SENTENZA N. 27
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 11 gennaio 2022, n. 1 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti) e dell’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 11 marzo 2022, n. 5 (Disposizioni per l’attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati, rispettivamente, il 14 marzo e il 13 maggio 2022, depositati in cancelleria il 15 marzo e il 17 maggio 2022 e iscritti, rispettivamente, ai numeri 27 e 31 del registro ricorsi 2022 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 17 e 22, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Udita nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2023 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
udita l’avvocata dello Stato Maria Vittoria Lumetti per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato in cancelleria il 15 marzo 2022, iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 11 gennaio 2022, n. 1 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti), per violazione degli artt. 41, 97, 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione: all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità; all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE; all’art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (rifusione) e ai principi espressi dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili» – e dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», espressi dall’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).
1.1.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 modifica l’art. 4, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n. 8 (Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni), sostituendo le parole «31 dicembre 2021» con quelle «30 giugno 2022».
La disposizione impugnata proroga il termine entro il quale la Giunta regionale è chiamata a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione relativo alle aree e ai siti inidonei; in tal modo, prolunga il correlato meccanismo di moratoria. Infatti, ai sensi del comma 1 del citato art. 4 «[n]elle more dell’individuazione in via amministrativa delle aree e dei siti inidonei all’installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili così come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili) sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agro alimentari di qualità [...] e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale».
2.– Il ricorrente osserva che lo stesso art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, modificato dalla disposizione oggetto delle odierne questioni di legittimità costituzionale, è stato impugnato, nella versione originaria, dinanzi a questa Corte.
Pertanto, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, vòlto a prorogare il termine previsto dalla citata disposizione, condividerebbe i medesimi profili di illegittimità costituzionale.
2.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene, dunque, che la disposizione impugnata sia costituzionalmente illegittima, in quanto contrastante con i principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte (vengono richiamate le sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 344 e n. 124 del 2010, n. 282 del 2009), individua tali principi nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, nonché nelle linee guida di cui al comma 10 del citato art. 12, emanate con il d.m. 10 settembre 2010.
L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021, nel prorogare la moratoria rispetto all’autorizzazione di impianti di produzione dell’energia da fonti rinnovabili, contrasterebbe con le esigenze di semplificazione, di celerità e di omogeneità sull’intero territorio nazionale delle procedure. Nello specifico violerebbe l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, che pone quale termine massimo per la conclusione del procedimento unico per l’autorizzazione dei citati impianti quello di novanta giorni, «al netto dei tempi previsti dall’art. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale».
2.2.– Il ricorrente sostiene, inoltre, che, poiché la normativa statale evocata alla stregua di parametro interposto è attuativa di previsioni del diritto dell’Unione europea, le disposizioni impugnate violerebbero, al contempo, l’art. 117, primo comma, Cost.
In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri, oltre a richiamare la direttiva 2001/77/CE (il cui art. 6 ha trovato attuazione nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003), segnala, tra le norme europee che si interpongono al parametro costituzionale, l’art. 13 della direttiva 2009/28/CE, secondo cui «[g]li Stati membri prendono […] le misure appropriate per assicurare che: [...] c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato [...]». La stessa norma risulterebbe poi ripresa dall’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE.
In tale quadro, il ricorrente ritiene che la norma si ponga in contrasto non soltanto con la direttiva 2018/2001/UE, ma anche con i principi espressi, in attuazione della medesima, dall’art. 20, commi da 6 a 8, del d.lgs. n. 199 del 2021, emanato sulla base di quanto previsto dalla legge 22 aprile 2021, n. 53 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020).
2.3.– Di seguito, il ricorrente rileva che la norma impugnata cagionerebbe un vulnus anche all’art. 41 Cost., «nella misura in cui la sospensione del potere autorizzativo relativo a un’attività non solo consentita, ma anche promossa e incentivata dall’ordinamento nazionale ed europeo, costituirebbe un grave ostacolo all’iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili».
Al contempo, la difesa statale sostiene che, in violazione dell’art. 97 Cost., la disposizione impugnata determinerebbe una temporanea paralisi della «stessa sede in cui tutti gli interessi coinvolti» dovrebbero «confluire per trovare adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell’azione amministrativa».
Da ultimo, l’Avvocatura generale dello Stato precisa che, a giustificazione del sacrificio dei citati interessi, non potrebbe addursi la tutela delle aree agricole individuate dalla normativa impugnata, posto che l’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, unitamente al paragrafo 17 dell’Allegato 3 alle linee guida, esplicita l’astratta possibilità di ubicare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in aree agricole (in tale senso il ricorrente fa riferimento anche alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 22 marzo 2017, n. 1298).
3.– Con ricorso iscritto al n. 31 reg. ric. 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 11 marzo 2022, n. 5 (Disposizioni per l’attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni), per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE e all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE –, dell’art. 117, terzo comma, Cost. – in riferimento ai principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», espressi dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010 – e del principio di leale collaborazione.
3.1.– L’impugnato art. 19 sostituisce l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, prevedendo, al comma 1, che «[i] Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare le zone del territorio comunale inidonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari locali». Al comma 2, l’art. 4 sostituito dispone che, «[d]ecorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia».
4.– Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la norma impugnata sarebbe da ascrivere alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che l’art. 117, terzo comma, Cost. affida alla legislazione concorrente tra Stato e regioni, e violerebbe i principi fondamentali stabiliti con legge statale, che sarebbero «in buona parte contenuti nel decreto legislativo n. 387 del 2003, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”».
4.1.– Secondo il ricorrente, i citati principi perseguirebbero un obiettivo di razionalizzazione e di semplificazione delle procedure autorizzative per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili.
A tal fine sarebbe preordinata la previsione dell’autorizzazione unica che, per espressa indicazione dell’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, può riguardare anche «zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici». In tal caso, «nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, art. 14».
Il ricorrente ritiene inoltre che la norma impugnata si ponga in contrasto anche con i principi fondamentali della materia recati dalle linee guida, che costituirebbero «necessaria integrazione delle previsioni contenute nell’art. 12» del d.lgs. n. 387 del 2003 (è richiamata, in tal senso, la sentenza di questa Corte n. 275 del 2012), partecipando della loro natura di principi fondamentali della materia, essendo, «in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria» (è menzionata, in proposito, la sentenza di questa Corte n. 86 del 2019).
In particolare, il punto 17.1 delle linee guida stabilisce che «le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti», sulla base di «un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale». L’individuazione delle aree e dei siti non idonei servirebbe a segnalare, in una prospettiva di accelerazione, «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione», fermo restando che in quest’ultima sede deve effettuarsi «la valutazione definitiva e decisiva». Da ultimo, prosegue il rimettente, il citato Allegato 3 precisa che «[l]’individuazione delle aree non idonee [debba] essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica».
4.2.– Tanto premesso, il ricorrente ravvisa un evidente contrasto fra la norma impugnata e i principi fondamentali della materia, sopra individuati, che non avrebbero attribuito alcuna «funzione [al] Comune in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile, anche “delegata” da parte della Regione, con la conseguente esclusione della possibilità per il Comune medesimo di utilizzare lo strumento urbanistico generale al fine di condizionare siffatti profili regolatori». Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le norme recanti i principi fondamentali della materia demanderebbero «solo ed esclusivamente alla Regione, e non anche ai Comuni, l’individuazione delle aree non idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili».
Osserva inoltre la difesa statale che «nell’ambito del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC)» sarebbe prevista la possibilità di demandare alle regioni, «sulla base di criteri previamente prestabiliti e condivisi, l’individuazione delle aree idonee e non idonee per la localizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in coerenza con l’impianto normativo», onde consentire una «condivisione degli obiettivi nazionali con le regioni, da perseguire proprio attraverso la definizione di un quadro regolatorio nazionale». In tale contesto – prosegue il ricorrente – si collocherebbe quanto disposto dal d.lgs. n. 199 del 2021, che all’art. 20 demanda a successivi «decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata», il compito di dettare i criteri e i principi per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC cui devono conformarsi le regioni nell’attività legislativa di individuazione delle aree idonee.
4.3.– Di seguito, il ricorrente lamenta che la norma, in quanto «assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato», violerebbe anche il principio di leale collaborazione.
4.4.– Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ravvisa un contrasto della disposizione censurata con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE e all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE.
La difesa statale richiama il percorso di regolamentazione settoriale a carattere eurounitario relativo alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, il cui obiettivo sarebbe quello di promuovere «il maggior ricorso all’energia da fonti rinnovabili, espressamente collegandolo alla necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, e dunque anche al rispetto del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in una prospettiva di modifica radicale della politica energetica dell’Unione».
La disposizione impugnata – secondo il ricorrente – si porrebbe in sicuro contrasto con la citata disciplina, in quanto formulata in modo da poter finanche «precludere in assoluto la realizzazione degli impianti».
5.– La Regione Abruzzo non si è costituita in giudizio.
6.– All’udienza pubblica del 10 gennaio 2023 l’Avvocatura generale dello Stato ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 15 marzo 2022, iscritto al n. 27 reg. ric. 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, per violazione degli artt. 41, 97, 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE, all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE e ai principi espressi dal d.lgs. n. 199 del 2021 – e dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e al d.m. 10 settembre 2010, in quanto esprimono principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».
1.1.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 modifica l’art. 4, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, prorogando dal «31 dicembre 2021» al «30 giugno 2022» il termine entro il quale la Giunta regionale è chiamata a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione contenente l’individuazione delle aree e dei siti inidonei all’installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, il che determina il prolungamento del correlato meccanismo di moratoria. Infatti, in base al comma 1 del citato art. 4, nelle more dell’individuazione delle aree e dei siti inidonei, «sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agro alimentari di qualità [...] e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale».
1.2.– Il ricorrente ritiene che la norma impugnata, nell’emendare l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021 relativamente al dato temporale, condivida i medesimi profili di illegittimità costituzionale che lo avevano indotto a impugnare la precedente disposizione.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 lederebbe, al pari della norma modificata, l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e le relative linee guida, che rilevano quali principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Nel prevedere la proroga della moratoria, che sospende le autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la disposizione impugnata violerebbe i citati principi, ispirati a esigenze di celerità, di semplificazione e di uniformità sull’intero territorio nazionale, oltre che di massima diffusione dell’energia da fonti rinnovabili.
Per analoghe ragioni, la norma impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto andrebbe a sospendere un potere autorizzativo relativo a un’attività non solo consentita, ma anche incentivata e promossa a livello internazionale e sovranazionale, in particolare dalle direttive 2001/77/CE, 2009/28/CE e 2018/2001/UE. In tale quadro, il rimettente ritiene altresì che «la norma regionale censurata si ponga in insanabile contrasto» con le disposizioni recate dall’art. 20, commi da 6 a 8, del «decreto legislativo n. 199/2021 di recepimento della direttiva UE 2018/2001».
Infine, lo stesso art. 16 cagionerebbe un vulnus anche agli artt. 41 e 97 Cost., poiché la moratoria sacrificherebbe, a un tempo, l’interesse del richiedente alla tempestiva disamina dell’istanza, che condiziona la sua scelta imprenditoriale, e la celere valutazione di tutti gli interessi coinvolti a garanzia del «buon andamento dell’azione amministrativa».
2.– Con ricorso iscritto al n. 31 reg. ric. 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 6 della direttiva 2001/77/CE, all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE e all’art. 15 della direttiva 2018/2001/UE –, dell’art. 117, terzo comma, Cost. – in relazione ai principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», espressi dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010 – e del principio di leale collaborazione.
2.1.– L’impugnato art. 19, sostituendo interamente l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, prevede, al comma 1, che «[i] Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro e non oltre il 31 maggio 2022, possono individuare le zone del territorio comunale inidonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili limitatamente alle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità […] e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari locali». Al comma 2, dispone che, «[d]ecorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia».
2.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la norma impugnata vìoli l’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali espressi dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dal d.m. 10 settembre 2010, che non avrebbero attribuito alcuna «funzione [al] Comune in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile».
Inoltre, la medesima disposizione impugnata, in quanto formulata in modo da poter «precludere in assoluto la realizzazione degli impianti» di produzione di energia da fonti rinnovabili, contrasterebbe – secondo il ricorrente – sia con i citati principi fondamentali, sia con l’art. 117, primo comma, Cost. Le norme interposte evocate dalla difesa statale sarebbero, infatti, finalizzate alla massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Da ultimo, il ricorrente lamenta che la norma, in quanto «assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato», violerebbe anche il principio di leale collaborazione.
3.– I ricorsi iscritti al n. 27 e al n. 31 reg. ric. 2022 impugnano due disposizioni che intervengono sulla medesima norma (l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021), regolano la stessa materia e pongono questioni di legittimità costituzionale fondate su ragioni strettamente collegate.
Si può, pertanto, disporre la riunione dei giudizi, affinché siano definiti con un’unica pronuncia.
4.– In via preliminare va escluso che la complessa sequenza normativa che ha interessato la disciplina regionale impugnata possa aver determinato la cessazione della materia del contendere relativamente al ricorso iscritto al n. 27 reg. ric. 2022.
L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, che ha modificato il termine disposto dall’art. 4, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, è entrato in vigore il 15 gennaio 2022. L’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022, che ha sostituito il citato art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, è entrato in vigore il 19 marzo 2022.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la modifica, intervenuta nel corso del giudizio, della disposizione oggetto della questione di legittimità costituzionale promossa in via principale determina la cessazione della materia del contendere quando è dato rilevare il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e la mancata applicazione medio tempore della disposizione impugnata (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 240, n. 187, n. 24 e n. 23 del 2022).
Nel caso di specie, nessuna delle due condizioni ricorre. Il carattere satisfattivo della modifica è escluso, fra l’altro, dalla stessa impugnazione della norma sopravvenuta. Quanto alla non applicazione, la norma è rimasta in vigore per circa due mesi e non è dato in alcun modo inferire che non abbia operato il relativo meccanismo sospensivo.
5.– Nel merito le questioni promosse con i ricorsi iscritti al n. 27 e al n. 31 reg. ric. 2022 sono fondate.
Sia l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 sia l’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022 attengono al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e violano i principi fondamentali della materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Al contempo, detti principi fondamentali sono attuativi di direttive emanate dall’Unione europea, nel rispetto di impegni assunti a livello internazionale, e le disposizioni impugnate si pongono, pertanto, in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost.
6.– Occorre precisare innanzitutto che, in attuazione della direttiva 2018/2001/UE, e sulla base dei principi e dei criteri indicati nella legge n. 53 del 2021, è stato emanato il d.lgs. n. 199 del 2021, vòlto ad «accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili» e a raggiungere gli «obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030», «conformemente al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima» (art. 1, commi 1, 2 e 3).
6.1.– L’art. 20, comma 1, del citato decreto legislativo dispone che, con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro della cultura e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano stabiliti «principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili».
Quanto alle aree idonee, il comma 4 prevede che «[c]onformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1 […] le Regioni individuano con legge le aree idonee», fermo restando che, «nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1», il comma 8 indica le aree considerate idonee.
In ogni caso, in base al comma 6 dell’art. 20, «[n]elle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione».
Inoltre, il comma 7 del medesimo articolo chiarisce che «[l]e aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee».
6.2.– In raccordo con l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, l’art. 18, comma 3, del medesimo decreto legislativo stabilisce che, solo «[a] seguito dell’entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l’individuazione di superfici e aree idonee ai sensi dell’art. 20, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono aggiornate le linee guida per l’autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili di cui all’articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387».
Il citato iter non è stato al momento completato e le linee guida emanate con il d.m. 10 settembre 2010 non sono state ancora aggiornate.
Infine, il comma 2 dell’art. 18 del d.lgs. n. 199 del 2021, sostitutivo dell’art. 4, comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), indica gli articoli che regolano i «regimi di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili», deputando a regolare l’autorizzazione unica l’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011, che a sua volta rimanda all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, come modificato dallo stesso art. 5.
7.– A fronte del richiamato quadro normativo si palesa il contrasto dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 rispetto a entrambi i parametri costituzionali sopra richiamati (art. 117, primo e terzo comma, Cost.).
7.1.– Innanzitutto, la disposizione impugnata vìola i principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» desumibili tanto dalla disciplina sull’autorizzazione unica, di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, come modificato dall’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011 (ex multis, sentenze n. 221, n. 216, n. 121, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020), quanto dalle relative linee guida, che, «approvate in sede di conferenza unificata, sono espressione della leale collaborazione tra Stato e Regioni […] (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenza n. 216 del 2022). Le citate linee guida, emanate in base all’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, e – come si è sopra precisato (punto 6.2.) – non ancora aggiornate, sono, per giurisprudenza costante di questa Corte, vincolanti nei confronti delle regioni, in quanto poste a completamento della normativa primaria «in settori squisitamente tecnici» (sentenze n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, nonché n. 69 del 2018) e connotate dal carattere della inderogabilità a garanzia di una disciplina «uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018)» (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n. 221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021).
I principi fondamentali, sopra richiamati, sono i medesimi rispetto ai quali questa Corte ha già dichiarato, con la sentenza n. 77 del 2022, costituzionalmente illegittimo l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, oggetto della modifica introdotta dalla disposizione impugnata. Quest’ultima ha, infatti, prorogato al «30 giugno 2022» il meccanismo regolato dall’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, che contemplava una sospensione delle procedure di autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, relativamente a specifiche zone agricole, nelle more dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione degli impianti.
Tale moratoria è stata ritenuta da questa Corte confliggente con la previsione di un termine massimo entro il quale concludere il procedimento unico (art. 12, comma 4, ultimo periodo, del d.lgs. n. 387 del 2003, come sostituito dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2011). In pari tempo è stata reputata contrastante con le funzioni di mera accelerazione e semplificazione del procedimento di autorizzazione unica, che le linee guida assegnano (come espressamente chiarisce il punto 17.1) alla individuazione in via amministrativa delle aree e dei siti non idonei (sentenza n. 77 del 2022, in linea con le pronunce n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del 2018; di seguito, in senso conforme le sentenze n. 266, n. 216 e n. 121 del 2022). Da ultimo, questa Corte non ha mancato di rammentare che, ai sensi dell’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, gli «impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» (sentenza n. 77 del 2022), fermo restando che, come prevede la norma indicata, «[n]ell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14» (ancora sentenza n. 77 del 2022).
Ebbene, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, nel procrastinare il citato meccanismo sospensivo di cui all’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, condivide i medesimi profili di illegittimità costituzionale, già rilevati nella sentenza n. 77 del 2022, e oltretutto, proprio in ragione della proroga, li acuisce, aggravando il contrasto con l’obiettivo acceleratorio, sotteso ai parametri interposti all’art. 117, terzo comma, Cost.
Da ultimo, non può tacersi che il divieto di prevedere «moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione» viene espressamente ribadito dall’art. 20, comma 6, del d.lgs. n. 199 del 2021, che preclude detti meccanismi «nelle more dell’individuazione delle aree idonee».
7.2.– In pari tempo, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 collide con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, in linea di continuità con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE.
L’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2018/2001/UE richiede agli Stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative «siano proporzionate e necessarie» e che «siano razionalizzate e accelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini prevedibili» (paragrafo 1, lettera a). Analoghe esigenze erano, del resto, già affermate dall’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/77/CE, modificata e abrogata dalla direttiva 2009/28/CE, il cui art. 13, paragrafo 1, lettera c), ha ribadito la necessità che le «procedure amministrative siano semplificate e accelerate».
Di conseguenza, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, nel prorogare un meccanismo di moratoria delle procedure di autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, vìola i citati impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea e a livello internazionale (infra punto 8.2).
8.– Di seguito, contrasta con l’art. 117, primo e terzo comma, Cost., anche l’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022, che ha sostituito l’art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021.
La disposizione, impugnata con il ricorso iscritto al n. 31 reg. ric. 2022, prevede, al comma 1, che spetta ai comuni il compito di individuare «entro e non oltre il 31 maggio 2022» le aree e i siti non idonei all’installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, relativamente alle stesse zone cui si riferiva già la norma sostituita.
Al comma 2, stabilisce poi che, «[d]ecorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia».
8.1.– Duplice è la ragione di contrasto con i principi fondamentali dettati a livello statale nella materia concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
8.1.1.– Innanzitutto, il comma 1 della disposizione regionale impugnata vìola i principi dettati dal legislatore statale in tema di individuazione delle aree e dei siti non idonei.
Tanto l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 (secondo cui in «attuazione [delle] linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti»), quanto il punto 17.1 delle linee guida assegnano alle regioni (e alle province autonome) – e non ai comuni – il compito di individuare le aree non idonee «attraverso un’apposita istruttoria», i cui esiti devono contenere per «ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate». In particolare, spetta alle regioni e alle province autonome – secondo il punto 17.2 delle linee guida – conciliare «le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)».
La disciplina appena evocata disvela in maniera cristallina che, fermo restando il possibile coinvolgimento dei comuni nella definizione dell’atto di programmazione, la regione non può per legge demandare a essi un compito che le è stato assegnato dai principi statali al fine di garantire, nell’ambito dei singoli territori regionali, il delicato contemperamento dei vari interessi implicati e il rispetto dei vincoli imposti alle regioni (e analogamente alle province autonome) per il raggiungimento della quota minima di incremento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.
8.1.2.– A questa prima ragione di contrasto, si aggiunge la doverosa constatazione che l’art. 19, pur non riproducendo testualmente il meccanismo moratorio disposto dal pregresso art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021, a ben vedere accentua i profili di collisione con i principi fondamentali.
Infatti, il comma 2 della disposizione impugnata, nello stabilire che, «[d]ecorso il termine previsto dal comma 1, non possono essere posti limiti ulteriori alla facoltà autorizzatoria della Regione in materia», lascia inferire che l’individuazione delle aree e dei siti non idonei si traduce nella previsione di un limite alla facoltà di autorizzazione, laddove – nella prospettiva statale – serve, viceversa, solo a segnalare, a fini acceleratori e di semplificazione, un probabile esito negativo della procedura autorizzativa.
Anche di recente questa Corte ha ribadito che l’atto di pianificazione opera una «valutazione di “primo livello”», «con finalità acceleratorie» (sentenza n. 77 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 11 del 2022 e n. 177 del 2021), ma non può «creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106 del 2020 e n. 286 del 2019)» (sentenza n. 216 del 2022).
8.2.– La possibilità di prevedere limiti alla facoltà di autorizzare l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, secondo quanto dispone l’art. 19, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022, si pone, d’altro canto, in aperto contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, perseguito sia dalla direttiva 2009/28/CE, e già prima da quella 2001/77/CE, sia dalla direttiva 2018/2001/UE.
Simile finalità, riflessa nella disciplina dettata dalle citate direttive in materia di procedure di autorizzazione, certificazione e rilascio delle licenze, viene chiaramente esplicitata dalla direttiva 2018/2001/UE, ove si evidenzia che il «maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili o all’energia rinnovabile costituisce una parte importante [delle] misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell’Unione nel quadro dell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (“accordo di Parigi”)» (considerando n. 2).
Occorre, dunque, ribadire, in linea con numerosi precedenti di questa Corte, la necessità di garantire la «massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento “di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra” (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenze n. 216 e n. 121 del 2022).
9.– In conclusione, l’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022, impugnato con il ricorso iscritto al n. 27 reg. ric. 2022, e l’art. 19 della legge reg. Abruzzo n. 5 del 2022, impugnato con il ricorso iscritto al n. 31 reg. ric. 2022, sono costituzionalmente illegittimi, in riferimento all’art. 117, primo e terzo comma, Cost.
Sono assorbite le ulteriori censure formulate in ambedue i ricorsi.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 11 gennaio 2022, n. 1 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 11 marzo 2022, n. 5 (Disposizioni per l’attuazione del principio di leale collaborazione ed ulteriori disposizioni).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2023.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA