SENTENZA N. 134
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, 5, comma 4, 16 e 17, comma 3, lettere a) e b), della legge della Regione Puglia 12 agosto 2022, n. 14 (Tumore al colon-retto. Misure per il potenziamento dello screening di popolazione e consulenza oncogenetica), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-20 ottobre 2022, depositato in cancelleria il 21 ottobre 2022, iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica del 9 maggio 2023 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mariangela Rosato per la Regione Puglia;
deliberato nella camera di consiglio del 10 maggio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 21 ottobre 2022 e iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, 5, comma 4, 16 e 17, comma 3, lettere a) e b), della legge della Regione Puglia 12 agosto 2022, n. 14 (Tumore al colon-retto. Misure per il potenziamento dello screening di popolazione e consulenza oncogenetica), per violazione degli artt. 3, 32, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, quest’ultimo in riferimento a plurimi principi fondamentali in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica.
1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in particolare, la illegittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 «per violazione dell’art. 3 Cost., dei principi generali in materia di “tutela della salute” di cui all’art. 117 comma 3 Cost., nonché dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost. e dell’art. 32 comma 2 Cost.».
1.1.1.- Premette il Presidente del Consiglio dei ministri che la legge regionale in esame è finalizzata «all’apprezzabile obiettivo» di potenziare il programma di screening della popolazione per la diagnosi precoce del tumore al colon-retto e che le relative prestazioni rese alle popolazioni target rientrano nell’ambito dei livelli di prevenzione collettiva e sanità pubblica di cui all’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) e all’Allegato 1 al decreto medesimo, e si caratterizzano, «secondo i principi fissati a livello statale», per l’erogazione in regime di gratuità a seguito di chiamata attiva, non essendo necessaria alcuna prescrizione e non essendo previsto alcun codice di esenzione.
Il «percorso» disciplinato dalla Regione Puglia non rientrerebbe, quindi, nell’ambito dell’assistenza specialistica ambulatoriale, come sembrerebbe evincersi dalla medesima legge regionale (art. 2, comma l), ma in quello della prevenzione.
Infatti, l’art. 2, comma l, lettera f), del menzionato d.P.C.m. 12 gennaio 2017 –prosegue il ricorrente – dispone che, nell’ambito della prevenzione collettiva e sanità pubblica, il Servizio sanitario nazionale (SSN) garantisce, tra le altre, le attività di sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, la promozione di stili di vita sani e i programmi organizzati di screening, nonché di sorveglianza e prevenzione nutrizionale.
Il comma 2 del citato art. 2 del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 prevede, inoltre, che, «[n]ell’ambito delle attività di cui al comma l, il Servizio sanitario nazionale garantisce le prestazioni indicate nell’allegato l al presente decreto».
Il punto F8 di tale Allegato, poi, include, nell’ambito dello screening del cancro del colon-retto - la cui periodicità e le cui caratteristiche sono definite dalle raccomandazioni del Ministero della salute, predisposte in attuazione dell’art. 2-bis del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2004, n. 138, e del piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014-2018 – le seguenti prestazioni: informazione sui benefici per la salute derivanti dall’adesione ai programmi di screening, chiamata attiva ed esecuzione dei test di screening di primo e secondo livello alle popolazioni target e invio ad altro setting assistenziale per la presa in carico «diagnostico-terapeutica» in relazione alla patologia neoplastica.
Per contro – prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri – l’impugnato art. 2, comma l, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 stabilisce che gli inviti a eseguire i test di selezione sono «equiparati per natura giuridica alle prenotazioni ordinarie per prestazioni diagnostiche a richiesta»: tale equiparazione violerebbe l’art. 3 Cost., in quanto assoggetta allo stesso trattamento giuridico, sulla base di una «mera finzione normativa», due situazioni assolutamente differenti, ed anzi opposte.
L’«assimilazione» in parola, inoltre, farebbe «insorgere […] problemi di compatibilità costituzionale» anche degli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della medesima legge regionale, laddove prevedono che l’azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente irroghi la sanzione pecuniaria prevista per le mancate disdette.
In particolare, la prima delle disposizioni impugnate prevede che, «in caso di mancato ritiro e consegna del kit nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento dell’invito di cui all’articolo 2, comma l, o dalla data di scadenza del test successivo ai sensi dell’articolo 2, comma 3, la Asl territorialmente competente irroga la sanzione pecuniaria prevista per le mancate disdette».
L’art. 5, comma 4, dal canto suo, prevede l’irrogazione della medesima sanzione, «in caso di mancata presentazione nella data fissata per il test con la lettera invito di cui al comma 2 e con le modalità di cui al comma 3».
Secondo il ricorrente, non trattandosi nella realtà, «ed a prescindere dall’incostituzionale equiparazione normativa», di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale prenotate dall’assistito, ma di una chiamata attiva da parte della ASL, la legge regionale non potrebbe introdurre la sanzione pecuniaria in parola.
Quest’ultima, infatti, si applicherebbe alle sole prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale prenotate dall’assistito tramite il centro unico di prenotazione (CUP) regionale e troverebbe la propria fonte normativa nell’art. 3, comma 15, del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell’articolo 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), in forza del quale «[l]’utente che non si presenti ovvero non preannunci l’impossibilità di fruire della prestazione prenotata è tenuto, ove non esente, al pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione».
Tale ultima disposizione recherebbe un principio fondamentale in materia di tutela della salute, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., come si evincerebbe dal fatto che è contenuta in un decreto legislativo che «fissa i criteri, gli ambiti e le modalità di applicazione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni» (art. 1, comma 2), con la finalità di «promuovere la consapevolezza del costo delle prestazioni stesse» e «in modo da evitare l’uso inappropriato dei diversi regimi di erogazione dei servizi e delle prestazioni» (art. 1, comma l).
Il citato art. 3, comma 15, del d.lgs. n. 124 del 1998 – prosegue ancora il ricorrente – prevede l’imposizione di un onere economico a carico degli utenti che mancano all’appuntamento sanitario prenotato e non disdetto, o disdetto in ritardo, senza produrre giustificazione idonea. Diverso sarebbe il caso contemplato dalle norme regionali impugnate, in cui l’utente si limita a non rispondere a una chiamata attiva da parte della ASL, «senza che a nulla possa rilevare la forzata assimilazione normativa» posta dall’art. 2, comma l, della legge regionale in esame, considerata la sua «palese incostituzionalità».
In conclusione, gli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 sarebbero costituzionalmente illegittimi per violazione del ricordato principio fondamentale in materia di tutela della salute, prevedendo l’applicazione di una sanzione amministrativa in un caso, come la mancata risposta dell’assistito all’invito per l’effettuazione del test sanitario, diverso da quello contemplato dalla normativa statale interposta e, quindi, da quest’ultima implicitamente escluso.
1.1.2.- Sotto altro e distinto profilo, gli impugnati artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 introdurrebbero un’obbligazione pecuniaria di fonte legale a carico degli utenti del Servizio sanitario nazionale, così violando l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di ordinamento civile.
Spetterebbe allo Stato individuare sia le fattispecie di illecito amministrativo sia la misura delle corrispondenti sanzioni, che pongono obbligazioni pecuniarie a carico dei privati. Sarebbe di tutta evidenza, infatti, che «la stessa imprescindibile esigenza di uniformità, che vale a qualificare le norme che individuano le fattispecie di illecito, è sottesa anche alle relative sanzioni».
1.1.3.- Infine, corredando con un apparato sanzionatorio la mancata presentazione dell’assistito all’invito delle ASL, gli impugnati artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 violerebbero anche la riserva di legge in materia di trattamenti sanitari obbligatori, posta dall’art. 32, secondo comma, Cost., «da intendersi come riserva di legge esclusivamente statale in quanto, trattandosi di una restrizione della libertà personale, entra in gioco un livello essenziale di prestazione di un diritto che va disciplinato in modo uniforme sull’intero territorio nazionale e tale materia non può essere regolata con legge regionale» (si citano le sentenze di questa Corte n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002).
1.2.- Con il secondo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, «per violazione del principio del contenimento della spesa sanitaria per le Regioni in piano di rientro, quale principio di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.».
Deduce il ricorrente che, come precisato al punto F8 dell’Allegato l al citato d.P.C.m. 12 gennaio 2017, le attività di screening svolte a livello regionale devono essere coerenti con le raccomandazioni del Ministero della salute predisposte in attuazione dell’art. 2-bis del d.l. n. 81 del 2004, come convertito, e del PNP 2014-2018.
Per tale ragione, sarebbe «meritevole di censura» l’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, rubricato «Istituzione di codice di esenzione - D98», il quale prevede che la consulenza genetica oncologica (CGO) e «l’eventuale test molecolare per le persone di cui all’articolo 8, comma 2, nonché gli eventuali programmi di sorveglianza clinico-strumentale di cui all’articolo 13, sono disposti con il codice di esenzione D98, per prestazione “Test genetico mirato” e prescrizione “Probando sano a rischio familiare”».
Tale disposizione configurerebbe un livello ulteriore di assistenza sanitaria, non previsto dal citato d.P.C.m. 12 gennaio 2017, e che la Regione Puglia, essendo sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario, non potrebbe garantire.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, tanto l’art. l, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», quanto l’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», andrebbero qualificati «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (si citano le sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010).
Le ricordate disposizioni statali avrebbero reso vincolanti per le regioni gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. l, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria e a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (si cita la sentenza di questa Corte n. 91 del 2012).
La Regione Puglia, in particolare – continua il Presidente del Consiglio dei ministri – ha stipulato il 29 novembre 2010 un accordo («Piano di rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2010-2011») con il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia e delle finanze, comprensivo del piano di rientro dal disavanzo sanitario, e ha successivamente approvato tale piano con la legge della Regione Puglia 9 febbraio 2011, n. 2 (Approvazione del Piano di rientro della Regione Puglia 2010-2012).
Ricorda poi il ricorrente che, per le regioni impegnate in piani di rientro, vige il divieto di effettuare spese non obbligatorie, ai sensi dell’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004.
Ne conseguirebbe che l’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, disponendo l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare, violerebbe i menzionati principi di coordinamento della finanza pubblica e, quindi, l’art. 117, terzo comma, Cost.
1.3.- Con il terzo motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento al «principio che vincola la Regione ad attuare gli interventi previsti dal Piano di rientro ed a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano, e del contenimento della spesa per il personale, quali principi di coordinamento della finanza pubblica», nonché per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
1.3.1.- Osserva il ricorrente che l’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 prevede che l’Assessorato regionale alle politiche della salute provvede – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge – a fornire indicazioni alle ASL al fine di: potenziare «le risorse umane e strumentali delle strutture di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva coinvolte nel programma di screening» (lettera a); organizzare «una rete regionale hub e spoke in grado di adempiere alle maggiori necessità di colonscopie derivanti dall’incremento delle lesioni diagnosticate» (lettera b).
Tali previsioni – rammenta l’Avvocatura generale dello Stato – devono essere coerenti con il «redigendo» programma operativo 2022-2024 di prosecuzione del piano di rientro, come richiesto dai competenti tavoli tecnici, con riferimento sia all’impatto economico sia alla programmazione della rete assistenziale regionale.
Pertanto, il citato art. 17, comma 3, lettere a) e b), sarebbe suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal medesimo piano, in violazione dell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, espressione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
La giurisprudenza costituzionale, poi, avrebbe più volte ribadito che l’art. l, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 reca un principio diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria ed è, dunque, anch’esso espressione di un correlato principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (si citano le sentenze n. 163 e 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010).
Tale ultima disposizione, infatti – al pari dell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 – avrebbe reso vincolanti gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. l, comma 180, della legge n. 311 del 2004, finalizzati a contenere la spesa sanitaria e ripianare i debiti, anche mediante la previsione di contributi finanziari dello Stato.
1.3.2.- Inoltre, con particolare riferimento all’art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, andrebbe evidenziato che gli enti regionali del SSN sono tenuti al rispetto del limite di spesa per il personale previsto dall’art. 11, comma l, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, le cui disposizioni parimenti recherebbero principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica (si citano le sentenze di questa Corte n. 41 e n. 1 del 2018, n. 72 del 2017, n. 251 del 2016, n. 218 e n. 153 del 2015).
1.3.3.- Ancora, l’art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, là dove si prefigge di «potenziare le risorse umane delle strutture di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva coinvolte nel programma di screening», sarebbe suscettibile di determinare un aumento della spesa per il trattamento retributivo del personale sanitario, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dalla contrattazione collettiva.
2.- Con atto depositato il 21 novembre 2022, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità e, nel merito, la non fondatezza delle questioni promosse in ricorso.
2.1.- Quest’ultimo sarebbe inammissibile, in primo luogo, per difetto della necessaria corrispondenza con la volontà dell’organo politico.
Nella delibera del Consiglio dei ministri di autorizzazione all’impugnazione e nell’allegata relazione ministeriale, infatti, non vi sarebbe alcuna menzione dell’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022.
Le cennate delibera e relazione ministeriale avrebbero ad oggetto i soli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della medesima legge regionale, nella parte in cui prevedono che l’ASL competente irroghi una sanzione pecuniaria in caso di mancata risposta positiva del paziente all’invito di partecipazione al programma di screening per la diagnosi precoce del tumore al colon-retto, in contrasto con quanto disposto dall’art. 3, comma 15, del d.lgs. n. 124 del 1998, secondo cui tale sanzione si applica alle sole prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale prenotate dall’assistito tramite il CUP regionale.
Inoltre, il Consiglio dei ministri avrebbe dedotto unicamente la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sicché, in via subordinata, la resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso «quanto meno» in relazione alle censure di violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., e degli artt. 32, secondo comma, e 117, terzo comma, Cost.
La Regione Puglia rammenta, al riguardo, che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, l’autonomia tecnica della difesa del ricorrente nell’indicazione dei parametri non può essere esercitata al di fuori del perimetro della volontà politica espressa nella deliberazione a ricorrere.
2.1.2.- Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 sarebbero poi non fondate nel merito.
Il ricorrente assume che il percorso disciplinato dalla legge regionale in esame non rientri nell’ambito dell’assistenza specialistica ambulatoriale, ma in quello della prevenzione, donde l’irragionevolezza dell’equiparazione, a fini sanzionatori, degli inviti ad eseguire i test di selezione alle prenotazioni ordinarie per prestazioni diagnostiche.
Per contro, le attività disciplinate dalla legge reg. Puglia n. 14 del 2022 andrebbero senza dubbio inquadrate sia nell’ambito delle attività di prevenzione, coerentemente con quanto previsto dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017, sia in quello dell’assistenza specialistica ambulatoriale.
La contestata equiparazione operata dal legislatore regionale, infatti, non atterrebbe alle attività in sé, bensì agli inviti trasmessi dalle ASL competenti, come risulterebbe evidente dalla piana lettura del seguente inciso dell’art. 2, comma 1: «sulla base d’inviti equiparati per natura giuridica alle prenotazioni ordinarie per le prestazioni diagnostiche a richiesta».
La medesima equiparazione sarebbe frutto non di una «scelta puramente arbitraria e artificiosa», ma della considerazione dell’impatto che la mancata presentazione del cittadino, senza alcun preavviso, al test di selezione determina sulla possibilità dell’azienda sanitaria di erogare il servizio con efficienza e tempestività, tenuto anche conto dell’entità della platea interessata dallo screening.
La normativa regionale, dunque, non violerebbe affatto la riserva di legge statale in materia di ordinamento civile, né tantomeno in materia di trattamenti sanitari obbligatori: «[d]i fatto, gli artt. 3 e 5, lungi dall’operare una assimilazione meccanica e indifferenziata con la fattispecie disciplinata dalla norma statale per la prestazione prenotata, prevedono una dettagliata ed equilibrata articolazione delle ipotesi di giustificazione e di annullamento della sanzione».
Inoltre, l’assimilazione con la fattispecie sanzionatoria prevista dal legislatore statale, ove ritenuta sussistente, sarebbe «comunque parziale, atteso il tenore assai più scarno e meno dettagliato» di quest’ultima, in forza della quale «[l]’utente che non si presenti ovvero non preannunci l’impossibilità di fruire della prestazione prenotata è tenuto, ove non esente, al pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione» (art. 3, comma 15, del d.lgs. n. 124 del 1998).
La ratio delle sanzioni, statale e regionale, sarebbe la medesima, ossia quella di non gravare le aziende sanitarie con inevitabili disservizi derivanti dalle prestazioni mancate, ostacolando, se non addirittura compromettendo, il raggiungimento degli obiettivi di screening.
In ogni caso, non sarebbe violato il principio di eguaglianza, poiché le norme regionali impugnate configurerebbero «un assetto sanzionatorio modulato e differenziato».
Ancora, secondo la Regione Puglia, non potrebbe ravvisarsi la competenza legislativa esclusiva statale in relazione all’introduzione di sanzioni pecuniarie nell’ambito dell’organizzazione sanitaria, poiché quelle previste dalla legge regionale operano a tutela del buon andamento dei servizi e della tenuta organizzativa del sistema sanitario regionale, «tanto più ai fini del raggiungimento di obiettivi di prevenzione dettati a livello nazionale».
La previsione di sanzioni amministrative pecuniarie in materia di organizzazione sanitaria non eccederebbe dalle competenze regionali, e ciò in virtù del «principio del parallelismo tra il potere di determinazione della fattispecie da sanzionare e il potere di individuare la sanzione, costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale» (si cita la sentenza di questa Corte n. 137 del 2019).
Né, infine, l’invito formulato dalla ASL a effettuare lo screening potrebbe essere considerato come violazione della riserva di legge statale in tema di trattamento sanitario obbligatorio (art. 32 Cost.), considerato che gli artt. 3, comma 3, e 5, comma 3, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 contemplano espressamente il rifiuto dell’interessato.
2.2.- Non fondata sarebbe anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, che prevede l’esenzione dal ticket sanitario della CGO, del test molecolare e dei programmi di sorveglianza clinico-strumentale.
Anche in questo caso la lettura della disposizione operata in ricorso sarebbe erronea, poiché le prestazioni sanitarie individuate dalla legge reg. Puglia n. 14 del 2022 rientrerebbero tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) fissati dallo Stato.
Nell’aggiornamento degli stessi LEA, contenuto nel d.P.C.m. del 12 gennaio 2017, l’offerta di screening è così definita: «chiamata attiva ed esecuzione dei test screening e dei percorsi di approfondimento e terapia per tutta la popolazione target residente e domiciliata». L’invito allo screening sarebbe, pertanto, di per sé, un LEA (sia per il primo livello sia per eventuali approfondimenti).
L’Allegato 1 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017 – prosegue la Regione resistente – al punto F8 prevede l’erogazione delle seguenti prestazioni: informazione sui benefici per la salute derivanti dall’adesione ai programmi di screening, chiamata attiva ed esecuzione dei test di screening di primo e secondo livello alle popolazioni target, e invio ad altro setting assistenziale per la presa in carico diagnostico-terapeutica in relazione alla patologia neoplastica.
Infine – aggiunge la resistente – l’aumento dell’estensione dei programmi di screening oncologico alla popolazione target è contemplato tra gli obiettivi strategici di cui al PNP 2020-2025, recepito dalla Regione Puglia con la deliberazione di Giunta regionale 22 dicembre 2020, n. 2131.
2.3. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), sarebbe, in via preliminare, inammissibile «per genericità» e per «inconferenza dei parametri costituzionali ed interposti invocati».
Non sarebbe dimostrato, infatti, in che modo la disposizione impugnata sia suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal piano di rientro e, quindi, di porsi in contrasto con l’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009.
2.3.1.– Nel merito, anche tale questione sarebbe non fondata, perché, ancora una volta, basata su una lettura errata della disposizione impugnata.
Quest’ultima, infatti, recherebbe norme di carattere organizzativo, «da attuarsi senza ulteriori oneri», tanto è vero che la legge regionale in esame sarebbe «neutra sotto il profilo finanziario», con la conseguenza che non pregiudicherebbe gli obiettivi di risparmio previsti dal piano di rientro.
Nemmeno sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., non essendo prevista «l’assunzione di nuovo personale a carico delle ASL».
3.– Con memoria depositata il 17 aprile 2023, la Regione Puglia ha ribadito le argomentazioni illustrate nell’atto di costituzione a sostegno delle eccezioni di inammissibilità e della non fondatezza delle questioni promosse in ricorso.
3.1.– La Regione resistente aggiunge, «[a]d abundantiam», che «la normativa pugliese in oggetto non costituisce un quid novi nel panorama legislativo regionale in materia di individuazione precoce dei tumori e che l’odierna impugnazione si appalesa ancor più singolare e contraddittoria, se sol si consideri che le norme oggi censurate riproducono sostanzialmente analoghe disposizioni» della non impugnata legge della Regione Puglia 2 febbraio 2022, n. 1 (Misure per il potenziamento dello screening di popolazione sul tumore mammario e istituzione del programma di valutazione del rischio per pazienti e famiglie con mutazioni genetiche germinali).
La resistente afferma, poi, che la legge reg. Puglia n. 14 del 2022 è coerente con gli obiettivi posti dal piano europeo di lotta contro il cancro del 3 febbraio 2021, strutturato intorno a quattro ambiti di intervento fondamentali, tra cui quello della individuazione precoce tramite i programmi di screening.
4.– Con memoria depositata il 18 aprile 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato alle difese della Regione Puglia.
4.1.– Quanto all’eccezione di inammissibilità per difetto di corrispondenza tra contenuto della delibera di autorizzazione e ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato deduce che l’estensione dell’impugnazione all’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 è «strettamente “ancillare”» a quella degli artt. 3, comma 4, e 5 comma 4, della medesima legge regionale.
La irragionevole equiparazione ex lege operata dal citato art. 2, comma 1, sarebbe, cioè, il «presupposto logico-giuridico su cui si basa la fattispecie di illecito amministrativo introdotta dalla Regione, sicché la ricomprensione nel ricorso della norma in argomento non fa altro che completare l’oggetto dell’impugnazione da parte del Governo».
Anche l’individuazione dei parametri di cui agli artt. 3, 32 e 117, terzo comma, Cost. rientrerebbe nell’esercizio della discrezionalità tecnica della difesa, data, anche in questo caso, la loro «ancillarità» rispetto ai parametri espressamente invocati nella delibera (si cita la sentenza di questa Corte n. 281 del 2020).
4.2.– Quanto all’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che, al di là delle indimostrate affermazioni della resistente, la disposizione regionale prevede, in realtà, attraverso l’esonero «dal pagamento della compartecipazione alla spesa sanitaria, prestazioni ulteriori rispetto a quelle raccomandate nell’ambito» dei LEA.
Infatti, secondo le «Raccomandazioni per la pianificazione e l’esecuzione degli screening di popolazione per la prevenzione del cancro della mammella, del cancro della cervice uterina e del cancro del colon retto» fornite dal Ministero della salute, i «metodi scelti come test di screening di primo livello del Ccr sono la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof, al guaiaco e immunochimici) e la rettosigmoidoscopia (Rss)».
4.3.– In ordine all’impugnazione dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, il significato della questione promossa sarebbe chiaro, essendo di tutta evidenza come una norma che si prefigge di potenziare le risorse umane e strumentali delle strutture sanitarie e di organizzare ex novo una rete regionale hub e spoke, senza prevedere il rispetto del redigendo piano operativo 2022-2024 di prosecuzione del piano di rientro, sia suscettibile di vanificare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti da quest’ultimo.
Considerato in diritto
l.- Con ricorso iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in primo luogo, gli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, per violazione degli artt. 3, 32, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 3, comma 15, del d.lgs. n. 124 del 1998.
1.1.- La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che «[i]l programma di screening di popolazione per la diagnosi precoce del tumore al colon-retto è rivolto a tutta la popolazione con età compresa tra quarantacinque e settantacinque anni, attraverso un test di selezione, da effettuare nelle strutture sanitarie pubbliche, diretto a distinguere le persone sospette di malattia, eseguito sulla base d’inviti equiparati per natura giuridica alle prenotazioni ordinarie per le prestazioni diagnostiche a richiesta, inviati dalla Azienda sanitaria locale (ASL) di riferimento territoriale all’intera popolazione interessata, nel rispetto della propria organizzazione e delle modalità previste dagli atti amministrativi vigenti».
Il «test di selezione» consiste, per la generalità della popolazione target, nella ricerca di sangue occulto nelle feci (art. 3, comma 1) e, per le popolazioni «a rischio moderato o alto», nelle colonscopie e consulenze oncogenetiche (artt. 4 e 5), cui può accedere un test molecolare (art. 9).
In particolare, l’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 è impugnato nella parte in cui prevede che il «test di selezione» è «eseguito sulla base d’inviti equiparati per natura giuridica alle prenotazioni ordinarie per le prestazioni diagnostiche a richiesta, inviati dalla Azienda sanitaria locale (ASL) di riferimento territoriale all’intera popolazione interessata».
Gli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della medesima legge regionale, invece, sono impugnati nelle parti in cui prevedono, conseguentemente, l’irrogazione della «sanzione pecuniaria prevista per le mancate disdette» (consistente nel pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione sanitaria), rispettivamente: a) «in caso di mancato ritiro e consegna del kit» per la ricerca del sangue occulto nelle feci, nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento dell’invito della ASL di cui all’art. 2, comma 1, o «dalla data di scadenza del test successivo ai sensi dell’articolo 2, comma 3» (ossia del test da svolgersi ogni due anni, in caso di esito negativo del primo); b) «in caso di mancata presentazione nella data fissata per il test con la lettera invito di cui al comma 2» del medesimo art. 5 (ossia della data fissata per l’effettuazione delle colonscopie e delle consulenze oncogenetiche).
La norma contenuta nell’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, dunque, costituisce il presupposto logico e giuridico di quanto disposto nei successivi artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge regionale medesima. Questi ultimi – proprio in forza dell’equiparazione «giuridica» tra inviti della ASL e prenotazioni ordinarie a richiesta dell’assistito – estendono, infatti, alla mancata esecuzione dei test su convocazione delle medesime ASL le conseguenze sanzionatorie previste per la mancata disdetta delle prestazioni diagnostiche prenotate su iniziativa dell’assistito.
1.2.- Secondo il ricorrente, tutte le disposizioni ricordate violerebbero l’art. 3 Cost., perché assoggetterebbero irragionevolmente allo stesso trattamento giuridico sanzionatorio, sulla base di una «mera finzione normativa», due situazioni assolutamente differenti ed anzi opposte – la mancata esecuzione del test oggetto di invito della ASL e la mancata comparizione all’appuntamento prenotato dall’assistito – così andando «contro la realtà dei fatti».
Le medesime disposizioni, poi, violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento al principio fondamentale in materia di tutela della salute recato dall’art. 3, comma 15, del d.lgs. n. 124 del 1998, che pone a carico dell’assistito il pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione solo in caso di mancata presentazione all’appuntamento sanitario prenotato e non disdetto, o disdetto in ritardo, senza una idonea giustificazione.
Violato, ancora, sarebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di ordinamento civile, perché l’individuazione sia degli illeciti amministrativi sia delle corrispondenti sanzioni rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Le disposizioni impugnate, infine, si porrebbero in contrasto con l’art. 32, secondo comma, Cost., perché la riserva di legge in materia di trattamenti sanitari obbligatori dovrebbe «intendersi come riserva di legge esclusivamente statale in quanto, trattandosi di una restrizione della libertà personale, entra in gioco un livello essenziale di prestazione di un diritto che va disciplinato in modo uniforme sull’intero territorio nazionale».
2.- La Regione Puglia ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per difetto della necessaria corrispondenza tra il contenuto del ricorso, da un lato, e la delibera del Consiglio dei ministri di autorizzazione all’impugnazione e l’allegata relazione ministeriale, dall’altro.
In quest’ultime non vi sarebbe alcuna menzione, quale oggetto di impugnativa, dell’art. 2, comma 1, della citata legge reg. Puglia n. 14 del 2022, disposizione che, come si è detto, prevede la parificazione degli inviti delle ASL alle prenotazioni dell’assistito. Delibera e relazione, infatti, riguarderebbero i soli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge regionale, nelle parti in cui prevedono che l’ASL competente irroga una sanzione pecuniaria in caso di mancata risposta positiva dell’assistito agli inviti di partecipazione al programma di screening.
Inoltre, il Consiglio dei ministri avrebbe indicato unicamente la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sicché, in via subordinata, la resistente eccepisce l’inammissibilità delle questioni «quanto meno» in relazione alle censure di violazione degli artt. 3, 32, secondo comma, e 117, terzo comma, Cost.
2.1.- La prima delle due eccezioni ricordate, riferita a ben vedere alla sola questione promossa nei confronti dell’art. 2, comma 1, della legge regionale, è fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «nei giudizi in via principale deve sussistere “una piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione” (sentenze n. 154 del 2017 e n. 110 del 2016; nello stesso senso sentenze n. 46 del 2015, n. 198 del 2012)» (sentenza n. 128 del 2018).
Sono pertanto inammissibili le questioni promosse nei confronti di disposizioni non espressamente indicate nella delibera dell’organo politico che autorizza l’impugnazione (sentenza n. 278 del 2010), poiché tale omissione comporta l’esclusione della volontà del ricorrente di promuoverle.
Nel caso di specie, né la delibera all’impugnazione, né l’allegata relazione ministeriale, prodotte in giudizio dal ricorrente, contengono l’indicazione dell’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, che, in via generale, prevede l’equiparazione tra gli inviti della ASL ai test menzionati e le prenotazioni a richiesta dell’assistito: delibera e relazione indicano solo, quali disposizioni oggetto di impugnativa, gli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della medesima legge, che contemplano la conseguenza sanzionatoria della mancata esecuzione dei test.
Né può accogliersi la tesi dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui la ricomprensione nel ricorso dell’art. 2, comma 1, non farebbe altro che «completare» l’oggetto dell’impugnazione governativa, coinvolgendo in questa una disposizione che costituirebbe il presupposto di quelle effettivamente impugnate: il verbo utilizzato («completare») rinvia, del resto, ad una scelta, mentre deve ribadirsi che è rimessa alla sola volontà politica del ricorrente la selezione delle disposizioni da impugnare di fronte a questa Corte.
3.- L’inammissibilità delle questioni promosse nei confronti dell’art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 ha una conseguenza radicale. Da essa, infatti, discende il difetto di interesse a ricorrere in relazione alle disposizioni sanzionatorie effettivamente impugnate e, quindi, l’inammissibilità delle relative questioni (con assorbimento dell’ulteriore eccezione d’inammissibilità prospettata, in via subordinata, dalla Regione resistente).
In effetti, secondo una disposizione contenuta in altra legge regionale, diversa e precedente rispetto a quella ora impugnata – l’art. 7, comma 4, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 13 (Misure per la riduzione delle liste d’attesa in sanità – Primi provvedimenti) – «[l]’assistito che non si presenta nel giorno previsto per l’erogazione della prestazione, senza aver dato idonea disdetta entro le quarantotto ore antecedenti l’erogazione, fatti salvi i casi di forza maggiore, è tenuto al pagamento della prestazione all’erogatore pubblico o privato accreditato, secondo la tariffa prevista dal vigente nomenclatore tariffario, anche se esente dalla partecipazione alla spesa sanitaria».
Questa disposizione regionale riproduce (peraltro con estensione alle ipotesi di prestazioni esenti) quanto prevede l’art. 3, comma 15, del già ricordato d.lgs. n. 124 del 1998, che pone a carico dell’assistito il pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione in caso di mancata presentazione all’appuntamento sanitario prenotato e non disdetto, o disdetto in ritardo, senza una idonea giustificazione.
Come è evidente, l’equiparazione giuridica degli inviti alle prenotazioni ordinarie a richiesta posta dall’art. 2, comma 1, della legge regionale ora impugnata, considerata unitamente alla previsione di cui al menzionato art. 7, comma 4, della legge reg. Puglia n. 13 del 2019, è idonea a fondare il potere di irrogazione delle sanzioni per la mancata sottoposizione ai test di selezione oggetto degli inviti della ASL, che il ricorrente contesta. E tale idoneità permarrebbe pur dopo l’accoglimento delle questioni relative agli artt. 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022.
In altri termini, il contesto normativo regionale consentirebbe, comunque sia, l’applicazione della sanzione costituita dal pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione, anche a prescindere dalla vigenza dei due articoli appena menzionati.
La permanenza nell’ordinamento regionale del meccanismo sanzionatorio che il ricorrente ha inteso impugnare, anche all’esito dell’eventuale accoglimento delle questioni, determina, in definitiva, l’inammissibilità di queste ultime, per inidoneità dell’intervento evocato a garantire il raggiungimento del risultato perseguito dal ricorrente (ragiona di «inutilità della declaratoria di illegittimità costituzionale richiesta» la sentenza n. 68 del 2022; in senso analogo, sentenze n. 199 del 2014 e n. 205 del 2011).
4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì impugnato, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., l’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, il quale prevede che la consulenza genetica oncologica (CGO) «e l’eventuale test molecolare per le persone di cui all’articolo 8, comma 2, nonché gli eventuali programmi di sorveglianza clinico-strumentale di cui all’articolo 13, sono disposti con il codice di esenzione D98, per prestazione “Test genetico mirato” e prescrizione “Probando sano a rischio familiare”».
4.1.- La questione è fondata.
L’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 consente lo screening in regime di gratuità (attraverso uno specifico codice di esenzione) per la consulenza oncogenetica, i test molecolari e i programmi di sorveglianza clinico strumentale di cui all’art. 13 della medesima legge regionale.
La CGO «e` assicurata a tutte le persone ad alto rischio di tumore al colon-retto con possibile eziopatogenesi genetica eredo-familiare, allo scopo di avviare specifici test molecolari e programmare eventuali misure di sorveglianza clinica e strumentale» (art. 7, comma 2).
Il test molecolare, a sua volta, «e` una fase eventuale del programma di CGO» (art. 9, comma 1) e il relativo prelievo, che «è preceduto e seguito da una consulenza del genetista medico» (art. 9, comma 2), è «finalizzato all’analisi nel DNA estratto di un pannello di geni per tumori colorettali» (art. 10, comma 1).
I programmi di sorveglianza clinico strumentale, infine, vengono avviati in caso di accertamento della mutazione genetica e si articolano in una serie di numerose prestazioni diversamente declinate a seconda della tipologia di mutazione riscontrata e del sesso del paziente.
4.2.- Secondo il ricorrente, prevedendo un livello ulteriore di assistenza sanitaria non ricompreso tra quelli individuati dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017, il citato art. 16 violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento al principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica contenuto nell’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, che, per le regioni impegnate in piani di rientro dal disavanzo sanitario, pone il divieto di effettuare spese non obbligatorie.
Afferma l’Avvocatura generale dello Stato, in particolare, che il d.P.C.m. 12 gennaio 2017, all’Allegato 1, punto F («Sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening; sorveglianza e prevenzione nutrizionale»), dispone che le attività di screening svolte a livello regionale devono essere coerenti con le raccomandazioni del Ministero della salute impartite in attuazione dell’art. 2-bis del d.l. n. 81 del 2004, come convertito, e del PNP 2014-2018. Esse non rientrerebbero, quindi, tra i LEA.
La Regione Puglia si è difesa sostenendo che le prestazioni sanitarie individuate dalla legge reg. Puglia n. 14 del 2022 rientrerebbero nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA), dal momento che l’Allegato 1 al citato d.P.C.m. 12 gennaio 2017, al punto F8 («Screening oncologici definiti dall’Accordo Stato Regioni del 23 marzo 2005 e dal Piano nazionale della prevenzione 2014-2018»), contempla l’erogazione gratuita, tra le altre, delle prestazioni di chiamata attiva ed esecuzione dei test di screening di primo e secondo livello delle popolazioni target.
Nella memoria depositata in vista dell’udienza di discussione, il ricorrente ha invece ribadito che le prestazioni previste dalla disposizione impugnata non rientrerebbero nei LEA, poiché, secondo le citate raccomandazioni fornite dal Ministero della salute, i «metodi scelti come test di screening di primo livello del Ccr sono la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof, al guaiaco e immunochimici) e la rettosigmoidoscopia (Rss)».
5.- Entrambe le parti non mettono in discussione il principio di diritto, più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, anche in relazione alla stessa Regione Puglia (sentenze n. 242 e n. 161 del 2022, n. 142 e n. 36 del 2021, n. 177 e n. 166 del 2020), secondo cui l’assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario impedisce la possibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n. 256 del 2022, n. 242 del 2022, n. 142 e n. 36 del 2021, e n. 166 del 2020 ). In definitiva, «[l]a facoltà di erogare livelli ulteriori rispetto ai LEA è […] preclusa alle Regioni sottoposte a piano di rientro, poiché - ai sensi dell’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004 - queste ultime non possono erogare prestazioni “non obbligatorie” (da ultimo, in questo senso, sentenza n. 161 del 2022)» (sentenza n. 190 del 2022).
Un tale principio è stato affermato anche per i piani di prosecuzione del rientro dal disavanzo sanitario (sentenze n. 190 del 2022 e n. 130 del 2020), come quello attualmente vigente nella Regione Puglia, o per le misure di monitoraggio equiparabili (sentenze n. 190 e n. 161 del 2022).
5.1.- Se le prestazioni previste dalla disposizione impugnata rientrino o meno nei LEA fissati dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 è dunque ciò che deve essere in questo caso verificato.
L’appena citato d.P.C.m., all’art. 1, comma 1, lettera a), comprende tra i LEA la «[p]revenzione collettiva e sanità pubblica». Più in particolare, il menzionato punto F dell’Allegato 1 si occupa, tra l’altro, dei «programmi organizzati di screening», e al punto F8 prende in considerazione quelli oncologici definiti dall’accordo Stato-regioni del 23 marzo 2005 e dal PNP 2014-2018.
Vi si prevede che la «periodicità e le caratteristiche tecniche» della «(c(hiamata attiva ed esecuzione dei test screening e dei percorsi di approfondimento e terapia per tutta la popolazione target residente e domiciliata» «sono definite a livello nazionale dai seguenti atti: […] [s(creening del cancro del colon-retto: Raccomandazioni del Ministero della salute predisposte in attuazione dell’art. 2 bis della legge 138/2004 e del Piano nazionale della prevenzione 2014-2018».
Le citate raccomandazioni del Ministero della salute indicano quali metodi di screening di primo livello «la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof, al guaiaco e immunochimici) e la rettosigmoidoscopia (Rss)», mentre la «colonscopia totale» «non è un test di screening primario», ma «un esame diagnostico di secondo livello nei soggetti risultati positivi al test di primo livello», oltre che una «procedura diagnostica nella sorveglianza dei soggetti ad alto rischio». Esse, poi, aggiungono che l’uso della colonscopia totale «come test di primo livello va riservato solo ad ambiti valutativi e studi pilota».
Infine, le raccomandazioni ricordano che sono «in corso diversi studi per mettere a punto nuove strategie diagnostiche, come la ricerca di marcatori molecolari (in particolare Dna) nelle feci e la colonscopia virtuale», oltre che «studi promettenti sull’impiego di marcatori molecolari nelle feci», e che, tuttavia, «i dati a disposizione sono ancora preliminari» e «[i]n futuro saranno necessari studi ulteriori per valutare l’eventuale utilizzo di biomarcatori come test di screening primario o di triage dopo test immunochimico (Sof) per l’invio al secondo livello».
6.- Dall’esame appena svolto emerge, dunque, che le prestazioni di cui all’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 non rientrano nei LEA, perché non sono presi in considerazione quali test – né di primo né di secondo livello – dalle citate raccomandazioni, cui rinvia il punto F8 dell’Allegato 1 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017.
Pertanto, l’art. 16 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento al principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica recato dell’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004.
7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, infine, impugnato l’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, ai sensi del quale l’Assessorato regionale alle politiche della salute – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge regionale – provvede a fornire indicazioni alle ASL al fine di: potenziare «le risorse umane e strumentali delle strutture di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva coinvolte nel programma di screening» (lettera a); organizzare «una rete regionale hub e spoke in grado di adempiere alle maggiori necessità di colonscopie derivanti dall’incremento delle lesioni diagnosticate» (lettera b).
Secondo il ricorrente, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, recante principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, perché è «suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio» previsti dal «redigendo» programma operativo 2022-2024 di prosecuzione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, in relazione sia all’impatto economico, sia alla programmazione della rete assistenziale regionale, e risulta svincolata dai limiti posti dal piano di rientro medesimo.
Da ultimo, la sola lettera a) del comma 3 dell’art. 17, violerebbe, in primo luogo, l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 11, comma l, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, che, nel porre limiti di spesa per il personale, recherebbe principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
Essa, in secondo luogo, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto suscettibile di determinare un aumento della spesa per il trattamento retributivo del personale sanitario e quindi di incidere su rapporti di diritto privato regolati dalla contrattazione collettiva, così invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
8.- La Regione Puglia ha eccepito l’inammissibilità delle questioni «per genericità, mancanza di specificazione ed indeterminatezza, nonché per la non pertinenza ed inconferenza dei parametri costituzionali ed interposti invocati».
8.1.- Va precisato, in primo luogo, che, nonostante la sua indistinta formulazione, l’eccezione, in realtà, nella (sola) parte in cui contesta l’insufficienza della motivazione, è rivolta esclusivamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 promossa per violazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009.
Secondo la Regione Puglia, infatti, lo Stato non avrebbe dimostrato in che modo il menzionato art. 17, comma 3, lettere a) e b), sia suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal piano di rientro cui essa è soggetta e, quindi, di porsi in contrasto con i menzionati principi fondamentali contenuti nella legge n. 191 del 2009.
8.2.- Per tale parte, l’eccezione non è fondata.
Le disposizioni della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 ora in questione contengono norme atte ad incidere sulla spesa per il personale sanitario e la riorganizzazione della rete sanitaria assistenziale, così investendo due macroaree notoriamente regolate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario, come peraltro specificamente affermato, in relazione proprio alla Regione Puglia, da questa Corte, con la sentenza n. 142 del 2021 (secondo cui la medesima Regione, «con il piano di rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale, approvato con il citato Accordo, nonché con i successivi programmi operativi, […] ha assunto l’impegno di attuare azioni specifiche per garantire la riduzione della complessiva spesa per il personale»).
Tanto basta ad escludere l’indeterminatezza della questione, con cui il ricorrente lamenta l’attitudine delle disposizioni impugnate a pregiudicare gli obiettivi di risparmio posti dal piano di rientro.
8.3.- L’eccezione è parimenti non fondata nella parte in cui lamenta l’inconferenza dei parametri evocati dal ricorrente, e ciò sia in riferimento ai dedotti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, aventi una evidente attinenza all’oggetto del contendere, sia in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che l’aumento della spesa del personale incide su rapporti di diritto privato regolati dalla contrattazione collettiva, così invadendo la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, il che esclude, prima facie, una totale inconferenza del parametro costituzionale evocato.
9.- Nel merito, non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica recati dall’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, che impongono il rispetto degli obiettivi di risparmio fissati con il piano di rientro (tra le tante, sentenze n. 6 del 2022, n. 142 del 2021 e n. 166 del 2020).
La Regione Puglia è attualmente sottoposta al programma operativo 2016-2018 (in attesa del redigendo programma operativo 2022-2024), approvato in prosecuzione del piano di rientro.
Tale programma ha ottenuto, in data 23 settembre 2017, l’approvazione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e del comitato permanente per la verifica dei LEA, dopo essere stato modificato ed integrato «sulla base dei suggerimenti di cui al (…( verbale della riunione del 25 luglio, che riguardano in particolare gli screening oncologici».
Il programma in questione prevede «il potenziamento delle attività di prevenzione e promozione della salute», da assicurarsi anche attraverso «una radicale riorganizzazione e reingegnerizzazione degli screeening oncologici». Con specifico riferimento allo screening per il tumore al colon-retto, esso, poi, afferma la necessità di prevedere «una vera e propria rifondazione, più che un rilancio». Nella parte dedicata ai «farmaci innovativi oncologici», è infine prevista la «(i(stituzione di centri di riferimento regionali per la diagnostica oncogenomica, che può favorire una più razionale utilizzazione della targeted therapy», con l’individuazione di «tre centri clinici attrezzati per la diagnostica molecolare dei tumori che ricevono campioni tumorali da centri periferici collegati in rete».
Quanto al personale, il programma rileva «la stringente necessita`, al fine di garantire i LEA nonché l’attuazione del D.Lgs. 161/2014 su orario di lavoro e riposi compensativi del personale sanitario, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 2, comma 71 della L. 191/2009 s.m.i.», nonché un «fabbisogno complessivo di personale ospedaliero pari a n. 30.939 unita`, per un costo complessivo di € 1.241.023.510».
Il programma operativo vigente, dunque, afferma la necessità, sia di «rifondare» il programma di screening per il tumore al colon-retto, sia di assumere personale: per queste ragioni non può ritenersi sussistente il dedotto contrasto tra esso e le disposizioni impugnate, e quindi tra queste ultime e lo stesso piano di rientro.
10.- Parimenti non fondata, nei sensi di cui subito si dirà, è la questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti della lettera a) del comma 3 dell’art. 17 della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 11, comma l, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito – disposizione che, nel porre limiti di spesa per il personale del servizio sanitario, reca un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 6 del 2022).
La disposizione impugnata, infatti, in difetto di indici testuali che espressamente autorizzino la deroga ai limiti fissati dalla norma interposta, deve essere interpretata nel senso che, nelle assunzioni di personale sanitario, la Regione Puglia è tenuta al rispetto delle pertinenti previsioni statali. Così interpretata, essa si sottrae alla censura del ricorrente.
11.- Da ultimo, non fondata è la questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
La disposizione in esame consente all’Assessorato regionale alle politiche della salute di dettare atti di indirizzo alle ASL in ordine alle assunzioni di personale. Essa, pertanto, non regola rapporti lavorativi già in essere e quindi non attiene alla materia dell’ordinamento civile (tra le tante, sentenze n. 267, n. 84 e n. 9 del 2022, n. 241 del 2021), ma disciplina profili pubblicistico-organizzativi rientranti nella materia dell’organizzazione amministrativa regionale, di competenza legislativa residuale delle regioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Puglia 12 agosto 2022, n. 14 (Tumore al colon-retto. Misure per il potenziamento dello screening di popolazione e consulenza oncogenetica);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 3, comma 4, e 5, comma 4, della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 3, comma 15, del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell’articolo 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettere a) e b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 11, comma l, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, lettera a), della legge reg. Puglia n. 14 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2023.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA