SENTENZA N. 92
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 3, 7, 10, comma 2, 18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29, recante «Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo), misure urgenti e temporanee di semplificazione e ulteriori disposizioni in materia urbanistica ed edilizia», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14 dicembre 2020, depositato in cancelleria il 21 dicembre 2020, iscritto al n. 102 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2022 il Giudice relatore Silvana Sciarra;
uditi l’avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefania Valeri, quest’ultima in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 marzo 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 14 dicembre 2020, depositato il 21 dicembre 2020 e iscritto al n. 102 del registro ricorsi 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 3, 7, 10, comma 2, 18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29, recante «Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo), misure urgenti e temporanee di semplificazione e ulteriori disposizioni in materia urbanistica ed edilizia», in riferimento complessivamente agli artt. 3, 9, 97 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione.
1.1.– È impugnato l’art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, nella parte in cui dispone che i piani attuativi conformi allo strumento urbanistico generale vigente siano approvati dalla Giunta comunale, ai sensi dell’art. 5, comma 13, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106.
Il ricorrente assume che l’art. 5, comma 13, lettera b), del d.l. n. 70 del 2011 si limiti ad affidare alla Giunta regionale il compito di approvare piani attuativi conformi al piano urbanistico generale, senza alterare «la distinzione tra la fase di adozione e quella di approvazione», che mira a «consentire la fase indefettibile di partecipazione degli interessati».
Per contro, l’impugnato art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 eliminerebbe per i piani attuativi conformi allo strumento generale le «fasi di pubblicazione del piano adottato, di presentazione delle osservazioni da parte degli interessati e di controdeduzione alle medesime osservazioni» e l’obbligo di sottoporre il piano all’approvazione della Soprintendenza (art. 16, terzo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, recante «Legge urbanistica»). Tali fasi sarebbero necessarie anche quando il piano attuativo si uniformi al piano sovraordinato.
La disposizione impugnata sarebbe lesiva, in primo luogo, dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe «i principi fondamentali della legislazione statale concernenti l’iter di formazione dei piani – principi vincolanti in materia di governo del territorio», che prescrivono le fasi «di pubblicazione del piano adottato, di presentazione delle osservazioni da parte degli interessati e di controdeduzione alle medesime osservazioni», allo scopo di consentire la «partecipazione al procedimento sia dei cittadini interessati che da parte delle Amministrazioni che hanno il compito di curare interessi pubblici diversi da quelli rimessi alla tutela dei Comuni».
Sarebbe violato, inoltre, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la disposizione impugnata prescinderebbe dalla «preventiva sottoposizione del piano alla Soprintendenza», prescritta dall’art. 16, terzo comma, della legge n. 1150 del 1942, previsione che lo Stato ha dettato «nell’esercizio della potestà esclusiva in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio».
1.2.– Il ricorrente impugna, altresì, l’art. 7 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che sostituisce l’art. 23, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo).
La disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con l’art. 28, secondo comma, della legge n. 1150 del 1942, espressione di «un principio fondamentale in materia [di] governo del territorio», che sottopone i piani di lottizzazione al previo parere della Soprintendenza, anche quando riguardino parti di territorio non tutelate e a prescindere dalla conformità dello strumento alla pianificazione vigente.
La disposizione impugnata, inoltre, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera s), e 9 Cost., in quanto invaderebbe la «potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio» e abbasserebbe il «livello della tutela dei predetti interessi». Difatti, si sottrarrebbero i piani di lottizzazione al previo parere della Soprintendenza e si riscontrerebbe una significativa compressione dei termini per l’adozione dei piani di lottizzazione privata, ridotti dagli originari centoventi a venti giorni, e dei termini per l’adozione della delibera in via sostitutiva, che passano da sessanta a trenta giorni, in contrasto con «l’esigenza di attenta valutazione connessa alla pianificazione di intere porzioni di territorio» e con la previsione di un termine inderogabile di novanta giorni per consentire allo Stato di esprimere le determinazioni di propria competenza nello «svolgimento delle funzioni di tutela dei beni culturali e del paesaggio» (artt. 14-bis, comma 2, lettera c, e 17-bis, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»).
Il ricorrente denuncia, infine, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., sul presupposto che «la previsione di un termine di soli trenta giorni per l’esame e la deliberazione di uno strumento di pianificazione a iniziativa privata» sia «manifestamente arbitraria e irragionevole» e pregiudichi anche il buon andamento dell’amministrazione.
1.3.– È impugnato anche l’art. 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che sostituisce l’art. 33 della legge reg. Abruzzo n. 18 del 1983 in tema di variazione degli strumenti urbanistici.
In particolare, tale disposizione, nel definire le modificazioni ai piani che non costituiscono varianti urbanistiche e sono assunte mediante mera deliberazione consiliare, le sottoporrebbe «a un iter procedurale più snello» e le sottrarrebbe arbitrariamente alla verifica della conformità della delibera consiliare alla disciplina d’uso dettata dal piano paesaggistico, in contrasto con l’art. 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
Sarebbe dunque violata la competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., rispetto alla quale il citato art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004 costituisce «norma interposta».
Il ricorrente prospetta, infine, il contrasto con l’art. 9 Cost., in quanto si riscontrerebbe un «abbassamento del livello della tutela del paesaggio, costituente interesse primario e assoluto».
1.4.– È impugnato anche l’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che estende agli immobili pubblici l’applicazione della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2012, n. 49, recante «Norme per l’attuazione dell’articolo 5 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 e modifica dell’articolo 85 della legge regionale 15/2004 “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)”», e consente in ogni caso per gli immobili pubblici oggetto di alienazione il passaggio tra diverse destinazioni d’uso.
Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. e, in particolare, con i principi fondamentali dettati dalla legislazione statale nella materia «governo del territorio», in quanto consentirebbe in ogni caso «per gli immobili pubblici oggetto di alienazione» i mutamenti di destinazione d’uso «anche a prescindere dalle previsioni degli strumenti urbanistici», senza richiedere l’osservanza dell’art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».
La disciplina impugnata confliggerebbe, inoltre, con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e invaderebbe «la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio», in quanto, in spregio all’obbligo di pianificazione congiunta prescritta per i beni vincolati e all’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, detterebbe una disciplina generale e compiuta della «“riqualificazione” degli immobili pubblici». Tale disciplina si sostituirebbe alle prescrizioni d’uso, rimesse – con riguardo alla definizione delle trasformazioni vietate e di quelle compatibili – al piano paesaggistico, dotato di «una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale» e «da approvare previa intesa con lo Stato, ai sensi degli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio».
Né rileverebbe, in senso contrario, la necessità di richiedere l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi sui beni tutelati, in quanto la disciplina regionale, nell’intervenire in modo unilaterale, «senza il necessario coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali», consentirebbe «ampie trasformazioni degli immobili» in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e pregiudicherebbe conservazione e integrità del contesto tutelato.
Sarebbe violato, infine, l’art. 9 Cost., in quanto una disciplina siffatta determinerebbe «un abbassamento dei livelli di tutela» del paesaggio, che rappresenterebbe «valore primario e assoluto».
1.5.– È impugnato, inoltre, l’art. 19, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, in quanto consentirebbe ai Comuni in termini generalizzati e «senza limiti di tempo in relazione all’intero territorio regionale» di «ricorrere alle misure incentivanti su tutto il territorio comunale, senza che tali facoltà siano ricondotte nell’alveo del piano paesaggistico regionale».
L’assunto del ricorrente è che la disposizione impugnata consenta «interventi di ristrutturazione, ampliamento e di demolizione e/o ricostruzione con aumenti di volumetria anche sugli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico» e conduca a un «sostanziale svuotamento della funzione propria del piano paesaggistico», senza prevedere «una specifica clausola in favore del piano paesaggistico» e senza subordinare l’operatività della normativa «alla previa introduzione di un’apposita disciplina d’uso dei beni paesaggistici tutelati, elaborata d’intesa con il Ministero di settore».
La disciplina impugnata, pertanto, invaderebbe «la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio», in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «rispetto al quale costituiscono norme interposte gli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio», e sarebbe lesiva dell’art. 9 Cost., in quanto implicherebbe «un abbassamento dei livelli di tutela» del paesaggio, «valore primario e assoluto».
1.6.– Oggetto di impugnazione è anche l’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che consentirebbe ai Comuni dei crateri sismici del 2009 e del 2016 «di approvare varianti agli strumenti urbanistici […] anche in deroga al limite di dimensionamento dei piani», allo scopo di includere nelle aree edificabili «i lotti interessati da strutture e manufatti temporanei realizzati a seguito degli eventi sismici», purché siano «conformi ai titoli autorizzativi e/o comunicazioni, previsti dalla normativa emergenziale emanata a seguito degli eventi sismici».
Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la disposizione impugnata consentirebbe «la trasformazione indiscriminata e in deroga alle norme urbanistiche sul dimensionamento dei piani di intere porzioni di territorio sottoposto a tutela» e, pertanto, vanificherebbe «il ruolo stesso della pianificazione paesaggistica».
Sarebbe violato, inoltre, l’art. 117, terzo comma, Cost., sotto due distinti profili.
In primo luogo, la disposizione impugnata, nello stabilizzare strutture che la normativa statale impone siano provvisorie, contrasterebbe con i principi fondamentali nella materia del governo del territorio sanciti dall’art. 4-quater del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016), convertito, con modificazioni, nella legge 15 dicembre 2016, n. 229, che consente eccezionalmente di collocare strutture temporanee amovibili per soddisfare le esigenze abitative delle popolazioni danneggiate e, nondimeno, ne prescrive inderogabilmente la rimozione con il ripristino dello stato dei luoghi una volta che sia stata ottenuta l’agibilità dell’immobile distrutto o danneggiato.
La disposizione regionale, in secondo luogo, nel consentire le deroghe ai limiti di dimensionamento, si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale enunciato dall’art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare), che imporrebbe «puntuali calcoli di fabbisogno abitativo» per gli interventi di trasformazione del territorio con la realizzazione di nuovi insediamenti.
1.7.– È impugnato, infine, l’art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che consentirebbe l’installazione su aree private di manufatti leggeri, in deroga – per un periodo non superiore a due anni – alla disciplina del t.u. edilizia.
Il ricorrente ravvisa il contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la disposizione impugnata si discosterebbe dai principi fondamentali enunciati dall’art. 6 t.u. edilizia, che includerebbe tra le attività libere soltanto quelle a carattere temporaneo. Circostanza confermata dall’obbligo di rimuovere i manufatti in questione entro un termine non superiore a centottanta giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio.
A sostegno dell’impugnativa, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che sarebbe consentito al legislatore regionale enucleare interventi tipici sottratti al permesso di costruire o alla segnalazione certificata di inizio attività, senza, tuttavia, sovvertire le definizioni di «nuova costruzione» di cui all’art. 3 t.u. edilizia. Il legislatore statale non avrebbe «reso cedevole l’intera disciplina dei titoli edilizi» e non avrebbe abdicato al compito di definire le trasformazioni del territorio assoggettate a permesso di costruire. Il legislatore regionale potrebbe soltanto estendere le ipotesi di edilizia libera a ipotesi ulteriori, purché siano «coerenti e logicamente assimilabili» a quelle già tipizzate dal legislatore statale.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo e ha chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere e comunque di rigettare le questioni di legittimità costituzionale, alla luce delle modifiche normative sopravvenute.
2.1.– Quanto all’art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, il motivo di ricorso non sarebbe fondato.
L’art. 5, comma 13, lettera b), del d.l. n. 70 del 2011 si prefiggerebbe di semplificare «l’iter di formazione dei piani attuativi compatibili con lo strumento urbanistico generale». Le fasi di pubblicazione del piano, di presentazione delle osservazioni da parte degli interessati e di controdeduzione sarebbero indispensabili solo quando i piani attuativi non siano conformi allo strumento urbanistico generale.
La disposizione impugnata non abolirebbe l’obbligo di acquisire i nulla-osta, i pareri o le autorizzazioni propedeutici all’approvazione dei piani attuativi. La Giunta regionale dovrebbe, inoltre, comunicare l’avvio del procedimento agli interessati e tale comunicazione varrebbe a garantire il diritto di partecipazione.
Per tutti i piani attuativi, sia quelli particolareggiati di iniziativa pubblica che quelli di lottizzazione, pur conformi al piano regolatore generale, il legislatore regionale avrebbe confermato l’obbligo di rispettare la disciplina statale posta a tutela del paesaggio. Così disporrebbe la normativa sopravvenuta dell’art. 19, comma 8, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 20 gennaio 2021, n. 1, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2021-2023 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2021)».
2.2.– Non sarebbero fondate neppure le censure proposte con riguardo all’art. 7 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020. Esse poggerebbero sull’erroneo presupposto interpretativo che i provvedimenti deliberativi debbano intendersi come delibera di approvazione e non già come un mero atto di avvio del procedimento.
Allo scopo di fugare ogni dubbio, l’art. 19, comma 8, lettera b), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021 avrebbe inserito, dopo «provvedimenti deliberativi», le parole «di avvio del procedimento».
2.3.– Quanto all’art. 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che elenca i casi che non costituiscono variante agli strumenti urbanistici generali e attuativi, perseguirebbe l’obiettivo di snellire l’iter procedimentale. Il controllo sulle deliberazioni consiliari che hanno approvato tali modificazioni sarebbe comunque consentito sia alla Provincia, cui le deliberazioni sono trasmesse, sia a qualunque interessato, legittimato a proporre motivato ricorso al Presidente della Giunta regionale.
Le doglianze non sarebbero fondate, in quanto non sarebbe in alcun modo esclusa la verifica della conformità con il piano paesaggistico e troverebbero comunque applicazione le disposizioni statali poste a tutela dell’ambiente.
Ad ogni modo, con l’art. 19, comma 8, lettera d), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, è stato aggiunto all’art. 33 della legge reg. Abruzzo n. 18 del 1983 un comma 3-bis, che impone il preventivo parere paesaggistico dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo nel caso di aree ricadenti anche parzialmente in zone tutelate o vincolate in base al d.lgs. n. 42 del 2004.
2.4.– Non sarebbe fondato neppure il motivo di ricorso concernente l’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
L’art. 5, comma 13, del d.l. n. 70 del 2011 si applicherebbe anche al patrimonio pubblico.
Peraltro, sarebbe la stessa legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012 (art. 2, comma 8) a prevedere che la disciplina sugli interventi di riqualificazione non opera per gli edifici eseguiti in assenza di titolo abilitativo o in totale difformità o con variazioni essenziali, per gli edifici collocati all’interno dei centri storici o nuclei antichi, per gli edifici e i tessuti edilizi definiti di valore storico, culturale e architettonico riconosciuti di pregio per il loro valore architettonico, tipologico e culturale, per gli edifici situati in aree soggette a vincoli di inedificabilità assoluta o comunque ricadenti in aree a pericolosità geologica o idraulica in cui i piani di bacino e di assetto idrogeologico non consentono la realizzazione di interventi di ampliamento, per i beni che ricadono nella zona A del vigente piano regionale paesistico e per gli edifici vincolati ai sensi della Parte Seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Anche a prescindere da un espresso rinvio, si imporrebbe in ogni caso l’osservanza delle prescrizioni di tutela del d.lgs. n. 42 del 2004.
Anche per i mutamenti di destinazione d’uso si dovrebbe rispettare la normativa statale del t.u. edilizia e comunque sarebbe consentito il solo mutamento tra destinazioni tra loro compatibili o complementari in base all’art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012.
Né si può ritenere che – in mancanza di un piano paesaggistico, «ancora in fase di approvazione» nella Regione Abruzzo – siano preclusi all’ente territoriale gli interventi di valorizzazione del proprio patrimonio immobiliare.
Con l’art. 19, comma 7, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, si è soppresso l’avverbio «sempre», che avrebbe potuto ingenerare equivoci, e si è richiesto espressamente il rispetto dell’art. 23-ter t.u. edilizia.
2.5.– La parte resistente contesta la fondatezza anche delle censure che vertono sull’art. 19, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
Tale disciplina perseguirebbe l’obiettivo di preservare l’autonomia dei Comuni «in ordine alle scelte urbanistiche ed edilizie» e consentirebbe all’ente territoriale di «modificare una sua precedente deliberazione» sulle misure incentivanti previste dalla legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, alla luce di «specifiche valutazioni o ragioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, in relazione alle caratteristiche proprie delle singole zone ed al loro diverso grado di saturazione edilizia e della previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi».
Ad ogni modo, in virtù dell’art. 1, comma 2-ter, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012 si imporrebbe sull’intero territorio regionale l’applicazione delle misure stabilite dall’art. 5 del d.l. n. 70 del 2011.
2.6.– Quanto all’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, esso non presenterebbe i vizi di illegittimità costituzionale dedotti dal ricorrente.
La previsione impugnata non si prefiggerebbe di «sanare», ma di «stabilizzare» manufatti «legittimamente realizzati», allo scopo di «dare certezza e stabilità ai nuclei familiari che vi abitano e che presumibilmente non riusciranno a rientrare nelle rispettive abitazioni originarie». Si consentirebbe inoltre ai Comuni di riscuotere oneri di costruzione e di urbanizzazione ed eventuali imposte.
Peraltro, la disposizione regionale si limiterebbe ad attribuire ai Comuni una facoltà e, nel consentire la deroga al limite di dimensionamento dei piani, perseguirebbe una finalità di agevolazione. La disciplina in esame, lungi dal determinare «nuovo consumo di suolo ai fini edificatori» e dal consentire la realizzazione di nuovi insediamenti, riconoscerebbe «uno stato di fatto oramai consolidato da tempo» e tutelerebbe «le legittime attese edificatorie dei proprietari delle aree già individuate dai PRG vigenti».
Né i manufatti in questione sorgerebbero in aree vincolate o sottoposte a tutela dal punto di vista ambientale, idrogeologico o paesaggistico. La sovraordinata pianificazione paesaggistica sarebbe comunque inderogabile per i Comuni e l’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (Disposizioni regionali per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione), nel definire la procedura di approvazione delle varianti al piano regolatore generale, prescriverebbe il parere vincolante dei competenti organi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Quanto al d.l. n. 189 del 2016, richiamato dalla parte ricorrente, riguarderebbe unicamente il cratere sismico 2016, laddove la disciplina del cratere sismico 2009 sarebbe dettata dalla deliberazione del Consiglio comunale dell’Aquila n. 58 del 2009.
Con le modifiche apportate dall’art. 19, comma 7, lettera b), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, si sarebbe limitata l’applicazione della normativa ai soli Comuni del cratere sismico 2009 e si sarebbe imposto il rispetto del d.lgs. n. 42 del 2004 e del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765).
2.7.– L’art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 riguarderebbe manufatti agevolmente rimovibili e la previsione dell’installazione di tali manufatti per un periodo non superiore a due anni, in deroga alla durata sancita dal legislatore statale all’art. 6, comma 1, lettera e-bis), t.u. edilizia, si giustificherebbe con la durata biennale dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, stimata dal legislatore regionale.
Si tratterebbe di interventi a «carattere straordinario», volti a «soddisfare esigenze contingenti e temporanee».
Anche in tale ipotesi, sarebbe intervenuto l’art. 19, comma 7, lettera c), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, che avrebbe consentito l’installazione dei manufatti per un periodo di centottanta giorni e comunque fino al termine dell’emergenza pandemica, e avrebbe fatto salva l’acquisizione del titolo abilitativo nel rispetto del t.u. edilizia.
3.– In conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 25 marzo 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 30 marzo 2021, ha rinunciato all’impugnativa, limitatamente agli artt. 5, comma 3, 7 e 10 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, in ragione delle modificazioni recate dall’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021.
In conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il successivo 4 febbraio, ha rinunciato all’impugnativa anche con riferimento all’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, alla luce delle modificazioni introdotte dall’art. 6 della legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n. 8 (Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni).
Con il medesimo atto, il Presidente del Consiglio ha dichiarato di insistere nell’impugnazione degli artt. 18, 19 e 25 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, previsioni che non sarebbero state modificate in senso satisfattivo.
4.– La Regione resistente, con delibera di Giunta del 10 febbraio 2022, depositata il 14 febbraio 2022, ha dichiarato di accettare la rinuncia.
5.– Il 14 febbraio 2022, la parte resistente ha depositato una memoria illustrativa, allo scopo di chiedere la declaratoria di cessazione della materia del contendere e, nel merito, il rigetto delle questioni di legittimità costituzionale, in quanto non fondate.
5.1.– Quanto all’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, disposizione volta a valorizzare e a riqualificare il patrimonio edilizio pubblico, le modificazioni apportate dalla legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021 avrebbero precisato che il mutamento di destinazione d’uso deve essere rispettoso dell’art. 23-ter t.u. edilizia, oltre che dell’art. 5 della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012.
Non sussisterebbe, dunque, alcuna violazione dei principi fondamentali sanciti dalla normativa statale nella materia del governo del territorio.
Neppure si riscontrerebbe la dedotta violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012 non si applicherebbe, fra l’altro, agli edifici collocati all’interno dei centri storici o nuclei antichi, agli edifici e ai tessuti edilizi definiti di valore storico, culturale e architettonico, ai beni che ricadono in zona A del vigente piano regionale paesistico.
Gli interventi di riqualificazione del patrimonio immobiliare da parte delle amministrazioni pubbliche sarebbero dunque esclusi nei casi indicati e sui beni tutelati o vincolati ai sensi della Parte Seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Ben sarebbe praticabile, pertanto, una interpretazione compatibile con il dettato costituzionale (si richiama la sentenza di questa Corte n. 124 del 2021).
5.2.– L’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 salvaguarderebbe l’applicazione delle misure stabilite dall’art. 5 del d.l. n. 70 del 2011 e rispetterebbe l’autonomia dei Comuni, consentendo loro di modificare le deliberazioni assunte in merito alle scelte edilizie e urbanistiche.
La parte resistente esclude, pertanto, il contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost.
La disciplina regionale garantirebbe, inoltre, la salvaguardia dei valori paesaggistici, in armonia con il d.lgs. n. 42 del 2004 e con le ipotesi di esclusione degli interventi di riqualificazione tipizzate dall’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012. Essa, pertanto, sarebbe conforme agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.
5.3.– L’art. 25 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 contemplerebbe interventi di edilizia libera con carattere straordinario, volti a soddisfare esigenze contingenti e temporanee. Sarebbe previsto l’obbligo di rimozione al termine del periodo di emergenza pandemica.
Le previsioni dell’art. 6, comma 1, lettera e-bis), t.u. edilizia, nell’indicare un termine di centottanta giorni, ben potrebbero «subire dei contemperamenti in circostanze eccezionali», valutate anche dal legislatore statale, proprio con riguardo all’emergenza legata al COVID-19, dall’art. 181 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, e dall’art. 9-ter del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176.
La formulazione dell’art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, rimasta in vigore dal 17 ottobre 2020 al 31 dicembre 2020, non avrebbe prodotto la dedotta lesione «della competenza legislativa statale in relazione al termine di 180 giorni» di cui all’art. 6, comma 1, lettera e-bis), t.u. edilizia.
Le modifiche apportate dal legislatore regionale dovrebbero condurre a dichiarare la cessazione della materia del contendere.
6.– All’udienza dell’8 marzo 2022, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, iscritto al n. 102 del registro ricorsi 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 3, 7, 10, comma 2, 18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29, recante «Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo), misure urgenti e temporanee di semplificazione e ulteriori disposizioni in materia urbanistica ed edilizia», per violazione – nel loro complesso – degli artt. 3, 9, 97 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione.
Le disposizioni impugnate invaderebbero la «potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio» (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e inciderebbero in peius sul «livello della tutela dei predetti interessi», in contrasto con l’art. 9 Cost.
Il ricorrente ravvisa, inoltre, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con «norme di principio in materia di governo del territorio».
2.– Si deve rilevare, preliminarmente, che, con atto notificato il 29 marzo 2021 mediante posta elettronica certificata (PEC) e pervenuto in cancelleria il 30 marzo 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa conforme delibera del Consiglio dei ministri del 25 marzo 2021, ha rinunciato all’impugnativa degli artt. 5, comma 3, 7 e 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
Con atto notificato mediante PEC e pervenuto in cancelleria il 4 febbraio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformità alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2022, ha dichiarato di rinunciare all’impugnativa anche con riguardo all’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
Quanto agli artt. 5, comma 3, 7 e 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, la ragione della rinuncia risiede nell’approvazione dell’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 20 gennaio 2021, n. 1, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2021-2023 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2021)», che il ricorrente ritiene abbia posto rimedio ai vizi denunciati con il ricorso.
Con riferimento all’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, il ricorrente ha ritenuto satisfattive le modificazioni introdotte dall’art. 6 della legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n. 8 (Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni).
In conformità alla delibera di Giunta regionale del 10 febbraio 2022, la parte resistente ha dichiarato di accettare le rinunce parziali, con atto depositato il 14 febbraio 2022.
2.1.– Il processo, pertanto, va dichiarato estinto, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, limitatamente alle questioni inerenti agli artt. 5, comma 3, 7, 10, comma 2, e 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
3.– Con atto depositato il 14 febbraio 2022, il ricorrente ha affermato che sono «ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 10/12/2020 riferiti agli articoli 18, 19 e 25 non modificati dalla Regione Abruzzo nel senso richiesto dalle amministrazioni competenti».
Su tali disposizioni si dovrà dunque svolgere lo scrutinio di questa Corte.
4.– È impugnato, per violazione degli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., l’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
4.1.– La disposizione in esame, al comma 1, concede alle amministrazioni pubbliche, «[a]l fine di valorizzare e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico esistente», la facoltà di avvalersi delle misure previste dalla legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2012, n. 49, recante «Norme per l’attuazione dell’articolo 5 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 e modifica dell’articolo 85 della legge regionale 15/2004 “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)”».
Nella formulazione originaria, la disposizione impugnata, al comma 2, «[a]l fine di valorizzare il patrimonio pubblico», consentiva «sempre», con riguardo agli «immobili pubblici oggetto di alienazione», «il passaggio tra diverse destinazioni d’uso» e si limitava a richiedere il rispetto delle prescrizioni dell’art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, senza far menzione della normativa statale di principio in materia di edilizia e urbanistica.
Le censure del ricorrente vertono sulla facoltà indiscriminata di realizzare il passaggio tra diverse destinazioni d’uso.
4.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto non imporrebbe il rispetto dei principi fondamentali sanciti dall’art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».
La normativa statale assoggetterebbe «di regola» a permesso di costruire i mutamenti di destinazione d’uso e non consentirebbe, nell’ipotesi di mutamenti urbanisticamente rilevanti, il rilascio del titolo «in deroga agli strumenti urbanistici».
Spetterebbe allo Stato dettare una disciplina di principio vincolante per l’autonomia regionale, allo scopo di classificare le categorie degli interventi edilizi e il regime dei titoli abilitativi, con i relativi procedimenti, oneri e sanzioni.
Sarebbe violato, inoltre, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la disciplina regionale sarebbe lesiva della «potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio».
Nel consentire «possibili ampie trasformazioni degli immobili e quindi del contesto tutelato, a scapito della sua “conservazione” e “integrità”, in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici», la disposizione impugnata si sostituirebbe alla «disciplina d’uso dei beni paesaggistici», affidata al piano paesaggistico regionale, prevalente «su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica» e assoggettato all’obbligo di elaborazione congiunta con lo Stato con riguardo ai beni vincolati, in armonia con l’impronta necessariamente unitaria della pianificazione paesaggistica.
La disposizione in esame lederebbe, infine, l’art. 9 Cost., in quanto determinerebbe «un abbassamento dei livelli di tutela» del paesaggio, che rappresenterebbe – nel disegno costituzionale – «valore primario e assoluto».
4.3.– Occorre dare atto, in linea preliminare, dello ius superveniens dell’art. 19, comma 7, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021.
Allo scopo di porre rimedio ai profili di criticità segnalati dallo Stato, il legislatore regionale ha modificato l’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 con precipuo riguardo alla disciplina dei mutamenti di destinazione d’uso. In particolare, la normativa sopravvenuta ha eliminato l’avverbio «sempre» e ha inserito il requisito del rispetto delle prescrizioni dell’art. 23-ter t.u. edilizia.
In virtù dell’art. 21, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, tali previsioni si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2021.
4.4.– Per costante giurisprudenza di questa Corte, una modificazione della disposizione impugnata in un giudizio in via principale determina la cessazione della materia del contendere quando ricorrano, in pari tempo, due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e la mancata applicazione della previsione in esame (fra le molte, sentenza n. 42 del 2021).
Nel caso di specie, si ravvisano entrambi i presupposti.
4.4.1.– Anzitutto, le modificazioni apportate dal legislatore regionale sono satisfattive delle pretese del ricorrente.
Le censure, formulate in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost. si appuntano sulla facoltà generalizzata di attuare mutamenti di destinazione d’uso e sull’omesso richiamo all’osservanza delle previsioni dell’art. 23-ter t.u. edilizia. La normativa statale richiamata dal ricorrente definisce la nozione di mutamento rilevante della destinazione d’uso in base all’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare a una diversa categoria funzionale (comma 1) e consente il mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale «[s]alva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali» (comma 3, terzo periodo).
Nella prospettiva del ricorrente, sarebbe proprio l’indiscriminata facoltà di realizzare mutamenti di destinazione d’uso, a prescindere dal rispetto delle prescrizioni del t.u. edilizia, a recare un vulnus ai principi fondamentali dettati dalla legislazione statale nella materia del governo del territorio e a violare la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», con la conseguente lesione della tutela del paesaggio.
Le modificazioni medio tempore intervenute hanno specificato che i mutamenti di destinazione d’uso non soltanto non sono «sempre» consentiti, ma che sono altresì subordinati al rispetto delle pertinenti prescrizioni dell’art. 23-ter t.u. edilizia.
Alla luce di tali sopravvenienze, si devono intendere superate le ragioni di doglianza espresse dallo Stato.
4.4.2.– Si deve rilevare, in secondo luogo, che la disposizione in esame, nella formulazione oggetto dell’impugnativa statale, ha trovato applicazione per un arco temporale limitato, dal 17 ottobre 2020 al 31 dicembre 2020.
La valenza significativa del dato cronologico, come elemento di conferma della mancata applicazione, è stata posta in risalto dalla parte resistente nella memoria illustrativa e nelle argomentazioni esposte all’udienza pubblica e non è stata specificamente contestata dal ricorrente. All’esiguo periodo di applicazione si affianca poi il rilievo che la disposizione concerne un novero circoscritto di fattispecie, inerenti agli immobili pubblici oggetto di alienazione e ai relativi mutamenti di destinazione d’uso, che richiedono peraltro un’attività preparatoria ed esecutiva destinata a protrarsi per un tempo apprezzabile.
La difesa regionale ha poi argomentato che le modificazioni introdotte dalla legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021 chiariscono la portata precettiva della disposizione previgente, interpretabile in termini compatibili con la normativa statale, e allontanano il dubbio ermeneutico che ha dato origine all’impugnazione dello Stato.
La difesa dello Stato non ha articolato su tale aspetto repliche mirate, che avvalorino – nel breve periodo di vigenza della previsione impugnata – una sua concreta applicazione da parte degli organi competenti in contrasto con i principi fondamentali del t.u. edilizia e con la disciplina di tutela del paesaggio.
Il ristretto periodo di operatività della disposizione impugnata, le puntuali allegazioni della parte resistente in ordine alla mancata applicazione e alla portata chiarificatrice della normativa sopravvenuta, la carenza di specifiche contestazioni del ricorrente sui profili indicati, convergono nell’escludere che l’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, nel limitato tempo della sua vigenza, abbia prodotto gli effetti lesivi paventati dalla difesa statale, in contrasto con la normativa statale posta a tutela del paesaggio e con i principi fondamentali dettati nella materia del governo del territorio, di competenza concorrente.
Deve pertanto essere dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
5.– La declaratoria di cessazione della materia del contendere si impone anche per la questione relativa all’art. 25 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, impugnato per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
5.1.– Tale previsione, al comma 1, consente «l’installazione sulle aree private di manufatti leggeri, quali pensiline, pergolati, gazebo, dehors, o altre strutture facilmente rimovibili, al servizio di attività commerciali, di ristorazione, ricettive, sportive, ricreative, sociali e culturali», allo scopo di garantire «il rispetto dei protocolli di sicurezza a seguito dell’emergenza da Covid-19».
Le censure del ricorrente si incentrano sul comma 2.
Nella formulazione originaria, vigente al tempo della proposizione del ricorso, tale disposizione consentiva l’installazione dei manufatti citati «per un periodo non superiore a due anni a partire dalla comunicazione di inizio lavori (CIL)».
Era ed è tuttora fatto salvo il «rispetto dei requisiti igienico sanitari, ambientali e di sicurezza».
L’installazione – specifica il legislatore regionale, con una previsione che è rimasta inalterata – può avvenire «anche in deroga ai vigenti regolamenti edilizi e strumenti urbanistici comunali».
5.2.– Il ricorrente sostiene che la disposizione regionale, nel derogare per un periodo non superiore a due anni alla disciplina del t.u. edilizia, contrasti con i principi fondamentali sanciti dall’art. 6, comma 1, lettera e-bis), di tale corpus normativo, che prescrive la rimozione delle opere a carattere temporaneo alla cessazione dell’esigenza e comunque entro un termine non superiore a centottanta giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e di smontaggio del manufatto.
Il legislatore regionale potrebbe soltanto estendere le fattispecie di edilizia libera a ipotesi ulteriori, a condizione che queste ultime siano «coerenti e logicamente assimilabili» agli interventi di cui all’art. 6 t.u. edilizia, contraddistinti da quel «carattere cogente della temporaneità» che non si rinviene nelle opere disciplinate dalla disposizione impugnata.
5.3.– Per effetto dell’art. 19, comma 7, lettera c), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, a far data dal 1° gennaio 2021, la disposizione in esame è stata modificata.
L’installazione dei manufatti temporanei è oggi consentita soltanto «per un periodo di 180 giorni e comunque fino al termine dello stato di emergenza connesso alla diffusione pandemica da Covid-19, decorso il quale i manufatti sono rimossi, e fatta salva l’acquisizione del relativo titolo abilitativo nel rispetto del D.P.R. 380/2001 a partire dalla comunicazione di inizio lavori (CIL)».
5.4.– Tali modificazioni inducono a dichiarare cessata la materia del contendere.
5.4.1.– In primo luogo, si deve osservare che le doglianze del ricorrente fanno leva sulla discrasia tra il periodo originariamente previsto per l’installazione dei manufatti, non superiore a due anni, e la normativa statale di principio racchiusa nell’art. 6, comma 1, lettera e-bis), del d.P.R. n. 380 del 2001, aggiunto dall’art. 3, comma 1, lettera b), numero 3), del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività - SCIA, silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124) e sostituito dall’art. 10, comma 1, lettera c), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120.
La normativa citata, che il ricorrente reputa vincolante per la legislazione regionale di dettaglio, consente di realizzare senza titolo abilitativo «le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale».
Nel ridurre a centottanta giorni il tempo di permanenza di manufatti finalizzati a consentire il rispetto delle prescrizioni di sicurezza dettate per l’emergenza da COVID-19, il legislatore regionale ha allineato l’originaria disciplina di dettaglio, che contemplava il più ampio termine non superiore a due anni, ai principi fondamentali dettati dal legislatore statale per le opere temporanee con riguardo alla durata massima di permanenza, pari a centottanta giorni. È stata così superata la discrepanza censurata dal ricorrente; né la difesa statale ha contestato il carattere satisfattivo delle modifiche apportate.
Inoltre, la disposizione regionale, in quanto ancorata al termine dello stato di emergenza connesso alla diffusione pandemica da COVID-19, è coerente con la coeva disciplina statale, che a tale stato di emergenza ha conferito specifico rilievo con riguardo alla «posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale e paesaggistico […] di strutture amovibili» funzionali ad assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da COVID-19.
Per la posa in opera delle citate strutture amovibili, è stato disapplicato a più riprese il termine previsto dal t.u. edilizia.
La disapplicazione è stata disposta dapprima dal 1° maggio 2020 al 31 dicembre 2020 (art. 181, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77).
La disapplicazione è stata poi prorogata dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021 (art. 9-ter, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176).
Il termine del 31 marzo 2021 è stato quindi differito fino al 31 dicembre 2021 (art. 30, comma 1, lettera b, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante «Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19», convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69) e, da ultimo, fino al 30 giugno 2022 (art. 3-quinquies del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi», inserito dalla legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15, che amplia la proroga originariamente stabilita fino al 31 marzo 2022 dall’art. 1, comma 706, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024»).
5.4.2.– In secondo luogo, si deve evidenziare che la disposizione impugnata, nella versione originaria che sanciva un termine di due anni, è rimasta in vigore dal 17 ottobre 2020 al 31 dicembre 2020.
In virtù di tale ridotto periodo di vigenza, non si è prodotto l’effetto lesivo adombrato nel ricorso e incentrato sulla permanenza delle opere per il più lungo periodo di due anni.
Nell’arco temporale di operatività della disposizione impugnata, di poco superiore ai due mesi, non è stato travalicato il termine di centottanta giorni sancito dalla normativa statale, termine peraltro nel frattempo disapplicato – fino al 30 giugno 2022 – per effetto del concatenarsi di previsioni di proroga.
Deve pertanto essere dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020.
6.– Rimane da scrutinare l’art. 19, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che non è stato modificato dalla normativa sopravvenuta.
6.1.– La previsione censurata ha modificato l’art. 1, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, che oggi così dispone: «Con deliberazione di Consiglio comunale i Comuni possono decidere, sulla base di specifiche valutazioni o ragioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, in relazione alle caratteristiche proprie delle singole zone ed al loro diverso grado di saturazione edilizia e della previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi, di avvalersi, su tutto il territorio comunale o parti di esso, delle misure incentivanti previste dall’articolo 3, commi 2 e 4 e dall’articolo 4, commi 2, 4 e 5 della presente legge. Il provvedimento comunale, di cui al presente comma, non riveste carattere di pianificazione o programmazione urbanistica comunque denominata».
L’originaria formulazione prevedeva che la delibera del Consiglio comunale dovesse essere adottata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012.
La modificazione impugnata cancella il riferimento al termine stabilito per l’adozione della delibera del Consiglio comunale.
Su questo profilo si appuntano le censure del Presidente del Consiglio dei ministri, che prospetta, a fondamento del motivo di ricorso, l’estensione sine die della possibilità di realizzare interventi di considerevole impatto sul territorio.
Quanto alle misure incentivanti che il Comune può adottare senza limiti di tempo con specifica e motivata delibera, esse si configurano come misure premiali per la riqualificazione urbana realizzata attraverso interventi di ristrutturazione, ampliamento e di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali (art. 3, commi 2 e 4, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012) e di edifici non residenziali (art. 4, commi 2, 4 e 5 della medesima legge regionale).
6.2.– La disposizione in esame è impugnata in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., sul presupposto che consenta ai Comuni in termini generalizzati e «senza limiti di tempo in relazione all’intero territorio regionale» di «ricorrere alle misure incentivanti su tutto il territorio comunale, senza che tali facoltà siano ricondotte nell’alveo del piano paesaggistico regionale».
Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata consentirebbe «interventi di ristrutturazione, ampliamento e di demolizione e/o ricostruzione con aumenti di volumetria anche sugli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico» e condurrebbe a un «sostanziale svuotamento della funzione propria del piano paesaggistico».
Il legislatore regionale non avrebbe previsto «una specifica clausola in favore del piano paesaggistico» e non avrebbe subordinato l’operatività della normativa «alla previa introduzione di un’apposita disciplina d’uso dei beni paesaggistici tutelati, elaborata d’intesa con il Ministero di settore».
La disciplina in esame, pertanto, invaderebbe «la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio», in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «rispetto al quale costituiscono norme interposte gli artt. 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio», e sarebbe lesiva, per le medesime ragioni, dell’art. 9 Cost., in quanto implicherebbe «un abbassamento dei livelli di tutela» del paesaggio, che costituirebbe «valore primario e assoluto».
6.3.– Le questioni non sono fondate, nei termini di seguito precisati.
6.3.1.– Le censure muovono dal presupposto che la normativa regionale non richieda ex professo l’osservanza delle prescrizioni del piano paesaggistico e perciò risulti pregiudizievole per i beni posti in contesti vincolati.
Tale presupposto non è fondato.
La disciplina regionale, inquadrata in una prospettiva sistematica, può e deve essere interpretata in armonia con i precetti costituzionali che il ricorrente ha evocato.
A favore di questa interpretazione depongono i dati testuali che la parte resistente ha valorizzato sia negli scritti difensivi sia all’udienza pubblica, con argomenti che il ricorrente non ha in alcun modo confutato.
6.3.2.– Le modificazioni specificamente impugnate si iscrivono nella legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, che, all’art. 1, comma 2-ter, impone l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 5 del d.l. n. 70 del 2011, che, al comma 11, richiede «il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
L’art. 2, comma 8, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, nel definire le condizioni comuni sugli interventi di riqualificazione urbana realizzati attraverso la ristrutturazione, l’ampliamento e la demolizione e ricostruzione, non solo ribadisce l’inderogabile esigenza di rispettare le prescrizioni in tema di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ma esclude dall’ambito applicativo di tali interventi: «b) gli edifici collocati all’interno dei centri storici o nuclei antichi come definiti dall’art. 9, comma 3, lettera o) della L.R. n. 18/1983; c) gli edifici e i tessuti edilizi definiti di valore storico, culturale ed architettonico riconosciuti di pregio per il loro valore architettonico, tipologico e culturale dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali; d) gli edifici situati in aree soggette a vincoli di inedificabilità assoluta dagli atti di pianificazione territoriale o comunque ricadenti in aree a pericolosità geologica o idraulica in cui i piani di bacino e i piani di assetto idrogeologico non ammettono la realizzazione di interventi di ampliamento; e) i beni ricadenti in zona A del vigente Piano regionale Paesistico, ad eccezione dell’art. 18 delle N.T.A. del P.R.P. medesimo; f) gli edifici vincolati ai sensi della parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio».
Le previsioni richiamate mirano a salvaguardare la compatibilità degli interventi di riqualificazione con le prescrizioni poste a tutela del paesaggio e dei beni culturali.
6.3.3.– Si tratta di prescrizioni dotate, peraltro, di immediata forza cogente, che si applicano indipendentemente da un espresso richiamo nelle previsioni regionali impugnate.
Né l’omesso richiamo può rivestire il significato di una deroga, «in difetto di esplicite indicazioni di segno contrario, tanto più necessarie in ragione di fondamentali esigenze di certezza e del rango primario degli interessi coinvolti» (sentenza n. 124 del 2021, punto 5.4.3.2. del Considerato in diritto).
Nella disposizione impugnata e nella sua collocazione sistematica sono univoche e particolareggiate le previsioni che impongono il rispetto della normativa di tutela del paesaggio.
6.3.4.– Si deve rilevare, inoltre, che l’applicazione delle misure incentivanti, lungi dall’essere generalizzata e indistinta, è mediata da una delibera del Consiglio comunale, che, con congrua motivazione, deve tener conto, come recita l’art. 1 comma 2, della legge reg. Abbruzzo n. 49 del 2012, di «specifiche valutazioni o ragioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, in relazione alle caratteristiche proprie delle singole zone ed al loro diverso grado di saturazione edilizia e della previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi».
Tale delibera, peraltro, potrebbe anche circoscrivere, entro un termine che non è più vincolato al rispetto di quello originario di novanta giorni, l’ambito di applicazione delle misure incentivanti.
6.3.5.– Così intesa, la normativa in esame non incorre nelle censure formulate nel ricorso.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29, recante «Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo), misure urgenti e temporanee di semplificazione e ulteriori disposizioni in materia urbanistica ed edilizia», promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara estinto il processo, con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promosse, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara estinto il processo, con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara estinto il processo, con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
7) dichiara estinto il processo, con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 marzo 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA