Corte Costituzionale, Sentenza n.215 del 11/12/2023

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SENTENZA N. 215

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, nei procedimenti vertenti tra il Ministero dello sviluppo economico ed altri contro Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del Sud Est Sicilia ed altri, tra il Ministero dello sviluppo economico ed altri contro Pietro Agen ed altri, nonché tra Ministero dello sviluppo economico ed altri contro Giuseppe Giannone ed altri, con sentenza non definitiva del 30 marzo 2023, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Vistigli atti di costituzione di Pietro Agen, Riccardo Galimberti, Giuseppe Giannone, della Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura del Sud Est Sicilia e dell’Unione regionale delle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura della Sicilia, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

uditi l’avvocato Agatino Cariola per Pietro Agen, Riccardo Galimberti, Giuseppe Giannone, per la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del Sud Est Sicilia e per l’Unione regionale delle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura della Sicilia e l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 novembre 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con sentenza non definitiva iscritta al n. 69 del registro ordinanze 2023, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma, 97, secondo comma, 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106.

Il censurato comma 2 dell’art. 54-ter disciplina la fase transitoria che precede l’attuazione della riforma del sistema camerale regionale (prevista dal comma 1) e istituisce due nuove Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA): da un lato, quella di Catania e, dall’altro, quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani. La disposizione in esame stabilisce inoltre che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il presidente della Regione Siciliana, è nominato un commissario per ciascuna di queste nuove CCIAA.

2.– In primo luogo, il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata, inserita in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021, violi l’art. 77, secondo comma, Cost., essendo priva di omogeneità rispetto all’oggetto e alle finalità dell’originario decreto.

Inoltre, l’art. 54-ter, comma 2, è censurato per contrasto con l’art. 3 Cost., poiché conterrebbe una norma-provvedimento che avrebbe irragionevolmente modificato l’ordinamento delle CCIAA siciliane, introducendo un assetto che deroga alla disciplina generale, stabilita dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), nonché dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 (Attuazione della delega di cui all’articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura). Del resto, ad avviso del CGARS, il sistema previsto in via temporanea dalla disposizione censurata sarebbe differente anche rispetto a quello previsto in via definitiva dal comma 1 dello stesso art. 54-ter.

La transitorietà della disposizione censurata – destinata a operare nelle more della riorganizzazione delle CCIAA siciliane – e la conseguente successione di scelte organizzative contrastanti determinerebbero anche la violazione del principio di buon andamento, di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.

Infine, ad avviso del giudice a quo, il riordino delle CCIAA previsto dall’art. 54-ter, comma 2 – in quanto adottato unilateralmente dallo Stato, in assenza del necessario coinvolgimento della Regione Siciliana – violerebbe il principio di leale collaborazione.

3.– Nel giudizio a quo, il CGARS è chiamato a decidere sui ricorsi in appello proposti dal Ministero dello sviluppo economico (MISE), dalla Regione Siciliana e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da Pietro Agen più altri, per la riforma di tre sentenze, con le quali il Tribunale amministrativo regionale per la Regione Siciliana – in accoglimento dei ricorsi proposti da alcuni componenti del consiglio della CCIAA del Sud Est Sicilia – ha ritenuto illegittimo il decreto del MISE 30 marzo 2022, attuativo della disposizione censurata.

Con questo atto sono state istituite la CCIAA di Catania, da un lato, e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani, dall’altro lato, e sono stati nominati i relativi commissari. In primo grado, il TAR ha annullato il decreto ministeriale 30 marzo 2022, ritenendolo illegittimo poiché, nell’istituire le nuove CCIAA, avrebbe dovuto disciplinare il fenomeno successorio tra quelle precedenti e quelle di nuova costituzione.

Nel giudizio di appello, il CGARS ha accolto i ricorsi promossi dalle parti appellanti, ritenendo che la circostanza che il decreto ministeriale impugnato non regoli la successione dei rapporti giuridici e patrimoniali tra le CCIAA precedenti e quelle di nuova istituzione non determini in sé la sua illegittimità, né, conseguentemente, quella della nomina dei commissari.

3.1.– Il CGARS riferisce inoltre che gli originari ricorrenti hanno proposto appello incidentale e, tra i motivi dedotti, hanno eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, per contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost. Ad avviso del giudice a quo, le questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti, poiché l’impugnato decreto ministeriale 30 marzo 2022 è attuativo della disposizione censurata e la soluzione delle questioni di legittimità costituzionale relative alla normativa primaria, in base alla quale è stato adottato l’atto impugnato, costituisce il necessario presupposto della pronuncia di merito.

4.– Ad avviso del giudice a quo, la rilevanza delle questioni non sarebbe scalfita dalle modifiche apportate in primo luogo dall’art. 28, comma 3-bis, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», convertito, con modificazioni, nella legge 29 dicembre 2021, n. 233. La disposizione modificativa ha riguardato, in particolare, i criteri per la nomina dei commissari, mentre, sottolinea il CGARS, le questioni di legittimità costituzionale attengono all’istituzione delle nuove CCIAA.

4.1.– D’altra parte, sulla rilevanza delle questioni non influirebbero neppure le ulteriori modifiche apportate dall’art. 51-bis, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022, n. 91. Infatti, come osserva il giudice a quo, tali modifiche riguarderebbero la disciplina della successione fra enti e non inciderebbero sui profili di legittimità costituzionale evidenziati dal rimettente.

4.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il CGARS denuncia in primo luogo il contrasto dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, con l’art. 77, secondo comma, Cost., per mancanza di omogeneità rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge originario.

Il rimettente premette che il d.l. n. 73 del 2021, come convertito, è un provvedimento governativo a contenuto plurimo, determinato dalla necessità di introdurre misure di sostegno economico e di garantire la continuità nell’erogazione dei servizi da parte degli enti territoriali, al fine di superare le conseguenze derivanti dalla pandemia da COVID-19.

La disposizione censurata, inserita dalla legge di conversione n. 106 del 2021, reca invece una disciplina transitoria in vista del definitivo riordino delle CCIAA siciliane. Essa risponderebbe ad un’esigenza di carattere ordinamentale, volta a ridisegnare il sistema camerale della sola Regione Siciliana, e coinvolgerebbe solo indirettamente l’attività di impresa. Oltre a non trovare giustificazione nelle difficoltà finanziarie originate dall’emergenza pandemica, la disciplina in esame non risponderebbe agli obiettivi di superare tali criticità e di assicurare la continuità dei servizi dei soggetti pubblici esistenti.

In definitiva, l’art. 54-ter, comma 2, si porrebbe in contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., poiché estraneo rispetto al contenuto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021, come convertito (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 245 e n. 8 del 2022, n. 247 e n. 226 del 2019).

4.2.1.– In secondo luogo, il CGARS denuncia la violazione degli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost.

Al riguardo, il giudice a quo premette che la disposizione censurata rivestirebbe natura provvedimentale, poiché – con riferimento all’istituzione delle nuove CCIAA – essa impone all’amministrazione un obbligo di esecuzione, di cui sono predeterminati i tempi, il contenuto e le modalità. Le possibilità di scelta sarebbero limitate alla sola nomina del commissario, da individuare nell’ambito di determinate figure professionali.

Il giudice rimettente rileva che le leggi-provvedimento, pur non essendo in sé incompatibili con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione – poiché nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli organi amministrativi degli atti a contenuto particolare e concreto –, nondimeno devono soggiacere a uno scrutinio stretto di costituzionalità, sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 168 del 2020).

Sotto questo profilo, il CGARS evidenzia che l’assetto delineato dalla disposizione censurata si discosta sia dal modello delineato dall’art. 1 della legge n. 580 del 1993, che demanda alle stesse CCIAA l’iniziativa sull’organizzazione delle medesime, sia da quello configurato dall’art. 3 della legge n. 219 del 2016, che prevede un decreto ministeriale adottato con la compartecipazione di Unioncamere. Inoltre, la disposizione censurata si collocherebbe in una prospettiva opposta anche rispetto al sistema previsto dal comma 1 dello stesso art. 54-ter, che attribuisce rilievo alle sole determinazioni della Regione Siciliana. In definitiva, la disposizione censurata si porrebbe in linea di discontinuità sia con la disciplina precedente, sia con quella prevista in via definitiva dal comma 1 dell’art. 54-ter.

D’altra parte, la modifica organizzativa introdotta non sarebbe collegata a ponderate ragioni (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 26 del 2023), di cui possono essere portatrici le stesse CCIAA, che non risultano coinvolte nella scelta operata (salvo che per la nomina degli organi straordinari). Il sistema previsto dal legislatore statale trascurerebbe dunque la valutazione in concreto dell’attuale assetto delle CCIAA siciliane, sulla base dei risultati delle prestazioni rese e delle competenze esercitate nella gestione dei servizi amministrativi affidati.

Inoltre, non sarebbe rispettato il principio secondo cui le funzioni esercitate dalle CCIAA esigono una disciplina omogenea in ambito nazionale, posto che per la giurisprudenza costituzionale citata le stesse non sono «un arcipelago di entità isolate, ma costituiscono i terminali di un sistema unico di dimensioni nazionali che giustifica l’intervento dello Stato» (sentenza n. 261 del 2017).

Del resto, ad avviso del rimettente, la Regione Siciliana non vanterebbe una specifica competenza in questa materia e la sua posizione non giustificherebbe alcuna deroga all’esigenza di una disciplina unitaria (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 225 del 2019).

4.2.2.– L’irragionevolezza della disposizione censurata emergerebbe anche sotto un ulteriore profilo, connesso alla violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.

La definitiva riforma prevista dal comma 1 dell’art. 54-ter attribuisce rilievo alle sole determinazioni regionali, mentre il comma 2 contiene in sé la scelta organizzativa di istituire le due nuove CCIAA, sia pure in via provvisoria. Oltre che diversa dalla disciplina generale, in vigore sul rimanente territorio nazionale in ordine alle procedure di accorpamento delle CCIAA, la scelta compiuta nel comma 1 risulta quindi opposta a quella compiuta, in via transitoria, nel comma 2. D’altra parte, l’assetto delineato dalla disposizione censurata potrebbe essere successivamente modificato da quello adottato in via definitiva, in base al comma 1. Questa ulteriore modifica dovrebbe tra l’altro essere introdotta in tempi brevi, ossia entro il 31 dicembre 2023.

In questa successione di scelte organizzative, risulterebbe dunque priva di giustificazione la disciplina transitoria recata dalla disposizione censurata, destinata ad avere efficacia soltanto fino al definitivo riassetto di cui al comma 1. Ad avviso del giudice a quo, non sarebbe rinvenibile alcun motivo per il quale non si possa attendere l’introduzione della disciplina definitiva dell’assetto camerale siciliano. Il carattere vincolato della modifica e la sua transitorietà risulterebbero privi di giustificazione e di un idoneo collegamento con il regime definitivo. Ciò si porrebbe in contrasto con il principio del buon andamento e con l’«esigenza di continuità dell’azione amministrativa», di cui all’art. 97, secondo comma, Cost. (è richiamata ancora la sentenza n. 26 del 2023).

A questo riguardo, il CGARS osserva che le scelte organizzative e ordinamentali richiedono tempi e risorse perché divengano effettive. Sarebbero quindi irragionevoli interventi che non tengano conto delle implicazioni di modifiche che riguardano l’organizzazione di enti pubblici. Là dove – come nel caso in esame – non vi siano ragioni di urgenza che giustifichino scelte transitorie, esse dovrebbero essere definitive, al fine di non vanificare i costi e i tempi di attuazione e di non pregiudicare l’efficienza dell’azione pubblica e la certezza che deve accompagnare l’accesso dei cittadini alle amministrazioni.

4.2.3.– Infine, il giudice a quo denuncia l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata «per mancato rispetto del principio di leale collaborazione, in violazione dell’art. 117, commi terzo e quarto della Costituzione per non avere coinvolto la regione nella decisione presa».

Al riguardo, il giudice rimettente evidenzia che le CCIAA, per un verso, esercitano funzioni riconducibili alla competenza legislativa dello Stato e, per altro verso, svolgono compiti che riflettono competenze regionali. L’intervento del legislatore statale in questa materia è giustificato dalla finalità di razionalizzare la dimensione territoriale delle CCIAA e di perseguire una maggiore efficienza dell’attività da esse svolta. Ad avviso del rimettente, questi obiettivi possono essere perseguiti soltanto sulla base di un disegno unitario, elaborato a livello nazionale. Peraltro, il coinvolgimento di competenze regionali comporta che la disciplina statale sia posta nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (è richiamata ancora la sentenza n. 261 del 2017).

Nel caso in esame, la rideterminazione delle circoscrizioni territoriali delle CCIAA siciliane avrebbe dovuto essere decisa attraverso strumenti procedimentali di tipo collaborativo, che muovano dall’intesa tra lo Stato e la Regione. Viceversa, la modifica organizzativa introdotta dalla disposizione censurata non è stata preceduta da alcun coinvolgimento regionale. Né sarebbe sufficiente, a questo riguardo, la sola previsione dell’intesa in ordine alla nomina dei commissari delle nuove CCIAA.

5.– Con atto depositato il 12 giugno 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel presente giudizio, chiedendo che le questioni sollevate dal CGARS siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

5.1.– La difesa statale eccepisce l’inammissibilità della questione sollevata in riferimento alla violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., osservando che il rilievo della disomogeneità non costituisce un requisito costituzionalmente imposto e non può integrare in via automatica l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, dovendosi ritenere impropria ogni categorizzazione predeterminata del vizio (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 226 del 2019, n. 32 del 2014 e n. 186 del 2004).

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, i profili di disomogeneità dedotti dal giudice a quo non sarebbero sufficienti a sostenere la censura e ciò precluderebbe la valutazione sul merito. È richiamata la giurisprudenza costituzionale che non considera sufficiente neppure la «palese estraneità» della norma, qualora la stessa sia temperata dalla «comune natura» della materia oggetto del decreto-legge e della conseguente legge di conversione (sono citate le sentenze di questa Corte n. 226 del 2019 e n. 251 del 2014).

5.1.1.– Parimenti inammissibili risulterebbero le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost., in quanto formulate in termini perplessi.

Infatti, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, il giudice a quo non avrebbe chiarito se il vizio di legittimità costituzionale discenda dalla natura provvedimentale della disposizione di legge in esame, ovvero se esso concerna la violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. In quanto formulata in termini alternativi e incompleti, la questione sarebbe pertanto inammissibile (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 297 del 2009 e n. 421 del 2008).

5.2.– Nel merito, la difesa statale ritiene che la questione sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., non sia fondata, poiché la disposizione censurata sarebbe conforme all’oggetto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

Infatti, l’art. 54-ter, comma 2, in esame si limiterebbe a prevedere la riorganizzazione del sistema camerale della Regione Siciliana, al fine di arginare le conseguenze socio-economiche dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il riaccorpamento delle CCIAA, nel rispetto di indicatori di efficienza e di equilibrio economico, si presenterebbe infatti quale concreto sostegno agli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica. Le finalità dell’intervento in esame sarebbero dunque omogenee rispetto a quelle del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

5.2.1.– La difesa statale deduce inoltre la non fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. e al principio di ragionevolezza.

La disposizione censurata introdurrebbe una disciplina temporanea in attesa del definitivo riassetto territoriale delle CCIAA, previsto al comma 1. La ratio sottesa alla disciplina transitoria risiederebbe nell’esigenza di assicurare, tramite una disposizione provvedimentale, la continuità di erogazione dei servizi delle CCIAA nelle more dell’emergenza epidemiologica, così sostenendo gli operatori economici esercenti nel territorio siciliano, gravato da endemiche differenze economico-sociali.

La disciplina in esame sarebbe rispettosa dell’assetto stabilito dall’art. 3 del d.lgs. n. 219 del 2016, che prevedeva «la possibilità di istituire una Camera di commercio tenendo conto delle specificità geo-economiche dei territori e delle circoscrizioni territoriali di confine nei soli casi di comprovata rispondenza a criteri di efficienza e di equilibrio economico». Del resto, il decreto ministeriale 30 marzo 2022, impugnato nel giudizio a quo, non sarebbe l’unico ad aver accorpato le CCIAA per esigenze di efficienza e di sostegno socio-economico (sono richiamati i decreti del MISE 8 agosto 2017, recante «Rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, istituzione di nuove camere di commercio, e determinazioni in materia di razionalizzazione delle sedi e del personale», e 16 febbraio 2018, recante «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale»).

Pertanto, ad avviso della difesa statale, il nuovo assetto territoriale delle CCIAA configurato dall’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021 non sarebbe irragionevole, né eccentrico, sia nel rapporto tra il decreto-legge e la legge di conversione, sia con riferimento alla disciplina previgente.

5.2.2.– Sarebbe parimenti non fondata la violazione del principio di leale collaborazione.

Pur riconoscendo l’esistenza di un dovere di leale collaborazione nella configurazione delle circoscrizioni territoriali del sistema camerale, la difesa statale ritiene che nel caso in esame l’omesso coinvolgimento non determini l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata. Infatti, le procedure di collaborazione tra Stato e regioni interessate possono essere derogate in considerazione delle straordinarie ragioni di necessità e di urgenza sottese all’adozione del decreto-legge (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 247 del 2019 e n. 298 del 2009). Questa attività del Governo non potrebbe essere ostacolata da procedure collaborative che, per il tempo necessario al loro svolgimento, rischierebbero di far fallire la ratio sottesa alla decretazione d’urgenza.

La difesa statale sottolinea, infine, che la posizione della Regione Siciliana nel giudizio a quo è stata in linea con la posizione del MISE e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

5.3.– In prossimità dell’udienza pubblica, la difesa statale ha depositato una memoria illustrativa in cui ha ribadito le eccezioni preliminari di inammissibilità delle questioni, già formulate nell’atto di intervento.

Inoltre, nel merito, la difesa statale ha sottolineato che la ratio sottesa all’intervento in esame risiederebbe nell’esigenza di sostenere, senza soluzione di continuità, gli operatori economici del territorio siciliano, gravato al suo interno da endemiche differenze economico-sociali, aggravate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. In questa prospettiva, l’art. 54-ter, comma 2, condividerebbe la «comune natura» del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, di misura connessa all’emergenza pandemica, volta a sostegno delle imprese, del lavoro, dei giovani, della salute e dei servizi territoriali.

La disposizione censurata non sarebbe dunque disomogenea rispetto al decreto-legge in cui è inserita, né irragionevolmente eccentrica, né da un punto di vista interno (ossia nel rapporto tra decreto-legge e legge di conversione), né da un punto di vista esterno (ossia rispetto alla disciplina previgente). Conseguentemente, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma, e 97 Cost. non sarebbero fondate.

La difesa statale ha infine ribadito la non fondatezza della censura relativa alla violazione del principio di leale collaborazione, osservando che le procedure collaborative possono essere derogate dalle straordinarie ragioni di necessità e urgenza sottese all’adozione del decreto-legge (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 298 del 2009).

6.– Con tre separati atti, di analogo tenore letterale, si sono costituiti in giudizio – quali parti appellate e appellanti incidentali nel giudizio a quola CCIAA del Sud Est Sicilia, l’Unione regionale delle Camere di commercio, industria artigianato e agricoltura della Sicilia (Unioncamere), nonché Pietro Agen e altri, già componenti del consiglio della stessa CCIAA del Sud Est Sicilia.

Le parti hanno chiesto che siano accolte le questioni sollevate dal CGARS e che, in via conseguenziale, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo anche il comma 1 dell’art. 54-ter del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

6.1.– Dopo avere analiticamente illustrato l’evoluzione normativa del sistema camerale siciliano, sia precedente, sia successiva alla disposizione censurata, nonché la vicenda amministrativa e processuale che ha preceduto la pronuncia con cui il CGARS ha sollevato le questioni in esame, le parti appellate condividono le censure formulate dal giudice a quo in ordine all’irragionevolezza della disposizione censurata e al contrasto con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.

Ad avviso delle parti, nell’organizzazione del sistema camerale non sarebbero ammissibili norme di carattere provvedimentale, che abbiano riguardo soltanto a talune CCIAA o a alcune parti del territorio nazionale. La disciplina statale dovrebbe limitarsi a porre disposizioni di principio, valevoli per tutto il sistema camerale italiano. D’altra parte, nel caso in esame non sarebbero neppure ravvisabili possibili «specificità geo-economiche dei territori», tali da giustificare la modifica delle circoscrizioni territoriali delle sole CCIAA siciliane.

Sotto un diverso profilo, la violazione dell’art. 3 Cost. andrebbe altresì ravvisata nel distacco dal modello posto dall’art. 3 del d.lgs. n. 219 del 2016, che ha previsto un procedimento in cui la proposta di modifica delle circoscrizioni territoriali è formulata da Unioncamere. Il contrasto con questa disposizione, che costituisce principio fondamentale, violerebbe il principio di uguaglianza e non sarebbe rispettoso né dell’autonomia regionale, né di quella riconosciuta al sistema camerale e al suo organo esponenziale, Unioncamere.

6.2.– Le parti lamentano inoltre la violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost., poiché la provvisorietà della disciplina censurata, più volte modificata nell’arco di pochi mesi, comporterebbe ripetute trasformazioni delle CCIAA siciliane che rappresentano oltre la metà del territorio regionale. Da ciò deriverebbero incertezze gestionali, stasi amministrative e difficoltà applicative, in violazione del principio di buon andamento e della necessità di individuare con immediatezza compiti e responsabilità degli uffici.

Il principio di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., sarebbe violato anche sotto un ulteriore profilo. Con l’assegnazione al Ministro del potere di nomina dei commissari, la disposizione censurata attribuirebbe all’organo di governo il potere di gestione amministrativa dell’ente pubblico, vanificando quella distinzione tra politica e amministrazione, che è a fondamento del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e in particolare dei suoi artt. 1, comma 2, 4 e 21.

Nell’attribuire al Ministro il potere di nomina dei commissari, la disposizione censurata evidenzierebbe la natura politica della relativa scelta, in contrasto con il principio di imparzialità e con la regola del concorso per l’accesso ai pubblici uffici.

6.3.– Le parti lamentano inoltre la violazione degli artt. 24, 25, 103 e 113 Cost.

Esse evidenziano che, sulla base del sistema precedente, configurato dalla legge n. 580 del 1993 e dal d.lgs. n. 219 del 2016, la decisione sulla delimitazione territoriale delle CCIAA era assunta con un atto amministrativo. Questa «riserva d’amministrazione» era coerente con il riconoscimento dell’autonomia di ogni CCIAA e di Unioncamere. Viceversa, nel definire direttamente le circoscrizioni territoriali di alcune CCIAA siciliane, la disposizione legislativa censurata violerebbe questa riserva di amministrazione, impedendo che sulla vicenda si eserciti il sindacato del giudice amministrativo, che è il giudice naturale di queste controversie.

6.4.– Le parti lamentano inoltre l’invasione della competenza legislativa statutaria in materia di industria e commercio, di cui la Regione Siciliana è titolare in base agli artt. 14, lettera d), e 17 del regio decreto legge 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché agli artt. 2 e 3 del d.P.R. 5 novembre 1949, n. 1182 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana nelle materie relative all’industria ed al commercio), che assegnano all’Assessorato regionale per l’industria e il commercio lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e tutela sulle CCIAA del territorio regionale.

Gli artt. 14, 17 e 43 dello statuto speciale stabiliscono il riparto delle competenze statali e regionali, rimettendone la concreta attuazione ai decreti legislativi adottati dal Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione paritetica. Ad avviso delle parti, la disposizione censurata avrebbe modificato questo assetto, stabilito dal richiamato d.P.R. n. 1182 del 1949, e avrebbe così violato una competenza esclusiva regionale e riservata ai decreti legislativi di attuazione dello statuto speciale.

In definitiva, ad avviso delle parti, lo Stato non potrebbe sostituirsi alla Regione Siciliana nel definire le circoscrizioni territoriali delle CCIAA. Il medesimo vizio sarebbe da riferire anche all’art. 1, comma 25-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15.

6.5.– Sarebbe inoltre violato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, poiché la modifica delle circoscrizioni territoriali delle CCIAA avrebbe dovuto essere decisa attraverso procedimenti di tipo collaborativo (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 169 del 2020, n. 261 del 2017 e n. 251 del 2016).

6.6.– Le parti condividono le censure del rimettente relative alla violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., per difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, rispetto al contenuto del decreto-legge in cui tale disposizione è stata inserita.

Del resto, la circostanza che, con il successivo d.l. n. 152 del 2021, come convertito, la decadenza degli organi delle CCIAA preesistenti sia stata “agganciata” alla finalità di realizzare gli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza non varrebbe a sanare il vizio di illegittimità costituzionale della disposizione censurata, come rilevato dal Presidente della Repubblica nella nota inviata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione della promulgazione della legge n. 106 del 2021, di conversione del d.l. n. 73 del 2021.

Ad avviso delle parti, i medesimi rilievi sarebbero parimenti riferibili all’art. 28 del d.l. n. 152 del 2021, come convertito, che ha modificato la disposizione censurata. Neppure questa ulteriore modifica varrebbe a sanarne l’illegittimità costituzionale, che anzi travolgerebbe anche la disposizione più recente (al riguardo è richiamata la sentenza di questa Corte n. 29 del 1985).

6.7.– L’art. 77, secondo comma, Cost. sarebbe violato anche per l’assenza delle ragioni di necessità ed urgenza. Ciò emergerebbe già dalla considerazione che l’intervento normativo è stato deciso in sede di conversione in legge e non in occasione dell’adozione del decreto-legge. Le ragioni di urgenza a fondamento del decreto-legge non sarebbero rinvenibili né nell’originario testo dell’art. 54-ter del d.l. n. 73 del 2021, né in quello risultante dalle successive modificazioni, apportate dal d.l. n. 152 del 2021 e dal d.l. n. 228 del 2021, come convertiti. Ciò sarebbe dimostrato anche dai ripetuti rinvii del termine per l’attuazione del riassetto del sistema camerale siciliano.

6.8.– La disposizione censurata violerebbe inoltre gli artt. 2 e 41 Cost., l’art. 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE) e l’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Osservano le parti che – nel disporre gli accorpamenti e le separazioni delle CCIAA siciliane – l’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, sarebbe lesivo dell’autonomia funzionale di cui godono le CCIAA, che costituiscono espressione delle associazioni di categoria del mondo imprenditoriale. La soluzione legislativa finirebbe per gravare su queste formazioni sociali, violando l’autonomia di cui esse godono ai sensi dell’art. 2 Cost.

Inoltre, la limitazione posta agli operatori economici, quanto alla scelta del territorio su cui operare, violerebbe anche la libertà di iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., e la libertà di stabilimento, di cui agli artt. 3 del TUE e 49 del TFUE.

6.9.– Le parti lamentano altresì la violazione dell’art. 118 Cost. e del principio di sussidiarietà, perché con la disposizione censurata lo Stato avrebbe modificato “dall’alto” le circoscrizioni territoriali delle CCIAA siciliane.

Nell’art. 54-ter mancherebbe un «disegno unitario, elaborato a livello nazionale» e difetterebbe quindi un presupposto fondamentale per l’attrazione in sussidiarietà al livello statale, ammissibile solo in presenza di un interesse insuscettibile di frazionamento, allorquando risultino inidonee le misure predisposte ai minori livelli di governo.

6.10.– Infine, le parti chiedono che, in via consequenziale, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo anche il comma 1 dello stesso art. 54-ter.

I medesimi argomenti illustrati a sostegno delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, sarebbero infatti riferibili anche al comma 1, da intendersi quale norma presupposta, del tutto funzionale all’applicazione della disposizione censurata.

Stante l’intrinseca connessione dei due commi in esame, l’accoglimento delle questioni relative alla disposizione censurata determinerebbe il carattere «sbilanciato e monco» della disciplina residua del comma 1, di cui dovrebbe dunque essere dichiarata in via consequenziale l’illegittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

6.11.– In prossimità dell’udienza pubblica, Pietro Agen e altri hanno depositato una memoria in cui hanno sottolineato la persistenza del requisito della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, anche alla luce della successiva applicazione dell’art. 54-ter, comma 1, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, nel contesto siciliano.

La difesa delle parti ha ribadito gli argomenti già illustrati nell’atto di costituzione a sostegno dell’ammissibilità e della fondatezza delle questioni sollevate dal CGAR, insistendo per l’accoglimento delle stesse.

Infine, la difesa delle parti ha insistito affinché, in via consequenziale, sia dichiarata l’illegittimità costituzionale anche del comma 1 dello stesso art. 54-ter.

6.12.– Anche la CCIAA del Sud Est Sicilia, in prossimità dell’udienza pubblica, ha depositato una memoria in cui ha richiamato gli argomenti, già illustrati nel proprio atto di costituzione, a sostegno dell’accoglimento delle questioni sollevate dal CGARS.

La difesa della parte ha osservato inoltre come la proroga del termine per l’attuazione della riforma delle CCIAA siciliane, così come le ripetute modifiche del suo contenuto normativo, costituiscano una sostanziale elusione del divieto di reiterazione dei decreti-legge.

D’altra parte, la successione degli interventi modificativi di questa disciplina dimostrerebbe il carattere sostanzialmente unitario dell’art. 54-ter del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, e la necessità di dichiarare illegittimo, in via consequenziale, anche il comma 1 di tale disposizione.

Considerato in diritto

1.– Con la sentenza non definitiva indicata in epigrafe, il CGARS ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma, 97, secondo comma, 117, terzo e quarto comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

La disposizione censurata disciplina la fase transitoria che precede l’attuazione della riforma del sistema camerale della Regione Siciliana, prevista dal comma 1. Essa prevede l’istituzione – «anche mediante accorpamento e ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle camere di commercio esistenti» – di due nuove CCIAA, in particolare quella di Catania e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani e stabilisce inoltre che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il presidente della Regione Siciliana, è nominato un commissario per ciascuna di queste nuove CCIAA.

2.– In primo luogo, il giudice a quo ritiene che la disposizione in esame, inserita in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021, violi l’art. 77, secondo comma, Cost., essendo priva di omogeneità rispetto all’oggetto e alle finalità di questo decreto.

Inoltre, l’art. 54-ter, comma 2, è censurato per contrasto con l’art. 3 Cost., poiché si tratterebbe di una norma-provvedimento che avrebbe irragionevolmente modificato l’ordinamento delle CCIAA siciliane, introducendo un assetto che deroga alla disciplina stabilita in via generale dalla legge n. 580 del 1993 e dal d.lgs. n. 219 del 2016. D’altra parte, ad avviso del CGARS, il sistema previsto in via transitoria dalla disposizione censurata sarebbe differente anche rispetto a quello previsto in via definitiva dal comma 1 dello stesso art. 54-ter del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.

La transitorietà della disposizione censurata – destinata a operare nelle more della riorganizzazione delle CCIAA siciliane – e la conseguente successione di scelte organizzative contrastanti determinerebbero anche la violazione del principio di buon andamento, di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.

Infine, ad avviso del giudice a quo, il riordino delle CCIAA previsto dalla disposizione censurata – in quanto adottato unilateralmente dallo Stato, in assenza del necessario coinvolgimento della Regione Siciliana – violerebbe il principio di leale collaborazione.

3.– In via preliminare, va rilevato che non possono essere presi in considerazione gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale prospettati dalle parti costituite in giudizio.

Essi investono il dedotto contrasto dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, con parametri costituzionali diversi rispetto a quelli evocati dal giudice a quo, ossia con gli artt. 2, 24, 25, 41, 77, secondo comma, 103, 113, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., con gli artt. 14, lettera d), e 17 dello statuto regionale, nonché con l’art. 3 del TUE e l’art. 49 TFUE.

Tutti questi profili di illegittimità costituzionale si pongono al di fuori del perimetro tracciato dall’atto di rimessione. Questa considerazione vale anche riguardo al contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., che ad avviso delle parti deriverebbe dal difetto dei requisiti della necessità e urgenza del d.l. n. 73 del 2021 (oltre che dalla mancanza di omogeneità della norma censurata rispetto all’impianto dell’originario decreto-legge, come denunciato dal giudice a quo). Sebbene la disposizione censurata ed il parametro evocato siano formalmente gli stessi, questi argomenti illustrati dalle parti private in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., introducono un motivo di illegittimità costituzionale diverso e ulteriore rispetto a quello fatto proprio dal giudice a quo.

In quanto volti ad allargare il themadecidendum, nessuno di questi profili può essere esaminato nel merito. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nell’ordinanza di rinvio e che non possono, pertanto, essere presi in considerazione, oltre i limiti in questa fissati, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto della stessa ordinanza (tra le più recenti, sentenze n. 161 e n. 63 del 2023; n. 228, n. 198 e n. 186 del 2022).

4.– Ancora in via preliminare, occorre rilevare che le successive modifiche dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, non impongono la restituzione degli atti al rimettente.

Per giurisprudenza costituzionale costante, lo iussuperveniens che incida solo parzialmente sulla norma della cui legittimità costituzionale si dubita, senza mutare i termini della questione, per come è stata posta dal giudice a quo, non impone la restituzione degli atti (ex multis, sentenze n. 30 del 2021 e n. 203 del 2016).

Nel caso in esame, dapprima l’art. 28, comma 3-bis, del d.l. n. 152 del 2021 ha modificato la disposizione censurata, nella parte in cui sono disciplinati i criteri per la nomina dei commissari delle nuove CCIAA siciliane. Come rilevato dal giudice a quo, il contenuto di queste modifiche non altera la sostanza normativa della disposizione oggetto di sindacato e non influisce sulla rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, che attengono invece all’istituzione delle nuove CCIAA e alla definizione delle relative circoscrizioni territoriali.

D’altra parte, sulla rilevanza delle questioni non incidono neppure le ulteriori modifiche apportate dall’art. 51-bis, comma 1, del d.l. n. 50 del 2022. Anche in questo caso, infatti, si tratta di modifiche che riguardano l’estensione dei poteri dei commissari delle nuove CCIAA, ma non incidono sulla previsione dell’istituzione dei nuovi enti camerali siciliani, che forma oggetto delle questioni sollevate dal CGARS.

5.– Per ragioni di ordine logico, va esaminata per prima la questione sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., che assume carattere pregiudiziale, poiché attiene ai presupposti del corretto esercizio della funzione normativa primaria (sentenze n. 151 del 2023, n. 8 del 2022, n. 30 del 2021, n. 186 e n. 115 del 2020, n. 288 e n. 247 del 2019, n. 189 del 2018 e n. 169 del 2017).

A sostegno di questo motivo di illegittimità costituzionale, il giudice a quo denuncia il difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, rispetto al contenuto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021, in cui la disposizione censurata è stata inserita in sede di conversione in legge.

5.1.– Non è fondata, in primo luogo, l’eccezione, sollevata dalla difesa statale, di inammissibilità della questione per difetto di idonea motivazione in ordine ai dedotti profili di disomogeneità della disposizione censurata rispetto al d.l. n. 73 del 2021.

Va rilevato infatti che, in riferimento a questa censura, il CGARS si è soffermato criticamente sul difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, inserito dalla legge di conversione n. 106 del 2021, evidenziando, in particolare, che esso introduce una disciplina che non troverebbe giustificazione in alcuna delle molteplici finalità perseguite dal d.l. n. 73 del 2021, come convertito, né risponderebbe all’obiettivo di superare le difficoltà finanziarie originate dall’emergenza pandemica.

Ad avviso del giudice a quo, l’intervento volto al transitorio riassetto del sistema camerale siciliano non sarebbe funzionale agli obiettivi di superare le criticità connesse alla pandemia e di assicurare la continuità dei servizi dei soggetti pubblici esistenti. In definitiva, l’art. 54-ter, comma 2, si porrebbe in contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., poiché estraneo rispetto al contenuto e alle finalità del d.l. n. 73 del 2021.

Alla luce di quanto sopra, i contorni della censura in esame risultano chiari e niente affatto generici. L’atto di rimessione risulta adeguatamente argomentato in ordine alle ragioni del preteso contrasto della disposizione censurata con il parametro costituzionale evocato. L’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura generale dello Stato deve essere dunque respinta.

5.2.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., è fondata.

5.2.1.– Come si è accennato, a sostegno di questo motivo di illegittimità costituzionale il CGARS denuncia il difetto di omogeneità dell’art. 54-ter, comma 2, rispetto al contenuto e alle finalità dell’originario d.l. n. 73 del 2021, in cui tale disposizione è stata introdotta in sede di conversione in legge. La questione sollevata dal CGARS chiama, dunque, in gioco il requisito dell’omogeneità dei contenuti normativi introdotti dalla legge di conversione rispetto a quelli propri del decreto-legge.

5.2.2.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la legge di conversione riveste i caratteri di una fonte «funzionalizzata e specializzata», volta alla stabilizzazione del decreto-legge, con la conseguenza che non può aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli in esso presenti, ma può solo contenere disposizioni coerenti con quelle originarie dal punto di vista materiale o finalistico (da ultimo, sentenze n. 113 e n. 6 del 2023, n. 245 del 2022, n. 210 del 2021 e n. 226 del 2019), «essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare» (sentenze n. 245 del 2022, n. 210 del 2021, n. 226 del 2019: nello stesso senso, sentenze n. 145 del 2015, n. 251 e n. 32 del 2014).

Questa Corte ha infatti affermato «[l’]esigenza di preservare l’ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all’art. 72, primo comma, Cost. – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall’iter, peculiare e contratto, della legge di conversione» (sentenza n. 245 del 2022; sul punto, tra le molte, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008). Ciòsi pone in armonia con l’ulteriore giurisprudenza di questa Corte sull’uso improprio e strumentale del decreto-legge, volta ad evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e dalla centralità che è propria della legge ordinaria (tra le molte, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008).

Ne consegue il divieto, in sede di conversione, di alterare «l’omogeneità di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario», poiché «l’inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, o alle finalità di quest’ultimo, determina un vizio della legge di conversione in parte qua» (sentenza n. 32 del 2014).

La coerenza delle disposizioni aggiunte in sede di conversione rispetto alla disciplina originaria del decreto-legge può dunque essere valutata sia dal punto di vista oggettivo e materiale, sia dal punto di vista funzionale e finalistico (tra le molte, sentenze n. 30 del 2021, n. 247, n. 226 e n. 181 del 2019; ordinanze n. 204 e n. 93 del 2020).

Quanto poi ai decreti-legge a contenuto plurimo, eterogeneo ab origine, occorre infine considerare specificamente anche il profilo teleologico, cioè l’osservanza della ratio dominante che ispira l’intervento normativo d’urgenza (tra le molte, sentenze n. 8 del 2022, sentenze n. 30 del 2021, n. 149 del 2020, n. 115 del 2020, n. 247 del 2019, n. 244 del 2016, n. 154 del 2015 e n. 32 del 2014).

5.2.3.– Al fine di esaminare il contenuto della disposizione censurata occorre richiamare i tratti salienti del quadro normativo in cui essa si colloca.

L’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021 interviene nel processo di generale riassetto avviato dall’art. 10 della legge delega n. 124 del 2015, volto alla razionalizzazione e riduzione dei costi del sistema camerale attraverso la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle CCIAA, con conseguente riduzione del loro numero entro il limite di sessanta, mediante accorpamento di due o più enti camerali.

I principi e criteri direttivi posti dall’art. 10, lettera b), della suddetta legge delega hanno ricevuto attuazione con l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 219 del 2016, che ha stabilito la nuova procedura per l’accorpamento delle circoscrizioni territoriali e la modifica delle circoscrizioni esistenti, ferma restando la necessità di conservare l’equilibrio economico finanziario per ciascuna delle CCIAA interessate.

Per quanto riguarda il sistema camerale della Regione Siciliana, cui si riferisce la disposizione censurata, i procedimenti di accorpamento erano stati avviati ancor prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 219 del 2016 e avevano portato – su proposta degli enti camerali interessati e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni – all’istituzione della CCIAA di Catania, Ragusa e Siracusa della Sicilia orientale, in seguito denominata CCIAA del Sud Est Sicilia, con sede legale a Catania (decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 settembre 2015), e di quella di Agrigento, Caltanissetta e Trapani, con sede a Trapani (decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 aprile 2015).

A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 219 del 2016, i decreti del Ministro dello sviluppo economico 8 agosto 2017 e 16 febbraio 2018 hanno successivamente confermato le rispettive circoscrizioni territoriali di entrambi questi enti camerali della Regione Siciliana.

La disposizione censurata modifica questo assetto. Essa prevede, in via transitoria, in attesa della definitiva riorganizzazione del sistema camerale siciliano, l’istituzione, con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di due nuove CCIAA in sostituzione del precedente assetto, in particolare quella di Catania e quella di Ragusa, Siracusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani, in sostituzione del precedente assetto.

5.2.4.– Ciò posto, occorre verificare se questo contenuto della disposizione censurata, introdotta in fase di conversione, sia funzionalmente correlato all’originario d.l. n. 73 del 2021.

Si tratta di una valutazione che deve tenere conto di molteplici indicatori, individuati dalla giurisprudenza costituzionale nella coerenza della norma rispetto al titolo del decreto e al suo preambolo (sentenze n. 186 del 2020, n. 288 e n. 33 del 2019, n. 137 del 2018); nell’omogeneità contenutistica o funzionale della norma rispetto al complessivo apparato normativo del decreto-legge (sentenze n. 186 e n. 149 del 2020, n. 97 del 2019 e n. 137 del 2018); nello svolgimento dei lavori preparatori (sentenze n. 288 del 2019, n. 99 e n. 5 del 2018); nel carattere ordinamentale o di riforma della norma (sentenze n. 33 del 2019, n. 99 del 2018 e n. 220 del 2013).

5.2.4.1.– A questo fine va osservato che il d.l. n. 73 del 2021, nella sua originaria formulazione, ossia prima delle modifiche introdotte dalla legge di conversione, si componeva di 78 articoli, riconducibili a molteplici ambiti tematici. Oltre che dalla struttura normativa del decreto-legge, le rationes giustificative dell’intervento d’urgenza sono ricavabili dal titolo dello stesso («Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali»), nonché dal suo preambolo. Quest’ultimo fa riferimento alla necessità di introdurre «misure a sostegno dei settori economici e lavorativi più direttamente interessati dalle misure restrittive […] per la tutela della salute in connessione al perdurare dell’emergenza epidemiologica da Covid-19», nonché alla «straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure di sostegno alle imprese e all’economia, interventi a tutela del lavoro, della salute e della sicurezza, di garantire la continuità di erogazione dei servizi da parte degli Enti territoriali e di ristorare i settori maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19».

Gli interventi previsti dal d.l. n. 73 del 2021 si articolano dunque su molteplici linee di azione, espressamente indicate nei nove Titoli di cui esso si compone, che comprendono: sostegno alle imprese, all’economia e abbattimento dei costi fissi; accesso al credito e liquidità delle imprese; tutela della salute; lavoro e politiche sociali; sostegno agli enti territoriali; politiche per i giovani, la scuola e la ricerca, oltre ad alcune misure di carattere più settoriale in materia di cultura, di agricoltura e trasporti. Il d.l. n. 73 del 2021 si qualifica quindi come un provvedimento governativo ab origine a contenuto plurimo, volto alla finalità unitaria di introdurre misure di sostegno economico in svariati settori produttivi, in relazione alle conseguenze dell’emergenza epidemiologica.

Tra le disposizioni inserite in sede di conversione rientra l’art. 54-ter, collocato nel Titolo quinto del d.l. n. 73 del 2021, dedicato agli «Enti territoriali». Questo Titolo, fra l’altro, contiene disposizioni in materia di trasporto pubblico locale (art. 51), misure di sostegno all’equilibrio di bilancio degli enti locali (art. 52), interventi di sostegno alle famiglie per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche (art. 53), nonché disposizioni sulla restituzione di riserve alle Province autonome Trento e Bolzano (art. 54), sul contributo per il mancato incasso dell’imposta di soggiorno (art. 55), nonché sull’utilizzo da parte delle regioni e province di ristori già previsti da altre disposizioni (artt. 56 e 57).

Dai lavori preparatori della legge di conversione risulta che la disposizione censurata è stata introdotta nell’ambito dell’emendamento n. 11.26, approvato dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati nella seduta del 9 luglio 2021 (AC n. 3132 – XVIII Legislatura). In questa sede, l’art. 54-ter si mostrava già nella versione definitiva, poi confluita nel testo della legge di conversione, approvato dalla Camera il 22 luglio 2021.

5.2.5.– Come si è visto, l’art. 54-ter, comma 2, stabilisce, in via transitoria, un nuovo assetto del sistema camerale siciliano. Si tratta, nell’insieme, di un intervento che attiene alla configurazione e alla concreta operatività di alcune delle CCIAA siciliane, ossia di soggetti ab origine non considerati, nemmeno indirettamente, dall’originario decreto-legge, come dimostrato dal preambolo, dalle rubriche e dai contenuti normativi dei singoli articoli che lo componevano. La genesi della disposizione censurata evidenzia dunque la mancanza di un collegamento con alcuno degli originari ambiti di intervento del decreto-legge originario.

L’intervento in esame non è qualificabile, come sostiene la difesa statale, in termini di misura temporanea di sostegno ai settori produttivi maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. La disposizione censurata introduce infatti una nuova configurazione delle CCIAA siciliane, in vista della definitiva riorganizzazione del sistema camerale siciliano, da realizzare «nel rispetto degli indicatori di efficienza e di equilibrio economico nonché del numero massimo di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219» (art. 54-ter, comma 1, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito). Essa si prefigge una finalità di carattere ordinamentale, come quella già individuata dalla legge n. 124 del 2015 e dal d.lgs. n. 219 del 2016: prescinde dunque dall’emergenza pandemica e non si pone nell’ottica di interventi temporanei di sostegno alle imprese.

D’altra parte, l’elemento di correlazione non è rinvenibile nell’esigenza di assicurare la «continuità di erogazione dei servizi da parte degli Enti territoriali», richiamata nel preambolo. La disciplina introdotta dall’art. 54-ter, comma 2, risulta infatti del tutto estranea a questa finalità, non solo perché le CCIAA non sono qualificabili come enti territoriali, ma anche perché la disposizione censurata delinea un assetto che si discosta in modo significativo dal precedente, anche sul piano procedurale, prevedendo elementi di notevole discontinuità rispetto alla precedente configurazione delle CCIAA siciliane.

L’ambito di intervento e gli obiettivi perseguiti dall’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito – il transitorio riassetto del sistema camerale siciliano – rispondono, in definitiva, a finalità del tutto diverse rispetto a quelle proprie dell’originario decreto-legge. Tali obiettivi non appaiono riconducibili ad alcuna delle plurime rationes dell’atto del Governo.

5.2.6.– Va infine osservato che l’estraneità della disposizione censurata sia rispetto alle finalità perseguite dal d.l. n. 73 del 2021, sia rispetto alle materie che quest’ultimo disciplina, è stata anche sottolineata dal Presidente della Repubblica nella lettera inviata il 23 luglio 2021 ai Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione della promulgazione della legge di conversione.

5.2.7.– Dall’esame della genesi, del contenuto e della ratio della disposizione censurata emerge, pertanto, la sua palese estraneità rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui la stessa è stata inserita. Ciò evidenzia la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto del necessario requisito dell’omogeneità, in assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge originario e quella introdotta, con emendamento, in fase di conversione.

Al riguardo va rammentato che da tempo la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che «il rispetto del requisito dell’omogeneità e della interrelazione funzionale tra disposizioni del decreto-legge e quelle della legge di conversione ex art. 77, secondo comma, Cost. sia di fondamentale importanza per mantenere entro la cornice costituzionale i rapporti istituzionali tra Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica nello svolgimento della funzione legislativa» (sentenza n. 32 del 2014).

In definitiva, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost.

6.– Restano assorbite le questioni relative agli altri parametri evocati dal rimettente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 54-ter, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Marco D'ALBERTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l’11 dicembre 2023

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

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