SENTENZA N. 91
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 31, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notificazione il 28 febbraio 2020, depositato in cancelleria il 4 marzo 2020, iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 13 aprile 2021 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
uditi l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Aurelio Domenico Masuelli per la Regione Liguria, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 14 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notificazione il 28 febbraio e depositato il 4 marzo 2020 (reg. ric. n. 31 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra le altre, degli artt. 5, 6 e 31, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.
2.– L’art. 31, comma 1, della legge regionale impugnata attribuisce alle «aziende ed enti del Servizio Sanitario Regionale, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) e successive modificazioni e integrazioni» la facoltà di «costituire società in house che abbiano per oggetto attività di produzione di beni e servizi strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche riguardanti le attività logistico-alberghiere comprendenti servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e ausiliari».
2.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione interverrebbe in un ambito – la disciplina delle società in house – «che appartiene alla “tutela della concorrenza” di competenza “legislativa esclusiva statale”», sì da porsi in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
2.2.– Il ricorrente, inoltre, «fa presente che la disposizione in esame è in contrasto con i vincoli di scopo e di attività» fissati dall’art. 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), nella parte in cui consente la costituzione di società in house «riguardanti le attività logistico-alberghiere comprendenti servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e ausiliari».
Osserva, ancora, che l’art. 9-bis, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), prevede che, al di fuori dei programmi di sperimentazione dallo stesso disciplinati, alle aziende del Servizio sanitario nazionale sia vietata la costituzione di «società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute».
2.3.– Il ricorrente assume, infine, che il comma 2 dell’impugnato art. 31, nel prevedere che «[l]e procedure assunzionali del personale delle società di cui al comma 1 si conformano alle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 2, del D.Lgs. 175/2016 e successive modificazioni e integrazioni», avrebbe carattere superfluo, in quanto riproduttivo dell’art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016, destinato ad applicarsi a tutte le società a controllo pubblico.
3.– L’impugnato art. 5 prevede invece che, «[n]el quadro dell’economia di spesa derivante dall’impiego in più enti del settore regionale allargato del medesimo personale con qualifica dirigenziale, nel caso in cui a un dirigente a tempo indeterminato, anche esterno alla dirigenza regionale, sia assegnato l’incarico di direzione apicale di più di un ente ovvero di struttura anche regionale, l’incarico si può configurare quale struttura organizzativa complessa con determinazione dell’ente di appartenenza. Con determinazione del Direttore generale competente possono essere affidate e delegate, nell’ambito del Dipartimento di afferenza e senza oneri per il bilancio regionale, al suddetto dirigente, titolare di struttura regionale, incaricato della responsabilità di struttura organizzativa complessa, le funzioni anche vicarie di cui all’articolo 15-bis della legge regionale 4 dicembre 2009, n. 59 (Norme sul modello organizzativo e sulla dirigenza della Regione Liguria) e successive modificazioni e integrazioni».
Il successivo art. 6 dispone, poi, la soppressione delle parole «da almeno un quinquennio» dall’art. 24, comma 6, della menzionata legge reg. Liguria n. 59 del 2009, norma contenente i requisiti per il conferimento di incarichi dirigenziali di struttura organizzativa complessa.
3.1.– Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate – quantunque ricondotte dal legislatore regionale a finalità di riduzione della spesa pubblica – si porrebbero in contrasto con quanto previsto dagli artt. 19 e 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), «tanto sotto il profilo procedimentale del conferimento, quanto in ordine ai requisiti che i candidati all’incarico debbono possedere», tra i quali ultimi, in particolare, è annoverato il riferimento all’esperienza quinquennale che l’art. 6 ha invece eliminato.
Per tali ragioni sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile».
4.– La Regione Liguria si è costituita in giudizio con memoria depositata il 6 aprile 2020, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, in subordine, non fondate.
4.1.– Con riferimento alla questione relativa all’art. 31 della legge impugnata, la Regione ha anzitutto rilevato che l’assunto in base al quale detta norma interferirebbe con la materia «tutela della concorrenza» non è stato adeguatamente motivato dal ricorrente.
In ogni caso, ha evidenziato che la disposizione inerisce, in realtà, alla materia «tutela della salute», in quanto destinata ad incidere sull’organizzazione delle attività delle aziende e degli enti del servizio sanitario, e dunque ad una sfera di attribuzioni oggetto di competenza legislativa ripartita.
4.2.– Ad avviso della resistente, peraltro, quand’anche ricondotto alla materia «tutela della concorrenza», l’intervento normativo regionale sarebbe conforme al dettato dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 175 del 2016, che consente agli enti del Servizio sanitario di costituire società in house aventi ad oggetto attività di produzione dei beni e servizi «strettamente necessarie» al perseguimento delle loro finalità istituzionali; la norma impugnata, infatti, delimita l’ambito operativo di tali società alle attività strumentali alla funzione di tutela della salute e ad essa complementari.
Siffatto rapporto di complementarietà, peraltro, esclude che ricorra un’ipotesi di «svolgimento di compiti diretti di tutela della salute», con conseguente insussistenza del dedotto contrasto con l’art. 9-bis, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992.
4.3.– Quanto, infine, al comma 2 dell’impugnato art. 31, la Regione ha osservato che la mera deduzione della sua «superfluità» da parte del Governo non consente neppure di ravvisare una vera e propria questione di legittimità costituzionale, ed in ogni caso non tiene conto della natura ricognitiva, e non riproduttiva, della norma.
4.4.– Con riferimento agli artt. 5 e 6 della legge regionale impugnata, la Regione Liguria ha evidenziato che si tratta di norme volte esclusivamente a disciplinare la sfera dell’organizzazione interna dell’ente, senza alcuna interferenza con la materia «ordinamento civile».
L’art. 5, infatti, consente che gli incarichi apicali assegnati ai dirigenti in più enti possano essere configurati «quale struttura organizzativa complessa con determinazione dell’ente di appartenenza», mentre l’art. 6 dispone che per i dirigenti regionali di ruolo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato non sia più necessario, ai fini del conferimento dell’incarico di struttura organizzativa complessa, il requisito dell’inquadramento nella qualifica dirigenziale da almeno cinque anni.
Secondo la Regione, pertanto, le norme impugnate non regolerebbero l’accesso alla qualifica dirigenziale, ma atterrebbero ai profili pubblicistico-organizzativi dell’amministrazione regionale, limitandosi a disporre circa profili del rapporto aventi mera valenza interna; nessun rilievo, inoltre, avrebbe la dedotta violazione del «profilo procedimentale del conferimento» regolato dal d.lgs. n. 165 del 2001, trattandosi di aspetto completamente estraneo al contenuto delle norme oggetto di censura.
5.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive argomentazioni.
L’Avvocatura dello Stato, in particolare, ha osservato che l’art. 31 determinerebbe una lesione delle prerogative legislative statuali anche sotto il profilo dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., richiamando «l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale che ha ricondotto la normativa inerente alle attività delle società partecipate dalle Regioni e dagli enti locali alla materia dell’ordinamento civile».
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra le altre, degli artt. 5, 6 e 31, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione (reg. ric. n. 31 del 2020).
Le questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri su altre disposizioni della legge regionale impugnata sono state riservate a separate pronunce.
1.1.– L’art. 5 della legge impugnata prevede che, «[n]el quadro dell’economia di spesa derivante dall’impiego in più enti del settore regionale allargato del medesimo personale con qualifica dirigenziale, nel caso in cui a un dirigente a tempo indeterminato, anche esterno alla dirigenza regionale, sia assegnato l’incarico di direzione apicale di più di un ente ovvero di struttura anche regionale, l’incarico si può configurare quale struttura organizzativa complessa con determinazione dell’ente di appartenenza. Con determinazione del Direttore generale competente possono essere affidate e delegate, nell’ambito del Dipartimento di afferenza e senza oneri per il bilancio regionale, al suddetto dirigente, titolare di struttura regionale, incaricato della responsabilità di struttura organizzativa complessa, le funzioni anche vicarie di cui all’articolo 15-bis della legge regionale 4 dicembre 2009, n. 59 (Norme sul modello organizzativo e sulla dirigenza della Regione Liguria) e successive modificazioni e integrazioni».
Il successivo art. 6 modifica, poi, l’art. 24, comma 6, della menzionata legge reg. Liguria n. 59 del 2009, eliminando dal novero dei requisiti per il conferimento di incarichi di direzione di struttura organizzativa complessa il possesso di incarico dirigenziale «da almeno un quinquennio».
1.2.– Secondo il ricorrente, tali norme si porrebbero in contrasto con quanto previsto dagli artt. 19 e 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), «tanto sotto il profilo procedimentale del conferimento, quanto in ordine ai requisiti che i candidati all’incarico debbono possedere», così invadendo la materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.– L’art. 31 della legge regionale impugnata dispone, poi, al comma 1, che aziende ed enti del Servizio sanitario regionale, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), «possono costituire società in house che abbiano per oggetto attività di produzione di beni e servizi strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche riguardanti le attività logistico-alberghiere comprendenti servizi socio-sanitari, socio-assistenziali e ausiliari»; e precisa, al comma successivo, che l’assunzione del personale di tali società avviene con procedure conformi alle disposizioni di cui all’art. 19, comma 2, del citato d.lgs. n. 175 del 2016.
2.1.– Secondo il ricorrente, anche tali disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime perché interverrebbero in materie riservate alla competenza legislativa dello Stato, quali la «tutela della concorrenza» e l’«ordinamento civile», ponendosi inoltre in contrasto con i vincoli di scopo fissati, per la costituzione di società in house, dall’art. 4, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 175 del 2016, e con il divieto, per le aziende del Servizio sanitario nazionale, «di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute», divieto previsto dall’art. 9-bis, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
3.– Seguendo l’ordine delle censure adottato dal ricorrente, va esaminata per prima la questione relativa all’art. 31.
3.1.– La questione è inammissibile.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, nei giudizi in via principale il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali lamenta la violazione, svolgendo una motivazione che non sia meramente assertiva; il ricorso, in particolare, «deve contenere una specifica indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati e una, sia pur sintetica, argomentazione di merito a sostegno delle censure» (sentenza n. 194 del 2020; nello stesso senso, sentenze n. 25 del 2020; n. 261 e n. 32 del 2017).
L’onere di adeguata motivazione impone, quindi, che, a supporto delle censure prospettate, il ricorrente chiarisca «il meccanismo attraverso cui si realizza il preteso vulnus lamentato»; inoltre, nel prospettare un vizio in relazione a norme interposte specificamente richiamate, il ricorso deve «evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato» (sentenza n. 232 del 2019).
3.2.– La censura non si pone in linea con tali indicazioni.
Essa, infatti, si limita a denunziare l’invasione, da parte del legislatore regionale, della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», con affermazione priva di idoneo supporto argomentativo.
Neppure il riferimento alle leggi statali che il Presidente del Consiglio assume quali parametri interposti, denunziandone il contrasto da parte della norma impugnata, appare utile a connotare la censura della necessaria chiarezza.
Secondo il Presidente del Consiglio l’art. 31, comma 1, violerebbe anzitutto «i vincoli di scopo e di attività» previsti dall’art. 4, commi 1 e 2, del menzionato d.lgs. n. 175 del 2016.
In realtà, la norma censurata si limita ad affermare che enti ed aziende del Servizio sanitario «possono» costituire società in house, ma «nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175» e nell’ambito di attività che vengono circoscritte ai «beni e servizi strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali»; si tratta, pertanto, di una previsione che, in sé considerata, sembra ricalcare espressamente il vincolo di scopo già stabilito dal legislatore statale.
Quanto, poi, al richiamo all’art. 9-bis del menzionato d.lgs. n. 502 del 1992, si tratta di norma afferente alla disciplina di riordino del Servizio sanitario nazionale, riconducibile – per il suo contenuto obiettivo e per il fine al quale è rivolta – alla materia «tutela della salute». In relazione a tale disposizione, pertanto, il ricorso non chiarisce il nesso di pertinenza con il parametro costituzionale evocato.
3.3.– Le stesse considerazioni valgono per il comma 2 dell’art. 31, del quale il ricorrente denunzia apoditticamente il carattere «superflu[o]».
Tale disposizione, concernente le procedure di assunzione del personale delle società in house, si limita infatti a richiamare quanto previsto, al riguardo, dalla norma statale di riferimento, ossia dall’art. 19, comma 2, del menzionato d.lgs. n. 175 del 2016; si tratta, pertanto, di una norma di rinvio, in relazione alla quale – in mancanza di più specifiche indicazioni – il ricorso non consente di cogliere alcun elemento significativo della dedotta illegittimità.
3.4.– Quanto, infine, all’invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», come già osservato, essa è stata dedotta per la prima volta dal Governo con la memoria integrativa depositata il 23 marzo 2021; per costante giurisprudenza costituzionale, tuttavia, con tale atto è possibile soltanto prospettare argomenti a sostegno delle questioni così come sollevate nel ricorso, non anche svolgere deduzioni volte ad ampliare il thema decidendum (per tutte, sentenza n. 261 del 2017). Da ciò consegue l’inammissibilità della censura.
4.– Anche la questione concernente gli artt. 5 e 6 della legge regionale impugnata è inammissibile per difetto di adeguata motivazione.
A sostegno della stessa, infatti, il ricorrente si limita ad evocare i parametri interposti rappresentati dagli artt. 19 e 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, osservando, in particolare, che le norme impugnate si porrebbero in contrasto con gli stessi «tanto sotto il profilo procedimentale» del conferimento di incarico dirigenziale, «quanto in ordine ai requisiti che i candidati all’incarico debbono possedere», così violando l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
4.1.– Tale rilievo, che il ricorso non correda di ulteriori considerazioni, non consente di individuare alcun profilo di pertinenza con l’ambito di competenza legislativa che si assume invaso.
In primo luogo, infatti, il ricorso non chiarisce in quali termini le norme impugnate afferiscano al «profilo procedimentale» del conferimento di incarico dirigenziale, né, tantomeno, quali siano i termini di contrasto con la normativa statale evocata che consentano di ravvisare la sussistenza della denunziata violazione di un ambito riservato allo Stato.
Inoltre, è erronea la deduzione di un contrasto fra l’impugnato art. 6 – che ha espunto dal novero dei requisiti per il conferimento dell’incarico di direzione di struttura organizzativa complessa il possesso di esperienza quinquennale – e l’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Quest’ultimo, infatti, prescrive tale requisito per una fattispecie estranea al perimetro applicativo della norma impugnata, ossia per il transito dalla seconda alla prima fascia dirigenziale, distinzione – questa – estranea all’organizzazione amministrativa regionale.
5.– Tutte le questioni promosse vanno dunque dichiarate inammissibili.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 31, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA