SENTENZA N. 60
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell’art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (Norme integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale), della richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’art. 25, comma 3, della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle parole: «unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta», giudizio iscritto al n. 178 del registro referendum.
Vista l’ordinanza del 29 novembre 2021, depositata il 1° dicembre 2021, con la quale l’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, ha dichiarato conforme a legge detta richiesta;
udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022 il giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi gli avvocati Sonia Sau per la Regione autonoma Sardegna, Mario Bertolissi e Giovanni Guzzetta per i delegati dei Consigli regionali di Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte;
deliberato nella camera di consiglio del 16 febbraio 2022.
Ritenuto in fatto
1.– I Consigli regionali delle Regioni Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Piemonte, Umbria, Veneto e Sicilia – con atto depositato presso la Corte di cassazione il 21 settembre 2021 – hanno promosso un referendum abrogativo con riguardo al seguente quesito: «Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?».
La disposizione interessata dall’iniziativa referendaria concerne in generale la «[c]onvocazione delle elezioni, uffici elettorali e spoglio delle schede», relativamente alla designazione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Il comma 3 regola la presentazione delle candidature, subordinandola tra l’altro al sostegno, mediante apposita sottoscrizione, di un gruppo di magistrati elettori, in numero non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. Ai sottoscrittori è preclusa la presentazione di una propria candidatura, ed è preclusa altresì la sottoscrizione di sostegno per più di un candidato.
Il 29 novembre 2021, deliberando in via definitiva dopo una ordinanza interlocutoria del 26 ottobre precedente, l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme alla legge la proposta referendaria in questione, ed ha stabilito per essa una intitolazione del seguente tenore: «Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura».
Il quesito referendario è stato così approvato: «Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e il funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?».
2.– Ricevuta comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale, il Presidente della Corte costituzionale ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del 15 febbraio 2022, disponendo (ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo») che ne fosse data comunicazione ai promotori della richiesta di referendum e al Presidente del Consiglio dei ministri.
3.– Avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 33, terzo comma, della legge n. 352 del 1970, i delegati dei Consigli regionali che hanno richiesto il referendum hanno depositato, in data 11 febbraio 2022, una memoria per illustrare le ragioni a sostegno dell’ammissibilità dello stesso. In particolare, l’iniziativa referendaria si propone lo scopo di favorire candidature individuali dei magistrati, al fine di ridurre l’influenza dei gruppi associativi sulla procedura elettorale. Il quesito referendario, di autentica natura abrogativa e non propositiva, paleserebbe una ratio omogenea e puntuale ed il suo accoglimento non inciderebbe né su contenuti costituzionalmente vincolati, né sulla capacità della disciplina residua di garantire il rinnovo della componente togata del Consiglio superiore della magistratura.
4.- Sempre in data 11 febbraio 2022, il Presidente della Regione autonoma Sardegna ha depositato, a sua volta, una memoria a sostegno dell’ammissibilità del referendum. Da un lato, rileva che le disposizioni indicate nel quesito non rientrano tra le materie per le quali l’art. 75 della Costituzione esclude il ricorso al referendum. Dall’altro, la richiesta sarebbe compatibile con i limiti “ulteriori” individuati dalla giurisprudenza costituzionale: la necessità, cioè, che il quesito referendario sia chiaro, univoco ed omogeneo, che non attenga a contenuti costituzionalmente necessari e che non dia luogo, in caso di accoglimento, ad una disciplina di risulta non suscettibile di autonoma applicazione.
5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, invece, non si è avvalso della facoltà di intervento nel giudizio di ammissibilità.
Considerato in diritto
1.– La richiesta di referendum abrogativo ha per oggetto una porzione del comma 3 dell’art. 25 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), articolo dedicato, in generale, al procedimento per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.
Per quel che qui rileva, a partire dalle modifiche introdotte con legge 18 dicembre 1967, n. 1198 (Modificazioni alla legge 24 marzo 1958, n. 195, sulla costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), il citato art. 25 è specialmente dedicato alla presentazione di liste e candidature.
In particolare, la previsione del necessario sostegno di un certo numero di elettori per l’esercizio del diritto a candidarsi è stata introdotta, nel corpo del suddetto articolo, mediante l’art. 5 della legge 22 dicembre 1975, n. 695 (Riforma della composizione e del sistema elettorale per il Consiglio superiore della magistratura), nell’ambito di un sistema elettorale che contemplava la competizione tra liste contrapposte, ciascuna delle quali, appunto, doveva raccogliere firme di presentazione presso almeno centocinquanta magistrati. La prescrizione è rimasta immutata, pur nel variare del quadro generale di riferimento, in occasione dell’approvazione della legge 3 gennaio 1981, n. 1 (Modificazioni alla legge 24 marzo 1958, n. 195 e al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, sulla costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), e della legge 22 novembre 1985, n. 655 (Modifiche al sistema per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura).
Il numero delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste è stato invece modificato in occasione del frazionamento della base territoriale dei collegi elettorali, mediante la creazione di un collegio nazionale per la designazione dei componenti con funzioni di legittimità e di collegi più ristretti per l’elezione degli ulteriori componenti togati: l’art. 7 della legge 12 aprile 1990, n. 74 (Modifica alle norme sul sistema elettorale e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) richiedeva, così, almeno cinquanta firme per la candidatura al collegio nazionale e almeno trenta per quella presso i collegi territoriali.
Con l’art. 7 della legge 28 marzo 2002, n. 44 (Modifica alla legge 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) la disciplina raggiunge il suo assetto attuale. Il voto è organizzato in base a tre collegi nazionali e non è possibile la presentazione di liste contrapposte, dovendosi invece aver riguardo alle candidature di singoli magistrati. Nel testo così riformato, la disposizione oggetto dell’odierno quesito referendario prescrive che le candidature individuali siano sostenute mediante sottoscrizione di almeno venticinque e non più di cinquanta elettori. I sottoscrittori non possono essere candidati a loro volta, né accordare sostegno a più di un candidato.
In caso di accoglimento del quesito referendario, quindi, le candidature individuali sarebbero proposte senza la sottoscrizione di presentatori. Verrebbero conseguentemente meno – anche formalmente, grazie alla concorrente abrogazione dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 25 della legge n. 195 del 1958 – le preclusioni poste per i presentatori, il cui intervento sarebbe appunto soppresso.
2.– In via preliminare, occorre rilevare che, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022, questa Corte ha consentito – come più volte avvenuto in passato (da ultimo, sentenza n. 10 del 2020) – l’illustrazione orale delle memorie depositate dai soggetti presentatori del referendum ai sensi dell’art. 33, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nonché la presentazione di scritti di un soggetto ulteriore – nella specie, il Presidente della Regione autonoma Sardegna – in quanto interessato alla decisione sull’ammissibilità delle richieste referendarie (ex plurimis: sentenze n. 10 del 2020, n. 5 del 2015, n. 13 del 2012, n. 28, n. 27, n. 26, n. 25 e n. 24 del 2011, n. 17, n. 16 e n. 15 del 2008).
L’ammissione di soggetti diversi dai presentatori, orientata ad acquisirne le argomentazioni, non si traduce in un diritto degli stessi a partecipare al procedimento – che, comunque, «deve tenersi, e concludersi, secondo una scansione temporale definita» (sentenza n. 31 del 2000) – né in quello di illustrare le relative tesi in camera di consiglio. Questa Corte consente soltanto brevi integrazioni orali degli scritti, come appunto è avvenuto nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022.
3.– Questa Corte è chiamata a giudicare sull’ammissibilità della richiesta di referendum alla luce, sia dei criteri desumibili dall’art. 75, secondo comma, della Costituzione, sia del complesso dei «valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste referendarie», stabilendo se, ad integrazione delle ipotesi che la disposizione costituzionale ricordata ha previsto in maniera puntuale ed espressa, «non s’impongano altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si renda indispensabile precludere il ricorso al corpo elettorale» (sentenza n. 16 del 1978; da ultimo, sentenza n. 10 del 2020).
4.– Altre volte, in passato, è stata valutata l’ammissibilità di referendum popolari concernenti la disciplina per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. E anche quando questa Corte ha concluso nel senso dell’inammissibilità della specifica iniziativa (in particolare, con le sentenze n. 28 del 1997 e n. 29 del 1987), la preclusione non è stata fatta discendere dalla lettera o dalla ratio dell’art. 75 Cost., secondo un giudizio che va qui confermato.
5.– I precedenti finora citati fanno parte di una complessiva giurisprudenza costituzionale che – per quanto qui particolarmente interessa – ha considerato ammissibili referendum abrogativi di disposizioni di legge relative all’elezione dei componenti di organi costituzionali o di rilevanza costituzionale ad una essenziale condizione, legata al funzionamento degli organi in parola, tra i quali certamente figura il Consiglio superiore della magistratura (sentenze n. 10 del 2020, n. 13 del 2012, n. 17, n. 16 e n. 15 del 2008, n. 34 e n. 33 del 2000, n. 13 del 1999, n. 28 e n. 26 del 1997, n. 10 e n. 5 del 1995, n. 33 e n. 32 del 1993, n. 47 del 1991 e n. 29 del 1987).
Tale condizione consiste nel carattere necessariamente auto-applicativo della disciplina di risulta: l’abrogazione referendaria non può infatti esporre l’organo alla eventualità, anche solo teorica, di paralisi di funzionamento (sentenza n. 29 del 1987). Occorre, in altre parole, che il voto popolare eventualmente favorevole all’abrogazione lasci in vigore una disciplina che consente il rinnovo dell’organo di rilievo costituzionale (sentenze n. 13 del 2012, n. 16 e n. 15 del 2008, n. 5 del 1995, n. 32 del 1993 e n. 29 del 1987), indipendentemente da un ipotetico, successivo intervento del legislatore (tra le altre, sentenze n. 5 del 1995 e n. 29 del 1987).
Ciò posto, è evidente che, nella specie, la richiesta referendaria si riferisce ad un segmento della disciplina la cui rimozione non ostacolerebbe la procedura per l’elezione dei nuovi componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.
Le candidature individuali per i collegi nazionali dovrebbero, infatti, essere presentate, entro venti giorni dal provvedimento di convocazione delle elezioni, all’Ufficio centrale elettorale, mediante apposita dichiarazione con firma autenticata dal Presidente del tribunale nel cui circondario il magistrato esercita le sue funzioni. Tale dichiarazione, in cui l’interessato darebbe atto dell’assenza di cause di ineleggibilità riconducibili all’art. 24 della stessa legge n. 195 del 1958, non dovrebbe più essere accompagnata da sottoscrizioni di presentatori.
Correlativamente, tra le cause di non candidabilità, verrebbe meno quella fondata sulla sottoscrizione prestata per il sostegno ad una candidatura altrui, così come verrebbe meno la causa di esclusione della candidatura prevista dal comma 4 dell’art. 25 per insufficienza o irregolarità delle sottoscrizioni di presentazione.
Non crea, inoltre, ostacolo all’ammissibilità del referendum la circostanza che l’abrogazione proposta riguardi una regola di frequente inserita nelle discipline elettorali, al fine di prevenire un’eccessiva frammentazione delle candidature e una scarsa decifrabilità dell’offerta elettorale (in senso analogo, da ultimo, sentenza n. 48 del 2021). In disparte ogni comparazione, su questo specifico aspetto, tra natura e scopo dell’elezione dei componenti di organi con funzioni di rappresentanza politica o politico-amministrativa, per un verso, e le peculiarità proprie dell’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, per l’altro verso, quel che solo conta, nell’odierno giudizio di ammissibilità, è, infatti, che l’abrogazione della regola che prescrive le firme di presentazione (in numero peraltro assai contenuto, nel minimo e nel massimo) non inciderebbe su contenuti costituzionalmente necessari o vincolati della legge interessata dal referendum.
6.– Il quesito referendario, ancora, ha struttura binaria, carattere omogeneo, ed è semplice e chiaro.
La domanda riguarda l’abrogazione o il mantenimento in vigore di due proposizioni normative strettamente connesse l’una all’altra, accomunate perciò dalla medesima ratio, ponendo l’elettore di fronte all’alternativa di mantenere le firme di sostegno alle candidature o, al contrario, di eliminarle, consentendo candidature a mera iniziativa individuale.
Al tempo stesso, risulta evidente il carattere realmente abrogativo, e non surrettiziamente propositivo, del quesito, volto solo ad eliminare una porzione del sistema elettorale vigente (ex multis, ma con specifico riguardo alla stessa materia interessata dall’iniziativa odierna, sentenza n. 34 del 2000).
7.– In definitiva, non ostandovi alcuna ragione di ordine costituzionale, la richiesta di referendum deve essere dichiarata ammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’art. 25, comma 3, della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle successive modificazioni e integrazioni ad esso apportate, limitatamente alle parole: «unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta», dichiarata legittima dall’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 29 novembre 2021.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 febbraio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA