SENTENZA N. 124
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27 agosto-6 settembre 2021, depositato in cancelleria il 31 agosto 2021, iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2022 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 27 agosto-6 settembre 2021 e depositato il 31 agosto 2021 (reg. ric. n. 48 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità)», in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135.
1.1.– Il comma 2 dell’art. 3 della legge della Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità) stabiliva: «[i]l commissario straordinario è scelto tra i dirigenti della Regione Calabria senza alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale; solo in casi eccezionali e solo qualora, tra i dirigenti interni della Regione, non vi sia il profilo professionale richiesto è consentito l’utilizzo di commissari esterni. Il compenso del commissario non può essere superiore al trattamento tabellare dei dirigenti di settore della Giunta regionale e il relativo onere è posto a carico del bilancio dell’ente conseguente all’accorpamento».
L’art. 1 della legge reg. Calabria n. 17 del 2021 sostituisce nel predetto comma 2 dell’art. 3 della legge reg. Calabria n. 24 del 2013 il termine «tabellare» con «economico».
1.2.– Dopo avere premesso che il comma 1 dell’art. 3 della stessa legge reg. n. 24 del 2013 prevede che il Presidente della Giunta regionale possa nominare un commissario straordinario per ciascun ente conseguente agli accorpamenti contemplati dalla stessa legge regionale, il ricorrente rappresenta che la disposizione impugnata stabilisce che il compenso del commissario straordinario individuato al di fuori della dirigenza regionale non possa ora essere superiore al trattamento «economico» dei dirigenti di settore della Giunta regionale, anziché al solo trattamento «tabellare», come innanzi disposto dalla norma modificata.
In tal modo la disposizione impugnata determinerebbe maggiori oneri a carico dei bilanci degli enti conseguenti agli accorpamenti, in quanto il trattamento economico dirigenziale così introdotto è superiore a quello tabellare, che si riferisce unicamente alla relativa voce stipendiale.
Nel rilevare che la «struttura retributiva dirigenziale, così come definita dall’articolo 53 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’area delle funzioni locali (triennio 2016- 2018), sottoscritto in data 17 dicembre 2020, è composta da: l) stipendio tabellare; 2) retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita; 3) retribuzione di posizione; 4) retribuzione di risultato, ove spettante», il ricorrente ritiene che sia, pertanto, evidente la maggiore onerosità recata dalla disposizione regionale impugnata.
In proposito, la circostanza che l’art. 2 della legge reg. Calabria n. 17 del 2021 preveda una clausola di invarianza finanziaria, a norma della quale «[d]all’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale», non sarebbe rilevante, poiché tale enunciazione costituirebbe, secondo il ricorrente, «una mera auto-qualificazione di carattere formale», dalla quale non sarebbe possibile desumere, secondo la giurisprudenza costituzionale, che le attività previste dalla legge istitutiva non comportino alcuna spesa.
Sul punto, l’Avvocatura generale dello Stato evidenzia che «[l]a mancanza o l’esistenza di un onere può desumersi, infatti, esclusivamente “dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa” (sentenza n. 163 del 2020), e non anche da mere clausole di stile quali quelle di invarianza finanziaria, la cui presenza impone di procedere ad un’attenta valutazione sull’effettiva possibilità di attuare le nuove disposizioni a risorse invariate, al fine di evitare che in sede di previsione annuale di bilancio intervengano richieste per l’appostamento di risorse ulteriori (in tal senso, cfr. sentenza n. 307 del 2013, in cui [questa] Corte ha dichiarato illegittima una norma che, pur in presenza di clausola di invarianza finanziaria, è stata giudicata tale da comportare maggiori oneri finanziari, seppur in via potenziale o ipotetica)».
Sulla scorta di tali considerazioni, il ricorrente deduce che «la disposizione censurata comporta una potenziale maggiorazione degli oneri finanziari gravanti, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della legge regionale 16 maggio 2013, n. 24, sui bilanci degli enti accorpati, facenti parte del “perimetro di consolidamento regionale” e finanziati, tra l’altro, da “contributi ordinari della Regione”, così come disposto dal successivo articolo 17, comma 3», e che, a fronte di tale maggiore onerosità, la medesima disposizione non contempla alcuna quantificazione degli oneri di spesa derivanti dal mutamento del trattamento economico del commissario straordinario e, conseguentemente, non prevede alcuna copertura finanziaria.
1.3.– Per tali ragioni la disposizione impugnata si porrebbe, innanzitutto, in contrasto con il principio posto dall’art. 81 Cost., che stabilisce che ogni disposizione legislativa che importi nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi per farvi fronte.
L’Avvocatura richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui «il principio in esame, in quanto presidio degli equilibri di finanza pubblica, “opera direttamente, a prescindere dall’esistenza di norme interposte, sostanziandosi in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile. Pertanto, il sindacato di costituzionalità sulle modalità di copertura finanziaria delle spese coinvolge direttamente il precetto costituzionale, a prescindere dalle varie declinazioni dello stesso, nel volgere del tempo” (sentenza n. 244 del 2020)».
Al riguardo, il ricorrente rappresenta che vi sono disposizioni puntualmente attuative del predetto precetto costituzionale: in primo luogo, l’«art. 19 della l. 196 del 2009, a norma del quale “[l]e leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la previsione dell’onere stesso e l’indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali”».
La predetta disposizione, «specificativa, in particolare, del precetto di cui all’art. 81, terzo comma, della Costituzione, prescrive, anche nei confronti delle Regioni, la previa quantificazione della spesa o dell’onere quale presupposto della copertura finanziaria, “per l’evidente ragione che non può essere assoggettata a copertura un’entità indefinita” (v., ex plurimis, sentenze n. 235 del 2020, 147 del 2018, 181 del 2013)».
L’Avvocatura generale dello Stato rileva, altresì, che, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, tale quantificazione deve rispettare la fondamentale esigenza di chiarezza e solidità di bilancio cui l’art. 81 Cost. si ispira e a cui il legislatore regionale non può sottrarsi, «ragion per cui la copertura di nuove spese deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale e in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri».
1.4.– In secondo luogo, il ricorrente assume che il potenziale aumento di spesa conseguente all’applicazione della disposizione impugnata «confligge, peraltro, anche con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica perseguiti dal legislatore statale mediante l’art. 9 del decreto legge n. 95 del 2012, le cui previsioni rivestono la natura di princìpi fondamentali nella materia del “coordinamento della finanza pubblica”, trattandosi di norme che, in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo della pubblica amministrazione (c.d. spending review), pongono misure volte alla previsione e al contenimento delle spese».
Al riguardo, la difesa statale rappresenta che la legge reg. Calabria n. 24 del 2013 – incisa dalla disposizione impugnata – costituisce attuazione della predetta normativa statale, in quanto: l’art. 1, comma 3, stabilisce che l’intervento normativo è finalizzato alla «riduzione degli oneri finanziari a carico del bilancio regionale [...] in coerenza a quanto disposto dall’articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 […], mediante, tra l’altro, l’accorpamento, la fusione, la liquidazione o il riordino delle aziende, le fondazioni e gli enti regionali di cui al successivo art. 2, comma 2»; e, a sua volta, il successivo art. 24 afferma che dalla sua attuazione «derivano risparmi di spesa che concorrono al raggiungimento degli obiettivi fissati dal decreto-legge 95/2012, convertito con modificazioni dalla legge 135/2012».
Pertanto, il ricorrente ritiene che la modifica, da parte della norma impugnata, del trattamento economico riservato al commissario straordinario determina «l’evidente frustrazione di tali obiettivi di contenimento della spesa, comportando, come detto, maggiori oneri a carico dei bilanci degli enti conseguenti agli accorpamenti, in violazione dell’art. 9 del citato decreto legge 95 del 2012».
2.– La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 48 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità)», in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione al parametro interposto costituito dall’art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135.
La disposizione impugnata modifica il comma 2 dell’art. 3 della legge della Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità) che, nella versione originaria, stabiliva: «[i]l commissario straordinario è scelto tra i dirigenti della Regione Calabria senza alcun onere aggiuntivo a carico del bilancio regionale; solo in casi eccezionali e solo qualora, tra i dirigenti interni della Regione, non vi sia il profilo professionale richiesto è consentito l’utilizzo di commissari esterni. Il compenso del commissario non può essere superiore al trattamento tabellare dei dirigenti di settore della Giunta regionale e il relativo onere è posto a carico del bilancio dell’ente conseguente all’accorpamento».
La modifica consiste nella sostituzione del termine «tabellare» con «economico».
Il ricorrente afferma che tale modifica comporterebbe maggiori oneri a carico dei bilanci degli enti conseguenti agli accorpamenti perché consente di attribuire al commissario straordinario un compenso di importo massimo pari al complessivo trattamento economico dei dirigenti regionali di settore, che è più elevato di quello avente a riferimento la voce stipendiale costituita dal solo trattamento tabellare.
In tal modo, la disposizione impugnata violerebbe, innanzitutto, l’art. 81 Cost., poiché non quantifica gli oneri derivanti dalla maggiore entità del compenso attribuibile al commissario straordinario, né prevede per essi alcuna copertura finanziaria.
In secondo luogo, sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 9 del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, poiché il potenziale incremento del compenso così attribuibile al commissario straordinario individuato al di fuori della dirigenza regionale contrasta con gli obiettivi di contenimento delle spese della pubblica amministrazione perseguiti dalla predetta disposizione statale, che costituisce principio fondamentale nella materia del coordinamento della finanza pubblica; obiettivi perseguiti nel contesto regionale dalla citata legge reg. Calabria n. 24 del 2013, il cui art. 3, comma 2, è modificato dalla disposizione impugnata.
1.1.– La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
2.– La questione sollevata in riferimento all’art. 81 Cost. è fondata.
2.1.– La disposizione regionale impugnata è il primo dei tre articoli che compongono la legge reg. Calabria n. 17 del 2021, recante «[m]odifiche» alla legge reg. Calabria n. 24 del 2013.
In realtà, l’unica modifica è quella apportata dalla disposizione impugnata all’art. 3, comma 2, laddove l’art. 2 prevede la clausola di invarianza finanziaria secondo cui «[d]all’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale» mentre l’art. 3 stabilisce la data di entrata in vigore.
2.2.– La legge reg. Calabria n. 24 del 2013, oggetto della novella, dispone un intervento articolato volto a riordinare e semplificare il sistema degli enti e organismi pubblici della Regione Calabria, diversi da quelli afferenti il settore sanitario, finalizzato, tra l’altro, a ridurre gli oneri finanziari a carico del bilancio regionale (art. 1, comma 3), destinando i risparmi di spesa al raggiungimento degli obiettivi fissati dal d.l. n. 95 del 2012, come convertito (art. 24).
Il comma 2 dell’art. 3, nel testo originario, stabiliva che al commissario straordinario (non individuato tra dirigenti interni della Regione Calabria), nominato per l’ente risultante dall’accorpamento, spettasse un compenso che non poteva essere superiore al «trattamento tabellare» dei dirigenti di settore della Giunta regionale; la norma impugnata di cui all’art. 1 della legge reg. Calabria n. 17 del 2021 ha novellato il suddetto comma sostituendo il termine «tabellare» con il termine «economico».
La relazione illustrativa della legge regionale impugnata afferma che la disciplina proposta «si rende necessaria al fine di uniformare il trattamento economico dei Commissari straordinari al compenso dei dirigenti di settore della Giunta regionale della Calabria». Ne consegue che la nuova formula «trattamento economico», utilizzata dalla disposizione impugnata, è chiaramente riferita al complessivo trattamento retributivo previsto per i predetti dirigenti regionali.
La composizione di tale trattamento è definita dall’art. 53 del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dell’area delle funzioni locali, stipulato il 17 dicembre 2020 per il triennio 2016-2018 – tuttora vigente in attesa del rinnovo contrattuale per il triennio successivo – che stabilisce come la retribuzione della dirigenza si componga delle seguenti voci: 1) stipendio tabellare; 2) retribuzione individuale di anzianità ove acquisita; 3) retribuzione di posizione; 4) retribuzione di risultato, ove spettante.
3.– Risulta palese che la disposizione impugnata comporta la possibilità di incrementare notevolmente il compenso attribuibile al commissario straordinario, individuato al di fuori della dirigenza regionale, in quanto riferito al complessivo «trattamento economico» del dirigente di settore della Giunta regionale, al quale concorrono le voci retributive ulteriori rispetto al solo stipendio tabellare.
La disposizione dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Calabria n. 24 del 2013, come novellata dalla norma in questione, anche se individua solo il limite massimo al trattamento attribuibile, rende possibile il superamento dell’originario parametro costituito dal trattamento tabellare, così da determinare un incremento della relativa spesa posta a carico dell’ente conseguente all’accorpamento.
Pertanto, risulta priva di fondamento l’affermazione del legislatore regionale, nel senso della neutralità finanziaria della disposizione impugnata, così come la relazione tecnico-finanziaria, secondo cui la proposta di legge «ha natura ordinamentale ed è neutrale dal punto di vista finanziario».
Questa Corte ha costantemente ribadito (ex plurimis, sentenze n. 163 del 2020 e n. 227 del 2019), che la previsione, da parte di una legge regionale, della clausola di neutralità finanziaria non esclude ex se la violazione del parametro costituzionale evocato.
4.– Emerge, quindi, con chiarezza il contrasto della disposizione impugnata con il precetto posto dall’art. 81 Cost., in riferimento al disposto del terzo comma, concernente l’obbligo per ogni legge comportante maggiori oneri di provvedere ai mezzi finanziari per farvi fronte.
4.1.– L’art. 38, comma 1, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), concernente le leggi regionali di spesa e la relativa copertura finanziaria, impone al legislatore regionale, con riferimento alle spese obbligatorie e a carattere continuativo, di quantificare «l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione» e di indicare l’onere a regime.
A sua volta, l’art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che, ai sensi dell’art. 81, terzo comma, Cost., le Regioni e le Province autonome «sono tenute a indicare la copertura finanziaria alle leggi che prevedono nuovi o maggiori oneri a carico della loro finanza e della finanza di altre amministrazioni pubbliche» e che a tal fine utilizzano le metodologie di copertura previste dall’art. 17 della medesima legge, riconducibili alle risorse già considerate nel bilancio, ovvero al reperimento di risorse aggiuntive.
La norma regionale impugnata viola, inoltre, l’obbligo previsto dal medesimo art. 17 della legge n. 196 del 2009, secondo cui il legislatore regionale è tenuto, al pari di quello statale, per ogni proposta di legge comportante implicazioni finanziarie, a redigere una relazione tecnica contenente gli elementi informativi richiesti dalla legge in ordine agli oneri recati da ciascuna disposizione e alle relative coperture (ex plurimis, sentenza n. 224 del 2014), che costituiscono «elementi essenziali della previsione di copertura in quanto consentono di valutare l’effettività e la congruità di quest’ultima e, quindi, il rispetto dell’art. 81, terzo comma, della Costituzione» (sentenza n. 25 del 2021)».
La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro precisato che le menzionate disposizioni statali sono meramente specificative del principio dell’equilibrio di bilancio, sicché questo opera direttamente, a prescindere da norme interposte (sentenze n. 244 del 2020 e n. 26 del 2013).
Le ricordate statuizioni di questa Corte in materia sono state poi costantemente richiamate e applicate dalla giurisprudenza contabile in sede di verifica della copertura finanziaria degli oneri recati da leggi regionali di spesa (in tal senso, Corte dei conti, sezione delle autonomie, deliberazione 27 maggio 2021, n. 8, recante «Linee di orientamento per le relazioni annuali sulla tipologia delle coperture finanziarie e sulle tecniche di quantificazione degli oneri nelle leggi regionali»).
4.2.– Stante la stretta correlazione delle disposizioni recate dagli artt. 2 e 3 della legge reg. Calabria n. 17 del 2021, la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata fa venir meno la stessa ragion d’essere dell’intera legge regionale.
5.– L’accoglimento della questione per violazione dell’art. 81 Cost. comporta l’assorbimento dell’ulteriore censura promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alla competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità)».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 19 maggio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA