Corte Costituzionale, Sentenza n.53 del 30/03/2023

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SENTENZA N. 53

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 1, lettera a), 11, 16, 54, comma 1, lettera s), 55, 61, comma 1, lettera b), e 74 della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2021, n. 51 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2022 e bilancio pluriennale 2022-2024 della Regione Puglia – legge di stabilità regionale 2022), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio 2022, depositato in cancelleria l’8 marzo 2022, iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

uditi l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mariangela Rosato per la Regione Puglia;

deliberato nella camera di consiglio del 20 febbraio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato l’8 marzo 2022 e iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 1, lettera a), 11, 16, 54, comma 1, lettera s), 55, 61, comma 1, lettera b), e 74 della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2021, n. 51 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2022 e bilancio pluriennale 2022-2024 della Regione Puglia – legge di stabilità regionale 2022), in riferimento, complessivamente, agli artt. 9, 81, terzo comma, 117, commi secondo, lettera l) e lettera s), e terzo, della Costituzione.

2.– Con il primo motivo di ricorso, è impugnato l’art. 10, comma 1, lettera a), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

2.1.– La disposizione impugnata modifica l’art. 12 della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), aggiungendovi il comma 4-bis. Quest’ultima disposizione disciplina i requisiti per lo svolgimento delle funzioni di responsabile sanitario, prevedendo in particolare che «[n]elle strutture monospecialistiche domiciliari, ambulatoriali, residenziali e semiresidenziali, le funzioni di responsabile sanitario possono essere ricoperte anche da un medico chirurgo specializzato in medicina interna o equipollenza, ovvero da un medico con esperienza almeno quinquennale in direzione di dipartimento sanitario oppure da un medico con specifica formazione universitaria di secondo livello (management sanitario) ed esperienza lavorativa almeno decennale in strutture sanitarie».

2.2.– È denunciata la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute dettati, in particolare, dagli artt. 8-ter e 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) – come modificati dall’art. l, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023) – che disciplinano il sistema di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento istituzionale dei soggetti che erogano cure domiciliari.

La disposizione in esame si porrebbe in contrasto con i principi posti dalle norme sopra indicate, poiché l’utilizzo del termine «strutture» – anziché «organizzazioni» – comporterebbe l’estensione dell’«ambito di applicazione del sistema di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e sociosanitarie anche alle organizzazioni pubbliche e private che erogano cure domiciliari».

3.– Con il secondo motivo di ricorso, è impugnato l’art. 11 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

3.1.– Nel modificare l’art. 6, comma 2, della legge della Regione Puglia 29 maggio 2017, n. 17, recante «Organizzazione e funzionamento degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico della Regione Puglia», la disposizione impugnata stabilisce che, all’atto del conferimento dell’incarico, il direttore amministrativo e il direttore sanitario dei predetti IRCCS non devono aver compiuto sessantacinque anni.

3.2.– Ad avviso del ricorrente, questa disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina dell’ordinamento civile e dei rapporti di diritto privato regolati dal codice civile e dalla contrattazione collettiva. In particolare, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 11, comma 3, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), che prevede che le funzioni di direttore sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età.

4.– Con il terzo motivo di ricorso, è impugnato l’art. 16 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

4.1.– La disposizione impugnata prevede, al comma 1, che «[a]l fine di migliorare l’assistenza agli anziani non autosufficienti e disabili, le strutture di cui ai regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019 possono svolgere parte delle attività, per un limitato periodo di tempo nell’anno e senza pernottamento, presso una sede secondaria compatibile per localizzazione con la villeggiatura».

4.2.– Il ricorrente evidenzia che la disposizione regionale si riferisce alle strutture rispettivamente disciplinate dal regolamento regionale 21 gennaio 2019, n. 4, recante «Regolamento regionale sull’Assistenza residenziale e semiresidenziale ai soggetti non autosufficienti – Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) estensiva e di mantenimento – Centro diurno per soggetti non autosufficienti» e dal regolamento regionale 21 gennaio 2019, n. 5, recante «Regolamento regionale sull’Assistenza residenziale e semiresidenziale per soggetti disabili – Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) per disabili – Centro diurno socioeducativo e riabilitativo per disabili».

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata determinerebbe la riduzione dei livelli qualitativi e di sicurezza delle strutture, dettati dagli artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, poiché essa fa esclusivo riferimento alla compatibilità della sede secondaria con la localizzazione turistica, senza alcuna indicazione circa i requisiti strutturali ed edilizi comunque necessari per l’esercizio dell’attività sanitaria.

L’Avvocatura generale dello Stato rileva che la disciplina statale è ispirata alla necessità di assicurare che anche le sedi secondarie in cui vengano erogate le prestazioni soddisfino i requisiti di sicurezza e qualità previsti ai fini dell’autorizzazione e dell’accreditamento, e sottolinea che questa disciplina non prevede alcuna deroga.

5.– Con il quarto motivo di ricorso, è impugnato l’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

5.1.– La disposizione impugnata modifica l’art. 12, comma 3, della legge della Regione Puglia 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), che disciplina le ipotesi in cui «[l]a deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta variazioni agli strumenti urbanistici generali vigenti non è soggetta ad approvazione regionale di cui alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), o a verifica di compatibilità regionale, provinciale, metropolitana di cui alla presente legge».

La nuova lettera e-ter) dell’art. 12, comma 3, della legge reg. Puglia n. 20 del 2001, come modificata dalla disposizione impugnata, prevede una nuova ipotesi di esclusione dalla verifica di compatibilità regionale o provinciale. Essa riguarda espressamente l’«incremento dell’indice di fabbricabilità fondiaria fino 0,1 mc/mq per la realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati qualora gli stessi siano strumentali alla conduzione del fondo o all’esercizio dell’attività agricola e delle attività a questa connesse».

5.2.– Il ricorrente sostiene che – nel modificare la lettera e-ter) dell’art. 12, comma 3, della legge reg. Puglia n. 20 del 2001 – la disposizione impugnata sottragga alla verifica di compatibilità regionale e provinciale le variazioni agli strumenti urbanistici generali vigenti, là dove le stesse derivino dall’incremento dell’indice di fabbricabilità fondiaria fino a 0,1 mc/mq, per la realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati, e gli stessi siano strumentali alla conduzione del fondo o all’esercizio dell’attività agricola e delle attività a questa connesse.

L’Avvocatura generale dello Stato riferisce di avere già impugnato l’art. 5 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 39, recante «Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 “Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia derivazione acque sotterranee», che aveva inserito nell’art. 12, comma 3, della legge reg. Puglia n. 20 del 2001, la lettera e-ter), successivamente modificata dalla disposizione impugnata nel presente giudizio. Peraltro, anche rispetto a questa nuova versione, il ricorrente conferma i medesimi rilievi già formulati nel precedente ricorso.

Infatti, anche in questo caso, non sarebbero rispettati i limiti di densità edilizia previsti dall’art. 7, numero 4), del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), che trovano fondamento nell’art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), e che costituiscono principi fondamentali non derogabili in materia di governo del territorio, con efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale, essendo posti a tutela del primario interesse generale all’ordinato sviluppo urbano (sono richiamate le sentenze n. 217 del 2020 e n. 232 del 2005). Da qui l’asserita violazione dell’art. 117, comma terzo, Cost.

Del resto, anche qualora la normativa regionale intendesse assentire destinazioni strumentali, le stesse non potrebbero superare il limite di densità edilizia per le zone agricole, fissato dal richiamato art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968.

5.3.– In secondo luogo, la disposizione impugnata violerebbe gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., quest’ultimo per contrasto con gli artt. 143, comma 9, e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

L’Avvocatura generale dello Stato osserva che, con l’intervento impugnato, il legislatore regionale – che ha approvato il piano paesaggistico territoriale della Regione (PPTR) con delibera del 16 febbraio 2015, n. 176 – ha disciplinato le trasformazioni del territorio agricolo, consentendo ai comuni di prevedere nuove edificazioni e stabilendo che le conseguenti modifiche alla pianificazione urbanistica che incrementano gli indici di edificabilità in zona agricola siano sottratte alla verifica di adeguamento e conformazione alla pianificazione paesaggistica, da svolgere con il necessario coinvolgimento del Ministero della cultura (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 74 del 2021, n. 240 del 2020, n. 64 del 2015, n. 197 del 2014 e n. 211 del 2013).

6.– Con il quinto motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri censura l’art. 55 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

6.1.– Nel modificare l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Puglia 25 settembre 2012, n. 27 (Prosecuzione della ricostruzione post sisma 2002 nell’area della provincia di Foggia e seconda variazione al bilancio di previsione 2012), la disposizione impugnata differisce di un anno, sino al 31 dicembre 2022, il termine entro il quale i comuni interessati possono avvalersi, per la prosecuzione delle attività di ricostruzione post sisma, di personale esterno con rapporto di lavoro a tempo determinato, nel limite di spesa e nel numero dei contratti in essere alla data del 30 aprile 2012.

6.2.– Ad avviso del ricorrente, la reiterazione di queste proroghe, a partire dal 2012, avrebbe determinato la stabilizzazione di una situazione di natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina del lavoro a tempo determinato. Non sarebbero rispettate le condizioni di legittimo impiego dei contratti a termine stabilite dall’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), con specifico riferimento alla durata di tali contratti, che non può superare i 36 mesi. Da ciò discenderebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile.

D’altra parte, la disposizione impugnata esporrebbe le amministrazioni al rischio di possibili contenziosi e di conseguenti responsabilità e potrebbe, inoltre, comportare l’avvio di procedure d’infrazione da parte della Commissione europea.

7.– Con il sesto motivo di ricorso, è impugnato l’art. 61, comma 1, lettera b), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

7.1.– La disposizione impugnata sostituisce l’art. 28 della legge della Regione Puglia 12 aprile 2001, n. 11 (Norme sulla valutazione dell’impatto ambientale), che disciplina l’attività delle commissioni tecniche nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale. È impugnata, in particolare, la previsione dell’art. 28, comma 5, primo periodo, che prevede l’attribuzione di un gettone unico onnicomprensivo ai componenti delle commissioni tecniche nominate in caso di complessità dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale.

7.2.– Ad avviso del ricorrente, la generica previsione dell’attribuzione di un gettone unico, in mancanza di elementi per la sua quantificazione e di qualsiasi riferimento all’art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica.

8.– Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia, infine, l’illegittimità costituzionale dell’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

8.1.– La disposizione impugnata prevede che, nel corso del 2022, la Regione Puglia organizzi un corso di formazione per il proprio personale che, per effetto di progressione verticale, ha perso la qualifica di agente di polizia giudiziaria, al fine di consentirgli il riconoscimento della stessa qualifica anche nella categoria di nuovo inquadramento.

8.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione in esame si porrebbe in contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost., poiché potrebbe comportare nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio regionale, senza prevederne la quantificazione e la necessaria copertura finanziaria. In particolare, la Regione Puglia non avrebbe fornito alla Presidenza del Consiglio dei ministri elementi informativi circa la quantificazione e la copertura finanziaria degli oneri discendenti dalla disposizione in esame, utili ai fini della valutazione di compatibilità con l’art. 81, terzo comma, Cost.

9.– La Regione Puglia si è costituita in giudizio con atto depositato l’11 aprile 2022, chiedendo che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile o, comunque, non fondato.

9.1.– In via preliminare, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale aventi a oggetto l’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, per difetto di motivazione, poiché non sarebbero specificati i termini in cui la disposizione impugnata avrebbe violato il parametro costituzionale e le norme evocate quali parametri interposti, né sarebbero ravvisabili le ragioni della denunciata lesione delle attribuzioni statali.

Inoltre, anche la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 sarebbe inammissibile per genericità ed indeterminatezza.

9.2.– Nel merito, tutti i motivi di impugnazione sarebbero privi di fondamento.

9.2.1.– Con riferimento all’art. 10, comma 1, lettera a), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, la difesa regionale sottolinea che, per qualificare i soggetti erogatori delle cure domiciliari, il legislatore regionale ha utilizzato il termine “struttura” al solo scopo di individuare i soggetti che accedono all’autorizzazione e all’accreditamento per la prestazione di cure domiciliari.

Del resto, la definizione di struttura sarebbe coerente con quanto stabilito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano nell’intesa del 4 agosto 2021, recante «Proposta di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio e requisiti ulteriori per l’accreditamento delle cure domiciliari, in attuazione dell’articolo 1, comma 406, della legge 30 dicembre 2020, n. 178».

In ogni caso, con l’intervento oggetto di censura, il legislatore regionale avrebbe voluto determinare un livello qualitativamente elevato nell’erogazione delle cure domiciliari, garantendo l’equità nell’accesso ai servizi, la qualità delle cure nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, la continuità assistenziale tra i diversi servizi, la trasparenza e la correttezza dell’azione amministrativa, coerentemente con gli impegni assunti con lo Stato e le altre regioni e province autonome.

9.2.2.– Quanto alla questione avente ad oggetto l’art. 11 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, la difesa regionale osserva, in primo luogo, che la disciplina relativa alle modalità di cessazione degli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo degli enti del Servizio sanitario nazionale (e, dunque, anche degli IRCCS) per sopraggiunti limiti di età attiene all’organizzazione e gestione dei servizi sanitari e, di riflesso, anche all’efficienza degli stessi, esprimendo un principio fondamentale in materia di tutela della salute (sono richiamate le sentenze n. 195 del 2021 e n. 422 del 2006). In quanto riferita alla posizione di carattere apicale ricoperta dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario degli IRCCS, la disposizione impugnata riguarderebbe, quindi, la tutela della salute e non interverrebbe sui rapporti di diritto privato. Non sarebbe pertanto violata la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Sotto un diverso profilo, la difesa regionale sottolinea che l’art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», ha disciplinato il procedimento di nomina dei direttori amministrativi e sanitari del SSN. Non essendo prevista una diversa disciplina per gli IRCCS del SSN, il campo di applicazione della stessa disposizione non sarebbe limitato alle sole aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere ed aziende ospedaliero-universitarie, ma comprenderebbe anche gli altri enti del SSN, tra i quali gli stessi IRCCS.

Successivamente, l’art. 45, comma 1-quater, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha consentito di conferire l’incarico a chi – all’atto del conferimento – non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età.

Quanto ai requisiti di accesso agli elenchi regionali degli idonei alla nomina di direttore amministrativo e di direttore sanitario, la difesa regionale deduce che – in base all’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 – è sufficiente che all’atto del conferimento dell’incarico, il direttore amministrativo o il direttore sanitario non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età.

D’altra parte, la legge reg. Puglia n. 17 del 2017 – dopo avere abrogato il previgente art. 14 della legge della Regione Puglia 12 agosto 2005, n. 12 (Seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2005) – avrebbe adeguato la disciplina della nomina dei direttori amministrativi e sanitari degli IRCCS della Regione Puglia a quella stabilita dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 per le analoghe figure delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale.

Infine, la difesa regionale sottolinea che, con la legge della Regione Puglia 31 ottobre 2019, n. 48 (Norme in materia di nomina dei direttori amministrativi e sanitari delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale), il legislatore pugliese avrebbe adeguato la propria disciplina al suddetto d.lgs. n. 171 del 2016, stabilendo, all’art. 1, comma 2, che i direttori amministrativi e sanitari delle aziende ed enti del SSR – ivi compresi quindi gli IRCCS – sono nominati dal direttore generale di ciascuna azienda nel rispetto dei principi di trasparenza di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), attingendo obbligatoriamente dagli elenchi regionali degli idonei istituiti ed aggiornati con cadenza biennale, presso il competente Dipartimento salute regionale.

La norma regionale impugnata sarebbe dunque coerente con il quadro normativo delineato dal legislatore statale in materia di tutela della salute e non interferirebbe con la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile.

9.2.3.– La difesa regionale ritiene, inoltre, non fondata la questione di legittimità dell’art. 16 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. e ai principi fondamentali in materia di tutela della salute.

La censura statale non terrebbe conto della complessiva disciplina regionale, che garantisce il rispetto dei livelli qualitativi e di sicurezza, anche per le sedi secondarie delle strutture in esame. La difesa regionale sottolinea che il comma 2 dello stesso art. 16 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 subordina espressamente la possibilità di svolgere parte di tali attività presso sedi secondarie alla preventiva autorizzazione della Regione, sulla base dei criteri stabiliti con deliberazione della Giunta regionale. Tali criteri dovranno tenere conto della disciplina delle autorizzazioni contenuta nei richiamati regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019, così garantendo il rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992.

9.2.4.– Con riferimento all’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, la difesa regionale premette che la disposizione impugnata nel presente giudizio è stata introdotta dal legislatore pugliese proprio al fine di ovviare alle censure formulate nella precedente impugnativa statale avverso l’art. 12, comma 3, lettera e-ter), della legge reg. Puglia n. 20 del 2001. In ogni caso, entrambi i profili di censura sarebbero non fondati.

9.2.4.1.– Quanto all’asserita violazione dei limiti inderogabili di densità edilizia di cui all’art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge urbanistica e al d.m. n. 1444 del 1968, con conseguente lesione dell’art. 117, comma terzo, Cost., la difesa regionale evidenzia che la disposizione impugnata sarebbe applicabile esclusivamente agli immobili strumentali alla conduzione del fondo ed all’esercizio dell’attività agricola e delle attività connesse, per i quali il d.m. n. 1444 del 1968 non prevede limiti specifici.

In questi casi, il limite di volumetria non potrebbe essere quello di cui all’art. 7, numero 4), che si riferisce solo alla edificazione residenziale. D’altra parte, un’eventuale lettura estensiva del limite massimo di densità fondiaria stabilito da quest’ultima disposizione sarebbe palesemente in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto amplierebbe i limiti posti all’esercizio della proprietà e delle libertà economiche.

9.2.4.2.– Parimenti non fondato sarebbe anche il secondo profilo di censura, relativo alla violazione dell’art. 9 Cost. La disposizione impugnata non autorizzerebbe alcuna deroga ai vincoli sovraordinati, né varrebbe ad esonerare i comuni dall’acquisizione del parere di compatibilità paesaggistica, previsto sia dall’art. 146 cod. beni culturali, sia dalla pianificazione regionale. Una deroga in tal senso avrebbe richiesto una previsione esplicita, che viceversa non si riscontra nella disposizione impugnata (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 170 del 2021).

La difesa regionale osserva, inoltre, che la tipologia di variante in esame attiene ad un indice fondiario, e non territoriale; pertanto, essa non inciderebbe sul dimensionamento complessivo degli strumenti urbanistici comunali. Gli indici fondiari, infatti, sono prescritti dal piano urbanistico generale per regolare le singole trasformazioni edilizie realizzabili e non attengono al dimensionamento generale dello strumento. In ogni caso, la valutazione paesaggistica avviene nell’ambito del procedimento per il rilascio del titolo edilizio, che non può prescindere dalla preventiva acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.

Ad avviso della difesa regionale, la disposizione regionale si limiterebbe ad operare una semplificazione procedimentale, riferita al controllo di compatibilità esclusivamente rispetto al profilo urbanistico e non a quello ambientale.

Infatti, in applicazione della legge della Regione Puglia 14 dicembre 2012, n. 44 (Disciplina regionale in materia di valutazione ambientale strategica) e del relativo regolamento regionale 9 ottobre 2013, n. 18, recante «Regolamento di attuazione della legge regionale 14 dicembre 2012, n. 44 (Disciplina regionale in materia di valutazione ambientale strategica), concernente piani e programmi urbanistici comunali», la variante in questione rimarrebbe sottoposta a valutazione ambientale strategica, nel cui ambito dovrà essere acquisita anche la valutazione paesaggistica, in forza degli artt. 96 e 97 delle note tecniche di attuazione (NTA) del PPTR. Pertanto, anche per le delibere comunali in esame sarebbe necessaria l’acquisizione dell’autorizzazione o del nulla osta paesaggistico, previsti dal codice dei beni culturali, nonché degli altri titoli paesaggistici disciplinati dal PPTR, ove previsti.

Non si verificherebbe pertanto alcun abbassamento del livello della tutela del paesaggio, né sarebbe violato l’art. 9 Cost., né alcuno dei parametri interposti.

9.2.5.– La difesa regionale ritiene inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, per l’inconferenza dei parametri interposti.

Con l’intervento in esame, la Regione Puglia avrebbe contribuito ad assicurare ai comuni interessati dalle attività di ricostruzione post sisma 2002 le risorse finanziarie necessarie a sostenere gli oneri del personale destinato allo svolgimento delle relative attività. La disposizione impugnata non inciderebbe sulle procedure di reclutamento o di contrattualizzazione del personale, né sulla durata dei singoli contratti, che rimarrebbero di esclusiva competenza degli enti locali interessati.

La disposizione impugnata si limiterebbe a richiamare il rispetto del limite di spesa e del numero dei contratti in essere alla data del 30 aprile 2012, rimettendo ogni facoltà di utilizzo e di assunzione del personale esterno ai comuni, che possono provvedervi anche in convenzione tra di loro.

Non vi sarebbe dunque alcuna interferenza sui limiti delle procedure di reclutamento del personale, di esclusiva competenza degli enti locali, nel rispetto della normativa statale in materia di ricorso ad assunzioni con forme di lavoro flessibile (è richiamata la deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, 3 dicembre 2021, n. 179/2021/PAR). La disposizione impugnata non violerebbe le condizioni di legittimo impiego dei contratti a termine, limitandosi ad assicurare un contributo economico in favore dei comuni interessati dalle attività di ricostruzione post-sismiche.

9.2.6.– Quanto alla censura relativa all’art. 61, comma 1, lettera b), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, la Regione dà conto che «si sta provvedendo alla riscrittura della disposizione regionale epurandola dei profili di incostituzionalità».

Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza, la difesa regionale ha chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine a tale questione, in considerazione della mancata applicazione della disposizione impugnata e delle modifiche apportate dall’art. 5 della legge della Regione Puglia 23 maggio 2022, n. 9, recante «XI legislatura – 9° provvedimento di riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e modifiche alla legge regionale 9 ottobre 2008, n. 25 (Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione non superiore a 150.000 volt), alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio), alla legge regionale 25 febbraio 2010, n. 3 (Disposizioni in materia di attività irrigue e forestali) e all’articolo 28 della legge regionale 12 aprile 2001, n. 11 (Norme sulla valutazione dell’impatto ambientale), come modificato dall’articolo 61, comma 1, lettera b), della legge regionale 30 dicembre 2021, n. 51 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2022 e bilancio pluriennale 2022-2024 della Regione Puglia – legge di stabilità regionale 2022)».

9.2.7.– La difesa regionale ritiene altresì non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, deducendo che i corsi in questione verrebbero svolti con personale interno alla amministrazione regionale, ovvero mediante accordi istituzionali con altre amministrazioni pubbliche, a costo zero, e pertanto non sarebbero previste spese a carico del bilancio regionale.

Si tratterebbe, in effetti, di una norma ordinamentale, volta a vincolare le competenti strutture regionali all’inserimento della formazione del personale interno, cui sia stata già stata riconosciuta la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. Le risorse sarebbero quelle già stanziate nell’ambito della Missione 1, Programma 10, del bilancio regionale (cap. U0003360), destinate al personale regionale.

Non sarebbe quindi derogata né la disciplina dell’art. 57, comma 3, del codice di procedura penale, che delimita la categoria degli agenti di polizia giudiziaria, né quella dell’art. 5, comma 2, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale), che riserva al prefetto il potere di conferire la qualità di agente di pubblica sicurezza al personale che svolge servizio di polizia municipale.

Sarebbe solo disciplinata l’organizzazione di un corso di formazione per personale interno, dal quale non deriverebbe alcun conferimento di funzioni di polizia giudiziaria. Pertanto, non vi sarebbe alcuna interferenza sulle competenze legislative statali in materia.

10.– All’udienza del 25 gennaio 2023, l’Avvocatura generale dello Stato ha dato atto che, con delibera del 19 gennaio 2023, il Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare all’impugnativa dell’art. 61, comma 1, lettera b), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021. Alla medesima udienza, la difesa regionale ha dichiarato di accettare la rinuncia all’impugnazione.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

2.– In ordine alla questione avente ad oggetto l’art. 61, comma 1, lettera b), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, occorre rilevare, in via preliminare, che è intervenuta la rinuncia al ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, con accettazione da parte della Regione Puglia.

Con riferimento alla citata disposizione, va pertanto dichiarata l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (tra le più recenti, sentenze n. 190, n. 179, n. 123 e n. 114 del 2022; ordinanze n. 142, n. 133 e n. 130 del 2022).

3.– Quanto alle singole questioni di legittimità costituzionale che non sono state oggetto di rinuncia, con il primo motivo di ricorso è impugnato l’art. 10, comma 1, lettera a), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

3.1.– Nel modificare l’art. 12 della legge reg. Puglia n. 9 del 2017, la disposizione impugnata vi aggiunge il nuovo comma 4-bis, che stabilisce i requisiti per ricoprire le funzioni di responsabile sanitario nelle «strutture monospecialistiche domiciliari, ambulatoriali, residenziali e semiresidenziali».

3.2.– Il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali nella materia «tutela della salute».

La censura si appunta sulla differente terminologia utilizzata dalla disposizione regionale impugnata (“strutture” anziché “organizzazioni”), che determinerebbe un’illegittima estensione alle «organizzazioni» che erogano cure domiciliari del sistema di autorizzazione e accreditamento, previsto dalla legge statale per le «strutture» che operano in questo settore.

3.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera a), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 è inammissibile.

Nelle argomentazioni del ricorrente, risulta omesso qualsiasi riferimento in ordine al rapporto di derivazione causale del lamentato effetto (di estensione del sistema di autorizzazione e accreditamento alle strutture che erogano cure domiciliari) dalla disposizione regionale impugnata, che in realtà regola un aspetto del tutto diverso, ossia i requisiti per il conferimento dell’incarico di direttore sanitario.

Le carenze argomentative del ricorso non consentono di superare l’oscurità della censura formulata dal ricorrente. Da ciò discende l’inammissibilità della questione (sentenze n. 115 del 2021, n. 161 e n. 114 del 2017).

4.– Con il secondo motivo di ricorso è impugnato l’art. 11 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

4.1.– Nel modificare l’art. 6, comma 2, della legge reg. Puglia n. 17 del 2017, l’art. 11 in esame disciplina i limiti di età ai fini del conferimento degli incarichi di direttore amministrativo e di direttore sanitario degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) e prevede che «[i]l direttore amministrativo e sanitario all’atto del conferimento dell’incarico non devono aver compiuto sessantacinque anni».

4.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 288 del 2003, là dove stabilisce che «[l]e funzioni di direttore sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età».

4.3.– Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che la disciplina statale delle modalità di conferimento e di cessazione degli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo degli enti del SSN e, in particolare, degli IRCCS, per sopraggiunti limiti di età, attiene all’organizzazione e alla gestione dei servizi sanitari e, di riflesso, anche all’efficienza degli stessi, esprimendo un principio fondamentale in materia di tutela della salute (sentenze n. 189, n. 155 e n. 139 del 2022, n. 209 e n. 195 del 2021, n. 295 del 2009 e n. 422 del 2006).

Con specifico riferimento alla disciplina della cessazione dell’incarico di direttore amministrativo e di direttore sanitario degli IRCCS, questa Corte ha ritenuto che «l’art. 11 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), e l’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 esprimano un principio fondamentale in materia di tutela della salute» (sentenza n. 195 del 2021).

Il Presidente del Consiglio dei ministri, invece, ha evocato il parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in riferimento alla materia dell’«ordinamento civile». L’inconferenza del parametro indicato dal ricorrente rispetto al contenuto sostanziale della doglianza costituisce motivo di non fondatezza della questione (sentenze n. 132 del 2021 e n. 286 del 2019).

Pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 non è fondata.

5.– Con il terzo motivo di ricorso, è denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

5.1.– La disposizione impugnata consente alle strutture sanitarie rispettivamente contemplate dai regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019 di «svolgere parte delle attività, per un limitato periodo di tempo nell’anno e senza pernottamento, presso una sede secondaria compatibile per localizzazione con la villeggiatura».

5.2.– Il ricorrente ritiene che la disposizione impugnata violi l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, poiché l’esclusivo riferimento alla compatibilità con la «localizzazione turistica» comporterebbe l’esonero di una parte delle attività svolte dalle RSA dal rispetto degli standard e dei requisiti inderogabili di qualità e sicurezza delle strutture, dettati dagli artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992.

5.3.– La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.

La censura del ricorrente trascura, infatti, la disposizione del comma 2 dello stesso art. 16, che subordina espressamente la possibilità per le RSA in esame di svolgere parte della propria attività presso sedi secondarie alla preventiva autorizzazione rilasciata dalla Regione Puglia, «formulata sulla base dei criteri stabiliti con deliberazione della Giunta Regionale». Inoltre, la stessa disposizione impugnata, al comma 1, contiene l’espresso richiamo ai regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019 che, in attuazione dei principi stabiliti dal d.lgs. n. 502 del 1992, disciplinano a livello regionale l’attività delle RSA e dei centri diurni per soggetti non autosufficienti e per disabili.

Ciò consente di ritenere che il mancato richiamo alle disposizioni statali che regolano l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie non comporta necessariamente la deroga ai principi stabiliti dagli artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. Sulla base di un’interpretazione della disposizione regionale impugnata conforme alle norme costituzionali sul riparto delle competenze, si deve ritenere che i criteri stabiliti con deliberazione della Giunta regionale ai fini del rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento delle attività debbano necessariamente rispettare le prescrizioni poste dai richiamati artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 e dai regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019, che vi prestano attuazione a livello regionale.

Anche l’attività svolta presso le sedi secondarie delle RSA deve quindi ritenersi soggetta alla disciplina dell’autorizzazione e dell’accreditamento posta dagli artt. 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 e dai regolamenti regionali numeri 4 e 5 del 2019, che stabiliscono i requisiti strutturali e tecnologici per ottenere l’autorizzazione regionale.

Dalla insussistenza della lesione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, nei termini così precisati, discende la non fondatezza della questione.

6.– Con il quarto motivo di ricorso è impugnato l’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

6.1.– La disposizione impugnata modifica il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Puglia n. 20 del 2001, che disciplina le ipotesi in cui «[l]a deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta variazioni agli strumenti urbanistici generali vigenti non è soggetta ad approvazione regionale di cui alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), o a verifica di compatibilità regionale, provinciale, metropolitana di cui alla presente legge».

In particolare, la disposizione impugnata sostituisce la lettera e-ter) dell’art. 12, comma 3, prevedendo espressamente l’«incremento dell’indice di fabbricabilità fondiaria fino 0,1 mc/mq per la realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati qualora gli stessi siano strumentali alla conduzione del fondo o all’esercizio dell’attività agricola e delle attività a questa connesse».

6.2.– In via preliminare, occorre rilevare che non è fondata l’eccezione di inammissibilità per genericità dei motivi dedotti, sollevata dalla difesa regionale.

Se è pur vero che l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria d’illegittimità costituzionale si pone in termini perfino più pregnanti nei giudizi proposti in via principale, rispetto a quelli instaurati in via incidentale (tra le tante, sentenze n. 265 e n. 119 del 2022, n. 262, n. 219 e n. 171 del 2021), tuttavia, nel caso in esame risultano esposte con sufficiente chiarezza le ragioni poste a fondamento della violazione dei parametri evocati.

Infatti, il ricorrente denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio, e in particolare con i limiti inderogabili di densità edilizia di cui all’art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge urbanistica e all’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968.

È inoltre denunciata la violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché le varianti che incrementano gli indici di edificabilità in zona agricola sarebbero sottratte alla necessaria verifica di conformità alla pianificazione paesaggistica, da svolgere con il coinvolgimento del Ministero della cultura.

Pur essendo formulate in maniera sintetica, le questioni superano la soglia minima di chiarezza necessaria ai fini della loro ammissibilità.

6.3.– Nel merito, non è fondata la questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio.

6.3.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata contrasterebbe con i limiti inderogabili di densità edilizia di cui all’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968, attuativo dell’art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge n. 1150 del 1942, e, in particolare, con l’indice massimo e inderogabile di 0,03 mc/mq fissato per le zone agricole, ove ne sia consentita l’edificazione. Da ciò conseguirebbe la violazione del principio fondamentale in materia di governo del territorio, contenuto nell’art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge urbanistica, e dunque dell’art. 117, terzo comma, Cost.

6.3.2.– Occorre preliminarmente rilevare che la sostituzione della lettera e-ter) in esame è intervenuta a distanza di poche settimane dalla sua entrata in vigore. Il testo originario era stato introdotto dall’art. 5, comma 1, della legge reg. Puglia n. 39 del 2021. Esso era così formulato: «e-ter) incremento dell’indice di fabbricabilità fondiaria fino a 0,1 mc/mq, per gli interventi di cui all’articolo 51 della l.r. 56/1980».

Con sentenza n. 240 del 2022, sono state ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative a questa precedente versione della lettera e-ter), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., quest’ultimo per contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio.

6.3.3.– Rispetto alla versione precedente della lettera e-ter), la disposizione impugnata – intervenuta nelle more del precedente giudizio di legittimità costituzionale – delimita con chiarezza l’ambito applicativo delle esclusioni dalla verifica di compatibilità regionale e provinciale, circoscrivendolo espressamente agli interventi di «realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati qualora gli stessi siano strumentali alla conduzione del fondo o all’esercizio dell’attività agricola e delle attività a questa connesse». Questa nuova delimitazione si muove quindi su due direttrici: da un lato, essa specifica la natura agricola delle aree; dall’altro, indica esplicitamente la destinazione non residenziale dei fabbricati.

Occorre in proposito ribadire che il limite inderogabile di densità fondiaria è prescritto dall’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968 solo «per le abitazioni». Esso non riguarda pertanto gli interventi previsti dalla disposizione impugnata, che non comprendono gli insediamenti residenziali (sentenza n. 240 del 2022). Infatti, come si è visto sopra, nel nuovo testo della lettera e-ter), il legislatore regionale ha fatto espressamente riferimento a «fabbricati […] strumentali alla conduzione del fondo o all’esercizio dell’attività agricola e delle attività a questa connesse». Si tratta quindi di fabbricati che non hanno destinazione residenziale e che pertanto non sono contemplati dall’art. 7, numero 4), del d.m. n. 1444 del 1968, invocato dal ricorrente quale parametro interposto.

Deve escludersi pertanto che la disposizione impugnata deroghi ai limiti di densità edilizia stabiliti dalle norme interposte e che contrasti con i principi fondamentali della materia «governo del territorio». Da ciò consegue la non fondatezza della questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi in materia di governo del territorio.

6.4. – Non sono fondate neppure le questioni di legittimità del medesimo art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promosse in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.

6.4.1.– Ad avviso del ricorrente, con la disposizione impugnata il legislatore regionale avrebbe consentito che modifiche alla pianificazione urbanistica, tali da incrementare gli indici di edificabilità in zona agricola, siano sottratte alla verifica di adeguamento e conformazione alla pianificazione paesaggistica, da svolgere con il necessario coinvolgimento del Ministero della cultura.

6.4.2.– Al riguardo, va richiamato il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, «in forza del principio di prevalenza della tutela paesaggistica, espresso all’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, una norma regionale incidente sull’assetto del territorio non si può ritenere derogatoria delle previsioni di tutela paesaggistica solo perché omette di disporne il necessario rispetto, in assenza di deroghe espresse e specifiche, sempre che una pianificazione paesaggistica esista (come accade nella Regione Puglia) e che sia possibile colmare in via interpretativa il mero silenzio della legge» (sentenza n. 240 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 187 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 54 del 2021).

La disposizione impugnata non prevede alcuna esplicita e specifica deroga alle prescrizioni contenute nel PPTR. Come già rilevato in relazione alla previgente e più ampia versione della stessa lettera e-ter) dell’art. 12, comma 3, anche la disposizione impugnata «può ben essere interpretata nel senso che le variazioni derivanti dall’incremento dell’indice edificatorio – e soggette alla procedura disciplinata dal comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Puglia n. 20 del 2001 – debbano rispettare comunque le specifiche prescrizioni del PPTR» (sentenza n. 240 del 2022).

Le questioni di legittimità dell’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promosse in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., risultano dunque non fondate, non essendo violati i principi di prevalenza e di co-pianificazione di cui agli artt. 136, 143 e 145 cod. beni culturali, invocati quali norme interposte.

7.– Con il quinto motivo di ricorso, è denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

7.1.– La disposizione impugnata modifica l’art. 2, comma 2, della legge reg. Puglia n. 27 del 2012.

L’art. 2 della legge reg. Puglia n. 27 del 2012, rubricato «Attuazione piani di ricostruzione», al comma 2, primo periodo, stabilisce ora che «[p]er la prosecuzione delle attività i Comuni hanno facoltà di avvalersi, dal 1° maggio 2012 al 31 dicembre 2022, di personale esterno specificamente contrattualizzato a tempo determinato, nel limite di spesa e nel numero dei contratti in essere alla data del 30 aprile 2012», così prorogando per un ulteriore anno il termine prima stabilito dallo stesso art. 2, comma 2, come modificato dall’art. 31, comma 1, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2020, n. 35 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2021 e bilancio pluriennale 2021-2023 della Regione Puglia – legge di stabilità regionale 2021).

7.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile, poiché la reiterazione delle proroghe, a partire dal 2012, del termine previsto dall’art. 2, comma 2, determinerebbe la stabilizzazione di una situazione di natura eccezionale e derogatoria e non rispetterebbe le condizioni di legittimo impiego dei contratti a termine stabilite dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, ove si dispone che la durata di tali contratti non possa superare 36 mesi.

7.3.– La questione è fondata.

L’art. 55 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 incide sulla disciplina, stabilita dalla legge reg. Puglia n. 27 del 2012, della prosecuzione, da parte degli enti locali interessati, delle attività di ricostruzione successive al sisma del 31 ottobre 2002 nell’area della Provincia di Foggia.

Come si è visto, la disposizione impugnata proroga, per un ulteriore anno, sino al 31 dicembre 2022, il termine entro il quale i comuni interessati «hanno facoltà di avvalersi», per la prosecuzione delle suddette attività, di personale esterno con rapporto di lavoro a tempo determinato, nel limite di spesa e nel numero dei contratti in essere alla data del 30 aprile 2012. Entro questi limiti, alle amministrazioni comunali viene così consentita sia la stipula di nuovi contratti a tempo determinato con personale esterno, sia la reiterazione di precedenti contratti di lavoro a termine.

7.3.1. – Va preliminarmente evidenziato che quella introdotta dalla disposizione impugnata costituisce la nona proroga disposta dal legislatore pugliese nell’arco temporale di nove anni.

Infatti, prima della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, oggetto di impugnazione, il termine previsto dall’art. 2, comma 2, era già stato progressivamente differito: a) dall’art. 50, comma 1, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015 della Regione Puglia); b) dall’art. 38, comma 1, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2013, n. 45 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2014 e bilancio pluriennale 2014-2016 della Regione Puglia); c) dall’art. 37, comma 1, lettera a), della legge della Regione Puglia 1° agosto 2014, n. 37 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014); d) dall’art. 9 della legge della Regione Puglia 23 dicembre 2014, n. 52 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2015 e bilancio pluriennale 2015-2017 della Regione Puglia); e) dall’art. 10 della legge della Regione Puglia 15 febbraio 2016, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2016 e bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Puglia (Legge di stabilità regionale 2016); f) dall’art. 7 della legge della Regione Puglia 12 dicembre 2017, n. 54 (Variazione al Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2017 e pluriennale 2017-2019); g) dall’art. 16 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021); h) dall’art. 31 della legge reg. Puglia n. 35 del 2020.

7.3.2.– Quanto al riparto delle competenze tra Stato e regioni, questa Corte ha più volte affermato che la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione – come rivisitata dal d.lgs. n. 165 del 2001 – rientra nella materia «ordinamento civile», riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (tra le molte, sentenze n. 43 del 2020 e n. 160 del 2017).

Nel caso in esame, assume particolare rilievo quanto stabilito dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che disciplina le modalità e i limiti con cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a forme di lavoro flessibile (sentenze n. 257 e n. 43 del 2020, e n. 217 del 2012).

Nell’attuale formulazione, l’art. 36 contiene la regolamentazione del contratto di lavoro a tempo determinato, stabilendone limiti e condizioni. Al comma 1, è previsto, quale principio generale, quello secondo cui «[p]er le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35».

Con formulazione derogatoria rispetto a questa previsione di carattere generale, il successivo comma 2 prevede che il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, e a forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, è possibile «soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» (comma 2, secondo periodo).

7.3.3.– L’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 pone dunque dei limiti stringenti al ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato e afferma la necessità che sussistano «esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» per giustificare il ricorso a questa tipologia contrattuale. Il medesimo art. 36 demanda agli artt. 19 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183) e ai contratti collettivi nazionali di lavoro la definizione di aspetti e profili della disciplina in materia (art. 36, comma 2-bis, del d.l.gs. n. 165 del 2001).

La riserva di contrattazione collettiva, posta dal legislatore statale quale principio fondamentale, comporta che essa operi come limite all’autonomia regionale. In questo contesto, è stato evidenziato il ruolo essenziale riconosciuto dal legislatore all’autonomia collettiva nel regolare aspetti salienti del contratto di lavoro con le pubbliche amministrazioni (fra le molte, sentenze n. 153 del 2021, n. 257 del 2016 e n. 178 del 2015).

Per quanto qui rileva, è l’art. 60 (Contratto di lavoro a tempo determinato) del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali per il triennio 2019-2021 che – in attuazione del citato art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 – detta disposizioni in ordine alle tipologie flessibili del rapporto di lavoro nel settore e alla durata massima dei contratti a termine, stabilendo, al comma 2, che «[i] contratti a termine hanno la durata massima di trentasei mesi».

7.3.4.– La disposizione regionale impugnata consente ai comuni di estendere il ricorso ai contratti di lavoro a termine, senza rispettare le condizioni e i limiti previsti e richiamati dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.

Infatti, nel disporre l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2022, l’art. 55 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021 non contiene alcuna indicazione della durata massima dei contratti a termine di cui consente la stipula o il rinnovo, né correla il ricorso a questo tipo di contratti a effettive esigenze eccezionali e temporanee, come richiesto dalla norma statale. In questo modo, il ricorso al contratto di lavoro a termine, ripetutamente esteso nell’arco di oltre un decennio, si risolve in una modalità volta a sopperire alle ordinarie carenze di organico dei comuni interessati. Ad esse, tuttavia, si deve far fronte attraverso le forme di reclutamento di personale previste dal legislatore statale per la pubblica amministrazione (sentenze n. 251 del 2020, n. 3 del 2013 e n. 217 del 2012).

Sussiste pertanto la violazione della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile. Sul punto questa Corte ha ribadito, anche recentemente, che la materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, «ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro» (sentenza n. 255 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 25 del 2021, n. 257 del 2020, n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014).

Mediante il reiterato differimento del termine entro il quale i comuni interessati possono continuare ad avvalersi di personale esterno con contratto di lavoro a tempo determinato, la Regione Puglia ha perseguito – e in definitiva realizzato – l’obiettivo di “normalizzare” il ricorso a questa tipologia di contratti di lavoro, eludendo i limiti stringenti di durata e le condizioni rigorose cui il legislatore statale subordina tale possibilità. È stata infatti perpetuata, nel corso di più di un decennio, una modalità derogatoria di regolazione del rapporto di lavoro con il proprio personale. Ciò finisce per trasformare il contratto a termine da forma contrattuale riservata ad esigenze eccezionali e temporanee a modulo ordinario di assunzione del personale della pubblica amministrazione.

Pertanto, nel prorogare la possibilità di assumere lavoratori a tempo determinato, in mancanza delle condizioni stabilite dal legislatore statale per il legittimo ricorso a questa tipologia contrattuale, la disposizione impugnata risulta lesiva dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e la relativa questione deve dunque ritenersi fondata.

8.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha infine impugnato l’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

La disposizione impugnata prevede che «[n]ell’anno 2022 la Regione Puglia organizza un corso di formazione interno, per consentire il riconoscimento della qualifica di agente di polizia giudiziaria nella categoria di nuovo inquadramento, al personale che, già in possesso di tale qualifica, l’ha persa a seguito di progressione verticale».

8.1.– Ad avviso del ricorrente, sarebbe violato l’art. 81, terzo comma, Cost., poiché la disposizione in esame comporterebbe nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio regionale, senza prevederne la quantificazione e la necessaria copertura finanziaria.

8.2.– Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità, per genericità della motivazione, proposta dalla difesa della Regione Puglia.

Il ricorrente deduce, in termini sintetici ma adeguati, il contrasto della disposizione impugnata con l’art. 81, terzo comma, Cost., per mancanza della necessaria quantificazione e copertura finanziaria dei nuovi e maggiori oneri derivanti a carico del bilancio regionale.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, tale parametro opera direttamente, a prescindere dall’esistenza di norme interposte, applicandosi immediatamente anche agli enti territoriali ad autonomia speciale (sentenze n. 226 del 2021, n. 235 del 2020, n. 147 del 2018 e n. 26 del 2013).

8.3.– Nel merito, la questione è fondata.

Va rilevato che l’art. 74 in esame prevede l’istituzione per l’anno 2022 di uno specifico corso di formazione per il personale, finalizzato al riconoscimento di una particolare qualifica professionale.

La specificità della previsione – quanto all’effettiva istituzione del corso di formazione, al suo oggetto, ai destinatari e al periodo in cui esso si deve svolgere – ne evidenzia la natura immediatamente precettiva e vincolante per l’amministrazione regionale. Tuttavia, questa previsione non è stata accompagnata da alcuna quantificazione delle nuove spese che ne possono derivare, né dall’indicazione del relativo stanziamento.

D’altra parte, non può essere condivisa la prospettazione difensiva della Regione Puglia, secondo la quale le risorse per i nuovi oneri derivanti dalla disposizione impugnata sarebbero ricomprese nel capitolo di bilancio destinato alle spese per il personale. Infatti, non solo tale affermazione contraddice quanto sostenuto dalla stessa difesa regionale circa l’assenza di nuovi oneri connessi all’organizzazione del corso di formazione, ma essa non è accompagnata da alcuna indicazione quantitativa, tale da rendere credibile l’indicazione delle necessarie risorse.

In mancanza di un’indicazione degli oneri di spesa e di un’analitica copertura degli oneri finanziari, sussiste pertanto la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.

Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2021, n. 51 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2022 e bilancio pluriennale 2022-2024 della Regione Puglia – legge di stabilità regionale 2022);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 74 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lettera a), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

5) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

7) dichiara estinto il processo relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 61, comma 1, lettera b), della legge reg. Puglia n. 51 del 2021, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Marco D'ALBERTI, Redattore

Igor DI BERNARDINI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2023.

Il Cancelliere

F.to: Igor DI BERNARDINI

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