SENTENZA N. 148
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 28 gennaio 2022, n. 2, recante «Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) e modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente tra il Comune di Rivoli Veronese e la Regione Veneto e altri, con ordinanza del 18 luglio 2022, iscritta al n. 137 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visti gli atti di costituzione del Comune di Rivoli Veronese e della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 23 maggio 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi gli avvocati Stefano Gattamelata e Renzo Fausto Scappini per il Comune di Rivoli Veronese e gli avvocati Giacomo Quarneti e Marcello Cecchetti per la Regione Veneto;
deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 18 luglio 2022, iscritta al n. 137 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 28 gennaio 2022, n. 2, recante il «Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) e modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”», che approva il piano faunistico-venatorio della Regione Veneto il quale esclude, agli Allegati B e C, il territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla zona faunistica della Alpi, per violazione degli artt. 3, 24, 25, 97, 100, 103, 111, primo comma, 113, 117, commi primo – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – nonché secondo, lettera s), e 123 della Costituzione.
1.1.– Le questioni sono state sollevate nell’ambito del giudizio promosso dal Comune di Rivoli Veronese, che ha impugnato con il ricorso introduttivo il piano faunistico-venatorio approvato con la legge reg. Veneto n. 2 del 2022 e con motivi aggiunti gli atti applicativi del medesimo piano. Il Comune ha riferito di subire numerosi pregiudizi derivanti dalle disposizioni della legge regionale, avuto riguardo all’incremento dei soggetti legittimati all’attività venatoria, all’elisione del carattere montano del proprio territorio – con possibili ripercussioni sull’appartenenza del Comune all’Unione montana del Monte Baldo – nonché agli effetti pregiudizievoli sul piano economico - turistico.
1.2.– In punto di rilevanza, il TAR Veneto evidenzia che i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti, che fanno piena e diretta applicazione della disposizione contestata, si fondano sulla legge regionale la cui conformità alla Costituzione viene messa in dubbio. Il giudice a quo precisa anche di non condividere la tesi del Comune di Rivoli Veronese volta a qualificare la legge reg. Veneto n. 2 del 2022 da un punto di vista sostanziale come un atto amministrativo, sindacabile dal giudice amministrativo in ragione del suo contenuto provvedimentale, anziché come un atto normativo di rango primario. Aggiunge, tuttavia, che la proposizione dei motivi aggiunti con cui sono stati impugnati gli atti applicativi della legge regionale renderebbe possibile sindacare innanzi al giudice amministrativo la legge regionale n. 2 del 2022 sotto il profilo della sua legittimità costituzionale, in quanto fonte e presupposto degli atti stessi.
1.3.– Dopo aver riconosciuto la legittimazione e l’interesse ad agire del Comune ricorrente, il giudice a quo dubita sotto diversi profili della legittimità costituzionale della legge reg. Veneto n. 2 del 2022, che definisce «una legge-provvedimento di approvazione del Piano faunistico venatorio allegato alla stessa, e come tale autoapplicativa, in quanto dotata di capacità direttamente conformativa».
Il rimettente ritiene che, nell’ordinamento nazionale e regionale, il piano faunistico-venatorio abbia tutte le caratteristiche per poter essere inquadrato tra gli atti naturaliteramministrativi e, pertanto, avrebbe dovuto essere approvato con deliberazione amministrativa. Richiama, in argomento, la sentenza di questa Corte n. 174 del 2017, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., degli art. 66, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 27 giugno 2016, n. 18 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa in materia di politiche economiche, del turismo, della cultura, del lavoro, dell’agricoltura, della pesca, della caccia e dello sport), di approvazione dei calendari venatori, in ragione dell’esistenza di un vincolo di riserva di amministrazione, rinvenibile nell’art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Il TAR Veneto ritiene le medesime considerazioni applicabili al piano faunistico-venatorio, alla luce dell’art. 10 della legge n. 157 del 1992. Nello specifico, tale disposizione «stabilisce infatti che tale piano costituisce un atto generale, disciplinandone minuziosamente i contenuti, e stabilendo al comma 10 che le Regioni debbano attuare la pianificazione mediante il coordinamento dei piani provinciali secondo i criteri dettati dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica, vincolandone esplicitamente i contenuti a criteri tecnico-scientifici».
La riserva di amministrazione sarebbe rinvenibile anche nell’ordinamento regionale, dato che il piano faunistico-venatorio è un piano di settore e lo statuto della Regione Veneto (legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1, recante «Statuto del Veneto») prevede, all’art. 33, comma 3, lettera b), numero 2), che il Consiglio regionale approva il «programma regionale di sviluppo e piani di settore». Il rimettente richiama anche la legge della Regione Veneto 29 novembre 2001, n. 35 (Nuove norme sulla programmazione), il cui art. 14, comma 1, stabilisce che «[i] Piani di settore sono adottati dalla Giunta regionale, tenuto conto dell’attività di concertazione, ed approvati dal Consiglio regionale con deliberazione amministrativa pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto». Pertanto, anche in base allo statuto della Regione, come interpretato dal legislatore regionale, il piano faunistico-venatorio, in quanto piano di settore, avrebbe dovuto essere approvato con deliberazione amministrativa.
La violazione del vincolo di carattere procedimentale imposto dal legislatore statale in una materia di sua competenza esclusiva, concernente la fissazione dei livelli minimi di tutela ambientale, con il conseguente obbligo per le regioni di approvare il piano faunistico-venatorio con atto amministrativo, si tradurrebbe anche in irragionevolezza, in quanto la disposizione impugnata investirebbe «una materia tipicamente di natura amministrativa» e quindi in contrasto con il tertiumcomparationis rappresentato dal «costante plesso normativo, sia statale, sia regionale».
1.4.– Risulterebbe violato anche l’art. 123 Cost., in relazione alla norma interposta dell’art. 33, comma 3, lettera b), numero 2), statuto reg. Veneto, che prevede che il Consiglio regionale approvi il «programma regionale di sviluppo e piani di settore». Il rimettente osserva che la disposizione statutaria è stata «interpretata» dallo stesso legislatore regionale il quale, con la legge reg. Veneto n. 35 del 2001, all’art. 10, comma 4, ha previsto che solamente il piano regionale di sviluppo venga approvato con legge, mentre all’art. 14, comma 1, ha stabilito che i piani di settore, come il piano faunistico venatorio, debbano essere necessariamente approvati con deliberazione amministrativa.
1.5.– Il rimettente aggiunge che la scelta del ricorso alla legge, anziché al provvedimento, non risulterebbe accompagnata da alcuna motivazione e sarebbero, di conseguenza, violati gli artt. 24, 25, 97 (perché la legificazione dell’atto amministrativo sarebbe in contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, impedendo l’esercizio dell’autotutela amministrativa), 100 e 103 Cost.
1.6.– Risulterebbe violato anche l’art. 111, primo comma, Cost., perché «un processo che per assicurare la pienezza di tutela deve di necessità passare attraverso una fase di sospensione del processo stesso in virtù dell’incidente di costituzionalità non risponde per definizione al criterio del giusto processo».
1.7.– Infine, sarebbero violati l’art. 113 Cost. (secondo cui contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa) e l’art. 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU e al principio del giudice naturale precostituto per legge.
2.– La legge regionale in esame sarebbe costituzionalmente illegittima anche sotto il profilo contenutistico, in quanto la Regione Veneto avrebbe modificato i confini della zona faunistica delle Alpi (d’ora in avanti, anche: ZFA) facendo ricorso ad un criterio di tipo altimetrico di individuazione dei territori, estraneo alla normativa statale. Il rimettente richiama, in proposito, l’art. 11 della legge n. 157 del 1992, anche per come interpretata dal legislatore regionale all’art. 23 della legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio), che demanda alla Giunta regionale il compito di individuazione dei confini della ZFA.
Pertanto, nel modificare i confini della ZFA facendo esclusivamente riferimento ad un criterio di tipo altimetrico anziché, come previsto dalla normativa statale, ad un criterio riferito solo alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, la Regione Veneto avrebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., perché avrebbe inciso su ambiti materiali propri della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, invadendo così una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
L’esclusione del territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla ZFA si porrebbe altresì in contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost., in quanto manifestamente irragionevole e contraddittoria rispetto agli atti endoprocedimentali di formazione del piano e carente dei presupposti di fatto legittimanti il potere esercitato, dato che la consistente presenza della tipica flora e fauna alpina nel territorio del Comune di Rivoli Veronese risulterebbe attestata sia dalla «Carta delle vocazioni faunistiche», sia dagli studi di carattere tecnico acquisiti nell’ambito del giudizio a quo.
3.– La Regione Veneto si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le questioni sollevate dal TAR Veneto.
In primo luogo, ha osservato che il themadecidendum non potrebbe che essere limitato alle previsioni della legge reg. Veneto n. 2 del 2022 che escludono il territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla zona faunistica delle Alpi. Viceversa, qualora l’ordinanza di rimessione fosse interpretata nel senso di aver sollevato una questione di più ampia portata, concernente la complessiva adozione del piano mediante legge regionale, tale questione dovrebbe essere considerata inammissibile per difetto del requisito della rilevanza.
3.1.– La Regione Veneto sostiene che la giurisprudenza costituzionale richiamata dal giudice a quo a sostegno della tesi dell’esistenza di una riserva di amministrazione sarebbero inconferenti rispetto al tema della delimitazione della zona faunistica delle Alpi, essendo quelle pronunce pervenute a tale conclusione solo ed esclusivamente con riferimento all’art. 10, comma 8, lettera e), della legge n. 157 del 1992, ai sensi del quale rientrano nel contenuto dei piani faunistico-venatori «le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati». La Regione aggiunge che la delimitazione della ZFA non rientra neppure, più in generale, tra i contenuti che, secondo quanto previsto dall’art. 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992, devono confluire nel piano faunistico-venatorio.
Premessa, poi, la circostanza che la delimitazione della zona faunistica delle Alpi comporta, automaticamente e in termini speculari, la contemporanea delimitazione della parte del territorio regionale ripartito in ambiti territoriali di caccia (ATC), la Regione deduce che neppure la individuazione della parte del territorio regionale ripartito in ATC sarebbe un contenuto che la legge statale include tra quelli individuati dal piano faunistico-venatorio.
3.2.– Quanto alla denunciata violazione del vincolo di riserva di amministrazione, sarebbe errato il presupposto, da cui parte il giudice a quo, della natura provvedimentale della previsione della legge reg. Veneto n. 2 del 2022, che dispone la rimodulazione della zona faunistica delle Alpi in modo tale da escluderne il territorio di Rivoli Veronese. Tale disposizione sarebbe dotata non soltanto della veste formale della legge, ma anche della sua natura sostanziale. Richiamato l’art. 14, comma 1, della legge n. 157 del 1992, secondo cui la suddivisione del territorio regionale in ATC è affidata ad «apposite norme» delle regioni, la Regione Veneto sostiene che sarebbe la stessa legge statale a riconoscere esplicitamente la natura normativa, generale e astratta, delle previsioni con le quali le regioni definiscono tanto gli ATC, quanto la ZFA. Inoltre, non vi sarebbe alcun contrasto con l’art. 33, comma 3, lettera b), dello statuto della Regione Veneto, che non imporrebbe al Consiglio regionale di adottare il piano con deliberazione amministrativa. Non sarebbe, poi, comprensibile per quale ragione, avuto riguardo alla asserita violazione dell’art. 97 Cost., l’impossibilità di ricorrere allo strumento dell’autotutela amministrativa determinerebbe la violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
3.3.– La Regione eccepisce, quindi, l’inammissibilità delle questioni sollevate in riferimento agli artt. 24, 25, 100, 103, 111, primo comma, e 113 Cost., nonché all’art. 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, perché prive di motivazione.
Tali questioni di legittimità costituzionale partirebbero, comunque, dal medesimo erroneo presupposto della natura provvedimentale della delimitazione della zona faunistica delle Alpi.
3.4.– Nel merito, avuto riguardo alla asserita violazione dell’art. 111, primo comma, Cost., la Regione Veneto rammenta che, per costante giurisprudenza costituzionale, le leggi-provvedimento sono ammesse e la piena tutela delle posizioni giuridiche delle parti coinvolte nel giudizio a quo è garantita innanzi alla Corte costituzionale.
Quanto alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 11 della legge n. 157 del 1992, la Regione Veneto sostiene di aver adoperato, nella delimitazione della ZFA, un criterio conforme non solo alle previsioni legislative rilevanti, ma ancor prima, al buon senso, che impedirebbe «di considerare parte del “territorio alpino” zone caratterizzate da una quota altimetrica anche inferiore ai 100 m sul livello del mare».
Contesta, inoltre, l’affermazione del giudice a quo, secondo cui l’assetto normativo riconosciuto alla zona faunistica delle Alpi sarebbe senz’altro «di maggior tutela» per la fauna selvatica (e dunque per l’ambiente), rispetto all’assetto normativo proprio del resto del territorio regionale, tenuto conto che, in base all’art. 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992, «il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica», mentre quello delle Alpi è destinato a protezione in una percentuale inferiore, dal 10 al 20 per cento.
Sarebbe anche errata l’affermazione del giudice rimettente secondo cui la Regione Veneto avrebbe fatto riferimento «esclusivamente» a un criterio altimetrico. La disciplina statale vigente richiederebbe, infatti, l’utilizzazione congiunta di due criteri, quello legato alla morfologia del territorio e quello inerente alla presenza di specie di flora e fauna alpine. L’esclusione del territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla ZFA sarebbe dipeso dalla circostanza che non risultavano soddisfatti entrambi i requisiti, in ragione della insussistenza nel citato territorio delle necessarie caratteristiche morfologiche per essere considerato “territorio alpino”.
4.– Il Comune di Rivoli Veronese si è costituito in giudizio chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate fondate, richiamando tutte le argomentazioni svolte dal Tribunale rimettente. Aggiunge che, se il piano faunistico-venatorio fosse stato adottato all’esito di un procedimento amministrativo, la scelta effettuata non sarebbe stata così carente sotto il profilo istruttorio, perché si sarebbe considerato che: il Comune è interessato dalla «Rete Natura 2000», che rappresenta un sistema articolato di aree designate al fine di garantire uno stato di conservazione soddisfacente di tipi di habitat tutelati a livello comunitario; la stessa Regione Veneto aveva evidenziato la presenza di animali alpini nel territorio comunale; il territorio del Comune è inserito all’interno della «Regione biogeografica alpina», come definita dall’art. 1, lettera c), punto iii), della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Tale ultima circostanza dimostrerebbe l’appartenenza del Comune di Rivoli Veronese alla regione alpina e renderebbe ancora più evidente l’illogicità della decisione della Regione Veneto di escludere il Comune stesso dalla ZFA.
Il Comune contesta il potere del Consiglio regionale di modificare in peius, mediante legge regionale, il perimetro della ZFA nonché, sotto il profilo contenutistico, l’irragionevolezza della norma censurata, ritenendo violati gli artt. 3, 9, 41, 97 e 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost. Avuto riguardo agli ultimi due parametri, ritiene violate numerose norme interposte, tra le quali l’art. 11 della legge n. 157 del 1992, gli artt. 1, 2, 8, comma 4-bis, e 23 della legge reg. Veneto n. 50 del 1993, il decreto del Ministro per l’agricoltura e per le foreste del 15 aprile 1940 (Delimitazione dei confini della zona faunistica delle Alpi) nonché le direttive 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione, del 25 luglio 1985, e 91/244/CEE della Commissione, del 6 marzo 1991, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici.
5.– Con memoria in vista dell’udienza, la Regione Veneto, oltre a ribadire le osservazioni già esposte nell’atto di costituzione in giudizio, ha replicato alle affermazioni del Comune di Rivoli Veronese, insistendo nella natura pienamente legislativa e non amministrativo-provvedimentale delle disposizioni impugnate e, comunque, nella compatibilità con la Costituzione delle leggi-provvedimento.
L’esclusione del Comune di Rivoli Veronese dalla ZFA non potrebbe essere ritenuta irragionevole, trattandosi di un territorio non montuoso e caratterizzato da una quota altimetrica anche inferiore ai 100 metri sul livello del mare. La Regione Veneto, inoltre, non sarebbe vincolata dalla precedente delimitazione effettuata dallo Stato con il regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 (Approvazione del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l’esercizio della caccia) e con il citato d.m. 15 aprile 1940.
I parametri di cui agli artt. 9 e 41 Cost., evocati dal Comune di Rivoli Veronese, nonché le disposizioni statali e comunitarie richiamate come norme interposte, sarebbero irrilevanti in quanto non richiamati nell’ordinanza di rimessione. La Regione ritiene, del pari, privi di rilevanza, in quanto estranei alle questioni sollevate dal giudice a quo, l’interessamento del Comune nella «Rete Natura 2000» e il suo inserimento, da parte della direttiva 92/43/CEE, nella «Regione biogeografica alpina»; circostanza, quest’ultima, che la Regione Veneto ritiene comunque non corrispondente al vero.
6.– Anche il Comune di Rivoli Veronese ha depositato una ulteriore memoria difensiva, in cui ha insistito nell’affermare che la Regione non aveva il potere di modificare in peius la ZFA già fissata dallo Stato.
Diversamente da quanto ritenuto dalla Regione, non potrebbe sostenersi che la delimitazione della ZFA sia estranea al contenuto tipico del piano faunistico-venatorio e per l’adozione di tale piano sussisterebbe una riserva di amministrazione.
Il Comune insiste, quindi, perché siano dichiarate fondate le questioni sollevate dal TAR Veneto in riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.
Avuto riguardo all’esclusione del territorio comunale dalla ZFA in ragione al criterio altimetrico, il Comune ritiene che l’altitudine dal livello del mare non sia significativa e sostiene che la gran parte dei territori veronesi individuati nella ZFA non apparterrebbero in senso proprio alle Alpi, ma alla catena montuosa delle Prealpi, ove comunque è presente la flora e fauna tipica alpina. Aggiunge che, dal punto di vista normativo, nessuna disposizione regionale, nazionale o eurounitaria consentirebbe di desumere l’appartenenza alla zona alpina da un determinato livello altimetrico minimo.
Considerato in diritto
1.– Il TAR Veneto solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 2 del 2022, che approva il piano faunistico-venatorio regionale 2022-2027, il quale esclude, agli Allegati B e C, il territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla zona faunistica delle Alpi (d’ora in avanti, anche ZFA), per violazione degli artt. 3, 24, 25, 97, 100, 103, 111, primo comma, 113, 117, commi primo – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU – nonché secondo, lettera s), e 123 Cost.
Richiamata la giurisprudenza di questa Corte in materia di approvazione dei calendari venatori, il rimettente ritiene che, in conformità a detta giurisprudenza, l’approvazione con legge regionale del piano faunistico-venatorio si ponga innanzitutto in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione alla riserva di amministrazione imposta dal legislatore statale in una materia di competenza esclusiva, concernente la fissazione dei livelli minimi di tutela ambientale. Tale vincolo sarebbe rinvenibile nell’art. 10 della legge n. 157 del 1992, che disciplina il piano faunistico-venatorio. La riserva di amministrazione si desumerebbe anche dall’art. 33, comma 3, lettera b), numero 2), dello statuto della Regione Veneto, con conseguente violazione dell’art. 123 Cost. La scelta del ricorso alla legge anziché al provvedimento amministrativo sarebbe anche irragionevole e non risulterebbe accompagnata da alcuna motivazione.
La legge regionale sarebbe costituzionalmente illegittima, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche sotto il profilo contenutistico, in quanto la Regione Veneto, nel modificare i confini della zona faunistica delle Alpi applicando un criterio di tipo altimetrico di individuazione dei territori, si sarebbe discostata dai principi posti dal legislatore statale, in particolare nell’art. 11 della legge n. 157 del 1992, che fa riferimento solo alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina. L’esclusione del territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla ZFA si porrebbe altresì in contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost., in quanto manifestamente irragionevole e contraddittoria rispetto agli atti endoprocedimentali di formazione del piano e carente dei presupposti di fatto legittimanti il potere esercitato.
2.– Le questioni sollevate dal TAR Veneto possono essere così distinte: quelle riguardanti l’art. 1 della legge reg. Veneto n. 2 del 2022 e, nello specifico, la scelta della Regione Veneto di approvare il piano faunistico-venatorio con legge, anziché con un atto amministrativo; quelle afferenti al contenuto del piano, nella parte in cui, applicando un criterio di natura altimetrica, ha disposto, come si desume dagli Allegati B e C alla legge regionale censurata, riportanti rispettivamente le cartografie e la relazione al piano, l’esclusione del territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla zona faunistica delle Alpi.
Entrambe le questioni sono fondate, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.– La materia della caccia, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «rientra nella potestà legislativa residuale delle Regioni, tenute nondimeno a rispettare i criteri fissati dalla legge n. 157 del 1992, a salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema. Tale legge stabilisce il punto di equilibrio tra “il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale” e “l’interesse […] all’esercizio dell’attività venatoria” (sentenza n. 4 del 2000); conseguentemente, i livelli di tutela da questa fissati non sono derogabili in peius dalla legislazione regionale (da ultimo, sentenze n. 139 e n. 74 del 2017). L’art. 12 della legge n. 157 del 1992 dispone che la caccia può essere praticata in via esclusiva in una delle forme dalla stessa previste, al fine di preservare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili. In considerazione di tale ratio della norma statale, la legge regionale può intervenire su detto profilo della disciplina esclusivamente innalzando il livello della tutela (sentenze n. 139 del 2017 e n. 278 del 2012)» (sentenza n. 174 del 2017).
Questa Corte, in proposito, ha anche affermato che qualora le norme legislative regionali censurate abbiano «determinato l’effetto di incrementare la tutela minima ascrivibile alla potestà legislativa statale, si deve ritenere che, in quest’ambito di maggiore protezione faunistica, del tutto legittimamente si sia esplicata la potestà legislativa residuale in materia di caccia» (sentenza n. 7 del 2019).
4.– La legge n. 157 del 1992, dunque, si basa sul principio secondo cui l’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza della conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole (art. 1, comma 2). Nell’attuare tale principio, la disciplina legislativa statale prevede che l’attività venatoria sia da esercitarsi sotto forma di «caccia programmata» (art. 14).
La gestione programmata della caccia presuppone che sia stata adottata la pianificazione faunistico-venatoria del territorio agro-silvo-pastorale, prevista dall’art. 10 della stessa legge n. 157 del 1992.
4.1.– Il piano faunistico-venatorio regionale determina «i criteri per la individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale» (art. 10, comma 12). Al piano spetta anche il compito di individuare le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica (art. 10, comma 8, lettere a, b e c). Il piano comprende altresì «le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani» (art. 10, comma 8, lettera e).
4.2.– L’art. 11 della legge n. 157 del 1992 contiene la disciplina della zona faunistica delle Alpi; ai sensi del comma 1, il territorio delle Alpi è «individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fauna alpina». Le regioni interessate determinano i confini della ZFA con l’apposizione di tabelle esenti da tasse (art. 11, comma 4). La perimetrazione è effettuata d’intesa con le regioni a statuto speciale e con le Province autonome di Trento e di Bolzano.
5.– Così ricostruito il quadro normativo, occorre soffermarsi sulla prima questione sollevata, concernente l’approvazione con legge regionale del piano faunistico-venatorio.
In proposito, numerose pronunce di questa Corte hanno ritenuto non conforme alla Costituzione l’approvazione dei calendari venatori con legge regionale, anziché con provvedimento amministrativo, e hanno affermato l’illegittimità costituzionale delle relative disposizioni per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992. Tale disposizione prevede che siano approvati dalla regione «il calendario regionale e il regolamento relativi all’intera annata venatoria». In relazione a ciò, questa Corte ha affermato che «il legislatore statale, prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del “regolamento” sull’attività venatoria e imponendo l’acquisizione obbligatoria del parere dell’ISPRA, e dunque esplicitando la natura tecnica del provvedere, abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo» (sentenza n. 20 del 2012; nello stesso senso, più di recente, sentenze n. 178 del 2020 e n. 258 del 2019). Infatti, l’art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992 «garantisce un’istruttoria approfondita e trasparente anche ai fini del controllo giurisdizionale e non tollera, quindi, che il calendario venatorio venga irrigidito nella forma legislativa» (ancora, sentenza n. 258 del 2019).
Con specifico riguardo al controllo giurisdizionale, questa Corte ha già sottolineato che «il legislatore statale può preferire lo strumento del ricorso giurisdizionale innanzi al giudice comune, e ciò in ragione sia della disponibilità del ricorso in capo alle parti private legittimate, sia dei tempi con cui il giudice può assicurare una pronta risposta di giustizia, sia della latitudine dei poteri cautelari di cui esso dispone, sia dell’ampiezza del contraddittorio che si può realizzare con i soggetti aventi titolo per intervenire, estranei invece, in linea di principio, al giudizio costituzionale sul riparto delle competenze legislative» (sentenza n. 20 del 2012).
La giurisprudenza costituzionale ha anche rilevato che, in alcuni casi, come in quello del calendario venatorio, il regime dell’atto amministrativo – e del relativo procedimento – garantendo una maggiore flessibilità, rispetto alla legge, è «idoneo a prevenire i danni che potrebbero conseguire a un repentino ed imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio è stato approvato» (ancora, sentenza n. 20 del 2012). Ne deriva la riduzione in peius dello standard minimo di tutela della fauna selvatica stabilito dall’art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sentenza n. 258 del 2019).
Inoltre, questa Corte è pervenuta ad analoghe conclusioni in relazione all’attività di individuazione delle «zone e [de]i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili», che rientra tra i contenuti del piano faunistico-venatorio (art. 10, comma 8, lettera e, ella legge n. 157 del 1992).
Si è osservato che l’individuazione in parola è il frutto di «un’attività procedimentale articolata e complessa, che include più momenti di interlocuzione tecnica con l’ISPRA e che presuppone l’adozione e il rispetto della pianificazione faunistica, culminando con l’adozione dei provvedimenti amministrativi che disciplinano l’esercizio dell’attività venatoria, inclusa l’attività di allenamento dei cani, nel rispetto dell’esigenza di assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili» (sentenza n. 10 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 193 del 2013).
Pertanto, questa Corte ha affermato che l’adozione con legge dei sopra menzionati atti (i calendari venatori e i piani regionali per l’individuazione delle zone e dei periodi per l’addestramento, l’allevamento e le gare dei cani), previsti dalla legge n. 157 del 1992 con il fine di protezione della fauna e caratterizzati dalla «natura tecnica del provvedere», viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.: in simili ambiti, infatti, il ricorso allo strumento della legge, in luogo del provvedimento amministrativo, non assicura le «garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici» (sentenza n. 139 del 2017).
6.– Anche nel caso in esame, alla luce dei richiamati precedenti, l’approvazione del piano faunistico-venatorio con legge, anziché con provvedimento amministrativo, è idonea a comportare una modificazione in peius degli standard minimi e uniformi di protezione della fauna, in quanto contrasta con i principi che regolano la disciplina del prelievo venatorio desumibili dalla legislazione statale e implicanti la “procedimentalizzazione” dell’attività di adozione del piano e la sua approvazione con provvedimento amministrativo.
Le inderogabili garanzie procedimentali previste dalla legge n. 157 del 1992 non riguardano la sola adozione del calendario venatorio e l’individuazione delle zone e dei periodi per l’addestramento, l’allevamento e le gare dei cani, ma sono imposte dal legislatore nazionale anche in relazione all’adozione e all’approvazione del piano faunistico-venatorio. Infatti, «[l]a “modalità tecnica del provvedere” […] include […] la pianificazione faunistica e assicura garanzie procedimentali (di cui è espressione anche l’acquisizione dei pareri) funzionali all’equilibrio degli interessi in gioco» (sentenza n. 10 del 2019). Si tratta, in definitiva, di un’attività procedimentale articolata e complessa, che non può non trovare il suo momento iniziale proprio nell’avvio del procedimento di formazione del piano faunistico venatorio.
Fermo restando che le regioni possono, nell’esercizio della loro competenza legislativa residuale in materia di caccia, innalzare i livelli di tutela della fauna già previsti dalla normativa statale, la disposizione censurata, nel disporre l’integrale approvazione con legge del piano faunistico-venatorio della Regione Veneto, non assicura il rispetto delle garanzie procedimentali imposte dalla legge dello Stato, così integrando «una violazione degli standard minimi e uniformi di tutela della fauna fissati dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.» (sentenza n. 193 del 2013).
Infatti, la disciplina statale sull’approvazione del piano faunistico-venatorio contiene previsioni funzionali al rispetto delle norme che, nel regolare la caccia, sono volte alla tutela della fauna e dunque dell’ambiente. Essa concorre alla definizione del nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ed è elemento costitutivo di una soglia uniforme di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale (sentenze n. 90 del 2013 e n. 278 del 2012).
Pertanto, la disposizione regionale in esame viola la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente.
Non è dirimente, in proposito, la circostanza che l’art. 14, comma 1, della legge n. 157 del 1992 faccia riferimento alla ripartizione da parte delle regioni, con «apposite norme», del territorio agro-silvo-pastorale in ATC. Tale previsione non può comportare che il potere di pianificazione faunistico-venatoria del territorio agro-silvo-pastorale di cui all’art. 10 della legge n. 157 del 1992 possa essere interamente esercitato, come qui è avvenuto, per atto legislativo.
D’altro canto, dalla stessa lettura del piano faunistico-venatorio si evince che esso possiede le caratteristiche proprie dell’atto amministrativo. Nella relazione al piano, riportata nell’Allegato C alla legge regionale censurata, si afferma, infatti, che tale strumento «costituisce punto di sintesi e convergenza tra vincoli, interessi ed istanze (aspetti legati, solo per riferirsi a quelle di maggiore rilievo, alle componenti ambientali ed ecologiche, alle componenti insediative e produttive, con particolare riferimento al settore primario ed alle politiche di sviluppo rurale e di evoluzione della PAC, alle componenti territoriali, alle componenti sociali ed altre ancora)». Si tratta di profili tipici del provvedere in via amministrativa.
In definitiva, l’approvazione del piano con atto amministrativo, anziché con legge – nei termini sopra indicati – consente una tutela più efficace e adeguata alle peculiari esigenze dell’ambiente e della fauna, dal punto di vista sia della completezza dell’istruttoria, sia dell’effettività della tutela giurisdizionale, sia della maggiore flessibilità nell’adeguamento a eventuali mutamenti della situazione di fatto.
Pertanto, è fondata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s),Cost., in relazione all’art. 10 della legge n. 157 del 1992, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 2 del 2022, che ha approvato il piano faunistico-venatorio con legge, anziché con un atto amministrativo.
7.– Sono assorbite le questioni sollevate dal TAR Veneto in riferimento agli artt. 24, 25, 100, 103, 111, primo comma, 113 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU.
8.– È altresì fondata la questione inerente all’esclusione del territorio del Comune di Rivoli Veronese dalla ZFA, prevista negli Allegati B e C alla legge reg. Veneto n. 2 del 2022, sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., in relazione alla norma interposta di cui all’art. 11 della legge n. 157 del 1992.
Dalla relazione al piano, riportata all’Allegato C alla legge regionale, si evince che la scelta in esame è stata assunta in accoglimento della proposta della Provincia di Verona di modificare la ZFA rispetto al precedente piano faunistico-venatorio, in considerazione delle caratteristiche territoriali del Comune di Rivoli Veronese e di altri comuni della Regione Veneto, ritenute “incompatibili” con la definizione di ZFA a causa della quota altimetrica in cui si trovano.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 11, comma 1, della legge n. 157 del 1992, la ZFA è «individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fauna alpina». Il legislatore statale, che ha dettato standard minimi e uniformi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, non ha, quindi, fatto riferimento a dati puramente morfologici, né ha ritenuto il fattore altimetrico un criterio prioritario per individuare la ZFA.
Dunque, la decisione della Regione Veneto di affidarsi unicamente al dato altimetrico per escludere il territorio di alcuni comuni, tra i quali quello di Rivoli Veronese, dalla ZFA, senza valutare l’effettiva presenza di flora e fauna alpina, comporta un abbassamento degli standard minimi di protezione, in contrasto con l’art. 11, comma 1, della legge n. 157 del 1992 e, per esso, con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 2 del 2022, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
9.– Sono assorbite le ulteriori questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 97 e 123 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 28 gennaio 2022, n. 2, recante «Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) e modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Valeria EMMA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2023
Il Cancelliere
F.to: Valeria EMMA