SENTENZA N. 165
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2020, n. 33 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Modifiche di norme in materia di stabilizzazione del personale precario), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-9 marzo 2021, depositato in cancelleria il 4 marzo 2021, iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2023 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Nicola Dumas per la Regione Siciliana;
deliberato nella camera di consiglio del 4 luglio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2021, depositato in data 4 marzo 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2020, n. 33 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Modifiche di norme in materia di stabilizzazione del personale precario), in riferimento all’art. 81, terzo comma, della Costituzione, per violazione del principio dell’obbligo di copertura della spesa.
La legge regionale impugnata prevede molteplici interventi di natura eterogenea e dispone variazioni al bilancio della Regione Siciliana per l’esercizio 2020, la cui copertura finanziaria è prevista all’art. 3 della medesima legge regionale. Detta disposizione stabilisce che: «[i]n caso di mancata approvazione delle modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, determinate dalla Commissione paritetica in data 24 novembre 2020 ed attualmente all’esame del Consiglio dei Ministri, che prevedono il differimento delle quote del 2020 relative al recupero del disavanzo, pari ad euro 421.889.971,86, gli oneri della presente legge, per l’importo di euro 351.753.973,32, trovano copertura a valere sulle risorse non ancora utilizzate di cui all’articolo 111 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e successive modificazioni».
Il citato art. 3, ad avviso del ricorrente, da un lato, farebbe affidamento sulla previsione di una modifica dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli) che consentirebbe il differimento delle quote del 2020 relative al recupero del disavanzo 2018 e, dall’altro, stabilirebbe che, nel caso in cui detta modifica legislativa non fosse approvata, gli oneri derivanti dalla legge impugnata troverebbero copertura nelle risorse non ancora utilizzate di cui all’art. 111 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77.
Senonché l’art. l del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli) avrebbe modificato l’art. 7 del citato d.lgs. n. 158 del 2019 in modo diverso da quello prefigurato dalla Regione, consentendo il rinvio del ripiano del disavanzo nell’esercizio 2021 e non in quello 2020.
Di conseguenza, gli oneri derivanti dalla legge regionale impugnata dovrebbero trovare copertura, secondo quanto disposto dall’indicato art. 3 (rubricato «Clausola di salvaguardia»), nelle risorse non ancora utilizzate di cui all’art. 111 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito.
Tali risorse, tuttavia, – ad avviso del ricorrente – non sarebbero sufficienti a coprire tutti gli oneri scaturenti dalla legge regionale impugnata.
La legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 sarebbe, quindi, costituzionalmente illegittima in quanto: «a) le quote di ripiano del disavanzo previste per l’anno 2020 non avrebbero potuto costituire idoneo mezzo di copertura finanziaria in presenza di una norma di attuazione – vale a dire l’art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, nella versione vigente al momento dell’emanazione della legge, oltre che all’attualità – che prevede il ripiano anche nell’anno 2020 delle quote del disavanzo accertato con il rendiconto 2018. […]; b) dal punto di vista formale la copertura degli oneri di cui trattasi, facendo affidamento sull’approvazione della norma di attuazione che [avrebbe previsto] il rinvio del ripiano 2020, contrasta con l’art. 81, terzo comma, della Costituzione il cui disposto, stabilendo che “[o]gni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”, esprime il principio secondo cui la copertura finanziaria delle spese deve essere certa ed attuale e tradotta in un formale impegno di spesa sul relativo stanziamento; c) con riferimento alla copertura “alternativa” prevista con la clausola di salvaguardia si ribadisce la sua insufficienza a garantire l’integrale ripristino della quota di ripiano 2020».
Il carattere generico della clausola di salvaguardia, non direttamente correlabile ad alcuno specifico onere discendente dalla legge in esame, comporterebbe l’assenza di copertura degli oneri derivanti dalla legge medesima. Da ciò conseguirebbe l’illegittimità costituzionale dell’intera legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 per violazione dell’obbligo di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.
I profili di illegittimità costituzionale rilevati, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, non potrebbero essere superati dall’art. 7 della successiva legge della Regione Siciliana 20 gennaio 2021, n. 1 (Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2021. Disposizioni finanziari varie), posto che tale disposizione introducendo variazioni agli stanziamenti del bilancio 2020 ad esercizio finanziario ormai concluso, contrasterebbe con il principio dell’annualità del bilancio di cui all’art. 81, quarto comma, Cost.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana la quale, in via preliminare, evidenzia che, sebbene il ricorso investa l’intera legge regionale n. 33 del 2020, le argomentazioni e le censure promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri non potrebbero riferirsi a tutte le disposizioni in essa contenute e in particolare all’art. 4 (rubricato «Modifiche all’articolo 3 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 in materia di stabilizzazione del personale precario»), che non avrebbe contenuto finanziario.
Quanto alle censure rivolte all’art. 3 della legge regionale impugnata, osserva la Regione che tale disposizione sarebbe stata adottata sul presupposto che fosse approvata la modifica dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 nel testo già evaso dalla Commissione paritetica nella seduta del 24 novembre 2020, il quale prevedeva, per l’esercizio 2020, il rinvio delle quote di copertura del disavanzo 2018 all’anno successivo a quello di conclusione del periodo di ripiano originariamente previsto. Tale previsione avrebbe consentito di disporre delle risorse destinate al ripiano del disavanzo potendole così utilizzare per altre spese.
Il difetto di copertura scaturito dalla nuova formulazione del citato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 sarebbe stato rimosso dal legislatore regionale attraverso l’utilizzazione delle risorse di cui all’art. 111 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito.
2.1.– Afferma inoltre la Regione che la legge di stabilità regionale 2021-2023 (legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9, recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale»), in corso di pubblicazione al momento dell’instaurazione del giudizio dinanzi a questa Corte, all’art. 110 avrebbe apportato alcune abrogazioni e modifiche alle leggi della Regione Siciliana n. 33 del 2020, n. 36 del 2020 e n. 1 del 2021. In particolare, l’art. 110 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, ai commi 3, 6 e 7, avrebbe disposto variazioni di bilancio con effetti sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel conto del bilancio del 2020.
Infine, la resistente fa osservare che, con l’art. 3, comma 6, della legge della Regione Siciliana 13 dicembre 2022, n. 18 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2022-2024), è stato abrogato l’art. 3 della legge regionale impugnata.
Tali interventi legislativi, ad avviso della difesa regionale, sarebbero risolutori della questione di legittimità costituzionale in esame, motivo per cui, nel corso dell’udienza pubblica, la stessa difesa ha chiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere.
3.– L’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto di non accedere alla richiesta formulata dalla Regione e ha confermato in udienza le proprie censure chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intera legge impugnata oppure che fosse disposto il rinvio del giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’intera legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., per violazione del principio dell’obbligo di copertura della spesa.
La legge regionale impugnata prevede una pluralità di misure eterogenee e dispone variazioni al bilancio della Regione Siciliana per l’esercizio 2020, i cui oneri avrebbero dovuto trovare copertura nel risparmio derivante dal rinvio del recupero del disavanzo dell’esercizio 2018 per la quota di pertinenza dell’esercizio 2020; detta operazione era connessa a una proposta di modifica dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019.
Tale modalità di copertura della spesa, ad avviso del ricorrente, non sarebbe costituzionalmente legittima in quanto del tutto ipotetica; infatti, la modifica del citato art. 7, così come operata dall’art. l del d.lgs. n. 8 del 2021, non è avvenuta nel senso atteso dalla Regione, prevedendo invece il rinvio del ripiano del disavanzo pregresso nell’esercizio 2021 e non nel 2020. Ne sarebbe conseguita la mancanza di copertura degli oneri derivanti dalla legge regionale impugnata.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la previsione di cui all’art. 3 della legge regionale in esame non avrebbe potuto costituire idoneo mezzo di copertura finanziaria in cogenza dell’allora vigente art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, che non consentiva di procrastinare il recupero del disavanzo accertato negli esercizi precedenti.
Facendo affidamento sulla successiva approvazione di una modifica legislativa, la legge regionale impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost., secondo cui la copertura finanziaria deve essere certa e attuale.
Inoltre, anche la copertura “alternativa” prevista nella clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 3 della legge regionale impugnata violerebbe l’art. 81, terzo comma, Cost. in quanto non sufficiente a garantire l’integrale copertura degli oneri scaturenti dalla legge regionale in esame.
Precisa, altresì, il ricorrente che i profili di illegittimità costituzionale rilevati non potrebbero essere superati dalla successiva legge reg. Siciliana n. 1 del 2021 la quale, all’art. 7, ha disposto variazioni finanziarie riferite all’esercizio 2020, posto che tale legge sarebbe intervenuta a esercizio finanziario ormai concluso.
Da ciò conseguirebbe l’illegittimità costituzionale dell’intera legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 per violazione dell’obbligo di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.
2.– Preliminarmente occorre esaminare quanto rilevato dalla difesa regionale in ordine al fatto che le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, incentrate sull’art. 3 della legge regionale impugnata, non potrebbero estendersi all’intera legge e in particolare all’art. 4 (rubricato «Modifiche all’articolo 3 della legge regionale 29 dicembre 2016, n 27 in materia di stabilizzazione del personale precario») che non avrebbe «alcun rilievo in relazione al profilo di carattere prettamente finanziario contestato».
In punto di ammissibilità delle questioni promosse, deve evidenziarsi che l’impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri investe l’intera legge regionale, composta, come detto, di cinque articoli. Questa Corte ha chiarito che se «è inammissibile l’impugnativa di una intera legge ove ciò comporti la genericità delle censure che non consenta la individuazione della questione oggetto dello scrutinio di costituzionalità», sono, invece, ammissibili le impugnative contro intere leggi caratterizzate da normative tutte coinvolte dalle censure (tra le tante, sentenze n. 128 del 2020, n. 247 del 2018, n. 14 del 2017 e n. 141 del 2010).
Nel caso in esame tutte le censure riguardano il difetto di copertura ex art. 81, terzo comma, Cost. delle disposizioni contenute nella legge regionale impugnata.
In particolare, l’art. 4 in esame stabilisce che: «1. Al comma 8 dell’articolo 3 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 e successive modificazioni dopo le parole “da parte dei comuni” sono aggiunte le parole “e degli enti di area vasta”, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle parole “31 dicembre 2021” e le parole “a decorrere dal 2021” sono sostituite dalle parole “a decorrere dal 2022”».
Non può essere condiviso l’assunto della Regione secondo cui tale disposizione non ha contenuto finanziario e non comporta oneri a carico della Regione in quanto, essa, modificando il comma 8 dell’art. 3 della legge reg. Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario), da un lato, allarga la platea dei soggetti interessati al processo di stabilizzazione del personale precario ricomprendendovi anche gli enti di area vasta; dall’altro, procrastina il termine entro il quale tale processo deve essere concluso, la cui mancata osservanza comporta la riduzione delle assegnazioni ordinarie della Regione in favore di detti enti.
Tali previsioni hanno indubbiamente una ricaduta finanziaria non solo sul bilancio degli enti presso i quali deve essere stabilizzato il personale precario, ma anche sul bilancio della Regione la quale contribuisce finanziariamente alla stabilizzazione del predetto personale. Per tale motivo, l’art. 4 va scrutinato insieme alle altre disposizioni della legge regionale impugnata.
3.– La questione di legittimità costituzionale della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020, promossa in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., è fondata.
La legge regionale in esame si compone di cinque articoli più gli Allegati: l’art. 1 dispone il rifinanziamento di autorizzazioni di spesa e la riduzione di altre; l’art. 2 introduce variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio 2020 e per il triennio 2020-2022; l’art. 3 contiene una clausola di salvaguardia per la copertura degli oneri derivanti dalla legge stessa; l’art. 4 contiene disposizioni in materia di stabilizzazione del personale precario dei comuni e degli enti di area vasta; l’art. 5 dispone la pubblicazione e l’entrata in vigore della legge.
Gli oneri derivanti dalla impugnata legge regionale sono quantificati dall’art. 3 (rubricato «Clausola di salvaguardia») in euro 421.889.971,86, importo corrispondente alla quota di disavanzo pregresso di pertinenza dell’esercizio 2020 da differire. Più precisamente, tale disposizione prevede che: «1. In caso di mancata approvazione delle modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, determinate dalla Commissione paritetica in data 24 novembre 2020 ed attualmente all’esame del Consiglio dei Ministri, che prevedono il differimento delle quote del 2020 relative al recupero del disavanzo, pari ad euro 421.889.971,86, gli oneri della presente legge, per l’importo di euro 351.753.973,32, trovano copertura a valere sulle risorse non ancora utilizzate di cui all’articolo 111 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e successive modificazioni».
3.1.– Il richiamato art. 3 prevede due distinte modalità di copertura degli oneri scaturenti dalla legge regionale impugnata, la seconda in via subordinata.
La prima si fonda su una ipotetica futura modifica dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 da parte del legislatore statale che, al momento dell’emanazione della legge regionale, non era intervenuta. Tale previsione, proprio per il suo carattere aleatorio, non poteva costituire la base di una valida e certa copertura della spesa. Peraltro, quando il legislatore statale è intervenuto – con l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 8 – nel modificare l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, a esercizio 2020 ormai concluso, lo ha fatto in modo diverso da quello ipotizzato dal legislatore regionale.
La richiamata disposizione statale sopravvenuta, difatti, diversamente da quanto previsto dalla Commissione paritetica del 24 novembre 2020, stabilisce: «1. All’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, le parole “non potranno essere ripianate oltre il limite massimo di dieci esercizi” sono sostituite dalle seguenti: “saranno ripianate in dieci esercizi” ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Per far fronte agli effetti negativi derivanti dall’epidemia da Covid-19, le quote di copertura del disavanzo accertato con l’approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell’esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale annualità, all’anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto”».
Questa Corte ha precisato che «“[…] ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte”» (ex multis, sentenze n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013), e che «[a]nche le autonomie speciali sono tenute […] a indicare la copertura finanziaria delle leggi che prevedono nuovi o maggiori oneri a carico della loro finanza e della finanza di altre amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 81, terzo comma, Cost.» (sentenza n. 190 del 2022).
D’altra parte, il rinvio del recupero del disavanzo 2018 previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, come modificato dal legislatore statale con l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 8 del 2021, rappresenta una misura eccezionale adottata per fronteggiare una situazione emergenziale, non certo per consentire una dilatazione della spesa corrente e allargare la forbice del disavanzo.
È evidente, pertanto, che la Regione Siciliana non potesse utilizzare le somme destinate a ripianare il disavanzo 2018 per coprire le spese previste dalla legge regionale impugnata, posto che nell’esercizio 2020 non è stato consentito il rinvio del ripiano del disavanzo.
3.2.– La modalità alternativa di copertura prevista in via subordinata dall’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 stabilisce che gli oneri derivanti dalla stessa legge sono finanziati con le risorse «non ancora utilizzate» di cui all’art. 111 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito.
Tale disposizione – in attuazione degli accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – stanzia risorse a favore degli enti territoriali «[a]l fine di garantire alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano il ristoro della perdita di gettito connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19» per evitare perturbazioni negli equilibri dei rispettivi bilanci. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente, sono individuati criteri e modalità di riparto delle risorse sulla base della perdita di gettito al netto delle minori spese valutata dal tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze in relazione alla situazione di emergenza e tenendo conto delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese.
Le risorse previste dal citato art. 111 rappresentano, dunque, una misura straordinaria, finalizzata a ripristinare l’equilibrio dei bilanci degli enti territoriali che, nel periodo della pandemia, si erano visti diminuire le entrate fiscali a causa del blocco delle attività commerciali e industriali e incrementare le spese di carattere sociale e sanitario.
Proprio in ragione di ciò, tali risorse non possono essere impiegate per sostenere oneri ulteriori e diversi, che finiscono per ampliare la spesa corrente e incrementare il disavanzo.
L’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020, inoltre, fa riferimento a tali risorse in modo generico, individuandole come «risorse non ancora utilizzate», senza dare contezza della loro effettiva consistenza. Ciò rende la copertura incerta e non definita, priva di quella chiarezza finanziaria minima richiesta in riferimento all’art. 81 Cost. (ex multis, sentenza n. 227 del 2019), e insuscettibile di essere correttamente correlata alla dimensione finanziaria degli oneri derivanti dalla legge regionale impugnata (in tal senso, sentenza n. 51 del 2013).
Neppure la previsione alternativa di cui all’art. 3 della legge regionale impugnata è, dunque, compatibile con i canoni costituzionali della correttezza e validità della copertura della spesa, determinando, in tal modo, l’illegittimità costituzionale dell’intera legge regionale per violazione del precetto contenuto nell’art. 81, terzo comma, Cost.
Come questa Corte ha più volte sottolineato, «la copertura finanziaria delle spese deve indefettibilmente avere un fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe sufficiente inserire qualsiasi numero nella parte attiva del bilancio per realizzare nuove o maggiori spese» (sentenza n. 197 del 2019). Si è già rilevato, in precedenza, che «copertura economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse: nel sindacato di costituzionalità copertura finanziaria ed equilibrio integrano “una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l’antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto costituzionale”», infatti, «“la forza espansiva dell’art. 81, quarto [oggi terzo] comma, Cost., presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile” (sentenza n. 192 del 2012)» (sentenze n. 274 del 2017 e n. 184 del 2016).
Peraltro, già in precedenza è stato ribadito che «l’art. 81, [terzo] comma della Costituzione, pone il principio fondamentale della copertura delle spese, richiedendo la contestualità tanto dei presupposti che giustificano le previsioni di spesa quanto di quelli posti a fondamento delle previsioni di entrata necessarie per la copertura finanziaria delle prime» (sentenza n. 213 del 2008).
Questa Corte ha precisato altresì che la stima e la copertura in sede preventiva devono essere effettuate «secondo le regole dell’esperienza e della pratica contabile, salvaguardan[d]o la gestione finanziaria delle inevitabili sopravvenienze passive che conseguono all’avvio di nuove attività e servizi (sentenza n. 115 del 2012)» (sentenza n. 192 del 2012).
Inoltre, una legge complessa come quella in esame, che prevede molteplici misure eterogenee – quali, ad esempio, spese per il personale, spese per l’esecuzione di lavori e opere pubbliche, spese per servizi di advisory tecnico-finanziari, ricostituzione del fondo previdenziale dell’Istituto regionale del vino e dell’olio ed altro –, avrebbe dovuto «essere corredata, quantomeno, da un quadro degli interventi integrati finanziabili, dall’indicazione delle risorse effettivamente disponibili a legislazione vigente, da studi di fattibilità di natura tecnica e finanziaria e dall’articolazione delle singole coperture finanziarie, tenendo conto del costo ipotizzato degli interventi finanziabili e delle risorse già disponibili» (ex plurimis, sentenza n. 227 del 2019).
3.3.– Con riguardo alla normativa regionale sopravvenuta, si osserva che il vizio di legittimità costituzionale della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 non può, contrariamente a quanto ipotizzato dalla difesa regionale, considerarsi sanato dall’art. 7 della successiva legge reg. Siciliana n. 1 del 2021, con il quale la Regione ha disposto variazioni finanziarie alla legge regionale impugnata, posto che tale modifica legislativa è intervenuta nel 2021, a esercizio finanziario 2020 ormai concluso, e che lo stesso art. 7 è stato peraltro successivamente abrogato dall’art. 110 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
3.4.– Neppure la successiva abrogazione dell’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020, ad opera dell’art. 3, comma 6, della legge della Regione Siciliana 13 dicembre 2022, n. 18 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2022-2024) consente il superamento dei profili di legittimità costituzionale della legge in esame, la quale rimane priva di copertura.
L’abrogazione, tra l’altro, è intervenuta a due anni di distanza dalla chiusura dell’esercizio 2020 innestandosi su una situazione economico-finanziaria già definita e quindi non sanabile nei vizi conseguenti all’assenza di copertura di tutti gli interventi previsti.
Non può quindi essere accolta la richiesta della Regione Siciliana, avanzata in udienza, di cessazione della materia del contendere a fronte della non satisfattività delle modifiche normative intervenute.
Sul punto questa Corte ha da tempo precisato che caratteristica fondamentale del bilancio di previsione è quella di riferirsi alle operazioni finanziarie che si prevede si verificheranno durante l’esercizio e per le quali sono individuate le risorse necessarie. Infatti, soltanto riferendosi a un determinato arco di tempo, il bilancio può assolvere alle sue fondamentali funzioni, le quali, in ultima analisi, mirano ad assicurare il tendenziale equilibrio dell’ente e, in generale, la stabilità della finanza pubblica (sentenza n. 213 del 2008).
Il successivo intervento del legislatore regionale comporta un sostanziale svuotamento della funzione della programmazione, ontologicamente propria del bilancio di previsione, che si riflette anche sulla costruzione degli equilibri degli esercizi successivi. Dopo il termine dell’esercizio non è più consentito modificare provvedimenti o fatti gestori in parte entrata e in parte spesa in quanto ciò collide con gli inderogabili principi di annualità e intangibilità del bilancio (sentenza n. 184 del 2016).
Come affermato da questa Corte, il principio di continuità del bilancio «è una specificazione del principio dell’equilibrio tendenziale contenuto nell’art. 81 Cost., in quanto “collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato” (ex plurimis, sentenza n. 181 del 2015), consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la stabilità dei bilanci preventivi e successivi» (sentenza n. 49 del 2018).
Ciò comporta che la tenuta dei conti deve rispettare la sequenza temporale degli adempimenti legislativi e amministrativi afferenti al bilancio preventivo e consuntivo perché una sana gestione finanziaria deve tener conto della corretta determinazione della situazione economico-finanziaria da cui prende le mosse e a cui, successivamente, approda la gestione. Tale determinazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi, coinvolgendo l’equilibrio del bilancio il quale, a sua volta, «esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da perturbanti potenzialità di indeterminazione» (sentenza n. 89 del 2017).
La legge regionale impugnata, che ha previsto una pluralità di interventi e misure senza una adeguata programmazione e una idonea copertura finanziaria nell’esercizio di riferimento, «disattende con particolare gravità il valore del ciclo di bilancio, che assume rilievo come bene pubblico, ovvero come insieme di documenti capaci di informare con correttezza e trasparenza il cittadino sulle obbiettive possibilità di realizzazione dei programmi e sull’effettivo mantenimento degli impegni elettorali, “onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività”» (ex plurimis, sentenze n. 168 del 2022 e n. 184 del 2016).
Il fine ultimo del bilancio, difatti, è quello di comporre interessi diversi e potenzialmente confliggenti, anche attraverso scelte allocative finalizzate a realizzare l’effettivo esercizio dei diritti fondamentali, che devono trovare il giusto punto di equilibrio nel rispetto dei vincoli finanziari anche sovranazionali, oltre che del principio di equità intra e intergenerazionale (ex plurimis, sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019).
4.– Per i suesposti motivi, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge reg. Siciliana n. 33 del 2020 in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2020, n. 33 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Modifiche di norme in materia di stabilizzazione del personale precario).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2023
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA