anticipazione rimborsata nel corso dell’esercizio. 3. Il fondo anticipazione di liquidità costituito ai sensi del comma 1 è annualmente utilizzato secondo le seguenti modalità: a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell’entrata dell’esercizio 2020 è iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo è iscritto come fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della spesa dell’esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio; b) dall’esercizio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidità, nell’entrata di ciascun esercizio del bilancio di previsione è applicato il fondo stanziato nella spesa dell’esercizio precedente e nella spesa è stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio. 4. La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità è applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione».
1.1.– Il giudice a quo riferisce di essere stato chiamato a deliberare sulla congruenza del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) del Comune di Lecce, ai sensi dell’art. 243-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali» (TUEL), e di aver sospeso il giudizio in attesa della decisione di questa Corte sulla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), in considerazione della pregiudizialità di tale pronuncia.
Questa Corte, con sentenza n. 4 del 2020, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle predette norme «poiché consentono di utilizzare le anticipazioni di liquidità al di fuori dei ristretti limiti del pagamento delle passività pregresse nei termini sanciti dal d.l. n. 35 del 2013 e, in particolare, di “utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione”, risultando in contrasto con gli artt. 81, 97 e 119, sesto comma, Cost.».
A seguito della richiamata sentenza, durante l’iter parlamentare di conversione in legge del d.l. n. 162 del 2019 è stato inserito l’art. 39-ter, rubricato «Disciplina del fondo anticipazione di liquidità degli enti locali».
Risultando cessata la causa della sospensione, la sezione regionale di controllo per la Puglia della Corte dei conti è stata nuovamente convocata al fine di deliberare in ordine al piano di riequilibrio. In tale occasione, il Comune di Lecce ha evidenziato: a) di aver previsto, a seguito della sentenza n. 4 del 2020, l’accantonamento per il 2019 di complessivi euro 29.363.416,07, corrispondenti all’ammontare delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate al 31 dicembre 2019, rideterminando pertanto il risultato di amministrazione presunto del 2019 rispetto al risultato del 2018; b) di aver conseguentemente rideterminato l’obiettivo del piano al 31 dicembre 2019 (da euro 69.244.351,37 a euro 98.607.812,44), per effetto delle citate anticipazioni (euro 29.363.461,07), da contabilizzare separatamente tra le quote accantonate del risultato di amministrazione; c) che ciò ha prodotto uno scostamento di euro 6.893.592,12, rispetto all’obiettivo così rideterminato, del risultato presunto di amministrazione del 2019 (pari a euro 105.501.404,56).
Nell’esporre gli impatti del rientro dai diversi deficit sul bilancio previsionale 2020-2022, l’ente locale ha osservato che, per effetto del comma 2 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, il peggioramento del disavanzo di amministrazione del 2019 rispetto al 2018 causato dall’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità (FAL) sarebbe stato ripianato annualmente, a decorrere dall’anno 2020, per un ammontare pari a quello dell’anticipazione rimborsata nel corso dell’esercizio. Inoltre, per effetto dei commi 3 e 4 dello stesso art. 39-ter, il Comune di Lecce avrebbe finanziato la quota capitale della rata annuale da rimborsare per l’anticipazione non più con entrate correnti, come avvenuto fino a ora, ma con l’utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione.
L’incremento del predetto disavanzo (pari a circa euro 30.000.000,00) corrispondente al nuovo accantonamento a titolo di FAL nel risultato di amministrazione del 2019, secondo quanto disposto dall’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, verrebbe quindi ripianato in un arco temporale corrispondente a quello del piano di restituzione dell’anticipazione di liquidità (fino a un massimo di trenta anni).
1.2.– In punto di non manifesta infondatezza, secondo il rimettente, le norme censurate – nel disciplinare le modalità di ripianamento dell’eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione derivante dall’accantonamento del FAL (comma 2) e nel determinare le modalità di contabilizzazione e utilizzo del fondo stesso (comma 3) – contrasterebbero con gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost. sotto il profilo della lesione dell’equilibrio del bilancio e della sana gestione finanziaria, e con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo, il quale ultimo postula che ciascun amministratore risponda del proprio operato di fronte agli amministrati. Il comma 3, inoltre, violerebbe l’art. 119, sesto comma, Cost., per contrasto con il divieto di destinare le somme derivanti da prestiti a spese diverse da quelle di investimento.
1.3.– Espone il giudice a quo che, con il comma 2 dell’art. 39-ter, l’eventuale peggioramento del disavanzo al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente – per un importo non superiore all’incremento dell’accantonamento al FAL effettuato in sede di rendiconto 2019 – andrebbe incontro a un sistema di rientro, scisso e indipendente dagli esercizi nei quali il disavanzo si è formato, calibrato sulla restituzione delle rate annuali residue delle anticipazioni di liquidità, aventi un orizzonte massimo trentennale.
Tale meccanismo comporterebbe una rilevante deroga al normale regime di rientro dal disavanzo previsto dall’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), e dall’art. 188 TUEL; ciò in assenza di circostanze eccezionali, espresse o comunque rinvenibili nell’ordinamento finanziario degli enti locali, che possano giustificare tale divaricazione.
La norma in esame – prosegue il rimettente – abbandonando la disciplina ordinaria, ne vulnererebbe i principi ispiratori, consentendo il trasferimento dell’onere del debito (disavanzo) dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, ampliando indebitamente il deficit e prevedendo un’ulteriore dilazione del ripiano in tempi incompatibili con i principi di responsabilità del mandato elettivo e dell’equità intergenerazionale. Non corrispondendo a tale dilazione alcun intervento di investimento, la soluzione provocherebbe un impoverimento dell’ente, traslando sui futuri amministrati soltanto il disavanzo.
1.4.– Ad avviso del giudice a quo, il comma 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, sarebbe, invece, costituzionalmente illegittimo, in quanto consentirebbe di finanziare la restituzione delle quote annuali dell’anticipazione di liquidità con la medesima quota accantonata come FAL nel risultato di amministrazione, generando un potenziale fattore di rischio e di alterazione degli equilibri di bilancio, in contrasto con gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., per violazione dei principi della sana gestione finanziaria e dell’equilibrio di bilancio, e consentendo che le somme ricevute a prestito a titolo di anticipazione di liquidità siano distratte per spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art. 119, sesto comma, Cost.
Tale meccanismo sarebbe in contrasto con la disciplina desumibile dal principio contabile di cui all’Allegato n. 4/2 (Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria), punto 3.20-bis (introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera a, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° agosto 2019, recante «Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011»), al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che richiede, per gli enti locali beneficiari dell’anticipazione di liquidità, l’acquisizione di nuove risorse per il pagamento della restituzione della rata annuale di cui al d.l. n. 35 del 2013, come convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64.
Il giudice a quo evidenzia al riguardo che la Corte dei conti, sezione delle autonomie, con le deliberazioni 18 dicembre 2015, n. 33, e 19 dicembre 2017, n. 28 – entrambe rese nell’esercizio della funzione prevista dall’art. 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, richiamate dal citato punto 3.20-bis – ha ritenuto che gli oneri relativi al rimborso della quota capitale dell’anticipazione non potranno trovare copertura nell’anticipazione di liquidità iscritta in entrata, ma dovranno essere finanziati con risorse da individuare ex novo, ovvero disponibili per effetto della riduzione strutturale della spesa, al fine di non incorrere nel divieto di indebitamento di cui all’art. 119, sesto comma, Cost. o nella violazione degli equilibri del bilancio garantiti dall’art. 81 Cost.
In proposito, la Corte dei conti, sezione delle autonomie, nella deliberazione n. 33 del 2015 afferma che sarebbe, infatti, «naturale […] che l’anticipazione di liquidità, per il suo carattere neutrale rispetto alla capacità di spesa dell’ente, sia finalizzata esclusivamente al pagamento dei debiti scaduti, non già anche al rimborso di se stessa».
La necessità di assicurare una copertura effettiva a tale peculiare forma di indebitamento dovrebbe, quindi, impedire che ogni anno il FAL possa essere impiegato per finanziare la stessa quota di rimborso della medesima anticipazione. Tale evenienza trasformerebbe, nella sostanza, l’anticipazione di liquidità in una forma di indebitamento, utilizzata per spese diverse da quelle di investimento, in contrasto con l’art. 119, sesto comma, Cost., ampliando illegittimamente la spesa corrente e alterando il risultato di amministrazione.
In tal modo, il comma 3 dell’art. 39-ter lederebbe anche il principio di solidarietà verso le generazioni future, facendo venir meno il carattere di eccezionalità delle anticipazioni di liquidità che, come da ultimo evidenziato nella sentenza n. 4 del 2020, sono «un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita».
1.5.– Secondo il giudice a quo, inoltre, i commi 2 e 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019 violerebbero l’art. 136 Cost. per elusione del giudicato costituzionale.
Espone al riguardo il rimettente che le disposizioni censurate consentirebbero, analogamente alle norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 4 del 2020, l’impiego del FAL non per il pagamento dei debiti pregressi presenti in bilancio, ma per la restituzione delle rate di ammortamento delle medesime anticipazioni, alterando, in tal modo, il risultato di amministrazione e la situazione debitoria.
Le disposizioni censurate integrerebbero quindi un’elusione del giudicato costituzionale, poiché introdurrebbero un metodo di ripiano del disavanzo sostanzialmente equivalente a quello dichiarato costituzionalmente illegittimo, derogatorio della regola generale prevista dall’art. 188 TUEL, in violazione dei principi di equilibrio di bilancio e di copertura della spesa, nonché dei principi di responsabilità del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.
Consentendo l’impiego del FAL, non per pagare debiti pregressi presenti in bilancio, ma per la restituzione delle rate di ammortamento delle medesime anticipazioni, le disposizioni censurate altererebbero il risultato di amministrazione e la situazione debitoria effettiva, analogamente alle norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 4 del 2020, con la quale è stata accertata la violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., perché, con riguardo alla fattispecie normativa all’epoca scrutinata, «[i] tre parametri […] operano in stretta interdipendenza, cosicché l’anomala utilizzazione delle anticipazioni di liquidità consentita dalle disposizioni impugnate finisce per ledere l’equilibrio del bilancio, il principio di sana gestione finanziaria e, contemporaneamente, viola la “regola aurea” contenuta nell’art. 119, sesto comma, Cost., secondo cui l’indebitamento degli enti territoriali deve essere riservato a spese di investimento […]. In definitiva, entrambe le disposizioni censurate consentono di utilizzare le anticipazioni di liquidità per modificare il risultato di amministrazione dell’ente locale che le applica, attraverso meccanismi tecnici che convergono nell’elusione dei precetti costituzionali precedentemente richiamati».
1.6.– Il rimettente sostiene che le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio a quo. L’applicazione delle norme censurate altererebbe, infatti, il risultato di amministrazione, incidendo sulla funzionalità del piano di riequilibrio e sulla sua sostenibilità finanziaria su cui la sezione regionale di controllo della Corte dei conti è chiamata a pronunciarsi; soltanto all’esito del giudizio costituzionale il rimettente potrebbe valutare la legittimità del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e deliberarne l’approvazione o il diniego.
Né, infine, sarebbe possibile un’interpretazione costituzionalmente conforme delle disposizioni censurate, non apparendo praticabile un’esegesi diversa da quella letterale, che non lascerebbe dubbi sull’effettiva volontà del legislatore.
2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle questioni sollevate.
2.1.– L’Avvocatura generale ritiene che le censure formulate dal giudice a quo siano inammissibili per irrilevanza, in quanto le norme in esame si limiterebbero a disciplinare le modalità e i tempi di ripiano del maggior disavanzo di amministrazione (art. 39-ter, comma 2), nonché la contabilizzazione e l’utilizzo del fondo anticipazione di liquidità (art. 39-ter, comma 3), senza nulla disporre in merito alla provvista delle risorse da destinare al rimborso dell’anticipazione.
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, il Comune di Lecce intenderebbe provvedere al rimborso dell’anticipazione di liquidità attingendo al fondo medesimo accantonato nel risultato di amministrazione. Tale operazione, tuttavia, dovrebbe ritenersi inammissibile in quanto incompatibile con la funzione dell’anticipazione stessa: l’ente locale dovrebbe, invece, provvedere a tale rimborso con risorse nuove, con eventuali risparmi di spesa (economie di bilancio) ovvero con la riscossione dei residui attivi.
Pertanto, prosegue l’Avvocatura generale, né il comma 2, né il comma 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, consentirebbero utilizzi impropri delle anticipazioni di liquidità ricevute e neppure permetterebbero il ripiano delle anticipazioni in modi diversi da quelli ritenuti legittimi dalla stessa Corte dei conti, in quanto il rimborso annuale della quota capitale dell’anticipazione dovrebbe essere effettuato esclusivamente con risorse nuove, risparmi di spesa o residui attivi.
L’impiego dell’anticipazione di liquidità prospettato dal Comune di Lecce non corrisponderebbe al dettato dell’art. 39-ter, comma 3, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, ma costituirebbe una mera circostanza di fatto, direttamente censurabile da parte della stessa sezione regionale di controllo della Corte dei conti attraverso il diniego di approvazione del PRFP che si fonda su tale utilizzo.
L’Avvocatura dello Stato osserva inoltre che, con l’emanazione delle disposizioni censurate, il legislatore avrebbe colmato il vuoto normativo venutosi a creare dopo la sentenza di questa Corte n. 4 del 2020, tenendo conto dell’impatto sui bilanci degli enti locali della predetta pronuncia. Tali norme, lungi dal violare o eludere il giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 4 del 2020, ne costituirebbero proprio sviluppo e attuazione.
2.2.– Con ulteriore memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha osservato che le norme introdotte con l’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, sono state adottate tenendo conto sia della necessità di dare esecuzione alla sentenza n. 4 del 2020, sia dell’esigenza di modulare l’impatto sui bilanci degli enti locali di tale pronuncia, inevitabilmente destinata a comportare, nella stragrande maggioranza dei casi, l’emersione di un (maggiore) disavanzo di amministrazione.
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza iscritta al n. 103 del registro ordinanze 2020, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 della Costituzione.
1.1– Il giudice a quo riferisce di essere stato chiamato a deliberare sulla congruenza del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) del Comune di Lecce, ai sensi dell’art. 243-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali» (TUEL), e di aver sospeso la decisione in pendenza della pronuncia di questa Corte sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125, e dell’art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), in ragione della loro incidenza sulla definizione del piano di riequilibrio dell’ente locale e della conseguente pregiudizialità di tale pronuncia rispetto all’approvazione o al diniego del PRFP stesso.
Questa Corte, con sentenza n. 4 del 2020, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle predette norme, per violazione degli artt. 81, 97 e 119, sesto comma, Cost., «poiché consentono di utilizzare le anticipazioni di liquidità al di fuori dei ristretti limiti del pagamento delle passività pregresse nei termini sanciti dal d.l. n. 35 del 2013 e, in particolare, di “utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione”».
A seguito di tale decisione, in sede di conversione del d.l. n. 162 del 2019, è stato inserito, dalla legge n. 8 del 2020, l’art. 39-ter (Disciplina del fondo anticipazione di liquidità degli enti locali), il quale dispone: «1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all’ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019. 2. L’eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente, per un importo non superiore all’incremento dell’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità effettuato in sede di rendiconto 2019, è ripianato annualmente, a decorrere dall’anno 2020, per un importo pari all’ammontare dell’anticipazione rimborsata nel corso dell’esercizio. 3. Il fondo anticipazione di liquidità costituito ai sensi del comma 1 è annualmente utilizzato secondo le seguenti modalità: a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell’entrata dell’esercizio 2020 è iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo è iscritto come fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della spesa dell’esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio; b) dall’esercizio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidità, nell’entrata di ciascun esercizio del bilancio di previsione è applicato il fondo stanziato nella spesa dell’esercizio precedente e nella spesa è stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio. 4. La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità è applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione».
Nel corso dell’esame del PRFP del Comune di Lecce, ripreso dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, l’ente locale ha esposto: a) di aver previsto, a seguito della sentenza n. 4 del 2020, l’accantonamento per il 2019 di complessivi euro 29.363.416,07, corrispondenti all’ammontare delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 giugno 2013, n. 64, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate al 31 dicembre 2019, rideterminando pertanto il risultato di amministrazione presunto del 2019 rispetto al risultato del 2018; b) di aver conseguentemente rideterminato l’obiettivo del piano al 31 dicembre 2019 (da euro 69.244.351,37 a euro 98.607.812,44), per effetto delle citate anticipazioni (euro 29.363.461,07), da contabilizzare separatamente tra le quote accantonate del risultato di amministrazione; c) che ciò ha provocato uno scostamento di euro 6.893.592,12, rispetto all’obiettivo così rideterminato, del risultato di amministrazione 2019 presunto (euro 105.501.404,56).
Inoltre, il Comune di Lecce ha riferito che il maggiore disavanzo, pari a circa euro 30.000.000,00, causato dall’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità (FAL), in conformità a quanto stabilito dall’art. 39-ter, comma 3, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, sarà ripianato in un arco temporale corrispondente a quello del piano di restituzione dell’anticipazione di liquidità (previsto fino a un massimo di trenta anni). Al riguardo, ha evidenziato che la quota capitale della rata annuale da rimborsare dell’anticipazione di liquidità, a decorrere dal 2020, non sarà finanziata più con entrate correnti, come avvenuto finora, ma con l’utilizzo della quota accantonata del FAL nel risultato di amministrazione.
1.2.– Secondo il giudice a quo, il comma 2 del citato art. 39-ter violerebbe gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost. per contrasto con il principio dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio e con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo.
Sostiene il rimettente che, per effetto di tale disposizione, l’eventuale peggioramento del disavanzo al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente – per un importo non superiore all’incremento dell’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità effettuato in sede di rendiconto 2019 – verrebbe assoggettato a un meccanismo di rientro, scisso e indipendente dagli esercizi nei quali si è formato, calibrato sulla restituzione delle rate annuali residue delle anticipazioni di liquidità, aventi un orizzonte massimo trentennale. Ciò costituirebbe una rilevante deroga al normale regime di rientro dal disavanzo – sono richiamati l’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione) e l’art. 188 TUEL – in assenza di circostanze eccezionali, espresse o comunque rinvenibili nell’ordinamento finanziario degli enti locali, che possano giustificare tale divaricazione.
Ad avviso del rimettente, l’art. 39-ter, comma 2, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, abbandonando la disciplina ordinaria, ne vulnererebbe i principi ispiratori, consentendo il trasferimento dell’onere del debito (disavanzo) dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, ampliando indebitamente il deficit e prevedendo un’ulteriore dilazione del ripiano in tempi incompatibili con i principi di responsabilità del mandato elettivo e dell’equità intergenerazionale. Non corrispondendo a tale dilazione alcun intervento di investimento, la soluzione provocherebbe un impoverimento dell’ente e traslerebbe sui futuri amministrati soltanto il disavanzo.
1.3.– Secondo il giudice a quo, il comma 3 dell’art 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, violerebbe anzitutto gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., in quanto consentirebbe di finanziare la restituzione delle quote annuali dell’anticipazione di liquidità con l’utilizzo della stessa quota accantonata come FAL nel risultato di amministrazione, generando un potenziale fattore di rischio e di alterazione degli equilibri di bilancio.
Ad avviso del rimettente, tale meccanismo si porrebbe in discontinuità rispetto alla disciplina desumibile dal principio contabile contenuto nel punto 3.20-bis (introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera a, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° agosto 2019, recante «Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011») dell’Allegato 4/2 («Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria») al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che detta le modalità di contabilizzazione in bilancio delle anticipazioni di liquidità di cui al d.l. n. 35 del 2013, nonché le modalità di reperimento delle risorse da destinare a copertura degli oneri di rimborso della quota annuale.
Evidenzia, al riguardo, il rimettente che detto punto 3.20-bis rinvia alle indicazioni contenute nelle deliberazioni 18 dicembre 2015, n. 33, e 19 dicembre 2017, n. 28, della Corte dei conti, sezione delle autonomie, in cui si sottolinea la necessità che gli enti beneficiari delle anticipazioni conseguite in forza del d.l. n. 35 del 2013, come convertito, reperiscano in bilancio le risorse effettive per il pagamento della restituzione della rata annuale.
Diversamente, per effetto della previsione contenuta nell’art. 39-ter, comma 3, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, ogni anno il FAL verrebbe impiegato per rimborsare la relativa quota annuale ed essa diventerebbe un mezzo di ampliamento della spesa corrente, in grado di alterare il risultato di amministrazione e l’equilibrio del bilancio.
1.4.– Laddove poi la liquidità conseguita con la predetta anticipazione fosse utilizzata per sostenere la spesa corrente, secondo la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Puglia, l’operazione contrasterebbe anche con l’art. 119, sesto comma, Cost., in virtù del quale gli enti territoriali possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.
1.5.– Infine, il giudice a quo ritiene che i commi 2 e 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, violino l’art. 136 Cost. per elusione del giudicato costituzionale, in quanto introdurrebbero un metodo di ripianamento del disavanzo analogo a quello previsto dalle norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 4 del 2020, derogatorio della regola generale prevista dall’art. 188 TUEL, in violazione dei principi di equilibrio di bilancio e di copertura della spesa, nonché dei principi di responsabilità del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.
Le norme censurate, consentendo l’impiego del FAL non per pagare debiti pregressi presenti in bilancio, bensì per la restituzione delle rate di ammortamento delle medesime anticipazioni, altererebbero il risultato di amministrazione e la situazione debitoria effettiva. Si tratterebbe di censure già accolte, con riferimento ai medesimi parametri, con la sentenza n. 4 del 2020, che il rimettente richiama, rilevando, nel caso di specie, analoghi vulnera ai parametri costituzionali allora evocati.
2.– Anzitutto, deve riconoscersi la legittimazione della sezione regionale di controllo della Corte dei conti a sollevare incidente di legittimità costituzionale in sede di esame della congruenza del PRFP deliberato dal Comune di Lecce ai sensi dell’art. 243-quater TUEL. Questa Corte, infatti, ha ravvisato tale legittimazione in sede di controllo di legittimità-regolarità sui bilanci degli enti locali (sentenze n. 105 e n. 18 del 2019), assimilato alla parifica dei rendiconti regionali (sentenze n. 49 del 2018, n. 40 del 2014 e n. 60 del 2013), e, in particolare, l’ha riconosciuta in esito a «un’attenta ricognizione delle modalità di svolgimento della funzione attribuita dalla legge […] con riguardo all’attuazione e al rispetto del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, che costituisce il fulcro della procedura di predissesto. [La] legittimazione è stata riconosciuta (sent. n. 226 del 1976) alla Corte dei conti in ragione della sua particolare posizione istituzionale e della natura delle sue attribuzioni di controllo. Sotto il primo aspetto, viene posta in rilievo la sua composizione di “magistrati, dotati delle più ampie garanzie di indipendenza (art. 100, comma 2, Cost.)”, e la sua natura di “unico organo di controllo che goda di una diretta garanzia in sede costituzionale”. Sotto il secondo aspetto, viene in evidenza il peculiare carattere del giudizio portato dalla Corte dei conti sugli atti sottoposti a controllo, che si risolve nel valutarne “la conformità […] alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico”. Una funzione cioè di garanzia dell’ordinamento, di “controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato […] preordinato a tutela del diritto oggettivo” (sentenza n. 384 del 1991)» (sentenza n. 18 del 2019).
I predetti caratteri costituiscono fondamento della legittimazione della Corte dei conti, il cui riconoscimento, legato alla specificità dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, si giustifica anche con l’esigenza di consentire il sindacato di legittimità costituzionale su norme che difficilmente vi verrebbero, per altra via, sottoposte.
3.– L’esame delle questioni sollevate richiede una, sia pur sintetica, illustrazione del contesto normativo in cui si inseriscono le norme censurate.
Il d.l. n. 35 del 2013, al fine di porre rimedio al ritardo dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, ha introdotto una disciplina di carattere speciale e temporanea, derogatoria del patto di stabilità interno e di altre disposizioni in materia di finanza pubblica.
In particolare, l’art. 1, comma 13, del citato d.l. n. 35 del 2013 ha stabilito che «[g]li enti locali che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine a causa di carenza di liquidità […], chiedono alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. […] l’anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti. L’anticipazione è concessa […] proporzionalmente e nei limiti delle somme nella stessa annualmente disponibili ed è restituita, con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni».
La ratio dell’anticipazione di liquidità, quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori preparatori, è quella di riallineare, nel tempo, la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle passività pregresse, unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione dell’anticipazione stessa. Si tratta, sostanzialmente, dell’erogazione di prestiti destinati a sopperire alle deficienze di cassa degli enti, per consentire il pagamento dei predetti debiti, inerenti a partite di spesa già presenti nei pregressi bilanci di competenza, ma non onorati nei relativi esercizi finanziari. L’anticipazione di liquidità costituisce, quindi, una «anticipazion[e] di cassa di più lunga durata rispetto a quelle ordinarie» (sentenza n. 181 del 2015) che non può finanziare il disavanzo, essendo deputata a fornire una provvista finanziaria per estinguere i residui passivi.
L’art. 3 del decreto ministeriale 1° agosto 2019 ha modificato l’Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011, introducendo il punto 3.20-bis, che detta regole specifiche in ordine all’iscrizione in bilancio delle anticipazioni di liquidità. Tale disposizione, nella versione vigente antecedentemente alle modifiche apportate dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 7 settembre 2020 (Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011) – prima dell’introduzione dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019 ad opera della legge di conversione n. 8 del 2020 – stabiliva che, «[p]er le anticipazioni di liquidità che non devono essere chiuse entro l’anno (a rimborso pluriennale), l’evidenza contabile della natura di “anticipazione di liquidità che non comporta risorse aggiuntive” è costituita dall’iscrizione di un fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della spesa, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell’esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata. Il meccanismo di creazione del fondo con corrispondente accantonamento in ogni caso costituisce strumento di sterilizzazione degli effetti espansivi della spesa e non deve costituire forma surrettizia di copertura di spese. Si richiamano le modalità di contabilizzazione previste per le seguenti anticipazioni di liquidità: […] per le anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, […] gli enti locali fanno riferimento alle indicazioni definite in sede nomofilattica dalla Corte dei conti (deliberazioni della Sezione delle autonomie n. 33/2015 e n. 28/2017)».
La sezione delle autonomie della Corte dei conti – nell’esercizio della funzione prevista dall’art. 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213 – con le deliberazioni n. 35 del 2015 e n. 28 del 2017 ha affermato la necessità di un’adeguata contabilizzazione della quota di rimborso annuale dell’anticipazione di liquidità, da finanziare con risorse da individuare ex novo, ovvero disponibili per effetto della riduzione strutturale della spesa.
L’art. 39-ter, comma 3, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, ha poi ulteriormente disciplinato l’utilizzo annuale del FAL, costituito ai sensi del precedente comma 1 del medesimo articolo, prevedendo che: «a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell’entrata dell’esercizio 2020 è iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo è iscritto come fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della spesa dell’esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio; b) dall’esercizio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidità, nell’entrata di ciascun esercizio del bilancio di previsione è applicato il fondo stanziato nella spesa dell’esercizio precedente e nella spesa è stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso dell’anticipazione effettuato nell’esercizio».
Da ultimo, l’art. 2, comma 1, lettere da a) a i), del d.m. 7 settembre 2020 ha modificato il contenuto del punto 3.20-bis del citato Allegato 4/2 a decorrere dal 2 ottobre 2020. In particolare, con tale novella è stato stabilito che, per le anticipazioni di cui al d.l. n. 35 del 2013, come convertito, e successivi rifinanziamenti, gli enti locali applicano l’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito. Il richiamo rivolto all’art. 39-ter ha sostituito, quindi, il precedente riferimento alle indicazioni contenute nelle predette deliberazioni della sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 35 del 2015 e n. 28 del 2017.
Inoltre, con riferimento alle anticipazioni di liquidità previste dal d.l. n. 35 del 2013, come convertito, questa Corte ha precisato che «[…] le anticipazioni di liquidità costituiscono una forma straordinaria di indebitamento a lungo termine e – in quanto tali – sono utilizzabili in senso costituzionalmente conforme solo per pagare passività pregresse iscritte in bilancio. Esse sono prestiti di carattere eccezionale finalizzati a rafforzare la cassa quando l’ente territoriale non riesce a onorare le obbligazioni passive secondo la fisiologica scansione dei tempi di pagamento. La loro eccezionalità dipende essenzialmente dal fatto: a) di essere inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa; b) di essere frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell’Unione europea; c) di essere un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (sentenza n. 4 del 2020).
4.– Alla luce di quanto esposto, non può essere condivisa l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo cui l’utilizzazione del FAL da parte dell’ente locale, per l’ammortamento dell’anticipazione di liquidità, costituirebbe una mera circostanza di fatto ovviabile in sede di controllo della Corte dei conti attraverso il diretto diniego di approvazione del piano. Tale esito, secondo la difesa erariale, dovrebbe ritenersi scontato, in quanto il comma 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, non consentirebbe in alcun modo di provvedere nel senso sostenuto dal Comune di Lecce e fatto proprio dal giudice a quo.
In realtà, al contrario di quanto affermato dal Presidente del Consiglio, tale interpretazione delle disposizioni censurate appare fondata sul loro stesso dettato letterale. In particolare, infatti, il comma 3 del citato art. 39-ter consente, con locuzioni inequivocabili, l’utilizzo delle anticipazioni incassate e appostate nel FAL per rimborsare le quote annuali delle anticipazioni medesime.
Giova inoltre evidenziare che la stessa difesa erariale riconosce che l’anticipazione di liquidità è esclusivamente finalizzata al pagamento dei debiti scaduti e non al rimborso del prestito e che il peggioramento del disavanzo di amministrazione conseguente all’accantonamento del FAL non potrebbe essere ripianato con l’utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione.
5.– Sebbene il giudice a quo abbia evocato anche la violazione dell’art. 136 Cost., questione suscettibile di essere valutata logicamente in via prioritaria, questa Corte, facendo ricorso al potere di decidere l’ordine delle questioni da affrontare, eventualmente dichiarando assorbite le altre (ex multis, sentenze n. 246 del 2020, n. 258 del 2019 e n. 148 del 2018), ritiene opportuno esaminare, innanzitutto, l’eccepita violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost., che meglio consente di chiarire le relative questioni.
6.– Alla luce delle esposte premesse, le questioni di legittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, sollevate in riferimento ai predetti parametri, sono fondate.
I parametri evocati operano in stretta interdipendenza, poiché l’anomala utilizzazione delle anticipazioni di liquidità consentita dalle disposizioni censurate, autorizzando un illegittimo incremento della capacità di spesa dell’ente locale, preclude un corretto ripiano del disavanzo e finisce per ledere l’equilibrio del bilancio e il principio della sana gestione finanziaria.
6.1.– Più in particolare, il comma 2 dell’art. 39-ter viola gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., sotto il profilo della lesione dell’equilibrio del bilancio e della sana gestione finanziaria e dell’interdipendente principio di copertura pluriennale della spesa, laddove consente di ripianare annualmente il maggior disavanzo emergente dall’obbligatorio accantonamento dell’anticipazione non rimborsata alla data del 31 dicembre 2019, per un importo corrispondente alla sola quota dell’anticipazione di liquidità rimborsata nel corso dell’esercizio.
La disposizione censurata è stata introdotta per dare attuazione alla sentenza di questa Corte n. 4 del 2020, la quale, in realtà, non abbisognava di alcun intervento attuativo, non essendo necessaria la riapprovazione dei bilanci antecedenti alla pronuncia, mentre dovevano essere ridefinite correttamente tutte le espressioni finanziarie patologiche prodottesi nel tempo, applicando a ciascuna di esse i rimedi giuridici consentiti. In tal modo è possibile ricalcolare il risultato di amministrazione secondo i canoni di legge e, in particolare, per i deficit ulteriormente maturati, in conformità al principio tempus regit actum, facendo applicazione delle norme vigenti nel corso dell’esercizio in cui tale ulteriore deficit è maturato. Per cui «[i]l sistema così sinteticamente delineato serve per attribuire “a ciascuno il suo” in termini di responsabilità di gestione, affiancando all’operato del breve periodo la situazione aggiornata degli effetti delle amministrazioni pregresse» (sentenza n. 4 del 2020).
La previsione, contenuta nel comma 2 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, comporta una diluizione degli oneri di ripianamento omologa allo stesso periodo temporale previsto per il rimborso dell’anticipazione di liquidità, recando un immediato effetto perturbatore degli equilibri di bilancio sin dall’anno 2020, alterando i saldi e consentendo di celare parte delle maggiori passività emerse con la corretta appostazione del FAL.
Tale disposizione introduce una rilevante deroga alle ordinarie regole di ripiano del maggior disavanzo eventualmente emerso, dilatando i tempi di rientro dal deficit, che così si sottraggono all’art. 188 TUEL, disposizione già ritenuta in grado di dettare procedure e adempimenti immediatamente cogenti, funzionali – tra l’altro – a esaltare l’assunzione della responsabilità del disavanzo in capo alle amministrazioni che si sono succedute (sentenza n. 4 del 2020).
Parimenti, questa Corte ha già affermato che la regola fisiologica del rientro dal disavanzo è quella del ripianamento annuale, al massimo triennale, e comunque non superiore allo scadere del mandato elettorale (art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011), e che «[o]gni periodo di durata superiore comporta il sospetto di potenziale dissesto e può essere giustificato solo se il meccanismo normativo che lo prevede sia effettivamente finalizzato al riequilibrio» (sentenza n. 115 del 2020).
L’incremento del deficit strutturale e dell’indebitamento per la spesa corrente ha già indotto questa Corte a formulare chiari ammonimenti circa «la problematicità di soluzioni normative […] le quali prescrivono il riassorbimento dei disavanzi in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equità intergenerazionale» (sentenza n. 18 del 2019).
Analogamente, in tema di piano di riequilibrio finanziario pluriennale, è stata affermata l’illegittimità costituzionale di norme che consentono di alterare il deficit, di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l’accantonamento annuale finalizzato al risanamento e che provocano il peggioramento, nel tempo del preteso riequilibrio, del risultato di amministrazione.
Tale è l’effetto del censurato comma 2, il quale consente di separare dal risultato di amministrazione l’«ulteriore» disavanzo, che invece deve essere necessariamente unico (sentenza n. 115 del 2020).
La pluriennale diluizione degli oneri di ripianamento del maggior deficit incorre anche nella violazione dei principi di responsabilità del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.
Questa Corte ha già affermato in proposito che la responsabilità politica del mandato elettorale si esercita non solo attraverso il rendiconto di quanto realizzato, ma anche in relazione al consumo delle risorse impiegate; quindi, in tale prospettiva, i deficit causati da inappropriate gestioni devono essere recuperati in tempi ragionevoli e nel rispetto del principio di responsabilità, secondo cui ciascun amministratore democraticamente eletto deve rispondere del proprio operato agli amministrati. È proprio il rispetto dell’equilibrio dinamico ad assicurare la bilanciata congiunzione tra il principio di legalità costituzionale dei conti e l’esigenza di un graduale risanamento del disavanzo, coerente con l’esigenza di mantenere il livello essenziale delle prestazioni sociali durante l’intero periodo di risanamento (sentenze n. 4 del 2020 e n. 18 del 2019).
Il meccanismo prefigurato dal comma 2 dell’art. 39-ter integra una violazione del principio di responsabilità democratica, in quanto, in luogo di un ripianamento rispettoso dei tempi del mandato elettorale, ne introduce uno che consente di differire l’accertamento dei risultati, ivi compresa l’indicazione di idonee coperture, oltre la data di cessazione dello stesso.
Inoltre, considerato che il ripiano del disavanzo segue il medesimo ammortamento trentennale dell’anticipazione di liquidità, tale differimento comporta il trasferimento dell’onere del debito e del disavanzo dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, senza che a queste ultime venga trasmesso alcun beneficio connesso all’utilizzazione di beni durevoli di investimento.
6.2.– Anche il comma 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, viola gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost. sotto i medesimi profili sopra enunciati.
Invero, le modalità di contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità in bilancio ivi definite completano e aggravano gli effetti della norma introdotta dal precedente comma 2.
Infatti, il censurato comma 3, prevedendo che il FAL sia utilizzato fino al suo esaurimento per rimborsare l’anticipazione medesima, ne consente una destinazione diversa dal pagamento dei debiti pregressi, già inscritti in bilancio e conservati a residui passivi, poiché sostanzialmente permette di reperire nella stessa contabilizzazione del FAL in entrata le risorse (in uscita) per il rimborso della quota annuale dell’anticipazione.
In proposito, questa Corte ha già chiarito, con riferimento alle anticipazioni di liquidità previste dal d.l. n. 35 del 2013, come convertito, che, se la loro ratio «“è quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle passività pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, […] così da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell’anticipazione” (sentenza n. 181 del 2015), al di fuori di tale “utilizzazione limitata” il suo impiego risulta in contrasto anche con l’equilibrio di bilancio» (sentenza n. 4 del 2020).
Ne deriva, pertanto, che, tenuto conto della particolare natura di dette anticipazioni e delle circostanze eccezionali che a suo tempo ne hanno giustificato l’adozione, deve essere assicurato dal legislatore che tali disponibilità siano effettivamente destinate all’esclusivo rimborso del pagamento di quelle passività pregresse per le quali erano state ottenute, e parimenti deve essere comunque evitato che la loro contabilizzazione in bilancio possa costituire un surrettizio strumento per ampliare la capacità di spesa dell’ente, con evidente loro distrazione per finalità non consentite.
La norma censurata prevede invece di ripagare un debito (gli oneri di restituzione della quota annuale) con lo stesso debito (l’anticipazione di liquidità). In tal modo, il FAL diminuisce gradualmente, senza che sia realizzata la finalità di legge, e, al contempo, viene incrementata la capacità di spesa dell’ente, senza un’effettiva copertura giuridica delle poste passive. Ciò pregiudica ulteriormente l’equilibrio strutturale dell’ente locale, in quanto alla situazione deficitaria già maturata si aggiunge quella derivante dall’impiego indebito dell’anticipazione.
6.3.– Il comma 3 dell’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, viola anche l’art. 119, sesto comma, Cost., in quanto l’impiego dello stesso FAL per il rimborso della quota annuale del maggior disavanzo, esonerando l’ente dal rinvenimento in bilancio di effettivi mezzi di copertura, produce un fittizio miglioramento del risultato di amministrazione, con evidente possibilità di liberare ulteriori spazi di spesa che potrebbero essere indebitamente destinati all’ampliamento di quella corrente (sentenza n. 4 del 2020).
In proposito, questa Corte ha più volte osservato che l’utilizzazione dell’anticipazione di liquidità per fini diversi dal pagamento dei residui passivi già iscritti in bilancio è in contrasto con il predetto precetto costituzionale, giacché «l’inidoneità dell’anticipazione a rimuovere situazioni di deficit strutturale risulta non solo implicitamente dal contrasto formale con il precetto contenuto nell’art. 119, sesto comma, Cost., ma anche da dati elementari dell’esperienza, secondo cui solo un investimento efficace può compensare in positivo l’onere debitorio sotteso alla sua realizzazione. In tale contesto, infatti, risulta “di chiara evidenza che destinazioni diverse dall’investimento finiscono inevitabilmente per depauperare il patrimonio dell’ente pubblico che ricorre al credito” (sentenza n. 188 del 2014)» (sentenza n. 4 del 2020).
Si è del pari chiarito, infatti, che l’indebitamento deve essere «finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate» (sentenza n. 18 del 2019).
7.– In sostanza, il combinato disposto delle norme censurate produce un fittizio miglioramento del risultato di amministrazione con l’effetto di esonerare l’ente locale dalle appropriate operazioni di rientro dal deficit, che non vengono parametrate sul disavanzo effettivo ma su quello alterato dall’anomala contabilizzazione del fondo anticipazioni liquidità.
Tale meccanismo, in quanto incidente in modo irregolare sul risultato di amministrazione, che rappresenta la base di partenza per la quantificazione del deficit e del livello di indebitamento, nonché per la definizione dell’equilibrio di bilancio, comporta la violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost.
8.– In conclusione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dell’art. 39-ter, commi 2 e 3, del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, sono fondate.
9.– Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura prospettati dal rimettente in relazione all’art. 136 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA