ORDINANZA N. 102
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, e dell’art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, promosso dal Tribunale ordinario di Piacenza, nel procedimento vertente tra Fino 1 Securitisation (già Aspra Finance spa) e altri e M. T. e altri, con ordinanza del 24 maggio 2021, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2022 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;
deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2022.
Ritenuto che il Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale ordinario di Piacenza, con ordinanza del 24 maggio 2021 (r. o. n. 144 del 2021), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 77 e 111 della Costituzione, nonché in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 - questioni di legittimità costituzionale degli artt. 54-ter e 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni e integrazioni;
che il rimettente premette che, nel corso di una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto sei distinti lotti, in data 24 marzo 2021, in vista del successivo esperimento di vendita del 13 aprile 2021, aveva sospeso integralmente la procedura ai sensi del predetto art. 54-ter, in accoglimento dell’istanza del debitore esecutato, poiché uno dei lotti costituiva abitazione principale dello stesso e che, peraltro, a seguito di interlocuzione con il professionista delegato alle operazioni di vendita, con successivo provvedimento, aveva limitato la sospensione al solo bene nel quale viveva il debitore, con conseguente prosecuzione dell’espropriazione sugli altri lotti, due dei quali erano aggiudicati nel corso della vendita forzata;
che il giudice a quo riferisce, inoltre, che il debitore esecutato e un terzo proponevano, rispettivamente nelle date del 18 e del 21 maggio 2021, opposizione agli atti esecutivi, lamentando che, stante l’affidamento maturato sulla sospensione dell’esecuzione per tutti i lotti, alcuni offerenti, tra i quali il terzo opponente, non avevano partecipato alla vendita in cui i due lotti erano stati aggiudicati e chiedevano, pertanto, la revoca dei «due decreti di trasferimento», sul presupposto dell’illegittimità delle aggiudicazioni avvenute in un momento nel quale la procedura esecutiva avrebbe dovuto essere sospesa;
che la rilevanza deriverebbe, ad avviso del rimettente, dall’esigenza di decidere su tali questioni e sul rinnovo della delega per le successive operazioni di vendita relative ai lotti non aggiudicati;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, gli artt. 54-ter e 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, come successivamente modificati, sia singolarmente considerati che nel loro complesso, violerebbero gli indicati parametri, nella parte in cui: 1) precludono al giudice: a) ogni valutazione sull’anteriorità dell’esposizione debitoria all’emergenza sanitaria e, in ogni caso, al periodo di vigenza della sospensione; b) ogni valutazione sulla opponibilità alla procedura del titolo abitativo; c) la possibilità di limitare l’effetto sospensivo alle sole attività processuali che determinino la liberazione coattiva dell’immobile; 2) determinano: a) l’irragionevole disparità di trattamento del processo esecutivo rispetto ad altre attività, giurisdizionali e non, che non sono soggette a sospensione; b) un’irragionevole compressione della libertà di iniziativa economica privata del creditore; c) un’irragionevole compressione del diritto di difesa e dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Considerato che il Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale ordinario di Piacenza ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 77 e 111 della Costituzione, nonché in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 - questioni di legittimità costituzionale degli artt. 54-ter e 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni e integrazioni;
che, sebbene l’ordinanza di rimessione censuri, genericamente, gli artt. 54-ter e 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e come successivamente modificato, l’oggetto del giudizio deve essere circoscritto, in punto di rilevanza, alla formulazione di tali disposizioni alla data dell’ordinanza stessa, ossia al 24 maggio 2021; devono, dunque, ritenersi oggetto delle questioni sollevate l’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, che aveva disposto la proroga della sospensione di cui all’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato fino al 30 giugno 2021, nonché l’art. 103, comma 6, del d.l. n 18 del 2020, come convertito, nella formulazione risultante, quanto all’ambito di applicazione oggettivo, dall’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, e, ratione temporis, dall’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69;
che, sotto un primo profilo, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 128 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito;
che, quindi, la questione di legittimità costituzionale concernente l’indicato art. 13, comma 14, è manifestamente inammissibile per sopravvenuta carenza dell’oggetto (ex multis, ordinanze n. 184 del 2021, n. 203 e n. 91 del 2019, n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017, n. 181 e n. 4 del 2016);
che manifestamente inammissibile è anche la questione relativa all’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e modificato, per manifesto difetto di rilevanza, atteso che nel giudizio a quo non vengono in rilievo i presupposti per l’applicazione di tale disposizione, nella formulazione vigente alla data di deposito dell’atto di promovimento; al momento della proposizione della questione non erano stati pronunciati decreti di trasferimento dei lotti aggiudicati e, in ogni caso, si sarebbe trattato di provvedimenti al di fuori dell’ambito operativo della norma, limitato, per quel che rileva in questa sede, ai decreti di trasferimento aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore (sentenze n. 213 e n. 128 del 2021);
che, infatti, nella procedura incardinata dinanzi al giudice a quo, i due lotti, la cui aggiudicazione è oggetto delle opposizioni esecutive del debitore e del terzo, non sono abitati dall’esecutato, come evidenziato a più riprese nell’ordinanza di rimessione;
che, in conclusione, le questioni devono essere dichiarate entrambe manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, sollevate dal Tribunale ordinario di Piacenza, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 77 e 111 della Costituzione, nonché in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 103, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, sollevate dal Tribunale ordinario di Piacenza, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 77 e 111 Cost., nonché in relazione all’art. 6 CEDU e all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2022.
Il Cancelliere
F.to: Filomena PERRONE